Corte di cassazione

Il processo di legittimità di fronte all’emergenza Covid-19

Situazione attuale e prospettive future in un contributo della sezione AreaDG della Corte di cassazione

1. Il processo penale di Cassazione di fronte all’emergenza

Nella consapevolezza della situazione dall’emergenza e dell’imprevedibilità dell’evoluzione della situazione è necessaria la messa a punto di soluzioni che consentano di modulare l’attività giudiziaria al fine di evitare, per quanto possibile, la paralisi del servizio giustizia.

Ogni modello non conforme al codice di rito, seppure indispensabile per il tempo dell’emergenza, è complesso e presenta i rischi connessi all’uso della tecnica. Un uso improprio degli strumenti tecnologici, che non hanno un valore in sé, può vulnerare i beni che attraverso il processo devono essere tutelati.

1.1. La digitalizzazione del fascicolo penale

L’emergenza epidemica ha reso evidente la necessità di poter disporre, quanto prima e al di là del periodo dell’emergenza, della copia informatica del fascicolo processuale, anche in sostituzione dei cd. “fascicoletti” per consigliere relatore e presidente, e ciò al fine di evitare il trasferimento di materiale cartaceo dall’ufficio di merito alla Cassazione e di qui alle residenze dei singoli magistrati. Ciò agevolerebbe lo studio del procedimento, senza necessità degli spostamenti dei magistrati per la preventiva consultazione degli atti dell’intero fascicolo, ove necessaria.

È auspicabile, in tale direzione, la strutturazione a regime dell’obbligo per i difensori di deposito anche in formato digitale di ricorsi, degli atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame (art. 165-bis, comma 2, cpp), dei motivi “aggiunti” e delle memorie.

È auspicabile la possibilità di deposito delle sentenze da remoto, per rendere più agevole, senza la compromissione di alcuna posizione di interesse, il relativo adempimento.

È indispensabile che i magistrati della Corte siano dotati dello strumento della firma digitale.

1.2. Trattazione da remoto

La trattazione da remoto nel giudizio di Cassazione può riguardare solo i procedimenti camerali non partecipati ex art. 611 cpp, in quanto a trattazione scritta.

Per il resto, le udienze pubbliche relative a processi con detenuti e le camere di consiglio partecipate relative a procedimenti cautelari sono trattati con l’adozione delle prescritte cautele.

La praticabilità del nuovo modulo da remoto, peraltro imposto dall’emergenza sanitaria e da essa e in essa pienamente giustificato, è resa poco agevole dal fatto che comunque il fascicolo processuale è depositato in cartaceo in ufficio e che l’esigenza di una sua consultazione, ipotesi non infrequente durante le camere di consiglio, potrà essere di ostacolo all’utile prosecuzione dei lavori da remoto. Si tratta, però, di inconveniente meramente organizzativo che, di per sé, non mette in crisi irrimediabile il modulo di svolgimento dell’udienza da remoto, pur potendo comportare nei fatti la necessità del rinvio di qualche ricorso.

Appare difficilmente ipotizzabile, onde evitare il descritto inconveniente, che si faccia carico al presidente del collegio, che dovrà in ogni caso esser presente in ufficio durante lo svolgimento dell’udienza da remoto, di consultare il fascicolo o che, in alternativa, si incarichi il consigliere relatore di provvedere – con largo anticipo e compatibilmente con la possibilità di recarsi in ufficio – all’incombente.

Comunque, la trasmissione, in formato digitale, degli atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame riduce la necessità della consultazione del fascicolo cartaceo.

Ulteriore profilo critico dell’udienza da remoto è che essa non appare strutturata in modo tale da assicurare la segretezza della camera di consiglio. A tal proposito si osserva che la presenza fisica dei giudici per la discussione in camera di consiglio è preferibile alla deliberazione da remoto, dovendosi convenire sulla necessità, specie in proiezione futura, di una seria riflessione circa la compatibilità dell’udienza da remoto con alcuni principi fondamentali del processo, tra questi il contraddittorio orale.

