La nomina del procuratore di Roma
Il Plenum di oggi ha nominato il dott. Francesco LO VOI Procuratore di Roma con 19 voti a favore (2 voti sono stati espressi in favore del dott. VIOLA e 3 le astensioni). Incolliamo di seguito gli interventi svolti da Giuseppe Cascini e da Alessandra Dal Moro nel corso del dibattito.
Alessandra Dal Moro
Elisabetta Chinaglia
Giuseppe Cascini
Mario Suriano
Ciccio Zaccaro
* * *
L’intervento di Giuseppe Cascini
La nomina del procuratore di Roma ha segnato, in negativo, la storia di questo Consiglio.
Anche oggi mi trovo costretto ad esprimere il mio rammarico per un esito che ancora una volta dimostra la difficoltà di questo Consiglio di recuperare autorevolezza e credibilità.
Chiarisco subito che ritengo la scelta del dott. Lo Voi, per il quale voterò, un’ottima scelta. Sono sicuro che farà bene a Roma così come ha fatto bene fino ad oggi a Palermo. E non vi è dubbio che il suo profilo professionale sia nettamente prevalente rispetto a quello dell’altro candidato per il quale è stata avanzata una proposta in Commissione.
E però, io penso che noi non possiamo non considerare tutto quello che è accaduto intorno a quell’Ufficio negli ultimi due anni e mezzo.
Nel giugno del 2019 la Procura di Roma è stata l’epicentro di un terremoto che ha gravemente compromesso la credibilità del corpo della magistratura e del suo organo di governo autonomo.
Nel marzo del 2020 il Consiglio ha deciso, a maggioranza, di affidare la guida della Procura di Roma al dott. Michele Prestipino. In questi due anni (due anni e mezzo contando anche il periodo in cui il dott. Prestipino ha retto l’ufficio) il dott. Prestipino è stato capace di ricucire le profonde ferite che avevano dilaniato l’ufficio, ricostruendo un clima di armonia e di collaborazione e restituendo autorevolezza all’ufficio. Ne sono testimonianza le importanti indagini portate a compimento in questi due anni, oltre alle tante di cui vedremo gli esiti nei prossimi mesi.
Io credo che il Consiglio aveva il dovere di valutare, anche dopo le decisioni del giudice amministrativo, la possibilità di una scelta di continuità (uso volutamente e provocatoriamente questo termine) rispetto alla gestione degli ultimi due anni, nell’esclusivo e preminente interesse dell’ufficio e della sua funzionalità.
Vi erano (e vi sono), a mio avviso, ampi margini, sul piano tecnico, per confermare la decisione assunta nel marzo del 2020.
Nelle decisioni del giudice amministrativo, riprese sul punto dalle due motivazioni oggi in discussione, e anche nel dibattito pubblico è stato molto enfatizzato, in negativo, il fatto che la scelta in favore del dott. Prestipino sarebbe stata motivata sulla base del criterio del “radicamento territoriale”, criterio non previsto dal TU Dirigenza e per questo illegittimo.
In realtà il criterio in base al quale fu scelto il dott. Prestipino, a mio avviso, non era affatto quello del “radicamento territoriale”, non previsto dal TU, bensì quello previsto dall’art. 32 del TU che attribuisce rilievo, in sede di valutazione comparativa, alle “esperienze maturate nella trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati dall’art.51 comma 3bis c.p.p.”.
Il dott. Prestipino è il candidato che ha la più lunga esperienza investigativa nel contrasto alla criminalità organizzata, ma soprattutto è l’unico che può vantare esperienze di contrasto alla criminalità organizzata in ambiti diversi, essendosi occupato di indagini su Cosa Nostra in Sicilia, come sostituto addetto alla DDA di Palermo, di indagini sulla ‘Ndrangheta in Calabria, come Procuratore aggiunto della DDA di Reggio Calabria e di indagini sulle organizzazioni criminali di stampo mafioso operanti a Roma, come Procuratore aggiunto della DDA di Roma. In questa chiave, e solo in questa chiave, assumeva rilievo la particolarità della realtà criminale romana, caratterizzata dalla compresenza, e dalla convivenza, di tutte le mafie tradizionali (Mafia, Camorra, ‘Ndrangheta e Sacra Corona), di organizzazioni criminali di stampo mafioso originarie ed autoctone, nonché delle cd. mafie straniere. L’essersi occupato di indagini su Cosa Nostra e sulla ‘Ndrangheta e poi, direttamente, di indagini sulla realtà criminale romana, rende(va), a mio avviso, quella esperienza investigativa prevalente, con riferimento alle caratteristiche dell’ufficio da conferire, rispetto a quella degli altri aspiranti, in applicazione dell’art.32 del TU sulla dirigenza.
