Ordinamento dei magistrati in sintesi

16Il disciplinare

Fonti

La sezione disciplinare

L’organo disciplinare per i magistrati ordinari è costituito dalla sezione disciplinare del CSM. Essa si compone di sei membri effettivi: il vicepresidente, e cinque componenti, dei quali uno tra gli eletti dal Parlamento, uno degli eletti tra i magistrati di legittimità, due degli eletti come magistrati giudicanti di merito e uno degli eletti come pubblico ministero. Sono previsti anche supplenti. Il CSM determina i criteri per la sostituzione dei componenti effettivi; il presidente della sezione predetermina i criteri di assegnazione dei procedimenti ai componenti effettivi e li comunica al CSM (art. 4 l. 195/58, come modificata dall’art. 23 l. 71/22).

La composizione della sezione disciplinare rimane invariata per l’intero quadriennio di durata della consiliatura. I suoi membri effettivi possono essere assegnati a una sola commissione del CSM, ma non a quelle per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi (attualmente la Quinta), per le valutazioni di professionalità (Quarta) e in materia di incompatibilità nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e di applicazione dell’articolo 2, co. 1, del R d.lgs. 511/46 (Prima).

La tipicità degli illeciti

Le fattispecie di rilievo disciplinare sono tipizzate nel d.lgs. 109/06. Questo si apre con l’enunciazione dei doveri del magistrato, che esercita la propria attività “con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio e rispetta la dignità della persona nell’esercizio delle funzioni” (art. 1, c. 1). Seguono gli elenchi degli illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni (art. 2) e fuori dell’esercizio delle funzioni (art. 3). Sono inoltre previsti illeciti disciplinari conseguenti a reato (art. 4).

Le sanzioni

Le sanzioni disciplinari sono, in ordine di gravità crescente: l’ammonizione; la censura; la perdita dell’anzianità (non inferiore a 2 mesi e non superiore a 2 anni); l’incapacità temporanea di esercitare funzioni direttive o semidirettive (non inferiore a 6 mesi e non superiore a 2 anni); la sospensione dalle funzioni da 3 mesi a 2 anni; la rimozione.

Il trasferimento ad altra sede o altro ufficio è previsto come possibile sanzione accessoria di una sanzione diversa dall’ammonimento e dalla censura (art. 13, co. 1).

Il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni è previsto come misura cautelativa nei procedimenti per addebiti punibili con sanzione diversa dall’ammonimento, in presenza di gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e di particolare urgenza.

L’illecito disciplinare non è configurabile se il fatto è di scarsa rilevanza (art. 3-bis).

Il procedimento

L’azione disciplinare è promossa dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Il procedimento ha natura giurisdizionale ed è regolato dal d.lgs. 109/06 nonché dalle disposizioni del c.p.p., in quanto compatibili.

L’azione è obbligatoria per il solo P.G., titolare anche di un potere autonomo di archiviazione. L’incolpato deve avere comunicazione, entro 30 giorni, dell’inizio del procedimento, con indicazione del fatto addebitato.

Egli può farsi assistere da altro magistrato, anche in quiescenza, o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell’addebito, e, se ritenuto, da un consulente tecnico. Le funzioni di p.m. sono esercitate da un magistrato della Procura generale presso la Cassazione.

L’azione disciplinare è promossa entro 1 anno dalla notizia del fatto, di cui il PG ha conoscenza a seguito dell’espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia.

Il processo si tiene in udienza pubblica presso il CSM, aperta dalla relazione di uno dei componenti della sezione. Sono previste l’acquisizione d’ufficio di ogni prova utile, la lettura di rapporti, ispezioni, atti e prove acquisite in istruttoria, l’esibizione di documenti. La decisione può essere impugnata dinanzi alle sezioni unite civili della Cassazione.

La riabilitazione (art. 25-bis d.lgs. 109/06)

La condanna disciplinare all’ammonimento perde ogni effetto trascorsi tre anni dalla data in cui la sentenza disciplinare di condanna è divenuta irrevocabile e la condanna disciplinare alla censura perde ogni effetto trascorsi cinque anni dalla data in cui la sentenza disciplinare di condanna è divenuta irrevocabile, sempre che, in questi casi, il magistrato consegua una successiva valutazione di professionalità positiva.