Prima sessione
Il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie

Grazia Ofelia CESARO
Presidente Unione Nazionale Camere Minorili

Buongiorno a tutti. Dunque  è stata una giornata, una mattinata intensa e anche "calda" attesa l'importanza del tema e diversità di opinioni. Anche io, come l'amico Carlo Rimini, non leggerò assolutamente il mio intervento. Ho  poco tempo, mi sembra di capire, e devo dire che, peraltro, ho fatto molte riflessioni ascoltando  gli interessanti interventi di chi mi ha preceduto. Intanto volevo farVi i complimenti per il metodo di lavoro, perché soprattutto quando vi sono argomenti divisivi, il metodo è importante.

Avete organizzato un convegno un anno fa e,  grazie al fatto che avete pubblicato la trascrizione degli interventi di tutti i Relatori,  tutti possono vedere ciò che era il primo punto di vista ed il punto di vista oggi, a distanza di un anno. Oggi avete presentato questo incontro ancora come un tavolo di lavoro e confronto:  secondo me, è così che dobbiamo continuare a lavorare.

Credo che nessuno possa pensare di avere una ricetta, soprattutto su un tema che è il più importante nella nostra materia. L'ho detto mille volte: io sono presidente di un'associazione di categoria e dico che i miei precedenti presidenti non hanno minimamente in mente che cosa vuol dire essere presidente in questo momento, come anche il Presidente Micela, già presidente AIMMF,  può comprendere.

Quindi il metodo deve essere assolutamente questo. Un metodo di condivisione  e confronto che guarda agli obiettivi. Li guarda anche da una certa distanza, perché, come si dice, le forme si vedono da lontano. Oggi noi, ad un anno di distanza, possiamo confrontarci su  che cosa pensiamo oggi, se abbiamo mutato parere rispetto ad un anno fa, che cosa sostanzialmente abbiamo potuto percepire essere avvenuto in termini di trasformazione  sia nelle aule giudiziarie, sia nelle nostre attività associative.

Io porto non solo la mia esperienza ma anche quella dei colleghi della mia associazione, perché tutte noi associazioni abbiamo  gruppi di lavoro, ove gli avvocati si confrontano e portano le criticità del nuovo sistema e  c'è molto su cui riflettere da queste esperienze.

Devo anche ringraziare il Dottor Villa e il Dottor Pellegrini per il lavoro che è stato fatto con la sezione sperimentale di Genova, per i nuovi dati che ci hanno fornito e che ci hanno aiutato anche a dare una visione "tridimensionale"  al nuovo Tribunale, al Tribunale unico (TPMF).

Nonostante sia il tema più importante oggi, non mi voglio soffermare ora sul Tribunale unico,  perché so che sarà oggetto di una tavola rotonda ad hoc,  ma non posso non sottolineare, visto che il tema è già emerso anche nella nostra mattinata,  che  UNCM ha avuto una posizione non convergente con la posizione delle altre associazioni di categoria. E questo sebbene UNCM  abbia nel  suo  DNA la figura del Tribunale unico e ciò è comprovato da pluralità di  documenti storici dell'UNCM.  Noi abbiamo fatto una lotta davvero "sulle barricate" con riferimento alle sezioni specializzate.

Quindi, per noi il Tribunale deve essere "Tribunale unico" perché è nel nostro DNA. Quando l'abbiamo visto così disegnato, come sapete, abbiamo subito detto sì al progetto dell'unicità dell'istanza giurisdizionale di riferimento; ma, con altrettanta chiarezza, abbiamo rilevato che dalla Riforma emerge una criticità importante: viene meno la collegialità, che è un requisito fondamentale della giustizia in materia familiare e soprattutto minorile; e abbiamo ragionato anche sulla multidisciplinarietà,  peculiarità del collegio in ambito minorile, che andrà a perdersi.
Questa è stata, devo dire, una posizione abbastanza chiara di indicazione, che non voleva essere solo una critica, ma anche un'analisi costruttiva. Io credo che sia opportuno continuare a ragionarci in termini di correttivi e ho visto che anche il documento di Area ha proposto un correttivo con riferimento alla collegialità.