Vi era (e vi è), inoltre, a mio avviso la necessità di affermare un principio fondamentale dell’ordinamento giudiziario, quello della eguaglianza di tutti i magistrati, che la Costituzione vuole distinti solo per le funzioni svolte. Il che significa che nel giudizio comparativo deve contare principalmente ciò che il magistrato ha fatto nello svolgimento delle diverse funzioni e come l’ha fatto. Mentre non conta il numero di stellette sul bavero della giacca, secondo una visione gerarchica, verticistica e burocratica dell’assetto della magistratura, che emerge con evidenza nelle decisioni del giudice amministrativo e che, purtroppo, viene assecondata dalla recente decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sul conflitto di giurisdizione promosso dal dott. Prestipino e da questo Consiglio, e dal parere espresso dalla Procura Generale della Corte di Cassazione in quel giudizio. Indipendentemente da ogni valutazione sull’esito di quel giudizio, che ovviamente rispetto, secondo me è stata una occasione mancata per affermare il principio per il quale nella magistratura ordinaria esistono funzioni e ruoli diversi, ma non posizioni gerarchicamente sovraordinate rispetto ad altre, né esistono, se non nel gergo tralaticio di derivazione pre-costituzionale, “funzioni superiori”.
Per arrivare, però, ad una decisione di confermare la nomina del dott. Prestipino sarebbe stata necessaria la convergenza di una ampia maggioranza, che fosse convinta della necessità di rivendicare da parte del Consiglio la propria autonomia e la propria responsabilità costituzionale di “governo” della magistratura; sarebbe stato necessario da parte del Consiglio, di questo Consiglio, un sussulto di dignità e di autorevolezza, che purtroppo da troppo tempo manca.
È questo un esito non casuale, in quanto è il frutto di una martellante, e non disinteressata, campagna di stampa condotta da alcuni organi di informazione, con l’obiettivo di minare definitivamente la credibilità e l’autorevolezza dell’organo di governo autonomo. Campagna di delegittimazione della istituzione, assecondata e favorita anche da una parte della magistratura e rispetto alla quale il Consiglio si è trovato troppo spesso in-difeso (cioè non difeso) da chi aveva l’onere o l’opportunità di tutelarne il ruolo costituzionale.
Ma è anche il frutto della scarsa lungimiranza (uso questo termine nel senso etimologico di incapacità di vedere lontano) con la quale, negli ultimi due anni, sono state assunte alcune decisioni in ordine agli assetti interni del Consiglio, che ne hanno acuito la conflittualità interna e la difficoltà ad assumere decisioni condivise nell’esclusivo interesse dell’istituzione.
Di questo ripiegamento del Consiglio vi è traccia evidente nelle motivazioni delle due proposte. La vicenda dell’hotel Champagne, che pure tanto clamore e scandalo aveva determinato tra i magistrati e nell’opinione pubblica, viene relegata a mero accidente procedurale. Il che, insieme al rifiuto, a mio avviso del tutto illegittimo (per le ragioni già ampiamente svolte dalla Cons. Dal Moro), di procedere ai doverosi approfondimenti istruttori richiesti dalla Cons. Dal Moro e alla audizione del dott. Viola, rappresenta il sintomo più evidente di quella operazione di rimozione di quanto accaduto della quale ha efficacemente parlato il Cons. Di Matteo in una recente intervista, che pure nella gran parte non ho condiviso. E se questa voglia di “voltare pagina”, di “chiudere in maniera il più rapida e indolore possibile la vicenda” può trovare una qualche spiegazione (spiegazione ma non giustificazione) per coloro che si sono espressi in favore del dott. Lo Voi, la scelta diventa inspiegabile per chi ha sostenuto la proposta in favore del dott. Viola, la cui immagine di imparzialità potrebbe essere reintegrata solo a seguito di quel doveroso e approfondito accertamento dei fatti, che si è voluto invece negare.
