Prima sessione
Il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie

Antonio Scalera
Magistrato addetto all’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione

Ringrazio innanzitutto Nella Ciardo per l'organizzazione mirabile di questo gruppo di lavoro, l'organizzazione di questa bellissima giornata di lavoro, di studio e di riflessione sul tema di quello cche con un acronimo chiameremo TPMF, Tribunale per le persone, minorenni e famiglie. Rngrazio anche tutti gli amici che hanno reso possibile e fattivamente contribuito all'organizzazione di questo incontro.

Dunque il senso del mio intervento vorrebbe essere quello di svuiluppare alcune riflesioni, soprattutto di carattere processuale, su tema dell'istituendo TPMF. Seguendo il titolo dell'incontro di oggi è – Il processo unitario e il Tribunale per le persone, minorenni e famiglie – le riflessioni che di qui a poco andrò a condividere con voi riguardano appunto le possibili interferenze che ci sono fra queste due entità apparentemente distine e che, come giustamente sottolineava Nella sono sfasate: nel senso che noi abbiamo un rito unico della famiglia, che già stiamo appplicando, e un TPMF che entrerà in vigore forse ad ottobre di quest'anno.

1. Premessa

Se si volesse, con un eccesso di semplificazione e con un linguaggio atecnico, spiegare ai non addetti ai lavori quali novità in concreto apporterà l’entrata in vigore del Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie, si potrebbe dire, in estrema sintesi, che, da un lato, scompariranno il Tribunale per i Minorenni e la Sezione “Famiglia e Tutele” del Tribunale Ordinario, e, dall’altro, che, dalla fusione “a freddo” di questi due uffici, nascerà una nuova “creatura”, denominata, appunto, “Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie” (d’ora innanzi, TPMF).

Questa “operazione”, al netto delle problematiche di carattere organizzativo, amministrativo e ordinamentale, che verranno dettagliatamente illustrate e dibattute nel corso della giornata, non appare scevra di conseguenze sul piano più strettamente processuale, come, del resto, è stato già ben evidenziato nel documento pubblicato in preparazione di questo incontro.

Volendo anticipare sin da ora le conclusioni di questo mio breve intervento, che, senza pretesa di completezza, vuole soffermarsi sulle problematiche di carattere processuale correlate all’entrata in vigore del TPMF, si ha l’impressione che il Legislatore della riforma abbia riscritto le norme sul rito della famiglia, (Titolo IV-bis del libro II c.p.c.), senza curarsi di coordinarle con quelle relative al TPMF, quasi che queste ultime, inserite nel decreto sull’ordinamento giudiziario (R.D. 30.1.1941, n. 12), avessero rilievo sul piano meramente ordinamentale e non fossero minimamente collegate con le prime.
È quantomeno singolare che, nel codice di rito, non si faccia neppure un cenno all’istituendo TPMF, mentre si trovano riferimenti alle figure – tutte destinate ad essere soppiantate dal nuovo ufficio – del “Tribunale”, del “Tribunale per i Minorenni” e del “Giudice Tutelare”.
Si tratta di un’impostazione, a mio parere, errata e che renderà necessari interventi correttivi da parte del Legislatore.

2. Il quadro normativo di riferimento

È opportuno, a questo punto, per ragioni di chiarezza espositiva, dare brevemente conto del quadro normativo di riferimento.

La l. 26.11.2021, n. 206, recante “Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonchè in materia di esecuzione forzata”, prevede all’art. 1, comma 24, un complesso insieme di “principi e criteri direttivi”, che il Legislatore delegato è stato chiamato ad attuare nel disciplinare il “Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie”.

Questi “principi e criteri direttivi” sono stati recepiti dal legislatore delegato negli artt. 30-34 del d. lgs. 10.10.2022, n. 149 (“Attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonchè in materia di esecuzione forzata”).

L’art. 49, comma 1 del citato d. lgs. n. 149/2022 prevede, poi, che “Le disposizioni previste dalla sezione settima del capo IV hanno effetto decorsi due anni dalla data della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale e si applicano ai procedimenti introdotti successivamente a tale data”.
Dunque, esse troveranno applicazione a partire dal 18.10.2024.

