Comunicato AreaCSM

Sul divieto di costituire gruppi all’interno del CSM

Eliminare l’organizzazione del consenso sulla base di idee e progetti significa lasciare sul campo solo l’organizzazione del consenso sulla base di interessi individuali. Eliminare per legge i corpi intermedi significa lasciare il campo libero alle consorterie e ai gruppi di potere occulti

Pubblichiamo l’intervento svolto da Giuseppe Cascini il 7 aprile 2021, nel corso della discussione del parere sul testo del disegno di legge cd. Bonafede. In particolare, del parere che ha ad oggetto, tra l’altro, l’esame degli articoli da 20 a 27, compresi nel capo IV, intitolato “Disposizioni concernenti la costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura”, ove è introdotto il “divieto per i componenti di costituire “gruppi” all’interno del Consiglio e l’obbligo, per ognuno di essi, di esercitare le proprie funzioni in piena indipendenza e imparzialità (art. 27, lett. b).

Si legge nella relazione introduttiva che “l’innovazione introdotta ... ha una funzione principalmente simbolica programmatica, stigmatizzando la pratica (ispirata all’organizzazione parlamentare), di costituirsi in gruppo all’interno del Consiglio. Una pratica attuata solo in via di fatto, ma fortemente presente e visibile tanto che i diversi componenti si presentano e si rapportano con l’esterno come, appunto, gruppi, per di più nominati esattamente come le correnti che quei componenti hanno candidato, in tal modo confermando che le correnti (che sono soggetti privati legittimi all’interno dell’Associazione nazionale magistrati) operano, impropriamente, all’interno dell’organo di autogoverno di tutti i magistrati e ne determinano le scelte”.

Su questa disposizione, che, come sottolinea il parere in corso di discussione, più che un valore simbolico, assume piuttosto, l’effetto precettivo di creare un illecito vero e proprio, vietando l’aggregazione, anche di fatto, dei singoli consiglieri su programmi comuni, per iniziative congiunte, per l’elaborazione di idee programmatiche dell’azione consiliare, ; e ciò sul presupposto che, disvelando tale condivisione l’appartenenza degli stessi alla medesima area ‘ideologica’, ne risulterebbero intaccati i valori dell’indipendenza e dell’autonomia cui occorre improntare l’esercizio del mandato consiliare, è intervenuto il cons. Di Matteo dissentendo dall’impostazione critica del parere sul punto e auspicando, invece, che dal Consiglio vengano bandite tutte le “prassi” ed i comportamenti che evocano il legame dei consiglieri con l’attività associativa e i gruppi di riferimento.

Giuseppe è intervenuto esprimendo un’opinione condivisa dall’intero gruppo consiliare e offrendo un diverso punto di vista su questo importantissimo argomento che coinvolge il tema della democrazia, dell’indipendenza e della trasparenza dell’azione consiliare.

Io mi rendo conto che è difficile intervenire su questo tema, perché le suggestioni derivanti anche da accadimenti recenti e da una certa pubblicistica sul tema sono particolarmente forti, però io penso che la razionalità imponga una riflessione su questo tema più aderente alla realtà.

Partirei da un dato di fatto: il costituente ha scelto un meccanismo di formazione di quest’organo attraverso l’elezione da parte dei magistrati. Si può non condividere questa scelta, ma fino a quando non si cambia la Costituzione è un dato dal quale non si può prescindere.

Il sistema elettivo, qualunque sistema elettivo, impone la raccolta e l’organizzazione del consenso, il che può avvenire soltanto o sulla base di idee e progetti oppure sulla base della tutela di interessi individuali.

Il primo è il sistema democratico e trasparente del confronto tra libere associazioni di magistrati, il secondo è il sistema delle consorterie occulte, dei centri di potere, delle lobby.

Ovviamente anche i centri di organizzazione del pensiero tendono ad occuparsi anche degli interessi individuali dei propri aderenti. E la crisi delle correnti in magistratura è rappresentata proprio dalla prevalenza che negli ultimi anni ha assunto la tutela di interessi individuali rispetto alla elaborazione di progetti generali e dalla formazione, all’interno (o, direi meglio, a latere) degli stessi gruppi organizzati, di centri di potere, locali o personali.

Se questo è vero, dobbiamo allora domandarci a cosa può portare la messa al bando all’interno del CSM dei gruppi organizzati auspicata, quantomeno come segnale simbolico, dalla norma richiamata dal cons. Di Matteo.

L’eliminazione di un sistema democratico e trasparente di raccolta e di organizzazione del consenso porta con sé il rischio di affrancare come unico metodo di raccolta del consenso quel sistema clientelare che è origine e causa della crisi dei gruppi organizzati.

