Nella normativa sulla giustizia dell’emergenza il processo e, in generale, la materia del lavoro sono i grandi assenti. Non v’è disciplina specifica per un rito che ha tratti profondi di specialità dal giudizio di cognizione ordinaria; addirittura le controversie di lavoro, di previdenza e assistenza neppure vengono menzionate nel catalogo delle cause urgenti contenuto nell’art. 83, terzo comma, DL n. 18/2020. Quest’ultima omissione non ha una ragionevole giustificazione, poiché si tratta d’un contenzioso addirittura sottratto alla sospensione generale dei termini del periodo feriale, in considerazione del carattere fondamentale dei diritti che vi trovano tutela e dell’urgenza che vi è connaturata.
Il legislatore non sembra intenzionato a rimediare a tale lacuna. Nella legge di conversione del DL n 18/2020 si coglie un parziale ravvedimento all’assenza originaria d’una disciplina di dettaglio della video-udienza, ma esso riguarda solo il processo penale.
La completa rimozione di riferimenti al processo del lavoro apre questioni interpretative gravi e rischia di trasformare questa fase in un’occasione perduta.
Inoltre, in un rito in cui concentrazione, oralità e immediatezza sono funzionali alla tutela di diritti fondamentali, le potenzialità della tecnologia potrebbero essere sfruttate limitatamente alle attività meno complesse, consentendo comunque un significativo incremento dell’efficienza decisoria.
Tuttavia, l’adozione dei nuovi strumenti non può essere rimessa all’iniziativa (e alle attitudini) d’un giudice privo di assistenza e senza una normazione degli eventi dipendenti dalla dinamica del mezzo informatico. Il processo civile telematico funziona grazie alla normativa che gli è stata dedicata. È difficile immaginare che, senza un’analoga disciplina, possa accadere altrettanto per la video-udienza dell’art. 83 DL n. 18/2020.
1. La ricostruzione della disciplina d’emergenza per via interpretativa
Per il giudice del lavoro, dunque, le regole da applicarsi nell’emergenza vanno costruite integralmente per via ermeneutica, muovendo dall’assunto che, quando il DL n. 18/2020 parla di “udienza civile”, intenda comprendervi anche l’udienza tenuta col rito del lavoro. Questa premessa però non basta a rendere immediatamente estensibili a questo rito le disposizioni e le chiavi di lettura che vengono riferite al processo civile, poiché ben altro peso vi hanno la concentrazione e, soprattutto, l’oralità e l’immediatezza.
L’operazione di adattamento interpretativo strizza quindi inevitabilmente l’occhio anche al dibattimento penale, più simile per molti versi alla dinamica del rito lavoristico: basti pensare alla pubblicità dell’udienza, al confronto verbale tra le parti, alla lettura del dispositivo in udienza.
Di conseguenza, l’udienza prevista dall’art. 83, settimo comma, lett. h), DL n. 18/2020 rischia di essere una valvola di sfogo assai meno praticabile di quanto non si pensi per il giudizio di cognizione ordinaria, nel quale la trattazione scritta la fa già da padrone; e, d’altro canto, la video-udienza dell’art. 83, settimo comma, lett. f), sconta le carenze di disciplina degli effetti legati al suo funzionamento e risulta affidata esclusivamente all’organizzazione del giudice (diversamente da quanto si è voluto prevedere per le udienze penali) sì da risultare uno strumento che prevedibilmente troverà applicazioni alterne e disomogenee negli uffici giudiziari.
È possibile però affermare che alcune attività processuali si prestino ad essere oggi compiute da remoto, diversamente da quanto avviene nell’ordinarietà. È il caso del conferimento d’incarico per l’accertamento tecnico preventivo dell’art. 445-bis cpc, che può avvenire nominando preventivamente il consulente medico-legale e inviandogli un testo contenente il giuramento nonché la bozza di quesito (che egli controfirmerà con la propria PEC). È il caso di conciliazioni che, sull’accordo delle parti e con la rinuncia dei difensori a qualsiasi futura eccezione, possono avvenire col deposito telematico della transazione e la conseguente dichiarazione di esecutività da parte del giudice, che potrà dichiarare estinto il processo. È il caso di udienze di discussione che, non richiedendo la presenza neppure delle parti, possono svolgersi integralmente con trattazione scritta.
A quest’ultimo proposito il codice ammette già ipotesi, eccezionali, di memorie di contenuto istruttorio (art. 420, sesto comma) o per la definizione del giudizio (art. 429, secondo comma). Si tratta dunque di modulare queste previsioni con quella della trattazione scritta oggi introdotta temporaneamente per le ragioni di salute pubblica.
A questo adattamento non sembra costituire un ostacolo insormontabile la regola generale della pubblica lettura del dispositivo, con o senza motivazione. Una volta ammessa la necessaria celebrazione a porte chiuse (art. 83, settimo comma, lett. e) e comunque la portata sostitutiva della trattazione scritta per l’udienza di discussione finale, quest’ultima previsione finisce per incorporare anche quella relativa alle modalità della pubblicazione della decisione. Nel rito del lavoro la lettura del dispositivo in presenza delle parti è legata inscindibilmente alla pubblicità dell’udienza. È inevitabile che, venendo meno questa, anche la pronuncia venga resa pubblica altrimenti: il giudice potrà dunque assumere la causa in decisione secondo la regola generale insita nell’art. 281-quinquies cpc.