L’Intervento di Alessandra Dal Moro
Voterò la proposta in favore del dott. Lo Voi, come ho già fatto in Commissione, per le ragioni che attengono al profilo professionale, di merito ed attitudinale, profilo che è già stato illustrato e che nella motivazione è valutato in funzione comparativa con gli altri due aspiranti rimasti in gioco dopo le pronunce del GA: in ottemperanza ad un giudicato molto conformativo quanto alla prevalenza sul dott. Prestipino ed in modo, a mio parere, corretto ai sensi del TU per quanto riguarda il dott. Viola.
Tuttavia devo sottolineare che la motivazione che sorregge la proposta non è del tutto soddisfacente, come avevo già riferito in Commissione chiedendo di apportare alcune integrazioni e modifiche, che sono state, però, respinte.
Le integrazioni che intendevo apportare attenevano, anzitutto, alla parte della motivazione che dà conto della trattazione della questione procedurale che si è aperta all’esito dei contenziosi amministrativi.
Io non ho condiviso la soluzione individuata di tale complessa questione, che ha impegnato la Commissione (nella precedente e nella attuale composizione) per più di due mesi, e che concerneva la necessità di dare ottemperanza in modo coerente ai due giudicati cui sono approdati i ricorsi proposti dal dott. Viola e dal dott. Lo Voi contro la delibera in favore del dott. Prestipino del 4.3.2020, in funzione della stabilità della delibera sul piano della legittimità del percorso procedurale; i due giudicati, infatti, hanno prodotto effetti diversi e difficilmente conciliabili: se, da un lato, la proposta dell’originario relatore di dare ottemperanza al “giudicato Viola” (fondato su di un vizio procedurale della “delibera Prestipino”) ripartendo dalla originaria proposta del 23.5.2019 (Viola 4 voti, Creazzo 1 voto, Lo Voi 1 voto), non mi sembrava corretta perché – ignorando del tutto l’effetto del “giudicato Lo Voi” – escludeva illegittimamente il dott. Prestipino dalla possibilità di comparazione, dall’altro, la scelta di rieditare il potere dopo l’annullamento della “delibera Prestipino” del 4.3.2020, comparando ex novo i dottori Lo Voi, Prestipino e Viola (essendo rimasti gli altri aspiranti acquiescenti e il dott. Creazzo soccombente ed acquisente) mi sembrava non rispettosa del “giudicato Viola”, che implicava la persistenza di una proposta specifica, quella del 23.5.2019, che contemplava anche quest’ultimo con 4 preferenze, e che non si poteva eludere.
Sicché per procedere ad una riedizione del potere con “nuove proposte” (passaggio necessario obiettivamente alla luce del “giudicato Lo Voi- Prestipino”) sarebbe stato necessario prima rimuovere quella prima proposta, revocarla, cioè, con adeguata motivazione per fatti sopravvenuti (come richiesto dal CdS), correggendo, così, il vizio originario individuato dal giudice amministrativo con riguardo al modus procedendi attuato dalla Commissione nel settembre del 2019, ed effettuare, poi, una “nuova” comparazione degli aspiranti ed una “nuova” proposta, eventualmente anche in favore del medesimo dott. Viola. Ciò in funzione della stabilità della delibera
In ragione di questo necessario passaggio procedurale avevo, quindi, richiesto di poter acquisire in sede istruttoria elementi documentali specifici tra quelli agli atti dell’indagine perugina trasmessi al Consiglio, e ciò ai sensi dell’art. 36, comma 1, lett. i), del Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria che riguarda appunto atti già costituenti patrimonio di conoscenza del Consiglio (in questo caso acquisiti sia in sede disciplinare che in Prima Commissione), la sentenza disciplinare nei confronti del dott. Palamara ormai definitiva, nonché ulteriore documentazione, a mio parere rilevante e pertinente allo scopo; ed avevo altresì chiesto di poter procedere su tali elementi all’audizione del dott. Viola, onde valutare il suo punto di vista in merito, sì da poterli eventualmente valorizzare, anche agli effetti della successiva comparazione tra gli aspiranti all’esito della revoca della originaria proposta formulata per la procura di Roma; o, comunque, per il caso che vi fosse stata una “nuova” proposta per il dott. Viola, a prescindere da quella revoca (come poi avvenuto).
