Prima sessione
Il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie

Marcello BASILICO
Magistrato componente del Consiglio Superiore della Magistratura

Un grazie non formale per l'invito e per l'organizzazione dell'incontro.

Non ho potuto che compiacermi del dibattito che ha preceduto questo mio intervento. La mia età vi lascerà intendere che questo non è certo il primo incontro né di AreaDG né convegnistico a cui partecipo, ma devo dire che, per il metodo e per la spontaneità dell'approccio, oggi sto imparando davvero molto dal confronto, tanto più trattandosi di una materia che non è esattamente la mia.
Spero che il risultato del nostro incontro possa essere di utilità anche per quanto potrà fare il Consiglio superiore. La presenza del Consiglio – tramite Antonello e me – è sintomo di un bisogno specifico, che avvertono i tecnici di questo settore. Perché molto spesso, quando le riforme sono prossime a entrare in vigore, i convegni si svolgono tra tecnici del settore per dibattere delle questioni interpretative o applicative delle norme.

Qui ci troviamo invece di fronte a una situazione in parte singolarissima, per cui non si capisce se una riforma sia entrata in vigore o non sia entrata in vigore, con una contraddizione da cui dobbiamo in qualche modo uscire.
Ulteriore particolarità: per la parte in cui è già  vigente, la riforma è assai insoddisfacente, per la parte che deve ancora entrare in vigore ad oggi fa paura.

Cosa può fare il Consiglio superiore in questo quadro? Può agire su tre fronti. L'articolo 10, secondo comma, della legge istitutiva 195/1958  assegna al Consiglio l'attribuzione di formulare proposte al legislatore tramite il Ministro della Giustizia, sulla modifica non solo delle circoscrizioni giudiziarie sulle materie riguardanti l'organizzazione, ma anche sul funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

Esso può dare anche pareri sulle norme. È questo il secondo aspetto trattato da quella disposizione. In particolare, pareri  sull'amministrazione della giustizia.

Ecco, quindi, che il CSM Innanzitutto può, e direi  deve – anzi, deve con urgenza – dare corso a questa propria competenza.

AreaDG ha formulato già alcune proposte molto minute e specifiche di interventi modificativi sulla necessaria collegialità delle decisioni e sulla abbreviazione dei termini sulle procedure avviate per iniziativa del pubblico ministero.

Oggi inoltre se ne sono aggiunte altre. Abbiamo sentito un accenno, per esempio, alla disciplina del curatore speciale.
Dicevo che c'è un'urgenza che si lega alla grande questione del rinvio o non rinvio del Tribunale per le persone, i minori e la famiglia, che aleggia su questo nostro incontro: abbiamo uno schema di decreto legislativo correttivo della riforma processuale Cartabia, che contiene delle norme modificative dell'articolo 40 bis... – come già usate dire voi con espressione che indica familiarità nell'utilizzo: "bis bis e... tanti numeri" –.

Questo schema di decreto legislativo ci dice due cose. La prima, che urge l'espressione, da parte del Consiglio, di un parere tempestivo, con rigore tecnico, condiviso e giuridicamente credibile. Quindi io spero che dall'incontro odierno esca una lettura propositiva dello schema di decreto, che ho già visto essere noto da parte di alcuni tra voi e che potrò mettere eventualmente a disposizione da chi non l'avesse.

Il testo è circolato dall'altro ieri, ma essendo impegnato su altri fronti, sono riuscito a darne una lettura non approfondita. Vi sono molte disposizioni, alcune probabilmente non di grande momento. Si tratta del resto di un intervento correttivo, che non può stravolgere l'impianto normativo esistente; però è un intervento su cui già si può dire qualcosa ed è bene che lo si faccia su un duplice versante: su quello strettamente emendativo nonché, secondariamente, avendo a mente e rappresentando la prospettiva futura della riforma che ci attende.