1.3. Prospettive future

Il modulo di svolgimento da remoto può tuttavia essere oggetto di approfondimento per una eventuale conservazione a regime – ma non come soluzione tecnica obbligata – soltanto con riguardo alle udienze cd. non partecipate, compresi i ricorsi assegnati alla settima Sezione penale, e per la trattazione dei procedimenti con procedura de plano. Si deve, in aggiunta, segnalare l’eventualità che lo svolgimento da remoto possa essere di gradimento per i difensori che vogliano evitare trasferte in Corte per la discussione dei ricorsi, dando loro la possibilità di intervenire oralmente da remoto.

Si deve infine evidenziare l’utilità che il modulo da remoto potrebbe offrire per lo svolgimento delle pre-camere di consiglio.

2. Il processo civile di Cassazione di fronte all’emergenza Covid 19.
La “risorsa” della camera di consiglio non partecipata

Il processo civile di Cassazione ha la particolarità di concludersi ordinariamente non già con una pubblica udienza, bensì con una camera di consiglio non partecipata (art. 375, commi primo e secondo, cpc). Sull’adeguatezza di tale scelta legislativa non sono mancate, soprattutto in passato, opinioni motivatamente discordi; tuttavia è innegabile che tale modalità, estremamente semplificata e “dematerializzata” di definizione del giudizio, il quale assume così carattere totalmente scritto, costituisce, di fatto, una preziosa opportunità normativa, che, accompagnata da appropriate misure organizzative, può consentire alla Corte di cassazione di affrontare l’emergenza epidemica da Covid 19 conservando buona parte della sua produttività senza esporre a inutili rischi il personale (magistrati e cancellieri) e gli utenti (avvocati e loro collaboratori). La mancanza, infatti, di un’udienza o di una discussione orale, e dunque della presenza personale (dei difensori) delle parti, elimina i corrispondenti rischi di contagio. La prossimità fisica delle persone è invero limitata ai componenti del collegio giudicante; essa, però, è agevolmente sostituibile dal contatto virtuale, consentito dagli strumenti telematici, senza apprezzabili ricadute negative sulle garanzie processuali.

Quanto al processo civile di legittimità, dunque, non si pongono le più impegnative problematiche di carattere giuridico, sotto il profilo della effettività del contraddittorio e del diritto di difesa, che occupano l’analogo dibattito riguardante il processo penale, viceversa improntato, di regola, alla oralità. Per il processo civile di legittimità si pongono, piuttosto, questioni organizzative, che vanno risolte con la necessaria efficacia e tempestività, perché disporre di una opportunità comporta la connessa responsabilità del suo sfruttamento ottimale.

2.1. Questioni giuridiche e problemi organizzativi

Gli ipotizzabili ostacoli di carattere giuridico all’adozione di modalità telematiche di svolgimento da remoto delle camere di consiglio non partecipate, già superabili allo stato della legislazione vigente[1], risultano, invero, definitivamente appianati dall’espressa previsione di tali modalità all’art. 83, comma 12 quinquies, del DL 17 marzo 2020, n. 18, introdotto dalla legge di conversione in corso di approvazione da parte del Parlamento.

Gli ostacoli di carattere organizzativo appaiono invece legati principalmente (ma non esclusivamente) a due profili di criticità: la disponibilità di personale di cancelleria che provveda ai necessari adempimenti, in primo luogo agli avvisi ai difensori ai sensi degli artt. 380 bis e 380 bis-1 cpc, e la connessa disponibilità degli atti processuali regolamentari da parte dei consiglieri relatori e dei presidenti che risiedono fuori Roma.

In proposito, tuttavia, va registrata positivamente la sottoscrizione del protocollo d’intesa 9 aprile 2020 tra Corte di cassazione, Procura Generale e Consiglio Nazionale Forense, che promuove la collaborazione da parte degli avvocati – ovviamente non obbligatoria, dati i limiti giuridici della fonte – mediante l’invio telematico degli atti processuali. Si tratta evidentemente di una minima anticipazione “volontaria” del processo civile telematico, costituente invece la via maestra per un forte miglioramento dell’organizzazione del lavoro anche presso la Corte di cassazione e la cui implementazione va dunque sollecitata con determinazione in ogni sede; non mancano però ragioni per confidare che anche questo primo approccio, necessariamente limitato ma non certo timido, possa dare risultati soddisfacenti grazie alla buona volontà del foro civilista, più volte dimostratosi interessato alla funzionalità del processo[2]. Si consideri, inoltre, che i fascicoli regolamentari dei ricorsi già fissati a ruolo per le camere di consiglio calendarizzate per i mesi di marzo e aprile sono in gran parte già in possesso dei consiglieri relatori e dei presidenti, sicché non dovrebbe mancare la possibilità di fissare sin da ora un buon numero di camere di consiglio, fronteggiando in tal modo la prima fase dell’emergenza; e che la fase più acuta del contagio, con le conseguenti severe restrizioni negli spostamenti sul territorio nazionale, volgerà verosimilmente al termine, con conseguente agevolazione della mobilità dei magistrati e del personale amministrativo, la quale potenzierà a sua volta, con la maggiore presenza in ufficio, le possibilità sia di prelievo diretto degli atti da parte dei primi, sia di eventuale loro trasmissione, anche in forma digitale previa scansione, da parte del secondo.