Ulteriori disposizioni relative al TPMF sono, poi, contenute negli artt. 45-48 del d. lgs. n. 149/2022, che – come meglio si vedrà nella sessione pomeridiana – sono relative a piante organiche, magistrati, personale amministrativo e di polizia giudiziaria.
Dal complesso delle norme contenute nel decreto delegato si evince che il legislatore ha inteso disciplinare la materia sotto diversi profili, introducendo alcune disposizioni di contenuto processuale ed altre, rilevanti, invece, sul piano ordinamentale, sul piano amministrativo e dell’organizzazione interna degli uffici (si pensi, ad esempio, alle disposizioni sulle piante organiche e sul personale in servizio).

3. Le disposizioni di carattere processuale

Volgendo, ora, l’attenzione sulle disposizioni di contenuto processuale, appaiono particolarmente significativi gli artt. 50.4 e 50.5 del R.D. 30.1.1941, n. 12, come modificati dall’art. 30 del d. lgs. n. 149/2022.
Come già evidenziato, si tratta di disposizioni che, a mio avviso, avrebbero dovuto trovare, almeno in parte, la loro sede naturale nel codice di procedura civile, nel titolo IV bis dedicato al cosiddetto “rito famiglia”, proprio quel rito, cioè, che il TPMF sarà chiamato ad applicare.

3.1. La composizione dell'organo giudicante

L’art. 50.4. recita: “La sezione circondariale del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie giudica in composizione monocratica.
La sezione distrettuale giudica, in materia civile, in composizione collegiale con il numero di tre componenti.
Nei procedimenti previsti dai titoli II, III e IV della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia penale e nelle altre materie attribuite alla sua competenza, la sezione distrettuale giudica in composizione collegiale con collegio composto da due magistrati e due giudici onorari esperti”.

Per comprendere la portata della disposizione, occorre precisare che, a mente dell’art. 49 R.D. n. 12/1941, così come riformato, il TPMF si articola in una sezione distrettuale e in una o più sezioni circondariali.[1], che – così testualmente afferma la relazione illustrativa – “di fatto, costituiscono delle sezioni distaccate[2].

Ciò posto, va da subito evidenziato come il legislatore delegato abbia previsto che la sezione circondariale del TPMF giudica in composizione monocratica.

Sul punto si deve, anzitutto, osservare come tale previsione ricalca quanto previsto all’art. 1, comma 24 lett. n) della l. n. 206/2021[3].

Si tratta di una scelta del Legislatore – quella, cioè, dell’opzione preferenziale della monocraticità – che costituisce, si potrebbe dire, un leit motiv della riforma.
Si pensi, ad esempio, a quanto disposto all’art. 1, comma 6 della l. n. 206/2021: “Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cognizione di primo grado davanti al tribunale in composizione collegiale sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) ridurre i casi in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, in considerazione dell'oggettiva complessità giuridica e della rilevanza economico-sociale delle controversie[4].

O ancora all’art. 1, comma 13 della medesima l. n. 206/2021: “Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina dei procedimenti in camera di consiglio sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) ridurre i casi in cui il tribunale provvede in composizione collegiale”.

Opzione preferenziale della monocraticità di cui troviamo riflessi finanche nella riforma del giudizio di appello, giudizio un tempo interamente collegiale e che, oggi, a seguito della reintroduzione della figura del consigliere istruttore, vede la collegialità limitata solo ad alcune fasi.

Va aggiunto, da un punto di vista sistematico, che la disposizione del 50.4 R.D. n. 12/1941 – nella parte in cui esclude la collegialità nelle cause davanti alla sezione circondariale del TPMF – appare compatibile con il dettato dell’art. 50 bis c.p.c. nella parte in cui si prevede, al comma 1, n. 1, che “Il Tribunale giudica in composizione collegiale nelle cause in cui è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero, salvo che sia altrimenti disposto” e con il dettato dell’art. 50 bis c.p.c, ult. co., secondo cui “Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli artt. 737 e seguenti, salvo che sia altrimenti disposto”.