Detta attività istruttoria tuttavia mi è stata negata dalla Commissione; a mio parere illegittimamente, in quanto ritengo che a fronte del fatto che ciascun componente della Quinta Commissione può formulare proposte di minoranza al Plenum o proporre emendamenti per motivare le proprie ragioni, deve essergli garantita la possibilità di acquisire elementi in possesso del Consiglio, ai sensi dell’art. 36 TU, nel rispetto del contraddittorio.
Ebbene di questi passaggi non v’è traccia nella motivazione; la mia richiesta integrativa è stata respinta; ne voglio dar conto al Plenum, pur avendo rinunciato a proporre uno specifico emendamento per non appesantire ulteriormente l’esito di una pratica che ha già avuto un percorso travagliato, e che è bene che giunga ad una definizione, nell’interesse primario dell’Ufficio interessato di primaria importanza e delicatezza.
Le modifiche, invece, che intendevo apportare alla motivazione attenevano alla parte argomentativa relativa al giudizio comparativo tra il dott. Lo Voi e il dott. Prestipino relativo agli indicatori specifici attitudinali. A pag. 82 in basso 235 in alto, invero, si afferma, a mio parere erroneamente ed in contrasto con l’art. 18 del TU, che “l’incarico di Procuratore si caratterizza per una serie di attribuzioni che sono certamente non comparabili con quelle del Procuratore aggiunto”.
Inoltre si ripercorre, con un passaggio a mio parere superfluo e fuorviante, il dettato dell’art 70, comma 3 R.D. n. 12/41 (“I titolari degli uffici del pubblico ministero dirigono l’ufficio cui sono preposti, ne organizzano l’attività ed esercitano personalmente le funzioni attribuite al pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle altre leggi, quando non designino altri magistrati addetti all’ufficio. Possono essere designati più magistrati in considerazione del numero degli imputati o della complessità delle indagini o del dibattimento”) e quello dell’art. 1 D.l.vo n. 106/06 (che delinea poteri e prerogative del Procuratore) per concludere, erroneamente, ovvero in via generale ed in astratto, che “il procuratore aggiunto non può, in base al vigente sistema ordinamentale, minimamente vantare l’ampiezza di funzioni, con correlativa assunzione di responsabilità, nonché il complessivo bagaglio di attribuzioni che invece caratterizzano la figura del Procuratore capo”, dunque che v’è sempre una prevalenza pregiudiziale ed astratta in sede comparativa delle funzioni direttive di Procuratore su quelle semidirettive di Procuratore Aggiunto; quando, invece, l’art. 18 TU pone le esperienze direttive e semidirettive pregresse sul medesimo piano agli effetti dell’indicatore sub a), chiamando il Consiglio a spiegare, di volta in volta, perché, in relazione ad un determinato incarico, la pregressa funzione direttiva o quella semidirettiva in concreto svolta anche in relazione ai risultati ottenuti, assumano valore più pregnante quali indicatori della attitudine organizzativa.
Le pronunce del GA che riformano sul punto le nostre delibere, invero, censurano il fatto che ci si appiattisca sull’equiparazione che effettua l’indicatore dell’art. 18, lett. b), e non si spieghi, invece, in concreto ed in modo esauriente, perché (come è talora è ben possibile) funzioni semidirettive prevalgano sul quelle direttive, o, viceversa, queste ultime, nonostante la maggiore ampiezza, risultino – come è ben possibile – subvalenti per come effettivamente svolte e dispiegatesi (es. in ragione della dimensione degli uffici, del relativo e conseguente impegno organizzativo, dei risultati conseguiti).
