Il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie
Franca MANGANO
Presidente sezione Corte d’Appello di Roma
Mi preme in primo luogo ringraziare Area per l'invito. Un incontro importante e denso di sollecitazioni al pari del lavoro di confronto e di riflessione che lo ha preceduto e che è destinato a proseguire.
Quindi rispondo alla domanda che mi ha posto il moderatore di questa sessione. Come si è arrivati a questa riforma? Attraverso quali passaggi? È noto che il ddl 1662 c.d. Bonafede rispondeva alle esigenze del PNRR e, in particolare, alla richieste di accelerazione, di 'efficientamento' della giustizia civile, lasciando fuori dal progetto tutto il settore dei giudizi di famiglia.
La ministra Cartabia, nell'esporre ai due rami del Parlamento le proprie linee di intervento, ha dato atto che il disegno di legge Bonafede sarebbe stato un punto di partenza, con l'intento di attuare una riforma di sistema che riguardasse il processo civile nel suo complesso, senza trascurare anche gli strumenti alternativi alla giurisdizione e , per quel che interessa il nostro incontro di oggi, anche i procedimenti speciali, primo fra tutti il settore della famiglia.
Da parte di alcuni tale scelta è stata oggetto di critiche: cosa c'entra mai il processo di famiglia con l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo dell'economia italiana, determinati dalla lentezza del processo civile? Ecco, credo, la risposta sia agevole per chi frequenta le aule della giustizia civile.
Non soltanto occuparsi del processo di famiglia significa riconsiderare il grado di efficienza della tutela di diritti fondamentali, con la tangibile incidenza sociale che ne deriva. Ma significa anche prendere atto che le nostre aule di giustizia e il nostro contenzioso è quantitativamente e qualitativamente fortemente impegnato in questo tipo di procedimenti. Dunque, trascurare la giustizia dei deboli – così si intitola giustamente l'incontro che ci riunisce oggi – avrebbe significato trascurare un aspetto fondamentale della giustizia civile.
E così la Commissione Luiso, che è stata istituita il 12 marzo 2021, ha ricevuto dalla ministra anche questo mandato; e con questo perimetro siamo partiti.
La commissione Luiso ha lavorato intensamente per 40 giorni e ha depositato il progetto.
Per quanto riguarda il processo di famiglia, la prospettiva di unificazione delle norme processuali era un intervento atteso, per porre fine alla frammentarietà e all'eterogeneità dei riti. Ma anche per dare una corrispondenza processuale alle numerose riforme sostanziali che si sono succedute, come per esempio la riforma della filiazione. Il passo successivo e consequenziale è stato ritenere che l'unificazione del rito non potesse andare disgiunto dalla unificazione del giudice, come prerequisito indefettibile della omogeneità e della pienezza delle tutele, da perseguire assieme ad un disegno razionalizzatore che giovasse anche alla celerità dei giudizi civili.
L'incontro di oggi conforta questa scelta. Tutti gli interventi di stamattina sono stati concordi nell'affermare – seppur con alcuni distinguo e indicazioni di criticità – che si tratta di una soluzione in qualche modo necessitata. Esiste quindi una valutazione condivisa circa la necessità che il giudice delle persone, dei minorenni e delle famiglia sia unico.
Si tratta di una scelta o meglio un'aspirazione che procede da molto tempo addietro, quasi coeva alla riforma del diritto di famiglia approvata nel 1975; infatti i primi progetti di legge sul giudice unico della famiglia risalgono ai primi anni '70. Dunque, è giunto a compimento un obiettivo prefigurato da oltre mezzo secolo, che aveva visto naufragare ad una ad una le diverse iniziative e proposte di riforma.
All'interno di tale obiettivo di unificazione ordinamentale si sono configurati due modelli alternativi: il modello delle sezioni specializzate, o oggetto della proposta del ministro Orlando, e il modello del tribunale unico.
Quest'ultimo è stato il modello indicato quale soluzione preferibile dal Consiglio superiore della magistratura, in due delibere dedicate al tema della giurisdizione della famiglia, l'una il 9 luglio 2003 e l'altra il 16 luglio 2016.
Leggo un passaggio della delibera del 2016 :"La creazione di un vero e proprio nuovo ufficio giudiziario strutturato, nonché una dotazione organica significativa per garantire la funzionalità in un settore di elevata specializzazione di competenza territoriale ampia, probabilmente distrettuale, ma in grado di offrire un intervento di prossimità indispensabile in contesti di estrema sensibilità sociale. In questa direzione, da più parti è stata ipotizzata la possibilità di misurare la struttura del Tribunale di sorveglianza e di indicarlo come sede distrettuale in composizione collegiale, ed è composto da magistrati che operano anche in sede periferica".