Una ulteriore difficoltà sul piano organizzativo potrebbe derivare dalla necessità che la camera di consiglio si tenga con la presenza in sede, a Roma, del presidente del collegio o di un consigliere da lui delegato, il quale redige e sottoscrive i dispositivi e l’estratto del ruolo da consegnare alla cancelleria, procede alla consultazione degli atti eventualmente necessaria e si avvale dell’assistenza del personale tecnico in caso di interruzione o difficoltà della connessione. Tale necessità potrebbe, infatti, incidere negativamente sulla formazione dei ruoli, ove non si disponga di un numero adeguato di presidenti o consiglieri residenti a Roma o che possano recarvisi. Va tuttavia condivisa la decisione del Primo Presidente di imporla nei decreti nn. 44 e 47 del 23 e 31 marzo 2020, essendo tale scelta sicuramente preferibile, non solo in funzione della opportunità di disporre dell’ausilio di personale tecnico in caso di necessità, specie nella prima fase di “rodaggio” di questa nuova modalità, ma soprattutto in vista dell’eventualità che si ponga in concreto l’esigenza di esaminare gli atti del giudizio di merito o dei fascicoli di parte: in mancanza di un componente del collegio che possa procedere a tale esame, indispensabile ai fini della completezza e rigore del giudizio[3], si imporrebbe infatti il rinvio della causa a nuovo ruolo. Per quanto, dunque, la presenza di un componente del collegio nella sede della Corte non sembri imposta dalle norme di diritto vigenti o in itinere[4], è assai opportuno che si cerchi intanto di assicurarla, sia pure riservandosi di verificare in avvenire se le sue ricadute sulla formazione dei ruoli non rendano preferibile correre il rischio di eventuali rinvii di alcune cause (per impossibilità di esame degli atti), piuttosto che formare ruoli inadeguati. È presumibile, peraltro, che siffatte difficoltà andranno progressivamente riducendosi via via che, attenuandosi la morsa del contagio, migliorerà la mobilità dei magistrati sul territorio nazionale.

Presupposto, ovviamente, per la buona riuscita di questo nuovo sforzo organizzativo è la predisposizione di opportunità di formazione (e autoformazione) per l’utilizzo, in particolare, dei programmi informatici necessari per il collegamento da remoto (allo stato, Microsoft Teams), nonché la sussistenza – pur senza voler drammatizzare oltremodo il problema – di sufficienti garanzie di sicurezza dei programmi stessi.

2.2. Oltre l’emergenza

Quanto sin qui osservato attiene strettamente alle problematiche e alle esigenze determinate dall’emergenza epidemica in atto, che purtroppo avrà una durata non breve (ed è questa la ragione per cui è necessario, appunto, attrezzarsi con adeguate misure non solo di carattere strettamente emergenziale), ma non esaurisce certo la riflessione possibile, e anzi indispensabile, sulle prospettive di più ampio spettro e più lungo periodo che può aprire l’implementazione, finalmente, anche presso la Corte di cassazione di tecniche e modalità organizzative più efficienti, favorite dall’uso degli strumenti informatici.

Torna qui a proposito una forte sottolineatura dell’urgente necessità di accelerare l’introduzione del processo telematico di legittimità, del quale potrà giovarsi l’organizzazione del lavoro della Corte a tutti i livelli, dallo svolgimento delle udienze agli adempimenti di cancelleria, liberando risorse da destinare ad attività più proficue.