Sicché se concordo sul fatto che v’è un “consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui è da considerarsi prevalente – in assenza di specifici e circostanziati elementi contrari, l’esperienza dell’incarico direttivo su quella dell’incarico semidirettivo, in relazione alle attitudini dimostrate per ricoprire un incarico direttivo”, e sull’affermazione per cui “ ... escluso l’automatismo dell’assimilazione delle qualifiche o posizioni, nella comparazione di candidati che hanno svolto funzioni di livello differente, uno direttive e l’altro semidirettive, ….il C.S.M. non può esimersi dall’esternare puntualmente, pur nella valutazione globale, le consistenti ragioni, basate sui fatti che hanno caratterizzato l’attività degli interessati”, che portano ad accordare prevalenza a chi può vantare solo funzioni semidirettive, non concordo con il fatto che si possa parlare in relazione a queste funzioni di “funzioni di livello inferiore” e con riguardo a quelle direttive di “ funzioni svolte in qualifica superiore” (vedi Cons. St., n. 271/18).
Né concordo con l’affermazione che il Testo unico non sarebbe abilitatato “a equiordinare pregresse qualifiche di legge e il significato delle inerenti funzioni (cfr. art. 107, terzo comma, Cost.) poiché “comunque in realtà una tale equiordinazione non sussiste”.
Io credo che l’equiordinazione esista e stia nella Costituzione, che non prevede funzioni superiori o inferiori, sovraordinate o subordinate, ma solo funzioni diverse. Ragione per cui sul punto dissento fermamente anche quanto affermato dal CdS a definizione dei contenziosi relativi a questa pratica, peraltro in sintonia con i motivi sul punto del ricorso proposto dal Consiglio alle SSUU a fronte di quelle pronunce.
Infine avevo chiesto di integrare la motivazione per fornire al Plenum (e all’esterno) un’informazione più completa, che rendesse esauriente ragione del lungo e travagliato percorso decisorio che ha riguardato questo incarico. Desse, cioè, conto del contesto che, oltre due anni e mezzo fa, ha segnato la discussione e la formulazione dell’originaria triplice proposta, lo svelamento del quale ha provocato una crisi istituzionale di una gravità senza precedenti, che non ha solo letteralmente sconvolto l’assetto del Consiglio ma ha precipitato il governo autonomo e la magistratura tutta in una profondissima crisi di credibilità, così compromettendo la base stessa della legittimazione della funzione giurisdizionale che sta nella fiducia dei cittadini nell’amministrazione della giustizia.
Un contesto del tutto eccezionale che a leggere la delibera si direbbe mai accaduto, visto che quella che nella proposta si riduce alla “notizia di un’indagine condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia” in effetti riguardava tra l’altro, contatti e interferenze tra componenti del Consiglio, magistrati e politici aventi ad oggetto la nomina del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma: ovvero fatti che per la loro gravità determinavano le dimissioni dal mandato di cinque Consiglieri togati, tra cui il presidente della Quinta Commissione e il cons. relatore (nei confronti dei quali veniva avviato un procedimento disciplinare definito in primo grado con sentenza di condanna nel settembre scorso).
Fatti che, a settembre del 2019, hanno determinato la riapertura dell’istruttoria da parte della Quinta commissione, nel frattempo re-integrata, la revoca della proposta originaria che il giudice amministrativo ha ritenuto non sufficientemente motivata con il mero richiamo agli atti di indagine pervenuti dalla Procura perugina, e l’approfondimento istruttorio condotto attraverso le audizioni di tutti gli aspiranti.
Anche in questo caso mi sono risolta a rinunciare ad un emendamento per le ragioni dette, ma non a darne conto in sede Plenaria onde sia chiaro che l’epilogo odierno riguarda una vicenda gravissima, di condizionamento del governo autonomo, che il Consiglio tanto più supererà quanto più ne dimostrerà consapevolezza.
22 dicembre 2021