Le considerazioni svolte valgono a maggiore ragione per il processo del lavoro di secondo grado, nel quale l’udienza non prevede adempimenti che richiedano la presenza delle parti e l’attività istruttoria rappresenta l’eccezione.
2. Il nodo della video-udienza nelle cause di lavoro
Partecipazione delle parti e istruttoria restano il terreno su cui il giudice del lavoro sarà chiamato a confrontarsi con la praticabilità della video-udienza. Va ricordato a questo proposito come la presenza personale delle parti abbia una valenza fondamentale in questo settore per almeno tre aspetti: l’esperimento d’un tentativo di conciliazione effettivo, che può richiedere anche passaggi multipli di udienza; l’assunzione dalla viva voce della parte di chiarimenti sull’oggetto della causa e dei fatti davvero controversi e rilevanti; la valutazione dell’atteggiamento processuale nella prospettiva del migliore bilanciamento dei risultati di prova.
È dubbio che la video-udienza concepita, ma per nulla disciplinata, dal legislatore dell’emergenza possa servire a questa pluralità di scopi. Se da un lato è plausibile che almeno per alcune fattispecie processuali – ad es. procedimenti d’urgenza o cause di licenziamento con diritto alla reintegrazione – si renderà inevitabile il ricorso a questo strumento nella fase che ad oggi dovrebbe terminare il 30 giugno, occorre essere consci, d’altro canto, dei risultati ingannevoli che esso potrebbe determinare.
La distanza tra giudice e parte, la presenza o meno del difensore accanto a quest’ultima, le possibili difficoltà di connessione con la conseguente presenza alterna degli uni o degli altri giocheranno un ruolo importante e talvolta imprevedibile.
A ciò si aggiungano gli effetti della gestione, affidata al giudice, del mezzo informatico e dell’incertezza sulle ricadute giuridiche dei possibili eventi del collegamento. Gli interrogativi destinati a restare senza una risposta sicura sono svariati, Qualche esempio: come andrà valutata ai fini della prova e della presenza la mancata connessione di una parte oppure la sua disconnessione durante un interrogatorio? Come e con quale efficacia potrà essergli mostrato un atto per contestare una sua dichiarazione? Come potrà il giudice pronunciarsi a distanza sull’ammissione d’un nuovo, fondamentale documento nel corso dell’udienza?
Simili criticità meritano attenzione, pur se non giustificano un rifiuto categorico verso la video-udienza. Per valutare l’impatto che essa potrà avere sul processo del lavoro sarà forse decisiva la durata del periodo emergenziale, a oggi limitata ad un periodo di sette settimane. È chiaro che, se la scadenza del 30 giugno venisse prorogata in modo significativo, la convivenza con questo nuovo strumento processuale potrebbe divenire fisiologica lasciando un’eredità significativa.
3. Prospettive future per il rito del lavoro
Esistono notoriamente prassi diffuse di disapplicazione concreta di alcuni fondamenti del rito, generate prevalentemente dalle carenze di risorse e dall’arretrato di cui soffrono molti uffici.
Accade ormai in poche sedi che i giudici del lavoro tengano udienza in aule aperte al pubblico e vengano assistiti dal cancelliere; non sempre il tentativo di conciliazione e l’interrogatorio libero riescono a svolgersi col dovuto approfondimento, sconfinando spesso, invece, in pure formalità; le note scritte sono sempre più frequentemente divenute la regola, talvolta perfino surrogando la discussione orale; per contro la lettura del dispositivo in udienza è diventata in molte sedi un’eccezione.
In questo quadro il possibile consolidamento delle pratiche generate dall’emergenza va letto in una duplice chiave alternativa.
Occorre prestare attenzione, da un lato, ad evitare che esse ingenerino un’ulteriore dissociazione delle prassi dalle regole processuali fondamentali, che rendono il rito del lavoro agile, incisivo e vicino alle persone che reclamano la tutela di diritti fondamentali. C’è da temere che possano consolidarsi tentativi di conciliazione o interrogatori a distanza e camere di consiglio tra giudici collegati telematicamente.
Per altro verso la possibilità di conferire incarichi peritali senza la presenza necessaria del consulente può diventare una positiva prassi acceleratoria, soprattutto nelle procedure di a.t.p., numerose e con quesiti standardizzati, nella quale i diritti delle parti non dovrebbero subire pregiudizio poiché il giudice può vagliare comunque le possibili eccezioni degli enti previdenziali e modificare i contenuti degli incarichi in corso d’opera. La video-udienza, inoltre, potrebbe rivelarsi uno strumento veloce ed efficace per udienze di modesto contenuto, ad esempio qualora i difensori debbano formulare istanze che non richiedono discussioni articolate.
Anche a questi fini è dunque bene avere una rappresentazione chiara della necessità di salvaguardare la centralità dei canoni fondamentali del rito nonché delle criticità del mezzo telematico fornito per l’emergenza. Sarà così possibile selezionare, in questa fase eccezionale, le cause da trattare in video da quelle in cui prudenza vorrà che la velocità venga almeno temporaneamente sacrificata, in attesa del ripristino dell’ordinarietà. Sarà così anche possibile filtrare le novità odierne per salvare le prassi davvero virtuose da conservare nel futuro.
Spetterà al giudice essere interprete di questi contrapposti interessi e bilanciarli con accortezza, svolgendo una funzione equilibratrice fondamentale: una funzione che è del resto il proprium del ruolo che il processo del lavoro da sempre gli affida.