Torna, altresì, la connessa continuità della riflessione e discussione nell’ambito dell’apposito gruppo di lavoro costituito all’interno di AreaDG Cassazione, in una prospettiva di più ampio respiro, che non deve essere abbandonata (e che potrà giovarsi, per il vero, anche di rilevanti contributi elaborati da vari colleghi nel corso della preparazione del presente documento). Ciò, ovviamente, nella consapevolezza che l’informatica è uno strumento prezioso di ausilio alla comunicazione tra gli uomini, ma che, per quanto efficace, è solo un surrogato di quella presenza fisica che è funzionale allo svolgimento delle camere di consiglio. Pertanto non ha senso abusarne, fermo che ben più complessi problemi si pongono, a vari livelli, quanto ai processi in cui, invece, l’oralità è da considerare presidio indispensabile della tutela dei diritti e delle garanzie delle parti[5].

 

[1] Ci si riferisce alla previsione dei “collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia”, contenuta nell’art. 83, comma 6, lett. f), DL 17 marzo 2020, n. 18, non sembrando plausibile l’esclusione dei componenti del collegio giudicante dal novero dei “soggetti” processuali cui attiene la previsione stessa.

[2] Al protocollo, peraltro, non ha aderito l’Avvocatura dello Stato; il che potrebbe creare problemi non trascurabili soprattutto nella materia tributaria, tabellarmente affidata alla V Sezione civile, che è anche la sezione maggiormente oberata. È pur vero, tuttavia, che il protocollo prevede anche la possibilità dell’invio, da parte di ciascun avvocato, di copia degli atti di controparte; inoltre potrebbe privilegiarsi, nella prima fase dell’emergenza, la trattazione delle cause in cui l’Avvocatura dello Stato non sia costituita, fermo restando che, come meglio si dirà in prosieguo nel testo, la fase più critica dell’emergenza – con i connessi più gravi problemi logistici – è destinata comunque ad essere superata.

[3] Peraltro, proprio in funzione della completezza e rigore del giudizio, non va trascurata la potenzialità del mezzo telematico di consentire lo svolgimento, sempre da remoto, di pre-camere di consiglio nelle quali mettere bene a fuoco le questioni in vista della discussione e decisione finale, che dunque non rischia di essere meno meditata di quelle assunte in presenza.

[4] Si consideri, infatti, che il già richiamato comma 12 quinquies dell’art. 83 DL n. 18/2020, in corso di introduzione con la legge di conversione, non soltanto prevede espressamente che “Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge”, ma precisa altresì, sia pure con riferimento al processo penale, che “dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l’ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell’inserimento nel fascicolo il prima possibile e, in ogni caso, immediatamente dopo la cessazione dell’emergenza sanitaria”, con ciò chiaramente presupponendo, e dunque legittimando, l’assenza di tutti i componenti del collegio dalla sede della Corte finché dura la vera e propria emergenza sanitaria. Né sembra, di contro, decisiva la previsione della sostituzione del presidente con un consigliere da lui delegato (che dovrebbe sopperire appunto alla assenza del primo nella sede della Corte), considerato che, come si osserva nel testo, la presenza in Corte di un componente del collegio è comunque auspicabile, e tanto appare sufficiente a giustificare la previsione della sua agevolazione grazie al meccanismo della delega. A fronte di tali considerazioni, ben poco rilievo sembra avere la previsione della tenuta di un “ruolo di udienza per ciascuna sezione”, di cui all’art. 13, comma 5, n. 2, dm 27 marzo 2000, n. 264 (Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari), associata nella prassi alla redazione e sottoscrizione, da parte del presidente del collegio, di un estratto del ruolo stesso, con indicazione dell’esito di ciascun ricorso, da consegnare alla cancelleria all’esito della camera di consiglio in vista dell’inserimento nel registro informatico consultabile dalle parti. Si tratta, invero, non soltanto di modalità affidata a una mera prassi, ma soprattutto di modalità ben fungibile dall’invio telematico dell’estratto alla cancelleria.

[5] L’oralità caratterizza anche il processo civile di legittimità che si svolga in pubblica udienza, nei casi fatti salvi dall’art. 375, comma secondo, cpc. La praticabilità dello svolgimento “da remoto” dell’udienza civile davanti alla Corte di cassazione senza apprezzabile sacrificio dei diritti e garanzie delle parti e della efficacia del contraddittorio, va attentamente valutata in relazione alle modalità che siano eventualmente adottate.