Il fatto che questo schema di decreto legislativo contenga tanto norme di dettaglio fa intendere che, a oggi, la volontà del legislatore è quella di procedere senza rinvii; e dunque fare entrare in vigore, a ottobre, il Tribunale per le persone, i minori e la famiglia, così come è la volontà enunciata ufficialmente dal Governo.

Secondo spazio d'intervento per il Consiglio è, ovviamente, dato dalla normazione secondaria che gli è affidata e, dunque, dalla circolare sulle tabelle.

Ce l'ha detto bene anche il collega Scalera: nel momento in cui non si fanno più questioni di competenza, ma si fanno questioni di distribuzione degli affari all'interno di uno stesso ufficio, l'intervento normativo del Consiglio risulterà fondamentale. Dovrà anche delineare una nuova struttura di ufficio ove non si comprende se debbano esservi solo alcuni giudici operanti in sede distrettuale o se tutti i giudici dell'ufficio potranno lavorare a tale livello o, ancora, se alcuni o tutti i giudici del nuovo tribunale dovranno lavorare nelle sedi circondariali.

Dovremo prevedere come assegnare i giudici e come andranno distribuiti gli affari. Prima ancora dovremo stabilire dove lavora il giudice, se c'è una sede del giudice. Dovremo disciplinare la direzione delle sezioni circondariali e dovremo decidere se adottare dei criteri rigidi o molto elastici o in qualche modo intermedi. E se favorire un solo modello e favorire, come mi pare, che il gruppo di lavoro prediliga più modelli, ma anche qui cercando di evitare poi la dispersione anche di soluzioni che rende la situazione incontrollabile.

Ciò anche perché non potremmo accettare che gli avvocati e i cittadini si trovino di fronte a ufficio ciascuno dei quali organizzato secondo criteri propri e non prevedibili.

Voi sapete che su questo terreno al Consiglio superiore è dato un termine di 90 giorni, dall'entrata in vigore del decreto legislativo attuativo dell'ordinamento giudiziario, il quale è prossimo a essere pubblicato. Perciò, in teoria, dovrebbe emanare la circolare sulle tabelle entro luglio 2024. L'idea però di anticipare l'uscita della  circolare.

Si pensava di farla a inizio maggio, ma probabilmente la tempistica non è compatibile coi moltissimi adempimenti che il decreto legislativo sull'ordinamento giudiziario imporrà al Consiglio superiore. Sappiamo che l'intendimento a oggi del Consiglio – dico sappiamo perché io non faccio parte della commissione competente – dovrebbe essere nel senso di predisporre una circolare generale, contenente una clausola che riserva la modifica urgente della circolare a un momento successivo, quando si avrà conferma della data di entrata in vigore della riforma sul Tribunale della famiglia.

Ciò in quanto si tratterà comunque di modificare la circolare su un impianto normativo che - lo stiamo vedendo in questi giorni - è a sua volta ancora in divenire.

E a questo punto il fattore tempo diventa fondamentale. Perché, se ipotizziamo che il Consiglio pubblicasse la circolare sulle tabelle a fine maggio-inizio giugno, dovrà poi garantirsi un periodo breve – perché non potrà cadere in agosto – entro cui correggere la circolare, adeguandola alle norme del nuovo tribunale, appena diventerà chiaro che esso entrerà in vigore effettivamente il 17 di ottobre.

Il terzo momento su cui il Consiglio superiore può intervenire è quello – già più volte oggi evocato – della formazione.

È noto che Il CSM non ha più attribuzioni formative; però da qualche anno sta cercando sempre più di diventare – uso un termine non molto tecnico – "partner" della Scuola superiore della magistratura, nel senso di riavviare quella collaborazione che mancò nei primi anni dalla sua istituzione.

Questo intento abbiamo evidenziato nelle linee guida sulla formazione per il 2024: abbiamo messo al centro della formazione nel settore civile proprio il Tribunale per la persona, i minori e la famiglia.