Altro tema di riflessione è la coerenza tra i tempi di trasformazione della riforma e quelli di evoluzione dell'avvocatura. Mi è piaciuta molto la suggestione del Presidente Micela quando ha fatto riferimento anche al tempo dell'Avvocatura. Io l'avevo detto anche nel nostro primo incontro: se c'è una cosa su cui la Riforma non ha avuto la tempistica giusta è stata anche rispetto al tempo dell'Avvocatura. Come sapete, anche noi siamo autonomamente attraversati da una Riforma importante che è quella sulle specializzazioni.

La prima nuova la legge sull'ordinamento professionale è del 2012 ma i primi avvocati specialisti noi li abbiamo avuti solo nel 2023.

Questo è importante, anche se sono ancora pochi. Le scuole per acquisire il titolo di specialista  stanno infatti ripartendo ma stiamo aspettando le convenzioni con il CNF, ciò  sicuramente produrrà un effetto volàno: un' avvocatura specializzata è fondamentale anche per far funzionare la riforma, perciò è importante continuare a ragionare sull'importanza della formazione dell'avvocato. Per noi, ad esempio, la figura del curatore speciale doveva essere una figura di ultra-specializzazione: un avvocato specialista che poi avesse la possibilità, previa adeguata formazione ad hoc,  anche di dedicarsi alla protezione dell'infanzia.

Nel mio primo articolo per una rivista subito dopo la riforma ho scritto: "una riforma tra luci e ombre". Una delle luci è la centralità che è stata data alla protezione del minore con la figura del curatore speciale nel processo.

 

Grazie al fatto che i numeri delle nomine dei curatori speciali ovviamente sono aumentati tantissimo, noi abbiamo cambiato quella percezione  di  divisione e estraneità tra TO e TM  che era stata indicata da Carlo Rimini: io che l'ho vissuta, posso confermare che è vero ciò che lui mi diceva: "vai tu, che sai andare nella giungla". C'era questa diversità, questo iato tra l'avvocatura matrimonialista e l'avvocatura che si dedicava anche al minorile. Io per formazione mi occupo di entrambi i settori, ma molti avvocati invece hanno proprio fatto una scelta di campo.

Grazie anche alla valorizzazione del ruolo del curatore noi oggi percepiamo una diversa sensibilità nei nostri colleghi che entrano direttamente nelle aule come curatori sia davanti al Tribunale per i minorenni, sia davanti al Tribunale ordinario. I due mondo si stanno avvicinando e i nostri colleghi si pongono in termini non più di esclusione, ma d'interesse,  ci chiedono di fare maggiore formazione, ci chiedono di condividere le esperienze. Si pongono concretamente nell'ottica, non più di una contrapposizione, ma di una reale tutela di interesse non più solo della parte ma anche del minore coinvolto.

Secondo me, questa distanza siderale, questa forma di distacco tra i due mondi, si sta riducendo grazie proprio a questo "effetto contagio" che ha dato tale possibilità alla categoria.
Come detto ho poco tempo, non riesco ad affrontare in modo organico ciò che avrei voluto esporre in merito al nuovo procedimento, però, vorrei però sottolineare, proprio rispetto alla figura del curatore speciale,  alcuni aspetti importanti su cui il legislatore dovrebbe intervenire . Noi chiediamo – e secondo me questa dovrebbe essere una richiesta congiunta di tutti, come sicuramente lo sarà anche delle altre associazioni –  dei correttivi che prevedano, una disciplina della figura del curatore, così come è stato fatto, ad esempio, per il mediatore. In particolare  prevedendo criteri uniformi di accesso, formazione, aggiornamento elenchi  prevedendo che la formazione sia effettuata da Consigli ordine con associazioni specialistiche  riconosciute dal CNF, ecc.

Da questo punto di vista, infatti, la riforma è stata monca. I tribunali hanno avuto la necessità di nominare curatori e non avevano curatori formati. Sappiamo tutti che quando il legislatore ha pensato al  difensore d'ufficio nel processo penale  minorile, c'era la norma espressa  che prevedeva l'obbligo di formazione anche multidisciplinare da parte dei Consigli dell'ordine. Perché vi dico che è molto importante questo.

