17La deontologia
- d.lgs. 165/01, TU sul pubblico impiego
- codice etico dei magistrati ANM
Il decreto legislativo n. 165/2001, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, prevede che il codice di comportamento per i magistrati non sia adottato dal Governo con DPR, bensì dalle associazioni di categoria di ciascuna magistratura (art. 54, co. 4).
L’Associazione Nazionale Magistrati ha adottato il proprio codice etico, facilmente consultabile sul sito dell’associazione (https://www.associazionemagistrati.it/codice-etico).
Le violazioni del codice etico non hanno per sé immediata rilevanza disciplinare, stante la tipizzazione degli illeciti (cfr. L. Salvato, Due interrogativi sulla relazione tra etica, deontologia professionale e responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, in Giustizia Insieme), ma possono dare luogo a una procedura sanzionatoria da parte dell’associazione, oltre che essere indice sintomatico quanto meno di un deficit di professionalità. La procedura è istruita dal collegio dei probiviri; la sanzione eventuale è irrogata dal Comitato direttivo centrale dell’ANM.
Cardini specifici del codice deontologico dei magistrati, attorno ai quali ruotano le singole disposizioni, sono i doveri di indipendenza, imparzialità e correttezza.
Le disposizioni riguardano sia il comportamento nell’esercizio delle funzioni, sia il comportamento nella vita sociale. In quest’ultimo ambito ogni nuovo magistrato farà particolare attenzione tanto alla indebita “spendita della qualifica”, quanto alla necessaria continenza in ogni manifestazione non privata del proprio pensiero, secondo i canoni di dignità, correttezza e sensibilità all’interesse pubblico che in genere ne informano la condotta sociale.