Magistrati fuori ruolo, pericoli e incoerenze
Il decreto legislativo n. 45/2024, attuativo della legge Cartabia, ha ristretto in apparenza per i magistrati le possibilità di andare fuori ruolo (devi avere almeno 10 anni di funzioni effettive) e di restarvi (7 o 10 anni, a seconda dell’incarico) nonché il loro numero massimo complessivo (180). La circolare del CSM sui tramutamenti, con delibera del 24 luglio scorso, ha adottato queste modifiche, rispettivamente agli artt. 104, 108, co. 1 e 2, e 107.
Nessuno di quei limiti vale però in presenza di incarichi internazionali, i quali comportino, cioè, “esercizio di funzioni giudiziarie all’estero” o “incarichi di coordinamento e/o di supporto all’attività giurisdizionale svolta a livello internazionale”. Tale dizione, presente testualmente nel d. lgs. n. 45/2024, è stata fatta propria dalla circolare (artt. 104, co. 2 e 4, lett. a, 108, co. 3, e 107, co. 3, lett. b). Si è lasciato così aperto il nodo ermeneutico dell’espressione “incarichi di coordinamento e/o di supporto all’attività giudiziaria e giurisdizionale svolta a livello internazionale”, con una scelta che già avevamo contestato nel luglio scorso, temendone applicazioni insidiose.
La questione si è posta nel Plenum di ieri, con un risultato che ha travalicato i nostri timori.
Il Consiglio ha trattato il caso di una collega che, in servizio dal 1998, ha svolto funzioni effettive in uffici giudiziari – a periodi alterni mai superiori a due anni e sei mesi – per un arco temporale pari, al momento della proposta di commissione, a 8 anni e 8 mesi circa. Ciò è stato possibile poiché, oltre a periodi di aspettativa per ricongiungimento al coniuge, di congedo straordinario per ragioni di studio e di esonero integrale per comporre una commissione di concorso, ella ha prestato attività per 11 anni al Ministero della giustizia e, prima ancora, per sei anni nell’Unione Europea.
La maggioranza del Consiglio (i sette di MI, il vicepresidente, la prima presidente della Cassazione, il procuratore generale presso la Cassazione, i componenti laici in quota centro destra e Italia Viva) ha ritenuto che questi ultimi incarichi fossero riconducibili all’oscura nozione anzidetta. Si trattava – per dichiarazione resa dall’interessata stessa – di attività di legal officer, comprendenti: a) l’analisi delle questioni giuridiche legate ai contratti di finanziamento per la ricerca scientifica stipulati dalla Commissione UE; b) la redazione di documenti per la Direzione generale ricerca per incrementare i programmi di sostegno alla ricerca; c) la stesura di nuovi testi normativi europei e la cura dei relativi procedimenti.
Si tratta di funzioni certamente strategiche per l’Unione europea e per la rappresentanza che il nostro Paese vi deve garantire, ma che risultano del tutto distanti dalle caratteristiche di incarichi definibili come “di coordinamento e/o di supporto all’attività giurisdizionale svolta a livello internazionale”, per quanto incerto sia il significato del dato normativo. È quanto abbiamo sostenuto nella proposta di delibera presentata da Marcello e risultata minoritaria per un voto (il risultato finale è stato infatti di 16 a 15).
Non siamo qui a discutere dei titoli della collega, la quale vanta un’indubbia e meritevole esperienza in ambito europeo. Siamo però preoccupati di una lettura del testo normativo che apre le porte a possibili scenari di incontrollato allontanamento dei colleghi dalle funzioni giurisdizionali, a fronte di incarichi che abbiano una qualche, labile inerenza con il mondo giudiziario. Urge pertanto, a nostro avviso, una modifica della circolare che renda più prevedibili gli effetti applicativi delle disposizioni in materia e di questa esigenza ci renderemo interpreti da subito.
Non possiamo fare a meno di osservare, infine, che a favore di una simile soluzione si sono espressi proprio consiglieri eletti su indicazione di quelle forze politiche che con veemenza denunciano l’eccessivo numero di magistrati lontani dagli uffici, così da rovesciare sull’ordine giudiziario la responsabilità delle inefficienze nella giustizia. Sono accuse che la magistratura si sente con periodicità rivolgere indebitamente e – lo diciamo avendone ormai l’ennesima riprova – strumentalmente.
21 novembre 2024