Perché, considerando che ci sono anche poteri sostanziali del curatore speciale previsti espressamente dall'art. 473 bis 8 c.p.c., il Legislatore ha previsto una super figura potenziata. Tuttavia, in assenza di una modalità di formazione, sono nati mille corsi di formazione, anche da parte di soggetti privati. Sono arrivate pubblicità in cui compariva questo slogan: "vuoi ampliare le tue possibilità di lavoro? fa il corso di curatore". Per questo ritengo che sia necessario, invece, che al più presto questa mancanza venga sopperita da norme ad hoc.

Molti altri sarebbero gli aspetti da esaminare con riferimento alla figura del curatore speciale, ma per brevità devo passare ad un altro aspetto su cui dobbiamo intervenire in merito alla riforma ed è quello finanziario.  Abbiamo sempre detto che una riforma a costo zero non è possibile. È evidente il motivo. Questo limite peraltro  è stato già aggirato, perché i curatori speciali, con l'ammissione al patrocinio, costano. E la Ragioneria dello Stato ovviamente se ne accorgerà.

A questo proposito avevamo richiesto, e l'abbiamo portato come mozione anche al nostro XXXV Congresso Nazionale Forense, di intervenire subito sulla legge relativa al patrocinio a spese dello Stato, chiedendo l'ammissione automatica dei curatori e la possibilità per lo Stato di avere la rivalsa immediata sui genitori. Abbiamo bisogno di una modifica normativa nel testo eventualmente richiamando le disposizioni di cui all'art. 118 del DPR 115/2002.

Questo, oltre a dare ai curatori una maggiore tranquillità, permetterebbe al giudice di poter avvisare i genitori che la nomina del curatore speciale non è completamente un regalo da parte dello Stato e che la loro situazione di mancanza di responsabilità può comportare anche una conseguenza economica.

 

L'altro aspetto che ci preoccupa – lo anticipo qui, anche se meriterebbe forse un convegno a parte – riguarda il modo in cui noi andremo ad individuare quale tipo di responsabilità vogliamo dare alla figura del curatore speciale. Tutti voi sapete che c'è stata una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. 11690/2023) che ha condannato alle spese legali un curatore speciale che aveva impugnato una sentenza della Corte d'Appello la quale aveva riformato una sentenza di primo grado in tema di decadenza.

È stato condannato il curatore speciale, in proprio, a rimborsare le spese all'Erario, perché anche il controricorrente era stato ammesso al patrocinio. È chiaro quali preoccupazioni questa sentenza possa aver creato nel mondo dei curatori speciali.

Con la riforma il pubblico ministero è una figura la cui modalità di impulso è stata meglio disciplinata ex art. 473 bis 13 c. p, c.  partecipa sempre meno, se non per nulla, alle udienze, c'è  un giudice unico  potenziato quanto ai poteri sui diritti indisponibili ma, è solo, e c'è il curatore speciale che, se nominato, segue tutto il processo anche nelle fasi successive, con possibilità di impugnativa.  Chiediamoci tuttavia: il curatore speciale, con questo rischio di possibile condanna alla rifusione delle spese gravante su di lui in proprio,  si sentirà libero di fare le valutazioni nell'interesse del minore sull'impugnativa?
C'è poi un ultimo tema su cui, secondo me, dovremmo intervenire in termini di correttivi.  Se la figura del curatore è stata potenziata, è stata invece lasciata inalterata la norma per cui nell'ascolto processuale ex art. 473 bis 5 c.p.c il curatore speciale deve chiedere l'autorizzazione al Giudice per poter partecipare.

Forse  tutti pensiamo che sia una norma disapplicata, invece no. Il curatore speciale deve chiedere l'autorizzazione e in qualche caso tale autorizzazione non viene data. Allora è evidente che anche da questo punto di vista la norma deve cambiare.

