I soggetti processuali alla prova del nuovo rito
Alessandro SIMEONE
avvocato, componente Comitato scientifico ilfamiliarista.it e AIAF
Visto che sono stato presentato come uno dei padri della riforma non devo fare coming out per dire che a me la riforma piace.
Sicuramente qualche aspetto da correggere c’è nell’impianto complessivo che però trova favorevole anche buona parte dell’avvocatura specializzata, non tutta ma diciamo quella maggioritaria.
Permettetemi prima di individuare quello che è il ruolo dell’avvocato alla luce del decreto legislativo.
Vorrei innanzitutto rispondere ad alcune questioni poste da chi mi ha preceduto.
Chi mi ha preceduto ha parlato di una possibile incompatibilità del rito nuovo con il processo minorile in ragione del fatto che ci sarebbe una sorta di obbligo di chiudere il procedimento direttamente alla prima udienza. In realtà così non è, nel senso che il procedimento può proseguire perché il 473-bis.22 prevede solo il quasi obbligo di emissione di una sentenza non definitiva ma per quello che riguarda lo status. Il procedimento davanti al Tribunale per i minorenni, nel caso siano necessari degli interventi di tutela e sostegno e di verifica se il progetto predisposto da parte del tribunale, sulla base di quello che ha indicato il servizio sociale, funzioni oppure no può tranquillamente proseguire.
Un secondo punto riguarda l’affermazione secondo cui l’aumento dell’area di reclamabilità dei provvedimenti provvisori potrebbe determinare un rallentamento del procedimento. E’ un’obiezione a cui mi sento di rispondere con estrema tranquillità dicendo sostanzialmente due cose: prima di tutto per effetto della possibilità di definire il procedimento direttamente in prima udienza avremo probabilmente meno provvedimenti provvisori e quindi un carico inferiore per quello che riguarda le Corti d’Appello sui reclami ex art. 708 c.c. ultimo comma (se la mia affermazione sia esatta oppure no lo potremo verificare tra un anno o due); in secondo luogo non c’è stato l’estensione eccessiva dei provvedimenti reclamabili nel senso che diventano reclamabili le modifiche da parte del giudice relatore messi in corso di causa solo al per quello che riguarda i provvedimenti che incidono in maniera più sostanziale. Dopodiché sarà compito della giurisprudenza delle Corti d’Appello definire questo perimetro. La mia impressione è che, se si seguirà quello che è stato fatto per il 708 ultimo comma, avremo pochissimi provvedimenti ritenuti dalle Corti d’Appello reclamabili. Mi auguro che così non sarà altrimenti si frustrerebbe lo lo spirito della riforma.
Il presidente Castellani prima diceva che, per quello che riguarda le modifiche non troppo importanti (ad esempio la modifica o l’aggiunta del giorno di frequentazione) che sarebbe preferibile utilizzare un rito più snello: io credo che questa possibilità in realtà già ci sia visto che il 473.bis.38 nel cappello iniziale norma il procedimento per l’attuazione del provvedimento di affidamento del minore per la soluzione delle controversie in ordine alla responsabilità genitoriale. Questa è la vecchia formulazione del 709 ter del codice di procedura civile assorbito nel nuovo articolo. Io credo che in realtà il procedimento semplificato di cui al punto trentotto possa proprio applicarsi a quei casi a cui si riferiva il presidente Castellani, quindi senza necessità delle ulteriori difese, di due memorie e anche nel rispetto del termine minimo di novanta giorni che in questo caso potrebbe essere ridotto proprio in virtù di quello che è previsto dal quarto comma di questo articolo.
Infine una provocazione sulla mediazione di cui al 473-bis.38 secondo comma, dove si fa riferimento agli esperti e non ai mediatori. In realtà io credo che sia una differenziazione voluta nel senso che, quando si riporta nel secondo comma, a differenza di quello che è previsto nel primo comma della norma, che il giudice, acquisito il consenso delle parti, può inviare le parti stesse davanti a un esperto, non ci si riferisse principalmente al mediatore familiare. Io mi immagino leggendo la norma, che sia ad esempio possibile rinviare le parti per fare una specie di arbitrato irrituale deferito ad un avvocato. Anche perché la mediazione globale, a me terrorizza, nel senso che una mediazione che arriva a un accordo fatta da una personalità extragiuridica che si occupa di diritti patrimoniali mi terrorizza. Cioè affidare ad un mediatore familiare che sia psicologo, che non sappia perché non deve sapere, la differenza tra diritto di abitazione e assegnazione o tra precetto e decreto ingiuntivo o tra mantenimento ordinario e mantenimento straordinario mi pare un po’ pericoloso. Ed è vero che i mediatori familiari sono spesso e in buona parte anche avvocati, ma ci sono anche professionalità che non hanno mai aperto un libro di diritto o quantomeno non ne hanno aperto tanti quanti ne abbiamo aperti noi. Attribuire questo ruolo a professionalità diverse da quelle che hanno una formazione specifica mi desta qualche preoccupazione. Quindi mi piacerebbe che il secondo comma del 473-bis.10 fosse interpretato come una forma di apertura anche a soluzioni diverse su cui naturalmente l’avvocatura potrà e dovrà riflettere.
