Intervista da Il Dubbio

Cristina Ornano: «La prescrizione è una cosa seria e non uno spot...»

Riforme così importanti meriterebbero certamente un approccio molto diverso

«Riforme così importanti meriterebbero certamente un approccio molto diverso», afferma Cristina Ornano, giudice per le indagini preliminari al Tribunale di Cagliari e segretaria generale di Area, il raggruppamento delle toghe progressiste di cui fa parte anche Magistratura democratica, commentando con Il Dubbio la proposta del ministro Alfonso Bonafede di voler bloccare il decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado.

 

Dottoressa, cosa non la convince della riforma del Guardasigilli?

Pur essendo in linea di principio favorevole al blocco della prescrizione, non credo sia in alcun modo risolutiva da sola dei gravi problemi che affliggono il nostro processo penale. Su argomenti molto delicati, come appunto il funzionamento del processo, sarebbe necessario procedere all’esito di una approfondita riflessione. Non è questo un tema che possa essere affrontato con un semplice tratto di penna.

 

Si riferisce al fatto che il blocco della prescrizione sia stato inserito in un emendamento al ddl “spazzacorrotti”?

Certo. Suscita perplessità, sul piano del metodo, l’inserimento di una riforma di così generale e vasta portata, in un emendamento ad un testo di legge in discussione che ha un suo specifico, senza che siano state preventivamente ponderate le complessive ricadute sul sistema. A ciò si aggiunga che non vi è stato alcun serio confronto con la magistratura, l’avvocatura ed il mondo accademico e che il testo rischia di non essere neppure oggetto di una approfondita discussione in Parlamento. La stessa Associazione nazionale magistrati ne discuterà nel prossimo comitato del 10 novembre.

 

Se fosse approvata questa norma, quali sarebbero le immediate conseguenze?

Nel merito, il congelamento della prescrizione, in assenza di un intervento di sistema, e, in particolare di correttivi, come potrebbe essere ad esempio la previsione di una prescrizione processuale, rischia di produrre effetti distorsivi, pregiudicando il diritto alla ragionevole durata del processo ed alla certezza del diritto, principi di civiltà recepiti dalla nostra Costituzione.

 

Il ministro della Giustizia, però, dello stop della prescrizione ne ha fatto una bandiera...

Si ha l’impressione di trovarci di fronte all’ennesimo intervento “spot” attraverso il quale si insegue a tutti i costi, anche attraverso scorciatoie, la rivendicazione di un impegno elettorale, senza che però ci si faccia carico né dell’impatto complessivo dell’intervento, né dei veri problemi che oggi affliggono il processo penale.

 

Da dove bisognerebbe partire?

Il tema della prescrizione andrebbe inserito nel quadro di un intervento di sistema che miri ad aggredire con soluzioni efficaci i gravi problemi del processo e del diritto penale. Oggi una delle più gravi criticità è costituita dall’elevatissimo numero di impugnazioni, in particolare in Cassazione. È ineludibile un intervento di razionalizzazione nel sistema.

 

E poi ci sono troppi reati...

Assolutamente. C’è una ipertrofia del diritto penale. Andrebbe prevista una coraggiosa opera di deflazione e depenalizzazione. Il diritto penale minimo è, infatti, l’obiettivo di civiltà cui deve mirare un sistema penale moderno ed efficiente, in quanto unica misura che riuscirà a ridurre l’eccessivo carico penale. Infine, occorre che il legislatore pratichi politiche di pieno organico del personale di magistratura e amministrativo, che si stanzino risorse adeguate e si faccia un grande investimento sul terreno dell’innovazione.

 

Il Governo, tornando alla sua prima osservazione, punta invece ad un panpenalismo sempre più spinto.

Con rammarico constato che si risponde invece ai problemi con nuove e non sempre necessarie criminalizzazioni, l’inasprimento delle pene e la costruzione di nuove carceri, soluzioni, che non guariscono quel grave malato che è il processo penale, ma semmai ne aggravano la malattia.

Intervista Giovanni M. Jacobazzi
da Il Dubbio del 3 novembre 2018