 

Noi abbiamo un obbligo di ascolto nostro ex art. 473 bis 8 c.p.c., che non è certo l'ascolto processuale, è un ascolto ex art. 315 - bis c.c. ma non è pensabile che nel momento in cui il minore viene ascoltato nel giudizio si debba chiedere anche l'autorizzazione per poter presenziare e magari ricevere anche un diniego di autorizzazione.
Questi, secondo me, sono dei punti di lavoro sui quali noi possiamo facilmente intervenire, per potenziare una figura, su cui il legislatore ha molto investito, rendendola maggiormente formata e anche più tranquilla nell'autonomia del proprio operato.

Parlando del rito, l'altra suggestione che mi sento di dare è che è pacifico che il rito sia stato strutturato pensando di intervenire sulla crisi  famigliare e non anche sulla materia più propriamente minorile. Quando mi sono laureata, il titolo della mia tesi, un po' particolare,  per vero, era  "La teoria implicita della personalità del legislatore nel  codice penale".

Scrivendo quella tesi di laurea ho dovuto studiare se c'erano delle norme " spia" che più di altre  potevano aiutare a comprendere  il pensiero, il modello, il tipo di personalità  o più in generale  di utenza al quale le norme erano rivolte. Non sempre questo pensiero viene infatti enunciato nelle relazioni illustrative alle leggi. Questo metodo di lavoro mi è servito per poter leggere le norme "al contrario". E così, nelle disposizioni generali del nostro impianto della riforma  che si è creata con l'innesto del Titolo IV Bis nel nostro c.p.c. noi abbiamo  tutte norme generali ma anche una norma sull'ascolto speciale, che è quella in tema di rifiuto del minore ad incontrare il genitore ex art. 473 bis 6 c.p.c..

Ma siamo nelle disposizioni generali di un sistema processuale pensato per famiglia e minorile. La norma del rifiuto è però la norma  che trova applicazione a fronte del rifiuto del minore ad incontrare l'altro genitore e i nonni, poiché sono  citati anche gli ascendenti. Questa è l'utenza  a cui il Legislatore ha pensato, che si modella sulla crisi familiare e non sulla molteplicità delle problematiche minorili: abbandono scolastico, disagio psichiatrico etc. che avrebbero comunque avuto necessità di un ascolto immediato da parte del giudici. Questa è la norma spia che ci dice che il rito è pensato, e certo modellato, sul rito famiglia ma meno su quello minorile.

È dunque la norma che ci fa capire che, tra le mille problematicità di ascolto che oggi sono state brillantemente illustrate anche dalla Dottoressa Mazzei, il Legislatore nelle disposizioni in generali ne ha messa una sola, che è quella del minore all'interno della famiglia e dei nonni.

Non tutte le mille ipotesi. Poi, certamente abbiamo anche tutto quello che riguarda la violenza che, in ogni caso, non è tra le disposizioni generali. Quindi un rito che è stato pensato con l'idea di intervenire sulla crisi familiare  è evidente che poi, davanti al Tribunale per i minorenni, come ci hanno raccontato e abbiamo sperimentato, esso abbia incespicato. Si può dire che, nell’unificazione del rito, l’opzione di modellarlo sulla falsariga di quello familiare, ha comportato una minor funzionalità,  risultando depotenziato negli effetti.

E noi avvocati lo sappiamo bene: gli artt. 473-bis.12,  473-bis.16 e 473-bis.17 c.p.c. non sono per noi articoli, con le relative memorie e allegazioni, che vengono utilizzati di fronte al Tribunale per i Minorenni. Spesso poi anche il curatore speciale non sa come concludere di fronte a situazioni in cui non vi sono ancora risposte e/o interventi  da parte dei servizi sociali.  E quindi torno al tema del tavolo di lavoro: secondo me, anche sul rito minorile  è evidente che dobbiamo lavorare pensando a dei correttivi che rendano più efficiente, ma anche più "a misura" della materia il rito.

Viceversa, a proposito del rito applicato alla materia "famiglia ", certo questo ha una migliore funzionalità e ha comportato potenziamento presidi importanti a tutela minori quale ad

es. il curatore del minore. Opportuni sono anche gli interventi indicati dallo schema di decreto legislativo concernente le disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 149/22, che limitano anche l'utilizzo del rito cartolare  ex art. 127 ter c.p.c di cui si è certo abusato.
UNCM ha, a mio avviso, fornito un apporto importante, perché molte delle novità erano state indicate fin dal 2014 nelle "Linee guida per una separazione dei genitori a misura di minore".

