Seconda sessione
Il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie

Antonello COSENTINO
Magistrato Componente del Consiglio Superiore della Magistratura

Le considerazioni che ha svolto Gaetano Campo sono molto interessanti e danno conto effettivamente di una interlocuzione, necessaria, tra l'azione del Ministero e l'attività del Csm.

Vorrei prendermi solo trenta secondi di tempo per due considerazioni generali sul tema, che faccio a titolo personale e a prescindere dalla funzione, che in questo momento svolgo qui, di rappresentante del CSM.

La prima è sulla scelta di fondo di questa riforma. Non entro nel merito del dibattito - molto ricco, molto vivace - di stamattina. Dico soltanto che forse si sarebbe potuto ragionare anche sulla prospettiva delle sezioni specializzate del Tribunale, che era poi la prospettiva della riforma Orlando, che personalmente credo fosse preferibile.

In generale non amo la  proliferazione di giudici, forse perché io sono ancora un po' legato al modello illuminista settecentesco: un soggetto, un diritto, un giudice. Negli ultimi anni abbiamo avuto il  Tribunale delle imprese, le sezioni specializzate immigrazione... ma  sono sezioni, non giudici; qui invece abbiamo proprio un nuovo giudice.

Mi sembra che sia un elemento che riporta l'ordinamento verso forme pre-moderne.cnr />Ogni corporazione, ogni ceto, ogni segmento della società ha il proprio diritto, ha il proprio processo, ha il proprio giudice. Secondo me, non è esattamente uno sviluppo auspicabile.
Questo nulla toglie all'esigenza di specializzazione. Forse quella esigenza poteva essere soddisfatta attraverso sezioni specializzate del tribunale che avrebbero avuto, oltretutto, il vantaggio di risparmiarci tutta una serie di problemi di gestione pratica del personale di magistratura e del personale amministrativo; problemi che, all'interno di un medesimo ufficio articolato in sezioni si sarebbero potuti affrontare in modo  certamente più semplice che non dovendo trattare tra uffici diversi; uffici i quali, poi, per qualche anno continueranno a fare le stesse cose.

Pensiamo, macroscopicamente, alla vicenda del giudice tutelare, che continuerà per alcuni anni a essere gestito dal Tribunale ordinario e dal Tribunale per persone, minorenni e famiglia. Questa è la prima considerazione, di carattere quasi storico molto generale.

La seconda considerazione che vorrei portare alla vostra attenzione  è che  questa scelta di far entrare in vigore la riforma nella consapevolezza dell'assenza di risorse e nell'auspicio che poi queste risorse sarebbero state fornite da interventi normativi successivi ci dà  ancora una volta il senso di una debolezza della politica italiana in questi anni, in questi ultimi decenni.

L'idea è che la legislazione serve fondamentalmente a uscire sui giornali, a dare segnali, a far vedere che qualcosa si muove... poi, se ora non ci sono i soldi per fare quel che si scrive,  qualche santo aggiusterà. Non è una critica a questo o a quel Ministero. È tutta la politica che ormai,  nel nostro mondo, si muove su canali che sono abbastanza scollegati dalla realtà, canali tutti interni al mondo della comunicazione.

Fatta questa premessa, di carattere personale, vengo a rispondere ai temi che ci pone l'entrata in vigore di questa riforma.
Direi che l'interlocuzione principale che la riforma impone al Csm è, ovviamente, da un lato, quella con il Ministero e, d'altro lato, quella con l'istituenda struttura giudiziaria del Tribunale persone, minorenni e famiglia.

Ce ne sarebbe anche una terza, a cui ha accennato stamattina Marcello Basilico, quella con la Scuola superiore:  su questa Marcello ha già detto tutto, certamente ci sarà bisogno anche di uno sforzo di tipo formativo.
L'interlocuzione col Ministero è il primo punto ed è un punto evidentemente nevralgico. Il tavolo tecnico è molto attivo, ci sono contatti continui, come ha detto anche Gaetano Campo.

Ci sono state divergenze tra CSM e Ministero  in ordine alla  stima delle piante organiche di cui è necessario dotare i nuovi uffici. Il Consiglio ha fatto delle proprie stime, avvalendosi della collaborazione della STO, che è stata molto efficiente e molto produttiva, come sempre.
Il tema è quello che già accennava il Capo del Dipartimento, cioè la discrepanza tra il criterio fondato sulle sopravvenienze e  il criterio fondato sulle evidenze tabellari. Quest'ultimo può funzionare adeguatamente solo nei tribunali in cui esiste una sezione famiglia.

L'operazione svolta sulla base di tale criterio, infatti, è stata di rapportare il numero dei magistrati addetti alla sezione famiglia al numero complessivo dei magistrati del tribunale in cui la sezione è inserita. E' ovvio che nei tribunali in cui non esiste una sezione dedicata alle controversie in materia di famiglia, o un magistrato dedicato in via esclusiva  a tali controversie, il criterio tabellare offe un supporto molto più labile.