Dunque, come si è appena visto, la riserva di collegialità nelle cause di famiglia e minori non è un dogma, una regola inderogabile per il Legislatore, stante la cennata clausola di salvaguardia.

È, tuttavia, quantomeno singolare l’inversione di rotta che lo stesso Legislatore della riforma – nel prevedere che la sezione circondariale del TPMF giudica in composizione monocratica - opera rispetto al comma 1 dell’art. 473 bis.1 c.p.c., laddove, un ruolo centrale viene ad assumere la composizione collegiale dell’organo giudicante: “Salvo che la legge disponga diversamente, il tribunale giudica in composizione collegiale (…omissis....)”.

Si potrebbe dire, in altri termini, che l’art. 473 bis.1 c.p.c. è l’antitesi dell’art. 50.4. R.D. n. 12/1941, essendo il rapporto di regola ed eccezione tra collegialità e monocraticità, contenuto nella prima norma, esattamente invertito nella seconda.

Nel documento intitolato “Profili e proposte per il nuovo Tribunale per la famiglia” il gruppo di studio ha sottolineato la necessità che il Governo adotti misure correttive della riforma, ripristinando la collegialità per questo tipo di procedimenti.
E ciò nel solco di una tradizionale impostazione che ha da sempre attribuito al giudice collegiale la decisione sia nelle cause familiari, di competenza del tribunale ordinario (salva la trattazione affidata a un giudice monocratico) sia in quelle minorili, di competenza del tribunale per i minorenni, stante la delicatezza degli interessi coinvolti.

3.2. Le funzioni dei giudici onorari esperti

Dal superamento della collegialità, disposto dal citato art. 50.4., discende, quale ulteriore conseguenza, che i giudici onorari – i quali, in numero di due, compongono il collegio giudicante del Tribunale per i Minorenni (nella formulazione, attualmente vigente, dell’art. 50 R.D. n. 12/1941) – vengono esclusi dall’esercizio della funzione giurisdizionale in materie delicatissime, quali, ad esempio, i procedimenti de potestate ex artt. 330 e 333 c.c., che saranno riservati alla trattazione della sezione circondariale del TPMF in composizione monocratica, come, ora, previsto dall’art. 50.5 R.D. n. 12/1941.

Le funzioni dei giudici onorari esperti possono ora ricavarsi:

  • dall’ 50.4, comma 2 R.D. n. 12/1941 in base al quale essi, in numero di due, compongono il collegio della sezione distrettuale unitamente agli altri due togati solo nelle seguenti ipotesi:
    1. nei procedimenti previsti dai titoli II (adozione), III (adozione internazionale) e IV (adozione in casi particolari) della l. 4.5.1983, n. 184;
    2. in materia penale;
    3. nelle altre materie attribuite alla sua competenza (alla competenza, cioè, della sezione distrettuale del TPMF)[5]”.
  • dall’art. 12 d. lgs. 10.10.2022, n. 151, recante “Norme sull'ufficio per il processo in attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, e della legge 27 settembre 2021, n. 134”), secondo cui i giudici onorari esperti vengono ora a comporre l’ufficio per il processo presso le sezioni circondariali e la sezione distrettuale del TPMF;
  • dall’art. 15 d.lgs. n. 151/2022, secondo cui, oltre a svolgere le funzioni di componente del collegio della sezione distrettuale nei casi previsti dall'ordinamento giudiziario, ai giudici onorari esperti possono essere delegate funzioni di conciliazione, di informazione sulla mediazione familiare, di ausilio del giudice togato all'ascolto del minore, di sostegno ai minorenni e alle parti, nonché di raccordo con gli ausiliari del giudice, con attribuzione di specifici compiti puntualmente indicati dal magistrato assegnatario del procedimento (art. 15, comma 1, d. lgs. n. 151/2022).

Sulla base di quanto dettato dal citato art. 50.4 sembrerebbe potersi affermare che nei giudizi di impugnazione avverso i provvedimenti emesi dalla sezione circondariale el TPMF, la sezione distrettuale deciderà in composizione collegiale, senza i giudici onorari esperti, non vertendosi in alcuna delle ipotesi elencate dall’ordinamento giudiziario.

