Va detto subito che la priorità nel settore civile non è l’introduzione delle videoconferenze ma è il completamento, a 360 gradi, del processo civile telematico.
È necessaria l’adozione integrale di un sistema di comunicazioni esclusivamente per via telematica e la digitalizzazione integrale degli atti del processo.
La previsione di cui al comma 11 dell’art. 83 del DL n. 18/2020 (“Dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico anche gli atti e documenti di cui all'articolo 16-bis, comma 1-bis, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono depositati esclusivamente con le modalità previste dal comma 1 del medesimo articolo”) rappresenta una scelta che va resa irreversibile per ogni grado di giudizio e per ogni settore del contenzioso civile e della volontaria giurisdizione (con esclusione dell’obbligo del deposito telematico solo nei casi in cui l’atto introduttivo può essere depositato personalmente da un privato cittadino).
Ugualmente va resa irreversibile la scelta del pagamento telematico dei diritti.
Si tratta di completare il percorso avviato nove anni fa e giungere, nel giro di poco tempo, ad una totale digitalizzazione degli atti.
Ciò significa semplificare molte attività di cancelleria, eliminare in breve tempo la stessa esistenza degli archivi cartacei con tutti i costi di gestione che comportano (lasciandoli soltanto nei casi – numericamente ridotti – in cui non siano sostituibili: si pensi, ad esempio, all’originale di documenti sottoposti a querela di falso), eliminare le richieste di copie atti e quindi ridurre l'afflusso nelle cancellerie.
Accanto a tale opzione va prevista, al più presto, la digitalizzazione di tutte le comunicazioni in uscita trasmesse dagli uffici giudiziari. Il processo civile telematico è molto avanzato in questo senso, ma ancora permangono flussi di lavoro gestiti solo in forma cartacea (trasmissione da e verso l’Unep, verso l’Ufficio del Registro, verso lo Stato Civile, verso altre Pubbliche Amministrazioni, etc.).
In una parola: la priorità assoluta è la sostituzione di ogni comunicazione cartacea da e verso l’ufficio giudiziario, in uscita o in entrata, con comunicazioni digitali.
Per realizzare ciò in tempi brevi occorre abbandonare la logica della ricerca di progetti e accordi omnicomprensivi con le varie amministrazioni che scontano pesanti tempi sia in fase di ideazione che di realizzazione.
Con l’introduzione della PEC si è scelto uno strumento molto agile e flessibile di comunicazione e ogni Pubblica Amministrazione è tenuta a dotarsi di PEC: è sufficiente prevedere che il PCT possa trasmettere qualunque atto, in qualunque fase, agli indirizzi di PEC dei destinatari, introitando le ricevute, e lasciare agli uffici giudiziari di individuare localmente le PEC di destinazione delle comunicazioni creando quindi, progressivamente, un archivio di tali indirizzi. Saranno poi le singole amministrazioni a dotarsi di strumenti per la gestione interna del flusso di informazioni.
Accanto all’introduzione delle comunicazioni telematiche vanno previste forme di certificazione della provenienza degli atti trasmessi, anche quando trasformati in copie analogiche. A tal fine, l’uso di strumenti quali il QR, apposto sull’atto (che permette di controllare con un applet la conformità di quell’atto all’originale), potrebbe permettere l’eliminazione di numerose incombenze burocratiche e un profondo snellimento dell’attività di cancelleria.
Tale scelta deve portare poi alla completa eliminazione del rilascio di copie cartacee in favore della consultazione online (anche affidando a notai e pubblici ufficiali il compito di certificazione), così liberando risorse negli uffici giudiziari per altre attività.
Infine, nel primo grado, va dato un assoluto impulso alla digitalizzazione di tutti i residui settori (ad esempio la volontaria giurisdizione in materia di successioni) nei quali l’informatica non ha fatto ancora neppure una timida comparsa.