Inoltre, come ha ricordato anche il collega Francesco Miceli stamattina, la medesima indicazione nel 2015 è stata approvata dal Congresso nazionale dell'Associazione dei magistrati minorili e della famiglia come modello organizzativo da preferire.
Dunque, una soluzione "pensata" – è il termine utilizzato stamattina – facendo riferimento a plurime indicazioni che provenivano dai settori specializzati e dell'organo di autogoverno. Secondo un metodo che ha caratterizzato la riforma del processo di famiglia nel suo insieme.
Sulla base di tali premesse, è stato strutturato e disegnato il Tribunale unico, evidentemente ispirato al modello del Tribunale di sorveglianza.
La commissione Luiso ha consegnato il progetto all'ufficio legislativo, per le modifiche sia di drafting sia di sistema a seguito delle frequenti e faticosissime interlocuzioni con le tre relatrici, appartenenti al Partito Democratico, Forza Italia e Partito altoatesino Südtiroler.
Tuttavia, il doveroso controllo del Mef ha verificato la mancanza di fondi per la concreta realizzazione del progetto. La 'tagliola' delle finanze ha colpito non soltanto il Tribunale della famiglia, ma anche l'Ufficio del processo, che la riforma ha previsto come istituto 'a regime' e stabilizzato tanto per il processo civile, tanto per il processo penale.
Per questo motivo, si decise di stralciare la parte ordinamentale della riforma del processo di famiglia, presentando il disegno di legge delega, soltanto nei suoi contenuti processuali di unificazione del rito.
È stato nel corso della interlocuzione preliminare alla commissione Giustizia, precedente la presentazione del testo al Senato, che le forze politiche hanno insistito per l'inserimento del Tribunale unico (così come per l'ufficio per il processo stabilizzato). Una diversa soluzione rischiava di alterare gli equilibri politici tanto faticosamente raggiunti.
Di conseguenza, arriviamo al "primo macigno" – come l'ha nominato giustamente il collega Miceli stamattina – che è il costo zero. È stato il punto di intesa sul quale questo disegno, col macigno del costo zero, è stato presentato in prima lettura al Senato e successivamente alla Camera.
È vero che nell'ottobre del 2021 la ministra Cartabia disse espressamente ai presidenti del Tribunale per i minorenni convocati al Ministero, che una riforma ordinamentale di tale portata non poteva assolutamente procedere a costo zero.
A tali parole seguì la previsione di un capitolo di spesa nella legge di bilancio ‘22, destinato all'aumento dell'organico della magistratura in vista della costituzione del Tribunale della famiglia.
Tuttavia, la fine del governo Draghi nel luglio ‘22 ha fatto sì che la legge di bilancio è stata votata da un altro governo.
Questa è la storia più prossima all'approvazione del Tribunale unico.
Stamattina Marcello Basilico ha definito l'approvazione del tribunale unico per le controversie di famiglia, una vera e propria rivoluzione, anche se silenziosa.
In realtà, non c'è stato silenzio attorno alla nascita del nuovo tribunale. È stato infatti un intervento normativo sul quale tutte le forze politiche hanno espresso il loro parere di condivisione. Il 21 settembre 2021, al momento del voto della legge delega, le dichiarazioni di voto hanno avuto diversi accenti critici, coerenti, peraltro con la maggioranza estesa e etereogenea che sosteneva il Governo.
Tutti avevano delle criticità da rappresentare in relazione al testo complessivo, comprendente anche il rito della famiglia. Le norme sulla violenza non erano gradite alla Lega mentre il Partito Democratico lamentava lo spazio eccessivo assegnato al piano genitoriale e al ruolo degli ausiliari del giudice.
Ma tutti avevano espresso la loro condivisione per la scelta organizzativa, ordinamentale del Tribunale della famiglia. Tant'è che anche l'unico partito di opposizione, che era Fratelli d'Italia, al momento del voto dichiarò che avrebbe votato contro il testo della riforma, di cui , tuttavia, condivideva la previsione del Tribunale della famiglia.
