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Inaugurazione anno giudiziario 2022. Bilancio dell’azione del CSM

L’intervento dei consiglieri di AREADG Giuseppe Cascini, Elisabetta Chinaglia, Alessandra Dal Moro, Mario Suriano e Ciccio Zaccaro illustra gli interventi riformatori compiuti per arginare la crisi del sistema, favorendo il rinnovamento etico. E spiega perché l’Ufficio del processo non basterà da solo a rendere efficace l’organizzazione della giustizia, malgrado gli sforzi congiunti della magistratura e delle istituzioni del suo governo autonomo.

1. PNRR, Ufficio per il processo (UPP), riforme

Nel corso dell’anno da poco concluso tutti gli attori impegnati a diverso titolo nelle istituzioni della giustizia hanno lavorato e collaborato per adottare le soluzioni organizzative più adeguate al raggiungimento degli obiettivi concordati dal Governo nazionale con la Commissione Europea, in vista dei quali sono state stanziate le risorse straordinarie del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Responsabile dell’attuazione del piano è il Governo, ma protagonisti saranno gli uffici giudiziari ai quali sono richiesti risultati, in termini di abbattimento dell’arretrato e di riduzione dei tempi di celebrazione dei processi, molto ambiziosi ed impegnativi.

I magistrati italiani sono abituati alle grandi sfide e da tempo lavorano per una costante riduzione del contenzioso, come confermano i dati statistici, sempre più eloquenti in termini di positivi risultati dell’impegno organizzativo e dello sforzo personale responsabilmente profusi. Hanno, dunque, la professionalità e la motivazione per vincere anche questa sfida che è declinata, innanzi tutto, in termini di modifica delle modalità di lavoro.

L’Ufficio per il processo è senza dubbio uno strumento strategico e per supportare tale iniziativa il CSM, pur non coinvolto nella fase di individuazione degli obiettivi del PNRR, ha contribuito con le sue competenze e la sua esperienza, con le modifiche alla Circolare sulle tabelle per il triennio 2020/2022, e con le linee guida per l’impiego del personale nell’ufficio del processo.

Spetterà a tutti gli uffici giudicanti ripensare la funzione giurisdizionale come attività di equipe ed innovare il modello di lavoro del giudice: non più artigiano solitario, ma promotore di innovazione e di lavoro di squadra.

Si tratta, però, come già sottolineato nel parere reso dal Consiglio sulla  riforma del processo civile, di un progetto e di un investimento a tempo determinato che non prevede assunzioni stabili e che non riguarda tutti i settori della giurisdizione: basti pensare alla esclusione dalle risorse del medesimo della funzione requirente o, nell’ambito della giurisdizione civile, di settori delicati per la tutela dei diritti come la cd volontaria giurisdizione, o ancora delle funzioni di  sorveglianza, e del settore della giustizia minorile.

Siamo consapevoli che il PNNR non è solo Ufficio per il processo, ma anche che gli investimenti in risorse umane ed infrastrutturali che il governo ha messo meritoriamente in campo con questi strumenti, non esauriscono e non risolvono i problemi infrastrutturali della giustizia.

Dobbiamo quindi ribadire che le misure adottate non sono sufficienti a risolvere in maniera strutturale i problemi di funzionamento della giustizia in Italia e che tante ed ulteriori sono le linee di intervento sulle quali lavorare.

In particolare, dal punto di vista organizzativo e della distribuzione delle risorse, occorre:

  1. colmare, con politiche di reclutamento le più celeri possibile, i drammatici vuoti nell’organico dei magistrati, circostanza che apprezziamo quotidianamente perché ogni trasferimento, disposto con l’ottima intenzione di prestare aiuto ad un ufficio, determina difficoltà nell’ufficio di provenienza .. la coperta è veramente troppo corta, anzi è quasi finita;
  2. insistere nella digitalizzazione soprattutto nel settore penale e risolvere i problemi di assistenza e di malfunzionamento dei sistemi, che spesso interrompono il lavoro dei magistrati e concorrono a fare crescere la sfiducia verso il processo telematico;
  3. razionalizzare la geografia giudiziaria, anche tramite l’accorpamento degli uffici, individuando la “dimensione” e la pianta organica minima perché un ufficio possa funzionare, senza che entri in crisi a fronte di qualche maternità o di qualche processo più impegnativo, come accade inevitabilmente per tutte le sedi giudiziarie più piccole;
  4. risolvere una volta per tutte la dicotomia fra la specializzazione (che impone di concentrare le risorse in meno uffici ma più popolati in modo da consentire sezioni e ruoli specializzati) e la prossimità(che impone di moltiplicare le sedi giudiziarie, anche di poche unità, perché siano prossime ai cittadini; ma impedisce la specializzazione);
  5. assicurare l'apporto indispensabile della magistratura onoraria, negli spazi consentiti dall’art. 106, comma 3, Cost., materia che da tempo richiede una riforma organica e condivisa; in proposito nel parere reso sul recente intervento del legislatore in materia, il Consiglio, oltre ad affrontare le questioni connesse alla d stabilizzazione, ha evidenziato l’assoluta necessità di un incremento della pianta organica della magistratura onoraria e dell’avvio, subito dopo, delle procedure concorsuali per i nuovi reclutamenti.

Nell’ottica di fornire il miglior contributo a riforme finalizzate al miglioramento dell’organizzazione della giustizia, il Consiglio in questo anno si è espresso ai sensi dell’art. 10, comma 2, della L. n. 195 del 1958, sui disegni di legge in materia di giustizia e organizzazione giudiziaria.

Per la sua diretta incidenza sul tema dell’organizzazione degli uffici, va segnalato, in primo luogo, il parere reso in tema di riforma del processo penale, prescrizione e improcedibilità dell’azione penale, nel quale il Consiglio ha evidenziato i numerosi profili di criticità che presenta l’istituto dell’improcedibilità per superamento dei termini di ragionevole durata dei giudizi di impugnazione: sia di ordine sistematico (ed anche di possibile frizione con i principi di obbligatorietà dell’azione penale e di eguaglianza); sia di ordine pratico, sottolineando, sotto questo aspetto, le gravi ricadute che l’innesto di tale istituto nella concreta situazione di aggravio in cui versano molti uffici giudiziari di secondo grado  avrebbe potuto avere sull’estinzione di molti reati e sulla durata media dei procedimenti, in assenza di misure atte a rimuovere o quantomeno ad alleggerire il carico giudiziario.

Meritano, poi, di essere segnalati i sei distinti pareri resi sull’articolato disegno di legge c.d. Bonafede, di riforma dell’ordinamento giudiziario e del sistema di governo autonomo.

Il Consiglio ha espresso piena condivisione in ordine all’intento della riforma di affrancare l’azione consiliare da influenze esterne improprie, valutando favorevolmente gli interventi volti a rendere più trasparenti le procedure concorsuali e maggiormente verificabile l’iter decisorio, nonché a rafforzare l’immagine di indipendenza ed imparzialità del magistrato, anche attraverso una più rigorosa disciplina delle  ineleggibilità e di ricollocamento in ruolo dei magistrati candidati, eletti e non eletti, nelle più rilevanti competizioni elettorali politiche e amministrative.

Ha, nondimeno, evidenziato come sia essenziale, per l’esercizio delle prerogative rimesse dal Costituente all’Organo di  governo autonomo ex art. 105 Cost., che l’intervento normativo preservi in capo al Consiglio una discrezionalità amministrativa e non meramente tecnica, e, quindi, non ne vincoli i poteri attraverso l’attrazione a livello normativo primario della disciplina anche di dettaglio fin ora prevista, in sede di autovincolo, dalle circolari consiliari; così  precludendo, peraltro, la possibilità di tempestivi ed efficaci interventi nel settore dell’organizzazione della giurisdizione attraverso gli strumenti ordinamentali di cui dispone.