Effettivamente le conclusioni a cui sono arrivati i calcoli del Ministero e della STO non sono lontanissime tra loro. Quelle della STO sono  un pochino più ampie rispetto a quelle del Ministero, ma siamo ancora in una fase di elaborazione.

I nodi più ingarbugliati sono quelli sulla procure, perché queste  non sembrano interessate da ipotesi di ampliamento dell'organico, mentre oggettivamente riceveranno un consistente aumento di affari.

Peraltro non va sottovalutato  il problema dei Vpo delle procure minorili, che non transiteranno dalle procure ordinarie. Questo è tutto un tema che  oggettivamente è ancora molto scoperto.
E c'è il tema degli Upp e su questo abbiamo  appena sentito il Capo Dipartimento.

E poi, come accennava anche la Presidente Franca Mangano, c'è il tema dei giudici onorari, su cui va fatta una riflessione complessiva, non solo in relazione alle urgenze che sono emerse dal dibattito di questa mattina, legate alle quantità di ore-udienza che attualmente vengono gestite dai giudici onorari e  che con la riforma graveranno sulle spalle dei giudici togati.

Va fatta  una riflessione generale e di sistema, sul ruolo del giudice onorario all'interno degli uffici giudiziari italiani. Questo è un tema molto grosso, che non riguarda soltanto la materia minorile.
Condivido abbastanza l'impostazione per cui la prospettiva di fondo è quella di un ufficio del processo, cioè quella di una struttura di staff che in qualche modo potenzi la capacità di gestione degli affari da parte dei magistrati, secondo un modello abbastanza diffuso in Europa e sul quale  si dovrebbe probabilmente insistere.

Per quanto riguarda il Consiglio, il tema più grosso è proprio quello delle scelte di gestione dei nuovi uffici.
Qui c'è una scelta di campo da fare.

Se pensare a un  nucleo di magistrati destinati alla sezione distrettuale  e ad un distinto corpo di magistrati dedicati, almeno prevalentemente, alle sezioni circondariali (e in questa prospettiva possiamo immaginare che i magistrati che operano nei Tribunali per i  minorenni si sposteranno in blocco alla sezione distrettuale, mentre i magistrati che costituiranno le sezioni circondariali proverranno,  in ipotesi teorica, dalle sezioni famiglia dei tribunali del distretto).

Oppure pensare ad un modello in cui tutti fanno tutto, un modello osmotico, in cui tutti i magistrati si alternano nelle diverse funzioni secondo meccanismi di rotazione.

Evidentemente queste sono scelte molto complicate e sarebbe tanto facile quanto vile se dicessi che sono scelte che devono fare i presidenti dei tribunali. Non possiamo caricare i futuri presidenti dei Tribunali per persone, minorenni e famiglia di inventarsi queste soluzioni dal nulla.

Quindi è chiaro che il Consiglio deve, prima di tutto, fare una circolare sulle tabelle per questi uffici, in cui indicare ai dirigenti i possibili percorsi. Fermo restando che saranno i dirigenti a decidere le strade da seguire in relazione alle singole territorialità in cui operano. L'Italia, come tutti sappiamo, è lunga e ci sono realtà molto diverse.

Il presidente Luca Villa, appunto, ci diceva della possibilità di andare a 200 chilometri a est o a 200 chilometri a ovest di Genova e sono grandi distanze. Ci sono grandi regioni come il Veneto e la Toscana in cui, ad esempio, fra Firenze e Grosseto c'è il mondo e, invece, ci sono distretti più piccoli e contenuti.

Quindi è chiaro che la scelta finale non può che essere dei dirigenti degli uffici, ma questi non possono operare se non in un contesto in cui sono indicate le soluzioni e le prospettive. E questo è un lavoro che dovrà fare il Consiglio, peraltro raccordandosi e misurandosi col tema degli strumenti di flessibilità attualmente disponibili.

Perché poi il nodo problematico, che tutti hanno messo in evidenza, è quello che nessun collega può accettare l'idea di andare a fare una domanda per una destinazione incerta, per un posto di lavoro che potrebbe essere, imprevedibilmente, o Grosseto o Pistoia (mi vengono in mente esempi della Toscana,  perché è la regione dove ho lavorato per quasi tutta la mia carriera).

È chiaro che su questo bisogna che il Consiglio in qualche modo faccia chiarezza e dia delle indicazioni.
Io non faccio parte della 7ª commissione ma, naturalmente, ho un'interlocuzione molto continua con i colleghi che ne fanno parte: questa è una cosa su cui obiettivamente è necessario cominciare già da ora a ragionare.

