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Il trasferimento ex art. 2 Rd.lgs n.511/1946 nei lavori della Prima Commissione

Gli ultimi resoconti dell’attività del Consiglio si riferiscono spesso ai lavori della Prima Commissione. È utile quindi, per miglior comprensione, fare un breve riepilogo del significato e della procedura prevista dalla “legge delle guarentigie” per il trasferimento d’ufficio dei magistrati determinato da incompatibilità ambientale

La funzione dell’istituto

L’art. 2 del Rd.lgs n. 511/1946 prevede la possibilità per il CSM di disporre il trasferimento d’ufficio dei magistrati quando “per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità”.

L’esigenza, cui è funzionale l’istituto, di garantire un esercizio indipendente e libero della funzione giurisdizionale, sorge ogni qualvolta si registri la percezione da parte dell’ambiente lavorativo e/o dell’intera cittadinanza di un appannamento del bene protetto, a prescindere da condotte colpevoli del magistrato, fermo il fatto che deve essere esclusa l’esistenza di un disegno preordinato a creare le condizioni per allontanare il magistrato da determinati uffici o determinati territori (circostanza questa che legittima piuttosto, all’interno del Consiglio, l’apertura delle c.d. “pratiche a tutela”).

Occorre quindi accertare, in assenza e al di là di eventuali condotte tipizzate di rilievo disciplinare o penale, se si sia venuta a determinare, per il magistrato interessato, una condizione di effettiva impossibilità di svolgere adeguatamente le proprie funzioni giudiziarie con imparzialità e indipendenza.

La valutazione va colta in via prognostica e secondo un comune apprezzamento esterno in relazione al quale il magistrato non fornisca garanzia di un esercizio della giurisdizione che possa essere ed apparire [1], all’interno dell’ufficio e/o nell’ambiente sociale, indipendente e/o imparziale, in ragione della sede in cui lavora o delle funzioni che esercita.

La circolare 26 luglio 2017 regola la procedura e i termini perentori in cui essa deve concludersi

Termini

Tutta la procedura – comprensiva di fase conoscitiva e istruttoria – deve concludersi nel termine di 6 mesi, decorrenti dalla data fissata dal Presidente per lo svolgimento della relazione da parte del relatore designato (termine prorogabile di 3 mesi una sola volta per motivata grave necessità).

Fase preliminare conoscitiva

La circolare prevede una prima “fase preliminare conoscitiva”, priva di contraddittorio, per valutare l’eventuale apertura del procedimento.

Si tratta, come spiega la circolare, di “una fase di delibazione sommaria deputata allo svolgimento di accertamenti volti a verificare se negli elementi di fatto presenti negli esposti o nelle segnalazioni trasmesse alla Prima Commissione sussistano aspetti che possono portare all’apertura del procedimento, tenendosi altresì conto che spesso nelle segnalazioni o negli esposti non si indicano esplicitamente situazioni di potenziale incompatibilità ambientale e/o funzionale. Trattandosi di fase “libera”, nella circolare si prevede solo a titolo esemplificativo la tipologia di attività che potrà essere svolta (acquisizione di atti, documenti o altri elementi fattuali).” (…) “Qualora non si ritengano sussistenti i presupposti dell’archiviazione, perché la situazione di potenziale incompatibilità comincia a tratteggiarsi, sia pur astrattamente, la Commissione provvederà senza ritardo all’apertura del procedimento con conseguente instaurazione del contraddittorio”.

Pertanto: una fase di sommarie acquisizioni informative, anche solo documentali, priva di contraddittorio con l’interessato, a seguito della quale, non appena “la situazione di potenziale incompatibilità comincia a tratteggiarsi, sia pure astrattamente, la Commissione provvederà senza ritardo all’apertura del procedimento”, così instaurando contraddittorio e garanzie difensive.

Questa fase può concludersi:

  1. con una proposta di delibera di archiviazione, al Plenum, che deve dare “conto in maniera succinta degli elementi di fatto emersi e delle ragioni per cui non sussistono i presupposti per l’apertura del procedimento”; quindi, con una delibera motivata di archiviazione, più o meno motivata a seconda della complessità e gravità del fatto;
  2. con l’attivazione della procedura e la comunicazione all’interessato dell’apertura del procedimento contenente sommaria enunciazione del fatto e avviso della possibilità di essere audito e di vedere gli atti.

Caso a): archiviazione preliminare

Non esistono pratiche che vengono archiviate con provvedimento interno della Commissione.

Non esiste una normativa che preveda l’obbligatoria audizione dell’interessato in questa fase preliminare: pur non essendone esclusa la possibilità, essa non è neppure richiesta, e può essere anzi potenzialmente dannosa per l’interessato, poiché sarebbe (come pure spiega la relazione alla circolare) un’audizione non garantita, senza previo accesso agli atti e senza assistenza di un difensore.

Si tratta di una scelta che dipende dal caso concreto. Così, la scelta di una eventuale audizione preliminare del magistrato può essere effettuata, ad esempio, nel caso in cui una breve spiegazione del fatto possa rendere immediata la comprensione degli eventi e portare subito ad una archiviazione. Invece, quando già si profilano fatti meritevoli di una possibile apertura del procedimento e gli atti sono corposi, offre maggiori garanzie all’interessato che l’audizione si svolga successivamente, previa cognizione del contenuto della “contestazione” e previa visione degli atti.