Inoltre, nel muovere critiche alla scelta del sorteggio, quale criterio per la individuazione dei componenti delle articolazioni consiliari, e alle modifiche del sistema elettorale, ha sottolineato come all’esercizio delle delicate funzioni di governo autonomo contribuiscano le diversità, professionali e ideali, di cui i singoli componenti sono portatori, così rimarcando che il pluralismo nella rappresentanza consiliare, e nella sua quotidiana azione, costituisce un valore irrinunciabile.

Infine sono state esaminate e valutate favorevolmente le innovazioni riguardanti l’accesso in magistratura, con il ritorno al concorso di primo grado; questione affrontata in modo ancora più diffuso nella risoluzione del 7 dicembre 2021 con la quale il Consiglio ha evidenziato che il sistema attuale di reclutamento presenta numerose criticità avendo portato ad un notevole innalzamento dell’età media dei vincitori di concorso con ricadute negative sull'organizzazione giudiziaria nel suo complesso e sulle condizioni personali dei magistrati, che ha determinato, tra l'altro, l’immediato abbandono di queste ultime al maturare del periodo di legittimazione per il rientro in sedi più vicine, con conseguente elevato turnover negli uffici caratterizzati da maggiori criticità e negative ricadute sulla loro funzionalità.

Sui temi dell’assetto del Consiglio Superiore e dell’Ordinamento Giudiziario è tutt’ora concentrata l’attenzione del Ministero della giustizia in funzione emendativa del disegno di legge all’attenzione del Parlamento: aspettiamo proposte chiare auspicando un dibattito parlamentare sereno e proficuo.

2. Questione morale e magistratura

E’ sempre attuale, e ci chiama tutti a riflettere, il tema della crisi del Governo Autonomo. Le acquisizioni da parte del Consiglio di materiale probatorio proveniente dalla Procura di Perugia hanno consentito di percepire l’ampia diffusione della grave distorsione che ha caratterizzato, in diversi contesti, l’attività del Governo Autonomo della Magistratura.

D’altro canto, anche i sempre più frequenti e gravi casi di magistrati coinvolti in indagini penali, hanno reso evidente l’attualità della questione morale.

In questi due anni e mezzo il Consiglio ha cercato di dare seguito all’esortazione pervenuta del Presidente della Repubblica “di reagire con fermezza contro ogni forma di degenerazione”, cercando di testimoniare, nell’agire quotidiano, che le logiche che hanno condotto allo sfascio da cui dobbiamo ricostruire sono state abbandonate, e affrontando le conseguenze di quanto avvenuto.

Nei confronti dei principali protagonisti della vicenda dell’hotel Champagne è stata avviata tempestivamente l’azione disciplinare e sono state emesse sentenze di condanna, anche severe. E questo, è bene ricordarlo, è un segno di serietà istituzionale che non ha eguali rispetto ad altre categorie.

Rispetto al materiale acquisito dalla Procura di Perugia e tratto dal telefono cellulare del dott. Palamara, materiale che ci consegnava una cruda fotografia di un correntismo deteriore, il contributo del Consiglio è stato quello di procedere all’effettiva analisi delle condotte emerse, con un atteggiamento obiettivo, prudente ed equilibrato, nella consapevolezza della ineliminabile iniquità che deriva dal fatto che ci si è dovuti confrontare con l’acquisizione del materiale comunicativo di uno solo dei componenti dell’ultimo Consiglio.

Il Consiglio ha, pertanto, vagliato attentamente tutto il materiale proveniente dalla Procura di Perugia, onde tenerne conto laddove dallo stesso fossero emersi elementi che incidessero sulle diverse valutazioni di competenza: in funzione dell’ accertamento delle possibili situazioni di incompatibilità ambientale e/o funzionale, di cui all’art. 2 del R.D. n. 511/1946; o, in ragione delle sue possibili incidenze sui prerequisiti dell’indipendenza e dell’imparzialità del magistrato,  in funzione delle valutazioni per il conferimento di incarichi,  per le conferme negli incarichi direttivi e semidirettivi e  per le valutazioni di professionalità.