Dunque, la mia testimonianza oggi è che il Tribunale unico per le persone, i minori e le famiglie è stata una soluzione che ha visto tutte le forze politiche concordi; nonostante l'effetto divisivo dei temi, che riguardano li minori, le famiglie, la dignità delle persone.
La sezione pomeridiana dell'incontro odierno è dedicata agli aspetti ordinamentali della riforma. Ma le sollecitazioni prodotte dall'incontro di stamattina dedicato al rito unificato, mi inducono ad esporre alcune precisazioni, proprio in quanto testimone del processo di riforma.
L'attenzione per la storia della magistratura familiare e minorile che, come ho esposto sommariamente poc'anzi, ha condotto alla scelta del Tribunale unico, ha animato altresì la scelta del rito unificato di famiglia. Anch'esso costituito da norme non già calate dall'alto da un astratto legislatore, bensì derivate da prassi ed esperienze a lungo sperimentate.
La mancata partecipazione di un giudice minorile alla commissione Luiso è un vizio originario che è stato poi compensato con la partecipazione di giudici minorili eccellentissimi nelle commissioni costituite per i decreti attuativi.
E comunque mi sentirei di dire, anche se quel vizio non si fosse verificato, ben difficilmente la commissione avrebbe potuto produrre il modello di processo minorile che oggi ci ha proposto il professor Carlo Rimini.
Il rito unificato, a suo parere, ideato sullo schema di un giudizio avversariale, di parti, non sarebbe adeguato a rappresentare le istanze del giudizio minorile, che non è un processo di parti, bensì un giudizio più vicino al processo penale , nel quale lo Stato agisce a protezione del minore, anche contro la sua famiglia e i suoi genitori. E' uno schema corrispondente al giudizio minorile attuale, ma che non è più corrispondente alle esigenze di tutela dei più deboli.
Ed invero, il presupposto scientifico, ideologico che ha animato la scelta politica di unificare il rito di famiglia, corrispondendo ai progressi del diritto sostanziale (per esempio la unificazione dello stato di figlio) è quello di includere il processo minorile nella giurisdizione. E' un progetto di inclusione, non già di ostracismo o di negazione dell'esperienza minorile, come talvolta viene presentato.
Chi appartiene ai grossi tribunali d'Italia, quale componente delle sezioni specializzate di famiglia, percepisce con immediatezza come il rito unificato di famiglia recepisce le prassi e la giurisprudenza con cui i giudici di famiglia sono diventati negli anni giudici anche e più giudici per i minori.
Vogliamo parlare del curatore che viene nominato in caso di conflittualità dei genitori? Non si tratta di un istituto introdotto dalla giurisprudenza della sezione famiglia del tribunale di Milano? Vogliamo parlare della mediazione? Sono indicazioni salite dal basso. dall'esperienza dei tribunali e come tali le abbiamo recepite. Certo, sono assolutamente correggibili.
Quando nel 2014 , per effetto della riformata disposizione dell'art. 38 disp. att. c.c. migliaia di procedimenti in materia di affidamento di figli non matrimoniali sono transitati (in quel caso, sì , silenziosamente) dai tribunali per i minorenni ai tribunali ordinari, non si è accusata la perdita di professionalità o di multidisciplinarietà del giudice. Noi giudici della famiglia già da tempo eravamo adusi a gestire i rapporti con i servizi sociali e sanitari, soffrendo la carenza di risorse del territorio, in termini di rarefazione delle risposte.
Alcuni municipi diffusero circolari che dicevano: ‘In prima battuta rispondiamo alle procure. In seconda battuta rispondiamo al Tribunale per i minorenni. In terza battuta rispondiamo ai giudici tutelari. In quarta battuta rispondiamo alle sezioni di famiglia’. In quest'ordine i tribunali ordinari ricevevano risposta a richieste indefettibili. perché la giurisdizione di famiglia non è autosufficiente. La struttura socio amministrativa che la affianca, la sostiene e ne garantisce l'effettività è indispensabile. Era questo il rapporto. Un rapporto che abbiamo capovolto a Roma – ma sicuramente anche a Milano e in altre nelle grandi sedi – con la creazione di convenzioni con centri universitari, di studio e ordini professionali, con l'ideazione di strutture, di spazi dedicati.
Possiamo dire che tutto questo è stata una “minorilizzazione” degli uffici della famiglia? Fa cenno di no il collega Francesco Michela. E invece io dico di sì.