3.3. La ripartizione degli affari tra la sezione distrettuale e le sezioni circondariali.

L’art. 50.5. recita: “Presso la sezione circondariale del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie sono trattati i procedimenti previsti dagli articoli 84, 90, 250, quinto comma, 251, 317-bis, secondo comma, 330, 332, 333, 334, 335, 371, secondo comma, e 403 del codice civile, dai titoli I e I-bis della legge 4 maggio 1983, n. 184, e dall'articolo 31 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché tutti i procedimenti civili riguardanti lo stato e la capacità delle persone, la famiglia, l'unione civile, le convivenze e i minori, unitamente alle domande di risarcimento del danno connesse per l'oggetto o per il titolo, e i procedimenti di competenza del giudice tutelare.
Presso la sezione distrettuale del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie sono trattati, nella materia civile, i procedimenti di primo grado attribuiti alla competenza del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie diversi da quelli indicati al primo comma, nonché i giudizi di reclamo e di impugnazione avverso i provvedimenti pronunciati dalla sezione circondariale. Sono inoltre trattati presso la sezione distrettuale tutti i procedimenti attribuiti al tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie nella materia penale e nelle altre materie previste dalla legge.
La ripartizione degli affari tra la sezione distrettuale e la sezione circondariale o tra diverse sezioni circondariali dello stesso tribunale non dà luogo a questioni di competenza”.

Vi è, anzitutto, da premettere che, come già in precedenza ricordato, nella relazione illustrativa della Riforma, si legge, a pag. 187, che il TPMF costituisce “un ufficio unitario che, al suo interno, si articola in una sezione distrettuale e in più sezioni circondariali, che, di fatto, costituiscono delle sezioni distaccate

Ora, sebbene l’art. 50.5., all’ultimo comma, precisi che non ci si trova di fronte a “questioni di competenza”, resta il fatto che, a differenza di quanto un tempo previsto per le sezioni distaccate (art. 48 quater R.D. n. 12/1941 ora abrogato), la norma non ripartisce gli affari tra le sezioni su base territoriale, ma opera una vera e propria ripartizione per materia.

Ed invero, alcuni procedimenti sono riservati esclusivamente alla trattazione da parte della sezione distrettuale del TPMF e segnatamente:

  1. i procedimenti, nella materia civile, diversi da quelli indicati al comma 1 (riservati, cioè, alla sezione circondariale);
  2. i giudizi di reclamo e di impugnazione[6];
  3. i procedimenti nella materia penale;
  4. i procedimenti nelle altre materie previste dalla legge.

È da segnalare, al riguardo, anzitutto, che manca una disposizione che disciplini il caso in cui, nell’introduzione del giudizio, sia stata inosservata la regola di ripartizione territoriale degli affari tra sezioni circondariali. Non c’è, in altre parole, una disposizione valida per il TPMF analoga a quella prevista dall’art. 83 ter disp att. c.p.c.[7], ancora formalmente in vigore, nonostante la soppressione delle sezioni distaccate, intervenuta con il d. lgs. 7.9.2012, n. 155.

Deve, altresì, osservarsi che, non trattandosi di “questioni di competenza”, la regola in base alla quale dovrebbe individuarsi la sezione circondariale del TPMF, dinanzi alla quale incardinare, non sarebbe desumibile dall’art. 473 bis.11 c.p.c., che regola, appunto, la competenza per territorio.

Inoltre, manca una regola che disciplini le conseguenze del mancato rispetto della corretta composizione del Collegio giudicante.
Ad esempio, non è previsto cosa succede se la sezione distrettuale giudica in primo grado in una controversia riservata alla sezione circondariale o viceversa.
Troverà applicazione la regola dell’art. 158 c.p.c. (nullità derivante dalla composizione del Giudice) oppure – valorizzandosi il fatto che la sezione distrettuale e la sezione circondariale non sono due uffici giudiziari distinti, ma un’articolazione del medesimo ufficio - la fattispecie sarà regolata ad instar di quanto previsto dall’art. 50 quater c.p.c.[8], per il caso di inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale?