Complessivamente si è pervenuti, tramite delibere di Plenum – sulle proposte scaturite dal lavoro di approfondimento svolto dalle Commissioni – alla trasparente esplicitazione all’esterno, tramite la motivazione, dell’esito di questo percorso di analisi:

Nei confronti di alcuni magistrati è stata esercitata l’azione disciplinare; e in due casi si è pervenuti a sentenza di condanna.

Ma per affrancarsi dal correntismo deteriore e rigenerare la magistratura e il suo Governo Autonomo, rinsaldando la fiducia dei cittadini che sorregge la legittimazione dell’esercizio della giurisdizione, non è sufficiente accertare e sanzionare le condotte dei singoli, ma è necessario riconoscere che le distorsioni – che hanno interessato tutti i gruppi associativi – chiamano in causa, da un lato, le responsabilità di chi gestisce i ruoli istituzionali e, dall’altro, le aspettative individuali di coloro che ai primi si rivolgono.

E bisogna riflettere anche sulle cause del fenomeno e trovare risposte anche con riforme di sistema. 

Si devono, però, evitare gli errori del recente passato quando le riforme, nate con l’obiettivo di debellare alcuni guasti di sistema, hanno invece finito per cronicizzarli.

Così, la legge elettorale del 2002, fondata su un collegio unico nazionale e plurinominale, approvata con la dichiarata intenzione di limitare il peso delle correnti all’interno del CSM e di dare maggiore potere alle scelte degli elettori, ha invece trasformato la “competizione” fra liste in competizione fra individui ed ha esaltato modalità di raccolta del consenso su base personale e clientelare, aumentando i “debiti” di riconoscenza dei consiglieri eletti verso la base elettorale, che finisce per aggregarsi non più in ragione delle idee ma della capacità individuale di attrarre voti.

Così, ancora, la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2006, nata con l’obiettivo di eliminare il peso dell’anzianità nella scelta dei dirigenti e di premiare le attitudini ed il merito, che ha, di fatto, prodotto la pericolosa trasformazione del rapporto dei magistrati con la “carriera”, fattore centrale dell’ampliamento del fenomeno distorsivo del correntismo e del clientelismo. Oggi assistiamo ad una ricerca spasmodica, sin dai primi anni di funzioni, di incarichi di collaborazione negli uffici e poi ad un vero e proprio “turismo dirigenziale”, tutto perché dapprima gli incarichi, poi i ruoli semidirettivi e direttivi, in uffici piccoli o di provincia, sono vissuti come tappe necessarie di un “cursus honorum”.

Atteggiamento che rischia di essere rafforzato da talune decisioni del giudice amministrativo che sembrano suggerire che chi vanta una pregressa esperienza direttiva, a prescindere dalla verifica in concreto delle attitudini degli altri candidati e dei bisogni dell’ufficio messo a concorso, debba sempre prevalere.

Si tratta di un approccio pericoloso e non condivisibile poiché si dovrebbe sempre difendere il principio per il quale nella magistratura ordinaria esistono funzioni e ruoli diversi, ma non posizioni gerarchicamente sovraordinate rispetto ad altre, né esistono, se non nel gergo tralaticio di derivazione pre-costituzionale, “funzioni superiori”.

Inoltre, va ricordato che quella riforma ha radicalmente modificato l’assetto delle Procure della Repubblica, rafforzandone la struttura gerarchica ed accentuando in maniera esponenziale il peso delle nomine per questi incarichi, sulle quali, come abbiamo visto, si concentrano anche gli interessi della politica.

Sono errori da non ripetere e rispetto ai quali, nonostante la narrazione comune, questo Consiglio ha cercato di porre rimedio, con un’azione riformatrice che ha riguardato molti aspetti ordinamentali.

