15Le scelte di oggi per la pensione di domani
- artt. 15 e 24 DPR 1032/73
- art. 2, 3 e 9 l. 335/95
- art. 21 d.l. 4/19 (convertito in l. 26/19)
Come meglio spiegato nel paragrafo che precede, la retribuzione del magistrato varia sensibilmente nel tempo.
Come quasi tutti i dipendenti pubblici, i magistrati sono iscritti alla cassa per i trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato (CTPS), oggi gestita da INPS. I nuovi magistrati che non possano vantare versamenti previdenziali anteriori al 1° gennaio 1996, fruiranno di una pensione calcolata secondo il metodo contributivo “puro”, introdotto dalla legge n. 335/1995. Senza entrare nel dettaglio della formula, i contributi previdenziali, oggetto di moltiplicazione per coefficienti determinati, sono calcolati sulla retribuzione annua. Tali contributi corrispondono del 33%, di cui il 24,20% a carico del datore di lavoro e l’8,80% a carico del dipendente.
Poiché la retribuzione – una volta che siano state positivamente superate le valutazioni quadriennali di professionalità – cresce sensibilmente nel tempo e poiché il computo del valore della avverrà tenendo conto dei contributi versati nell’intero arco lavorativo, il lavoratore, una volta in quiescenza, percepirà una pensione dimidiata rispetto all’ultima retribuzione.
Pertanto, è opportuno fin dall’inizio dell’attività lavorativa:
- investire in strumenti previdenziali privati che integrino il trattamento pensionistico. Si possono valutare le offerte del mercato e quelle oggetto di convenzione con l’Associazione nazionale magistrati, che ha sottoscritto un protocollo d'intesa con UGF Assicurazioni la quale propone il Fondo di previdenza complementare Unipol Insieme ad adesione individuale con possibilità scegliere tra più comparti di investimento caratterizzati per un diverso profilo di rischio/rendimento (Cfr. Indice delle convenzioni nell’Area riservata del sito ANM);
- avvalersi, se possibile, della facoltà di esclusione del massimale contributivo (ai sensi dell’art. 21 d.l. 4/2019), vale a dire del limite di valore annuo oltre il quale la retribuzione non viene assoggettata a prelievo di contributi previdenziali. Tale limite si applica tutti i lavoratori che non abbiano anzianità contributiva anteriore all’1.1.1996 (art. 2, co. 18, l. 335/95).
- riscattare gli anni di studio universitario per fruire di una maggiore anzianità contributiva, ai fini della pensione. L’onere del riscatto è tanto minore quanto prima viene esercitato, cioè richiesto, poiché è proporzionato alla retribuzione del momento (e le retribuzioni iniziali sono più basse); il beneficio, invece, sarà tanto maggiore quanto più elevata sarà l’età di accesso alla pensione, nonché la durata del pensionamento. È possibile procedere al riscatto secondo le indicazioni e la modulistica reperibile sul portale INPS.
Il riscatto del corso di laurea è possibile anche ai fini del trattamento di fine servizio. Il relativo fondo viene finanziato con una aliquota complessiva pari al 9,60% della base contributiva, di cui 7,10% a carico del datore di lavoro e 2,5% a carico del lavoratore.
Anche il TFS è dunque subordinato al pagamento di un contributo a carico dell’interessato (artt. 15 e 24 del D.P.R. n. 1032 del 1973). Questa operazione comporta l’incremento del periodo di servizio computabile ai fini del futuro TFS, il cui importo è determinato prendendo a riferimento l’80% dell’ultima retribuzione, che viene diviso per dodici e poi moltiplicato per gli anni di servizio utili. Di conseguenza, anche il riscatto ai fini del TFS è tanto più conveniente quanto prima viene richiesto rispetto alla data di cessazione del rapporto, posto che l’onere è determinato rispetto allo stipendio al momento della domanda, mentre il beneficio sarà ragguagliato allo stipendio al momento della cessazione del rapporto.