3.4. Le impugnazioni

Manca una disciplina organica del regime delle impugnazioni dei provvedimenti emessi dal TPMF in sezione circondariale, giacchè la sezione II del capo II del titolo IV bis del libro II c.p.c. si limita a disciplinare l’appello dinanzi alla Corte d’Appello, disciplina che continuerà a trovare applicazione in relazione ai provvedimenti definiti dalla sezione distrettuale del TPMF, nelle ipotesi in cui quest’ultima decide quale giudice del primo grado.

A questo riguardo occorre rilevare che l’art. 58 R.D. n. 12/1941, pure all’esito della riforma, continua a prevedere che la (Sezione per le persone, per i minorenni e per le famiglie della) Corte d’Appello giudica sulle impugnazioni avverso i provvedimenti pronunciati dal TPMF in primo grado con l'intervento di due consiglieri onorari esperti (un uomo ed una donna), i quali si aggiungono ai tre magistrati della sezione.

Ne deriva, pertanto, che gli onorari compongono sempre il collegio in Corte d’Appello, anche in quei casi in cui il provvedimento impugnato sia stato emesso dalla sezione distrettuale del TPMF, in composizione esclusivamente togata.

Ed infine: in mancanza di un intervento di coordinamento normativo, l’attuale disciplina del reclamo e dell’appello dei provvedimenti del T.O. e del T.M. avanti alla Corte d’Appello potrà essere applicata, mutatis mutandis, alle impugnazioni dei provvedimenti delle sezioni circondariali del TPMF dinanzi alla sezione distrettuale?

3.5. I termini processuali ed il pregiudizio per il minore

L’introduzione del TPMF, con le sue articolazioni in sezioni circondariali e sezione distrettuale e le difficoltà organizzative che, inevitabilmente, accompagneranno l’entrata in vigore delle disposizioni relative al nuovo ufficio, ha, poi, sollecitato un’ulteriore riflessione da parte del gruppo di studio.
Si è, cioè, ritenuto che i termini previsti dal nuovo rito unico, con particolare riguardo a quelli a comparire previsti dall’art. 473 bis.14, comma 5 c.p.c. (non inferiori a 60 giorni), potrebbero non essere pienamente rispondenti ad esigenze di rapido intervento, specialmente in quelle fattispecie nelle quali vi un rischio di pregiudizio per il minore e, tuttavia, non ricorrano i presupposti per l’applicazione del capo III (artt. 473 bis.40  e ss. c.p.c., sulla violenza domestica o di genere).
Si è, perciò, proposto, come già evidenziato nel documento preparatorio di questo incontro, di aggiungere all’art. 473 bis.14 c.p.c. il seguente ulteriore comma: “Nei giudizi introdotti con ricorso del pubblico ministero in cui siano allegati pregiudizi subiti da una persona minore di età, il Presidente o il giudice designato può abbreviare i termini a comparire”.

È vero che il testo del decreto correttivo della Cartabia ha espressamente introdotto, all’art. 473-bis.14 c.p.c. un ultimo comma del seguente tenore: “Se sussistono ragioni di urgenza, il giudice può abbreviare fino alla metà i termini previsti dal presente articolo e dall’articolo 473-bis.17”.

Tuttavia, la norma, cosi come concepita dal Legislatore, troverebbe applicazione anche in ipotesi di ricorsi proposti dalle parti e non solo dal P.M.
Con il rischio di strumentalizzazioni in quei casi in cui le parti facciano valere diritti patrimoniali unitamente alla prospettazione del pregiudizio dei minori.

In queste ultime settimane mi è capitato di ritornare sulle pagine, sempre attuali di Salvatore Satta, il quale, nella sua opera “Soliloqui e colloqui di un giurista”, Padova, 1968, scriveva che “se noi contempliamo il corso della nostra esistenza, esso ci appare come un susseguirsi, un intrecciarsi, un accavallarsi di azioni: la vita stessa, anzi, altro non è che l’immenso fiume dell’azione umana. Ed ecco, ad un dato punto, questo fiume si arresta; anzi, ad ogni istante, ad ogni momento del suo corso si arresta e deve arrestarsi se non vuole divenire un torrente folle che tutto travolga e sommerga. L’azione si ripiega in se stessa e docilmente, rassegnatamente si sottopone al giudizio. Perché questa battuta di arresto è proprio il giudizio”.  