3. L’azione riformatrice del CSM

Il Consiglio ha avviato un percorso di ricostruzione di una “idea” della magistratura, degli uffici giudiziari e della dirigenza ancorata al precetto costituzionale dell’art. 107 cost: una magistratura di uguali, dove la “carriera” non esiste, e dove, invece, va valorizzato l’esercizio delle funzioni giudiziarie, con professionalità, senso del servizio e consapevolezza del ruolo istituzionale; un modello organizzativo degli uffici  orizzontale e partecipato, anche e soprattutto negli  uffici di Procura, in cui i sostituti devono respirare prima ancora che esprimere una cultura indipendente della funzione requirente.        

Seguendo un ordine cronologico il Consiglio è intervenuto:

  1. con la riforma della circolare sui tramutamenti nella parte relativa all’accesso al Massimario, alla D.N.A.A. e agli uffici di legittimità, e, poi, nella sua attuazione, con l’adozione in concreto – proprio nell’anno appena trascorso – delle prime delibere che l’hanno attuata, ove si è premiata soprattutto la esperienza negli uffici giudiziari in modo da evitare la diffusione della anche minima “percezione” che esista una “carriera” predeterminata, fatta di pubblicazioni e docenze, da percorrere per raggiungere le funzioni di legittimità;
  2. con la modifica delle circolari sulla organizzazione degli uffici giudicanti e requirenti, con le quali, tra l’altro, si è cercato di diminuire e, comunque, di rendere del tutto trasparente e responsabile (attraverso la previsione di provvedimenti motivati) l’attribuzione da parte del dirigente di “incarichi” sovrapponibili ai compiti spettanti ai dirigenti e ai presidenti di sezione o ai procuratori aggiunti (e, perciò, funzionali alla costruzione di “carriere”) e di esaltare il significato di partecipazione responsabile all’organizzazione dell’ufficio del ruolo semidirettivo, disciplinando e limitando la possibilità di associare a tali ruoli esoneri nell’attività giudiziaria;
    inoltre in tante delibere relative all’assetto organizzativo delle Procure, le ipotesi di assegnazione esclusiva di taluni affari al dirigente, in difetto di espressa motivazione,  sono state censurate proprio per escludere – al di là di buone intenzioni – un modello di ufficio requirente fondato su un capo che si occupa delle cose più prestigiose e sui tanti sostituti che finiscano per essere magistrati “di serie B”;
  3. con la modifica del U. sulla Dirigenza nella parte relativa alla “conferma”, istituto ordinamentale cui è strettamente connaturato il concetto di temporaneità delle funzioni direttive o semidirettive; modifica volta  a conferire maggiori affidabilità e concretezza alla valutazione delle attitudini direttive effettivamente dimostrate dai magistrati all’esito del primo quadriennio di esercizio delle predette funzioni; ma anche a scongiurare un meccanismo di progressione nella carriera dirigenziale di tipo burocratico e legato al dato puramente formale del pregresso svolgimento dell’incarico senza demerito;

in particolare la riforma prevede una approfondita istruttoria del Consiglio Giudiziario favorita da Format (specifici per ogni tipologia di ufficio) per la redazione dell’autorelazione, del rapporto informativo e del parere del Consiglio Giudiziario, che implicano il vaglio necessario di quegli aspetti di fatto che consentono, in modo omogeneo e semplificato, uno scrutinio sull’attività svolta dai direttivi e semidirettivi basato su elementi obiettivi e non su valutazioni ed aggettivi, spesso altisonanti, ma disancorati dai risultati dell’attività organizzativa.