Eliminare l’organizzazione del consenso sulla base di idee e progetti significa lasciare sul campo solo l’organizzazione del consenso sulla base di interessi individuali. Eliminare per legge i corpi intermedi significa lasciare il campo libero alle consorterie e ai gruppi di potere occulti. E questo non credo possa garantire quella maggiore autonomia e indipendenza degli eletti auspicata dal cons. Di Matteo.

Vi è poi un altro aspetto, altrettanto importante, che è quello della responsabilità politica degli eletti e della trasparenza della loro azione.

Chi è stato eletto sulla base di un progetto politico elaborato da un soggetto collettivo ha un dovere di rendere conto delle proprie scelte e della loro coerenza con quel progetto. E la responsabilità politica delle scelte degli eletti ricade sul gruppo di riferimento che, stante la regola della ineleggibilità dei componenti uscenti,  paga per intero il prezzo di cadute ed errori dei propri eletti.

Dobbiamo domandarci se sia un bene eliminare ogni obbligo di coerenza tra ciò che si è promesso e ciò che si fa, ogni obbligo di rendere conto del proprio agire e ogni conseguente responsabilità politica.

Io non credo che questo sarebbe un guadagno in termini di autonomia e di indipendenza degli eletti. Anzi, al contrario, credo che questo aumenterebbe a dismisura quel rischio di autoreferenzialità, che rappresenta una delle maggiori criticità della esperienza  consiliare.

Io credo che noi dobbiamo essere molto chiari e molto netti.

Quello che non è tollerabile e non è ammissibile è l’interferenza dei gruppi associativi sulle decisioni che hanno a che fare col potere del Consiglio Superiore della Magistratura, non con le idee. I gruppi non possono e non devono interferire sulle nomine, sugli incarichi e non devono promuovere i propri aderenti per ottenere incarichi.

Cioè i gruppi non devono fare quello che, secondo me, è loro vietato dalla Costituzione e dalle leggi e se lo hanno fatto – perché lo hanno fatto e nessuno di noi può negare che lo abbiano fatto – è questo che deve cessare! È questo che si deve impedire! È questo che si deve evitare! È sull’interferenza nella gestione del potere che ci deve essere una netta separazione tra coloro che sono eletti qui e i gruppi di appartenenza  e di provenienza. Nel senso che non si può tollerare, non si può accettare, che la comune appartenenza ad un gruppo porti alle scelte sulle nomine.

Questo è il tema. Ed è inutile che ci giriamo intorno. Di questo stiamo parlando e da questo dobbiamo difenderci. Ma non lo faremo certo nascondendo la realtà, occultando legami, provenienze e responsabilità.

E allora ritorno a quello che dicevo all’inizio: serve la trasparenza dei comportamenti, il rendere conto, il dichiarare esplicitamente la propria appartenenza ideale.

Io da quando sono qui rivendico la mia appartenenza ideale ad una storia.

È una storia politica e culturale, che secondo me ha dato tantissimo a questo Paese, alla giurisdizione e alla cultura democratica di questo Paese.

E io ne sono orgoglioso! Lo rivendico!

Ma nessuno può chiedermi di votare per Tizio o per Caio in nome dell’appartenenza correntizia. Lo abbiamo detto in campagna elettorale e lo abbiamo fatto, sin dal primo giorno, con la sorpresa, e forse anche la delusione, di qualcuno.

L’ho già detto una volta e lo ripeto ancora oggi: la crisi nella quale ci troviamo non dipende dallo strapotere delle correnti, come amano dire in tanti, ma esattamente dal suo opposto, dalla debolezza delle correnti rispetto ai centri di potere, locali e personali, che si sono organizzati al loro interno; dalla loro incapacità di fare da regolatori delle ambizioni e degli interessi personali dei propri aderenti  e di mettere al centro della propria azione l’interesse generale.

E allora dobbiamo stare attenti ad evitare il rischio che, nell’ansia e nella fretta di fare qualcosa, si finisca per amputare la parte sana e tenersi quella malata.”

Il tema del divieto di costituire gruppi all’interno del Consiglio è stato nuovamente affrontato nel corso della seduta plenaria del 21 aprile in una discussione accesa che ha visto nuovamente contrapporsi visioni molto diverse dell’associazionismo e del modo in cui si può e si deve assicurare l’indipendenza e l’imparzialità dell’esercizio delle funzioni da parte dei componenti del CSM.

Giuseppe Cascini è intervenuto nuovamente sul punto e qui è possibile ascoltare il suo intervento.

21 aprile 2021