Queste parole sul senso del giudizio, del processo, come “battuta di arresto” del corso esistenziale, al fine di evitare che “il torrente folle dell’esistenza tutto travolga e sommerga”, mi paiono particolarmente calzanti quando ci troviamo, come in questa occasione, a riflettere e ad interrogarci su quello che, domani, sarà il giudizio dinanzi al TPMF.
Un tribunale, il Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie, che, per sua stessa definizione, è chiamato a giudicare su vite deboli, fragili, a volte deviate.
Sarà questo Tribunale, così come disegnato dal Legislatore, con le criticità che si sono appena lumeggiate e che – molto meglio di quanto io non sia riuscito a fare - saranno evidenziate negli interventi che seguiranno, ebbene sarà questo Tribunale capace di svolgere il compito delicatissimo che lo attende nei prossimi tempi?

[1]La sezione distrettuale ha sede nel capoluogo di distretto di corte di appello o di sezione di corte di appello e ha giurisdizione su tutto il territorio della corte di appello o della sezione di corte di appello, nei limiti di competenza determinati dalla legge. La sezione circondariale è costituita in ogni sede di tribunale ordinario del distretto di corte di appello o di sezione distaccata di corte di appello in cui ha sede il tribunale e ha giurisdizione su tutto il territorio del circondario.»

[2] Cfr. Relazione Illustrativa allo schema di decreto legislativo, recante attuazione della l. n. 206/2021, p. 187.

[3]stabilire che, nei procedimenti civili che rientrano nelle loro rispettive competenze, secondo quanto previsto nelle lettere b) e c), le sezioni circondariali giudichino in composizione monocratica e le sezioni distrettuali giudichino in composizione collegiale, con esclusione dei soli procedimenti di cui ai titoli II, III e IV della legge 4 maggio 1983, n. 184, per i quali le sezioni distrettuali giudicano in composizione collegiale, con collegio composto da due magistrati togati e da due magistrati onorari”.

[4] Il principio ha, poi, trovato attuato attuazione attraverso la riduzione dei casi, elencati dall’art. 50 bis c.p.c., in cui il tribunale giudica in composizione collegiale.

[5] Si tratta di espressione generica e imprecisa, se si considera che, come previsto dall’ultimo comma dell’art. 50.5 R.D. n. 12/1941, “La ripartizione degli affari tra la sezione distrettuale e la sezione circondariale o tra diverse sezioni circondariali dello stesso tribunale non dà luogo a questioni di competenza”. Potrebbero farsi rientrare in questa ampia categoria residuale (“nelle altre materie attribuite alla sua competenza”) i procedimenti in materia civile, diversi da quelli attribuiti alla cognizione del TPMF in sezione circondariale? Oppure i procedimenti riguardanti i minori stranieri non accompagnati ex art. 3 l. 7.4.2017, n. 49 (“Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”)?.

[6] Deve rilevarsi che la formula “giudizi di reclamo e impugnazione” è impropria, atteso che anche il reclamo è un mezzo di impugnazione a critica libera (cfr., ex multis, sulla natura dei reclami in materia di famiglia, Cass. 1.12.1997, n. 12187): “Il reclamo è invece indubbiamente un mezzo d'impugnazione, e soggiace alla generale disciplina dell'effetto devolutivo, che limita l'oggetto del gravame a quanto specificamente dedotto nell'atto d'impugnazione”.

[7]L'inosservanza delle disposizioni di ordinamento giudiziario relative alla ripartizione tra sede principale e sezioni distaccate, o tra diverse sezioni distaccate, delle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica è rilevata non oltre l'udienza di prima comparizione. Il giudice, se ravvisa l'inosservanza o ritiene comunque non manifestamente infondata la relativa questione, dispone la trasmissione del fascicolo d'ufficio al presidente del tribunale, che provvede con decreto non impugnabile”.

[8]Le disposizioni di cui agli articoli 50 bis e 50 ter non si considerano attinenti alla costituzione del giudice. Alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l'articolo 161, primo comma.

Testo dell’intervento fornito dal relatore
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