L’informatizzazione del settore penale sconta un ritardo che, rispetto al civile, si può misurare ormai non in termini di anni, ma di lustri: oggi il penale è come era il civile nel 2006 quando partiva la sperimentazione del decreto ingiuntivo. Anzi, è più indietro perché, almeno, a quell’epoca, nel civile, esisteva già un progetto complessivo.
Spaventa l’assenza di un disegno generale.
Dal 2006 ad oggi vi è stata una semplificazione dei registri (con l’adozione di un unico sistema informativo per il settore della cognizione e di un unico sistema informativo per il settore dell’esecuzione, quest’ultimo realizzato tra il 2001 e il 2004).
A ciò si è accompagnata l’introduzione di SNT per le notifiche agli avvocati degli atti processuali tramite PEC. La recente legislazione emergenziale ha inciso in questa materia permettendo la notifica all’imputato tramite PEC al difensore di fiducia.
In molti uffici, ma non in tutti e non in modo generalizzato, è stato introdotto TIAP che, peraltro, si basa sulla scansione manuale degli atti: richiede quindi un forte investimento in termini di risorse umane e, di fatto, trasferisce l’attività di fotocopiatura su un sistema informatico determinando risparmi solo su ampia scala (nei grandi uffici e per l’attività connessa all’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis cpp o per la trasmissione atti al Tribunale del Riesame).
Infine, in alcuni uffici, si sta diffondendo l’uso del Portale delle Notizie di Reato: ma senza un obbligo normativo per le forze di polizia e senza una regolamentazione precisa.
Di fatto sia SNT, che TIAP, che il Portale delle Notizie di Reato presuppongono l’uso della carta e di quella non riescono a fare a meno: intervengono solo per operare una parziale dematerializzazione e trasmissione di atti di cui, da qualche parte, esiste un originale cartaceo che comunque deve essere conservato nel fascicolo cartaceo che resta l’alfa e l’omega dell’intero processo.
Si pensi ad esempio alla gestione delle notifiche telematiche:
- l’atto originale da notificare viene emesso in cartaceo con firma autografa (il computer, qui, serve solo come strumento evoluto di videoscrittura) e viene inserito e conservato nel fascicolo;
- viene inviata una copia informatica (per immagine/scansione) dell’atto, dichiarata “conforme” dal cancelliere che ha eseguito la scansione;
- l’avvocato riceve una copia informatica dell’originale cartaceo: la PEC assicura che proviene dal Tribunale; la conformità del cancelliere assicura che quell’immagine è identica all’originale conservato nel fascicolo;
- la prova dell’avvenuta notifica deve essere stampata e inserita nel fascicolo (spillandola all’originale, altrimenti i due documenti non si incontrano più).
Il cancelliere vicino di scrivania, che si occupa del civile, per notificare un atto del giudice, lo accetta sul sistema (perché l’atto è digitale, firmato con firma digitale e depositato in via telematica dal giudice) e dispone poi, da sistema, l’invio al destinatario ricevendo pochi secondi dopo la ricevuta di avvenuta consegna che viene automaticamente conservata nel fascicolo digitale (e che il giudice può controllare in ogni momento). Insomma: tra i due mondi un abisso che rende sinceramente difficile parlare di “processo penale telematico”.
Ma anche l’organizzazione giudiziaria, come la fisica, non tollera il vuoto: per cui, pur con strumenti limitati, negli uffici giudiziari prolificano le iniziative.
Così, mentre nel civile le migliori energie vengono spese a cercare di sfruttare tutte le funzionalità del PCT (e a chiedere il completamento delle tante funzioni che ancora mancano e l’estensione ai settori che ne sono privi) nel penale è una rincorsa a sfruttare il poco che c’è, anche in modo non ortodosso, ma necessario al funzionamento dell’ufficio.
A parte il proliferare di iniziative autonome su base locale, si pensi, per tutti, all’uso indiscriminato della PEC: già prima dell’emergenza, ma ancor di più in questo periodo, viene accettato, anzi sollecitato, il deposito da parte degli avvocati di impugnazioni, istanze, liste testi. Di fatto la PEC è diventata uno strumento di comunicazione che introduce atti nel processo penale senza alcuna copertura normativa, a differenza di quanto avviene nel civile dove, oltre le norme del CAD, trovano applicazione le specifiche del DM 44/2011 e le specifiche tecniche emanate da DGSIA in forza di tale DM.
L’uso della PEC riproduce il problema già evidenziato: la mail va stampata e alla fine il contenuto, per poter essere conservato nel fascicolo (che è di carta) va trasformato in analogico-cartaceo.
Il sistema penale richiede un progetto vero e in tempi rapidi. Occorre digitalizzare l’intera filiera del sistema partendo dall’inizio, ossia dalla notizia di reato.
È necessario quindi:
- introdurre il documento digitale come regola e non eccezione (mal tollerata) del sistema;
- rendere normativamente obbligatoria la trasmissione delle notizie di reato in modalità esclusivamente telematica (sempre con firma digitale) da parte della polizia giudiziaria;
- predisporre un sistema di ricezione delle notizie di reato (tramite servizi/portale o tramite PEC) integrato con il sistema dei registri e appoggiato su una piattaforma documentale che provvede all’archiviazione di atti del processo;
- fornire ai Pubblici Ministeri e ai Giudici un sistema di consultazione degli atti digitali e di elaborazione dei provvedimenti introducendo la firma digitale e il deposito dell’atto in formato digitale sempre previa annotazione dell’avvenuto deposito sul registro informatico;
- innestare su tale sistema un sistema di comunicazione telematica da e verso il mondo esterno agli uffici giudiziari: avvocati, polizia giudiziaria, pubbliche amministrazioni;
- prevedere la comunicazione telematica come unica forma di deposito degli atti processuali da parte di tutti gli attori del processo;
- integrare tutti i sistemi del penale in modo che le informazioni e i documenti che le contengono siano disponibili, secondo le regole processuali, in ogni fase del giudizio, compresa la fase del giudizio di legittimità e la fase esecutiva.
Solo così, potremo trasformare la crisi in un’opportunità per il futuro.