Se il Legislatore aveva un obiettivo di efficienza e riduzione dei costi di giustizia, nonché dell'arretrato,  l'effetto deflattivo che si è creato nel settore "famiglia" è, a mio avviso, innegabile.

Si pensi ad esempio anche allo  strumento della disclosure ex art. 473 bis 12 c.p.c., che porta, non solo a una riduzione dell'istruttoria,  provvedimenti meglio motivati, ma  anche ad aumentare gli accordi ante giudizio o di negoziazione.  Noi avvocati lo sappiamo. Nei nostri contratti  dobbiamo inserire la clausola rispetto alla veridicità e completezza delle informazioni che devono essere fornite ai legali,  e questo viene visto dai clienti a volte come una vera e propria invasione della privacy,  perché non si tratta solo dei conti correnti, come sappiamo, ma anche delle carte di credito.

Le carte di credito dicono però molto di più delle informazioni reddituali, tracciano proprio la vita delle persone.
Altro aspetto è la maggiore velocità del giudizio di famiglia. Il giudice ha tutte le informazioni alla prima udienza e le  udienze complessive possono essere una, due, salvo certo i casi più complessi nei quali è necessaria istruttoria o Ctu o altri strumenti.  Questo potrà comportare un  effetto deflattivo  – forse dopo ce lo diranno i Giudici della Corte d'Appello – anche sui reclami ex art. 473 bis 24 c.p.c.

Perché il rito è ora più veloce. Ora vi propongo due dati: un ricorso depositato a luglio 2023, provvedimenti temporanei urgenti  ex art. 473 bis 22 c.p.c. emessi nel dicembre 2023, successiva discussione orale a gennaio 2024, reclamo tempestivamente proposto sempre all'inizio del 2024; è stata emessa dalla Corte d'Appello investita del reclamo una pronuncia di non luogo a provvedere, atteso il rischio di conflitto di giudicati, perché nel frattempo la causa, di fronte al Tribunale, era già stata trattenuta in decisione.

Lo dico perché è fondamentale, secondo me, che si continui a tenere monitorati i flussi, che ci preoccupano per come sono stati illustrati nella relazione di Genova,  ma che sono tra i dati che devono essere considerati per gli interventi correttivi.  Con riferimento ai dati sui reclami ad esempio ex art. 473 bis 24 c.p.c., se noi avremo effettivamente un rito famiglia che funziona con un apporto rispetto ai reclami endo-processuali di minor impatto,  ecco, io mi chiedo veramente se i giudici del distretto, che sono proprio stati formati per occuparsi del minore, ha senso che  mutino il loro ruolo, dovendo acquisire competenze nuove, ad esempio in ambito economico, occupandosi anche di qualcosa che in qualche modo potrebbe andare svuotato.

L'altro aspetto su cui sono molto preoccupata è il fatto che le materie dell'adozione e del penale minorile, a cui il Legislatore ha attribuito la maggiore importanza lasciando il  collegio multidisciplinare nella sezione distrettuale , andranno affrontate da una sezione di Corte d'Appello che certo non sarà più  specializzata.

Secondo me, da questo punto di vista, il sistema non ha una coerenza interna rispetto al mantenimento della reale specializzazione degli operatori.

Concludo richiamando il concetto da cui sono partita:  l'importanza di avere una visione sull'intero sistema su cui interveniamo  e l'importanza del metodo di lavoro. Questa Riforma ordinamentale ha bisogno certo di più  tempo e, a mio avviso, dovremmo metterci tutti a un tavolo, ragionare su una proroga rispetto all'entrata in vigore. Ha bisogno poi non solo di tempo adeguato, ma anche di finanziamenti, ha bisogno chiaramente di organico, ha bisogno di dotazioni e di aule e di tutto quello che deve essere  approntato. Ma ha bisogno anche di tavoli di lavoro per ragionare su dei correttivi funzionali a un miglior sistema,   anche studiando i flussi e quello che sta succedendo nelle nostre aule di giustizia. Grazie

Trascrizione corretta e approvata dal relatore
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