Perché bisogna creare una qualificazione uniforme di magistrati del tribunale unico che a oggi non c'è, con una specializzazione professionale che va in parte avviata. Per inciso, personalmente non sono convinto che essa non possa nascere – così come è stato sostenuto stamani – anche da una esperienza monocratica.

L'esperienza pretorile meravigliosa degli anni '70, '80 e '90 dimostra come la specializzazione nasca talvolta proprio dalla monocraticità, purché vi sia dialogo, purché vi sia osmosi tra operatori della stessa materia. E parlo non soltanto dei magistrati, ma delle diverse categorie professionali.

Se pensiamo alla categoria dei pretori del settore urbanistici e inquinamento, forse lì le professionalità che sono entrate in azione erano anche non strettamente giuridiche. Se pensiamo alla categoria del pretore del lavoro, lì l'osmosi fu proprio con l'avvocatura.

Lo spostamento di orizzonte che è stato oggi invocato, dovrà quindi impegnare il Consiglio a  dialogare con la Scuola, specialmente al tavolo tecnico che con questa si riunisce periodicamente.

Cosa ci attende? Assistendo al dibattito, ho avuto la sensazione di una rivoluzione che si è consumata silenziosamente perché bene o male fino a qualche mese ho fatto il magistrato, faccio il conigliere superiore, ma, confesso, mi sfuggito che fosse accaduto tutto quanto oggi ci è stato raccontato.

Apro una parentesi: noi del gruppo di AreaDG non partecipiamo volentieri finora a alcune visite organizzate dal Consiglio sui territori. A noi interessa non tanto fare visitare gli uffici insieme coi massimi dirigenti degli uffici; ci Interesserebbe di più incontrare i colleghi e si ascoltarne le condizioni lavorative anche e soprattutto con riferimento alle novità che le riforme gli sottopongono.

Sarebbe l'occasione per toccare con mano sullo stato effettivo della giurisdizioni negli uffici.

Però – chiudendo la parentesi – la rivoluzione di cui si è parlato non può essere silenziosa. Come abbiamo detto anche in un webinar recente, che riguardava un altro tema attualissimo, quello del Tribunale delle persone, dei minori e della famiglia deve diventare anche un tema politico, per la magistratura e per l'amministrazione della giustizia. Ci vogliono risorse, ma ci vogliono anche protocolli o buone prassi, chiamiamole come vogliamo.

Ci vuole una mentalità nella quale è importante anche il ruolo dell'avvocatura. Ha detto bene il professore: questo rito, almeno nel settore della famiglia, funziona bene finché funziona. Ma non dimentichiamoci che le nostre categorie sono categorie difficili su cui manca ancora una specializzazione per quanto riguarda gli avvocati. Su cui si innescheranno esperienze diverse e molto faticose per dei giudici potenzialmente itineranti che dovranno viaggiare su più uffici e non sappiamo nemmeno con quali risorse economiche.

Non sappiamo nemmeno se verrà introdotta la auspicata collegialità e con quale livello di specializzazione dei componenti, perché corriamo il rischio di un collegio composto da un giudice specializzato, mentre gli altri due che potrebbero trovarsi a doverlo integrare non stabilmente. Su tale problematica s'innesterà quella delle supplenze dei giudici del nuovo settore.

Dovremo dunque sapere anche governare i risultati che volta a volta saranno conseguiti, perché oggi vediamo come il giudice che studia la causa prima dell'udienza rappresenta un modello in via di estinzione.

Consentitemi di arrivare al mio settore di provenienza: il rito del lavoro ha funzionato benissimo inizialmente, perché le cause erano poche, gli avvocati erano molto tecnici e collaborativi nel favorire anche soluzioni conciliative ragionevoli per entrambe le parti; e perché il giudice, a sua volta, proponeva transazioni oculate conoscendo causa.

Non sono tanto d'accordo con richiamare  l'esperienza straniera, così com'é stato fatto, perché nel settore lavoristico non abbiamo conosciuto una casistica rilevante di ricusazione di giudici che, nel tentativo di conciliazione, avevano prospettato il difficile futuro di una determinata domanda giudiziaria. Hanno sempre fatto premio la professionalità e la conoscenza della causa.