La stessa relazione alla circolare del 2017 afferma infatti: “come fase preliminare all’eventuale apertura del procedimento, non si richiede né l’obbligo del contraddittorio né quello della pubblicità degli atti; si veda al riguardo Tar Lazio sezione I 13 febbraio 2002 n.987 ‹‹rientra tra i poteri del Consiglio Superiore della Magistratura l’effettuazione di indagini e valutazioni preliminari ai fini dell’apertura del procedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale, fermo restando che nella fase precedente all’apertura del procedimento medesimo non è configurabile alcun obbligo di portare l’esposto o il rapporto a conoscenza del magistrato interessato e correlativamente il diritto – recte: l’interesse tutelato – di quest’ultimo ad essere sentito››. Nella relazione alla circolare si legge ancora: “ciò non toglie tuttavia che, qualora la Commissione lo ritenga utile o necessario e ai fini di garanzia e tutela del magistrato, onde evitare l’apertura di procedimenti che potrebbero agevolmente essere chiusi, possa procedere anche all’audizione dell’interessato al fine di assumere informazioni da lui stesso per chiarire i reali termini della situazione denunciata: in tal caso il contributo del magistrato non è tecnicamente difensivo, ma puramente conoscitivo; e pertanto l’audizione avviene in assenza di difensore”.

Nel corso degli anni, la prassi applicativa della circolare non ha mai visto richieste di previa audizione dell’interessato, anche a fronte di casi che meritavano motivazioni ampie e contenenti riferimenti al caso concreto.

Possono citarsi numerosissimi casi di archiviazioni ampiamente motivate, avvenute in esito alla fase conoscitiva, senza audizione dell’interessato, approvate all’unanimità da questa stessa consiliatura e nelle precedenti.

 Caso b): apertura del procedimento

Nel caso di apertura procedimento la commissione procede, se necessario, ad istruttoria (di qualsiasi tipo).

In questa fase istruttoria si attiva appieno il diritto al contraddittorio: al magistrato, oltre al primo avviso contenente l’enunciazione dei motivi dell’apertura e della facoltà di vedere atti ed essere sentito, viene dato, dopo il compimento dell’istruttoria, l’avviso finale che gli atti sono depositati e l’interessato ha la possibilità di averne copia, della possibilità di presentare deduzioni scritte e della possibilità di essere nuovamente audito dalla Commissione.

A seguito della fase istruttoria, la commissione formula la propria proposta al Plenum, che può essere:

  1. di archiviazione, ed anche in questo caso vi deve essere “succinta motivazione”;
  2. di trasferimento di ufficio.

Fase deliberativa davanti al Plenum 

A seguito delle proposte formulate dalla Commissione si apre la fase deliberativa davanti al Plenum del Consiglio, con approvazione o meno della proposta di archiviazione o di trasferimento. Nel caso di proposta di trasferimento, il magistrato e il suo difensore sono convocati e possono essere sentiti, su loro richiesta, dal Plenum.

La decisione va assunta nel termine di 3 mesi dalla proposta della Commissione.

Il Consiglio può, con delibera motivata, rimettere gli atti alla commissione in caso di assoluta necessità di approfondimenti o atti istruttori, da effettuarsi in 3 mesi. Poi la delibera va assunta entro 30 giorni.

Se il magistrato, nel corso della procedura, o anche prima, cambia sede e funzioni, la circolare prevede che:

L’archiviazione per intervenuto trasferimento deve indicare, quindi, i motivi per i quali “quel trasferimento” abbia fatto venir meno le ragioni di incompatibilità.
Ed infatti, non tutti i trasferimenti possono incidere (facendole venir meno) sulle ragioni che potevano determinare o hanno determinato l’apertura del procedimento, tanto che, nei casi di richiesta di trasferimento “in prevenzione”, la Prima Commissione deve esprimere un parere, alla Terza Commissione, sulla idoneità o meno dello specifico trasferimento proposto ad incidere sulla situazione che si era delineata.

Oltre alla ragionevolezza, dunque, e ad evidenti ragioni di trasparenza, sono le norme stesse che impongono una motivazione anche in questi casi, come del resto il Consiglio ha sempre fatto in passato.

 

[1] “Indipendenza e imparzialità non solo debbono connotare la considerazione di cui il singolo magistrato deve godere nel concreto esercizio delle funzioni, ma si riflettono anche, e in quella misura effettiva, nella proiezione esterna del prestigio dell’ordine giudiziario: sicché, se appaiono vulnerate in concreto, parimenti vulnerate ne sono credibilità e fiducia collettive nella giustizia” (Consiglio di Stato, sentenza n. 5783/2019, depositata il 22 agosto 2019).  

Quanto ai fatti e circostanze che possono portare all’apertura della procedura.
(Sentenza n. 281/2019 del T.a.r. del Lazio): “l’incolpevolezza deve essere intesa nel senso che la situazione che determina il trasferimento d’ufficio del magistrato può anche essere causalmente riconducibile a una sua condotta volontaria, purché essa sia valutata nella sua oggettività e al di fuori di ogni giudizio di riprovevolezza”.
Consiglio di Stato (sent. n. 5783/2019): “la norma prevede la trasferibilità sulla sufficiente base di una realtà situazionale oggettiva, generata da fatti solo eventualmente riconducibili a condotte del magistrato interessato e comunque indipendentemente da un giudizio di riprovevolezza”; il fuoco dell’accertamento nel procedimento ex art. 2 è “la situazione oggettiva ingenerata nell’ufficio o nell’ambiente”, che “può essere causata anche da una condotta volontaria del magistrato”.

 

22 febbraio 2021