Su queste esperienze noi ci possiamo assolutamente ritrovare e possiamo lavorare insieme. Questa è l'aspirazione del rito unificato. Anche se certamente può essere corretto. Deve essere corretto. Termini troppo brevi, troppe udienze. È innegabile che i colleghi minorili sono meno abituati di noi ordinari a tenere udienza.
Quanto ai giudici onorari, essi non sono marginalizzati, ma il loro contributo, piuttosto che essere regolato da iniziative organizzative dei diversi uffici, è previsto per legge.
Occorre prendere atto che non esiste una sola declinazione della multidisciplinarietà. Attualmente, non esito ad affermare che la multidisciplinarietà nel processo minorile è regolata dalla scarsezza di risorse, segnata da un ruolo prevalentemente sostitutivo e surrogatorio svolto dagli onorari. La multidisciplinarietà si può declinare in modi diversi e noi giudici ordinari della famiglia l'abbiamo sperimentata e praticata efficacemente.
La finalità della riforma è non tanto di esaltare la specificità di un settore, che purtroppo si traduce in separatezza, quanto di realizzare un processo di inclusione. Questa è stata la volontà politica e ideologica della riforma.
Sicuramente la ministra non aveva alcuna intenzione di eliminare i giudici minorili. Ma dovevano essere valorizzate le loro specifiche caratteristiche. Ci siamo riusciti, non ci siamo riusciti? In ogni caso, penso che sua necessario chiarire il senso e la volontà che ci ha ispirato.
Passando all'aspetto ordinamentale, oggi ci troviamo di fronte a un impegno davvero arduo, che è quello di far funzionare il nuovo tribunale. E non è cosa da poco. È una questione di risorse.
Il collega Gaetano Campo ci racconterà ciò che è successo nel frattempo, di cui io non posso dire nulla, perché nulla so.
Nel 2022 il Dog preparò e consegnò alla Ministra uscente un progetto destinato alla predisposizione delle piante organiche dell'istituendo Tribunale. Lo studio parte dalle piante attuali dei tribunale ordinari e per i minorenni, utilizzando un conteggio percentuale, finalizzato ad evitare un eccessivo impoverimento dei tribunali ordinari, soprattutto di quelli ove il contenzioso di famiglia è trattato da sezioni promiscue. La percentuale presunta è del 10%, per il conteggio del fabbisogno complessivo.
Più complesso il progetto redatto dal Tribunale di Genova, sottoscritto anche da un grande numero di presidente di Tribunali per i minorenni, progetto che definisce anche un crono programma degli interventi necessari di competenza del Ministero della Giustizia e del CSM.Il progetto di Genova parte dalla conta del carico.
I due parametri, la pianta organica attuale e il carico esistente, dovrebbero essere combinati insieme: questo è un prerequisito per qualsiasi lavoro di ragionevole, razionale organizzazione e previsione di piante organiche.
La prima criticità su cui si imbatte il necessario lavoro di analisi riguarda il carico effettivo dei tribunali per i minorenni. Un dato oscuro. Sia perché la mancanza di un sistema di registri digitalizzati ne preclude la leggibilità da parte del Ministero sia perché i sistemi di rilevazione differiscono da tribunale a tribunale (MSNA, affidamento figli non matrimoniali). I dati su cui hanno lavorato le commissioni sono stati forniti addirittura dagli stessi presidenti dei tribunali che ce li hanno portati perché il ministero non li possedeva.
Dunque, purtroppo ancora oggi, trovandoci in uno stadio più che preliminare, è indispensabile acquisire il dato dei Tribunale per i minorenni e renderlo omogeneo, ai fini di una corretta valutazione.
0Ovviamente anche attraverso una valutazione ponderale degli affari. Per esempio, i minori stranieri non accompagnati sono un carico che ha un valore ponderale diverso rispetto ai 403 cc, rispetto al pregiudizio. Inoltre, l'art. 38 disp. att. c.c. determina un transito dei procedimenti “de potestate” dal minorile all'ordinario. In che misura avviene questo transito?
Uno studio e un approfondimento necessari, anche per valutare il differente carico, in relazione alle diverse modalità di registrazione delle definizioni nonché alla disomogeneità della distribuzione sul territorio.
Ci è stato riferito di uno squilibrio notevolissimo tra i tribunali per i minorenni italiani: alcuni di essi hanno 2 o 3 giudici ma ci sono sopravvenienze di 300 o 200 procedimenti all'anno. Tale situazione è all'origine della proposta di accorpamento per avere Tribunali per i minorenni più grandi, e quindi con maggiori risorse, ma con l'aggravamento del problema della prossimità.