Perché le parti del processo sono molto gratificate dal fatto che un giudice, quando formula una proposta conciliativa o le interroga sulla causa, dia dimostrazione di conoscerla. Ho fatto per sei mesi il giudice della famiglia: ebbene, ho ancora in mente la reazione sorpresa, ma alla fine positiva per la conciliazione, di uno dei coniugi separandi alla mia osservazione sul numero delle volte in cui andava a giocare a golf in relazione alle spese che verosimilmente sosteneva nei diversi circoli che risultava frequentare.

Allora anche la consensualizzazione della separazione, se deriva da un'opera collegata alla conoscenza del fascicolo, ha una sua meritorietà.

Ma per conoscere la causa bisogna avere il tempo per studiarla e, insieme col tempo, la mentalità,  perché, come è stato affacciato nel dibattito, non sempre tutti i magistrati hanno anche questa – chiamiamola così – mentalità. E non sempre gli avvocati sono professionalmente attrezzati, soprattutto in un settore in cui si tende a dire che è alla portata di un po' tutti i professionisti.

Anche il penalista ritiene spesso di essere all'altezza di trattare i casi di diritto di famiglia, situazione che nelle piccole sedi si verifica  all'ennesima potenza.

Con la riforma siamo davvero a una svolta: nel momento cui entra in gioco la tutela del minore, non può essere più un'attività per non specialisti.

Lo stato attuale ci pone di fronte a due esigenze contrapposte. Da un lato, c'è una ragione di carattere ordinamentale, che richiede interventi di adeguamento d'ordine normativo, amministrativo, tabellare e anche economico. Tutti noi qui propendiamo per un rinvio dell'entrata in vigore della riforma, ma concordiamo sul fatto che il rinvio non possa andare a detrimento dei risultati che già sono stati acquisiti su alcuni fronti e soprattutto nutriamo la preoccupazione che il differimento possa indurre il legislatore a una rimozione delle tappe del cronoprogramma che Domenico Pellegrini e Luca Villa, insieme col nostro gruppo di lavoro, hanno ricostruito molto bene.

Bisogna tenere ben presenti queste tappe. Non si può restare indietro.

D'altra parte, mi rendo conto che, se non si rinvia,  resterà sulla schiena degli operatori degli uffici minorili una gestione non governabile dei tempi procedimentali e flussi.

Dunque io credo che, avendo ben presente la necessità di rispettare quel cronoprogramma, il rinvio della riforma vada fortemente richiesto, anzi vada preteso.

Messo di fronte a questi presupposti, l'atteggiamento del Ministero è risultato molto ondivago. Oggi pomeriggio avremo presente Gaetano Campo che, probabilmente, avendo modo di esprimersi più liberamente di quanto potesse fare in passato, ci aggiornerà su come stiano procedendo le cose al Ministero in questa situazione di incertezza su molti fronti. Formalmente la posizione del Ministero è ferma sull'improrogabilità della riforma, ma credo che nel tempo potrebbe accedere alle richieste, assai motivate, di rinvio.

L'importante è che la decisione arrivi presto. Quello che noi chiediamo è che, se rinvio sia da fare, lo si decida per tempo, perché poi dovremo darci rapidamente e osservare con rigore le nuove scadenze del cronoprogramma. Ciò che, secondo me, sarebbe devastante sarebbe un rinvio stabilito a settembre, a ridosso della data di entrata in vigore, così come è successo per altre riforme. Noi dobbiamo richiedere invece una decisione ben prima dell'estate. E su questo dobbiamo lavorare.

Sarò grato ai colleghi del gruppo di lavoro se potranno farci avere quanto prima un prospetto  con le valutazioni sull'articolato normativo attualmente in discussione. È importante che in Consiglio possiamo portare un'idea molto concreta e il più possibile condivisa. Grazie!

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