Ulteriori modifiche ed interventi hanno riguardato:

Sono inoltre in corso i seguenti ulteriori interventi riformatori:

  1. la modifica del T.U. sulla Dirigenza, volta a migliorare trasparenza, comprensibilità e certezza delle decisioni consiliari: l’obiettivo dell’intervento è quello di valorizzare l’esperienza professionale dei candidati acquisita nel lavoro giudiziario, riducendo il peso dei tanti incarichi di natura puramente formale.
    L’esigenza di una maggiore trasparenza nel conferimento di incarichi direttivi non deve, però, farci perdere di vista il pericolo che, una normativa troppo dettagliata e, tuttavia, spesso non chiara, crei le condizioni per ricorsi e contestazioni, anche formali; e, quindi, per interventi sempre maggiori, ma non sempre appropriati, del giudice amministrativo nelle scelte che la Costituzione riserva all’organo di governo autonomo.L’ampliamento del contenzioso sulla base di regole di autovincolo non tanto utili e coerenti quanto minuziose, crea, di per sè, maggiori rischi che le decisioni del GA invadano, con valutazioni di merito, le prerogative del Governo Autonomo; talvolta con la tendenza, anche inconsapevole, a far prevalere una visione gerarchica e verticistica della carriera e dell’organizzazione dei magistrati.
  2. La modifica della circolare sulle valutazioni quadriennali di professionalità, che costituiscono la base su cui poggia la legittimazione dei giudici e dei pubblici ministeri. Come risulta dalla relazione della IV Commissione, le valutazioni sono state “positive” nel numero di 1512, “non positive” nel numero di 3 e “negative” nel numero di 9.

Un dato che induce a riflettere sulla affidabilità dello strumento e sulla funzionalità dell’intero circuito di auotogoverno diffuso su cui il medesimo poggia.

L’obiettivo dell’intervento è quello di semplificare e, nel contempo, rendere più affidabili e concreti i percorsi valutativi, nella consapevolezza che questi hanno semplicemente lo scopo di verificare che il percorso professionale del magistrato non sia segnato da carenze inaccettabili in relazione a uno dei prerequisiti o dei diversi parametri di professionalità, e non, invece,  quello di attribuire giudizi e “pagelle” con il risultato di divenire facile strumento di costruzione di carriere. E ciò riducendo – attraverso specifici format di redazione – a dispersione di tempo dei Consigli Giudiziari nell’inutile attività descrittiva a vantaggio di quella di vaglio delle fonti di conoscenza (in particolare dei provvedimenti a campione) e di quella istruttoria.

Ma per debellare l’ansia per la carriera servono interventi più incisivi anche da parte del Parlamento.

Occorre ripensare la dirigenza degli uffici giudiziari ed il ruolo dei magistrati addetti alle funzione semidirettive, introducendo una effettiva temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive e riducendo drasticamente il numero degli incarichi semidirettivi.

Invero, dall’analisi dei dati emerge una irrazionalità nel loro numero e nella loro distribuzione: sulla base dei dati precedenti all'ultimo aumento di organico, abbiamo 832 semidirettivi a fronte di 7.658 non semidirettivi. Un numero così elevato di incarichi da attribuire da parte del CSM riduce drasticamente la possibilità di una analisi approfondita dei percorsi professionali dei candidati e della qualità delle precedenti esperienze organizzative e rende molto difficile per i Consigli Giudiziari e per il CSM anche una approfondita valutazione del dirigente in sede di conferma. Il che determina inevitabilmente che i procedimenti di nomina siano più burocratici e meno trasparenti, oltre che lenti e, quindi, non funzionali.

 

I tempi di grave crisi che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo richiedono consapevolezza e capacità di avviare una rigenerazione, soprattutto etica: la maturità di mettere responsabilmente sempre al primo posto l’Istituzione, magari anche ridimensionando il nostro ego e la pretesa di riconoscimenti cui pensiamo di aver diritto, riscoprendo il valore del servizio che si rende con professionalità e riserbo, senza paura e senza speranza.   

Forte è perciò la risonanza di una frase notissima di Pier Paolo Pasolini, intellettuale poliedrico che rappresenta un punto fermo della cultura italiana e internazionale e di cui ricorre il centenario della nascita: “Il moralista dice di no agli altri, l'uomo morale solo a se stesso”.

22 gennaio 2022