Una soluzione in controtendenza rispetto alla logica della prossimità, oltre che alla volontà di inclusione dei tribunali per i minorenni nella giurisdizione.
Presso il Ministero della Giustizia è stato istituito un tavolo di esperti, finalizzato alla istituzione del Tribunale per la famiglia. Non mi risulta che nei sei mesi trascorsi si sia ancora riunito. Certamente ritengo che l'impegno principale e preliminare del tavolo è proprio l'accertamento del carico che effettivamente grava sui Tribunali per i minorenni.
Qual è la fonte possibile? Le ispezioni? Ma le ispezioni si svolgono in momenti diversi. I loro risultati non sono comparabili. Possono però costituire un utilissimo punto di partenza.
Il secondo fondamentale oggetto di indagine, a mio avviso, riguarda le procure. La Procura unificata costituisce uno snodo fondamentale per la migliore riuscita della riforma. Purtroppo, il testo normativo non prevede le modalità agevolate di transito dalle procure ordinarie alla Procura distrettuale per la famiglia , analogamente a quanto previsto per gli uffici giudicanti. Non si può nascondere che è un grave vulnus, che dovrebbe essere emendato, al fine di acquisire risorse e competenze qualificate.
Un altro aspetto che intendo sottolineare, come rilevante ai fini del migliore avvio del nuovo tribunale unico, riguarda la salvaguardia della specializzazione esistente. Non soltanto il giudice minorile è giudice specializzato. Anche il giudice della famiglia è un giudice specializzato, soprattutto nei grandi tribunali ove esistono le sezioni specializzate della famiglia. C'è un gruppo di giudici della famiglia iper-specializzati, che rappresentano un patrimonio che non deve essere disperso.
Una specializzazione formata sul campo, ma anche grazie a una politica di formazione dei giudici della famiglia e minorili praticata dalla scuola superiore per la magistratura e ancor prima della commissione Nona del Csm. Un patrimonio non deve essere disperso , particolarmente in questa fase di passaggio.
Una modifica normativa finalizzata a questo riguarda l'eliminazione del limite della decennalità per le sezioni famiglia.
Se a Milano la collega Ilaria Mazzei è riuscita ad arrivare dalla sezione famiglia del Tribunale ordinario al Tribunale per i minorenni, preservando la sua professionalità, ciò non è un risultato purtroppo generalizzato. Mi risulta, infatti, che non pochi colleghi , a causa della decennalità stanno lasciando le sezioni specializzate di famiglia per altre sedi civili, non potendo così fornire il proprio contributo fondamentale di professionalità, in un momento di passaggio e di gestione anche dell'arretrato.
Come legislativo giustizia tentammo di inserire la modifica dell'articolo 19 dell'ordinamento giudiziario, eliminando la decennalità per i giudici della famiglia, ma in quel caso la norma incorreva nel vizio di eccesso di delega.
Abbiamo proposto la medesima modifica in sede di riforma dell'ordinamento giudiziario, ma non è stata recepita. Mi auguro che il tavolo istituito presso il Ministero della Giustizia se ne faccia promotore, perché si tratta di una importante priorità.
Costituisce una priorità fondamentale, anche normare il compenso dei giudici onorari. Anche il documento del Tribunale di Genova sottolinea il problema. I giudici onorari, fino ad oggi remunerati ad udienza, devono essere valorizzati nel nuovo impegno di coordinamento e di gestione che viene loro richiesto, in una visione della giurisdizione di famiglia e minorile, integrata con i servizi del territorio.
Perché la giurisdizione di famiglia e minorile, ce lo siamo detto, non è una giurisdizione autosufficiente. Necessariamente deve inserirsi e collegarsi col territorio, avvalendosi anche dell'esperienza e della professionalità dei giudici onorari.
Concludo osservando che, oltre alle competenze assegnate al Ministero della Giustizia e al CSM, nei rispettivi ruoli istituzionale, ai capi dei nuovi uffici distrettuali sarà richiesto un notevolissimo impegno organizzativo. Si tratta degli attuali capi dei Tribunali per i Minorenni che transiteranno al vertice dei nuovi uffici. la responsabilità che ad essi è devoluta è la conferma più leggibile della grande aperura di credito prevista dal legislatore nei loro confronti, a smentire il sospetto di negazione e/o marginalizzazione della magistratura minorile, di cui si conferma , viceversa, la centralità nel disegno di riforma.