È chiaro che poi le scelte di organizzazione tabellare saranno diverse a seconda di quale sarà la dotazione organica degli uffici, perché se quest'ultima fosse ampia e soddisfacente le scelte organizzative possono prendere un orientamento diverso da quelle praticabili nelle ristrettezze. Però, siccome è probabile che si starà nelle ristrettezze, a livello  prognostico si potrebbe già cominciare a lavorare su questa ipotesi.

Per esempio, come organizzare le singole sezioni circondariali? Dobbiamo pensare a sezioni che necessariamente debbano consentire la formazione di un collegio e, quindi, composte in numero non inferiore a tre magistrati? O invece prendere in considerazione sezioni composte anche da meno magistrati?

Questo andrebbe ovviamente ridiscusso se il legislatore tornasse alla collegialità anche per alcune delle funzione che attualmente sono monocratiche. Però il numero dei componenti di una sezione circondariale deve tener conto non solo del problema del possibile ritorno ad una più ampia area di procedimenti  collegiali. Dobbiamo considerare che ci sono attività che sono urgenti e che, quindi, postulano una reperibilità anche di sabato e domenica. Si deve allora pensare ad  un'organizzazione del lavoro che consenta un minimo di turnazione, non potendo immaginarsi che un collega che lavori da solo in una piccola sezione circondariale debba essere reperibile h24 per 365 giorni all'anno.

È allora evidente che  la misurazione del numero di magistrati addetti alle sezioni circondariale è un tema che deve tener conto di diverse variabili e che, in parte, dovrebbe coordinarsi con l' ipotesi della coassegnazione; quest'ultima, a propria volta, deve misurarsi con la geografia, perché, sempre per restare in Toscana, una coassegnazione è forse possibile  tra Prato e Firenze, o tra Prato, Firenze e Pistoia; in altre realtà diventa davvero complicata.

Allora bisognerebbe cominciare a ragionare con un'analisi distretto per distretto. La parte operativa, ovviamente, non può che competere ai dirigenti degli uffici.

Ma la circolare che il Consiglio  farà dovrà mettere i paletti di tutto questo ragionamento. Questo è un tema a mio avviso centrale e sul quale - sia che la legge entri in vigore il 27 ottobre, sia che ciò non accada - è comunque necessario che il Consiglio sviluppi un dibattito portato anche all'esterno, cioè non chiuso dentro  le mura di Palazzo dei Marescialli – anzi, palazzo Bachelet, come si chiama ora – ma  coinvolga un po' tutta la magistratura e tutta l'avvocatura.

Perché poi, come sempre, questi sono temi che hanno un loro interfaccia nella attività dei difensori e nel contributo delle associazioni che rappresentano l'avvocatura di settore.

Aggiungo che, nell'ambito del tema della distribuzione dei colleghi all'interno di un ufficio, c'è da stabilire anche i criteri attraverso i quali questa distribuzione si possa disporre di ufficio.  Perché ci possono essere situazioni in cui, in mancanza di disponibilità, il dirigente dovrà  dare dei criteri di selezione.

La soluzione più semplice, naturalmente, è quella della minore anzianità di ruolo, però poi tutte le cose vanno discusse, perché vanno adottati meccanismi che salvaguardino  il benessere organizzativo e la tutela di genere.

Sono tutte cose parecchio complicate e sarebbe importante che si superi una logica "nonnistica" a discapito dell'ultimo che arriva, o del più giovane. In questa prospettiva, secondo me, l'impegno reale del Csm deve essere quello di un focus su questo, cioè su come in qualche modo organizzare la cornice tabellare entro cui i dirigenti dovranno poi attivarsi, e su come organizzare le strutture degli uffici.

Per esempio, quanti presidenti di sezione? Come gestire le sezioni circondariali? Un presidente ogni quanti magistrati? Se i magistrati sono su più sezioni, ci sarà un presidente di sezione circondariale al quale vengono assegnate più sezioni circondariali? Oppure all'interno di una sezione circondariale attribuire la funzione di coordinamento a un magistrato che non abbia la qualifica di presidente di sezione? 

Per ora si è mossa solo la 7ª Commissione del Csm, perché il tema  non è arrivato al livello del Plenum e,  finché il Ministero non ci comunica la sua proposta di pianta organica, il Consiglio non può fare nemmeno il parere su quella proposta.
Ma è importante che il Consiglio si attivi già da ora su questi temi che verranno dopo – ma verranno subito dopo – e che, soprattutto nella prospettiva di ottobre, sono in realtà temi su cui dovremo immediatamente cominciare a lavorare per pensare di poter arrivare a dare delle risposte in tempo utile.

In questo senso, la tempistica di ottobre è particolarmente severa. Il mio auspicio è che non ci si trascini fino a settembre per poi, a settembre, dover prendere atto di un rinvio. Sarebbe bene che il Ministero ci desse chiarezza e, se  si dice che si parte ad ottobre, allora ad ottobre  si parta davvero. Grazie.

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