Altro punto: i servizi sociali. Ho apprezzato l’intervento raffinato della professoressa, io credo che ci sia però un problema di fondo che questa riforma non risolve: che è quello della sovrapposizione delle funzioni negli assistenti sociali. Trovo profondamente sbagliato che in capo alla stessa figura o meglio a una serie di soggetti, possano essere cumulate le funzioni di accertamento in funzione giudiziaria e in sede processuale, di valutazione, di supporto e di decisione. Perché quando parliamo di affidamento al servizio sociale è il servizio sociale che assume al posto dei genitori le decisioni che dovrebbero essere prese dai genitori. Questa sovrapposizione di funzioni secondo me non fa premio su quella che dovrebbe essere la funzione principale del servizio socioassistenziale o sociosanitario che è quella di dare un supporto ai genitori. Cito la mia esperienza personale, anche se forse sbagliando, per dire due cose.
I genitori che si approcciano al servizio, se si approcciassero senza il retropensiero di essere giudicati dalle persone a cui si rivolgono, probabilmente si aprirebbero di più. Nel momento in cui vanno dal servizio sociale col timore che parte la segnalazione o un procedimento non lo fanno più, Non più tardi di una settimana fa ero curatore in una vicenda e c’era un problema che sembrava banale, la scelta della scuola: c’era però la diversità di religione. Io parlo con il padre, parlo con la madre e la madre mi porta una serie di questioni che non risultavano dal ricorso: chiedo perché queste cose non sono state evidenziate e perché le sta dicendo a me che non so cosa farmene perché dovrebbe farle evidenziare dal suo avvocato. E la madre mi risponde “perché mi hanno detto che poi sarebbero intervenuti i servizi sociali”. E questo è un leit-motiv perché tanti clienti, giusto o sbagliato che sia, quando arrivano da noi e fai loro presente che ci può essere la possibilità di intervento anche del servizio, si ritraggono, scappano, hanno paura. Probabilmente sarebbe necessaria una riappropriazione da parte del servizio di quello che è il suo ruolo, che è poi anche una parte ispiratrice della riforma dell’articolo 5 bis, con il quale sono stati normati per la prima volta i presupposti e limiti dell’affidamento al servizio sociale. In tale articolo si prevede che. prima che il giudice possa affidare il minore al servizio, il servizio deve aver attuato quelle quella serie di interventi per cui è nato: la 183 è molto chiara su questo punto.
Quindi una riappropriazione da parte del servizio di quello che è il suo ruolo primigenio probabilmente, anzi sicuramente ci aiuterebbe.
Privatizzazione.
È vero che si va verso una privatizzazione ma è una privatizzazione non voluta. In primo luogo non è voluta dall’avvocatura questa privatizzazione. Faccio un esempio: io svolgo il ruolo di curatore speciale dal 2014: in qualche convegno ho sentito dire a qualche giudice l’avvocatura deve sentirsi onorata di essere investita del ruolo di curatore. In realtà credo che ci sia un errore di vocale: l’avvocatura è onerata di questo compito perché noi interveniamo evidentemente perché quello che c’era prima non ha funzionato. Perché se l’affidamento all’ente avesse funzionato perfettamente, se avessimo il triplo dei magistrati che possono occuparsi di tutte le questioni bagatellari, se avessimo delle autorità satellitari che potessero occuparsi di questioni più spicciole, realmente non ci sarebbe stato bisogno del curatore a cui ormai la giurisprudenza sta cercando di attribuire, in base al dettato normativo, anche dei compiti che il curatore non dovrebbe avere. Mi riferisco ai famosi poteri di rappresentanza sostanziale. Ma la dimostrazione che qualcosa probabilmente non funzionava prima la trovo anche dei dati che avete riportato all’inizio: il 70% degli intervistati dicono che i magistrati hanno piacere a nominare il curatore speciale. Quindi c’è bisogno di noi, c’è bisogno della figura del curatore speciale ma ce ne è bisogno perché evidentemente qualcos’altro non ha funzionato. Sono quei dati che lo dimostrano. E quei dati peraltro dimostrano che quella famosa clausola di invarianza finanziaria l’abbiamo perfettamente aggirata nel senso che, nel momento in cui ci sarà la nomina, probabilmente a tappeto, di curatori speciali (e da li quell’affollamento di persone nel processo con il rischio che poi il giudice debba fare il vigile urbano), posto che il curatore speciale non sempre ma molto spesso viene ammesso al gratuito patrocinio non la clausola di invarianza finanziaria l’abbiamo aggirata. Viene da chiedersi se quelle risorse del gratuito patrocino non sarebbe preferibile utilizzarle diversamente, in maniera più funzionale? Mi piacerebbe tra un anno vedere quante nomine di curatori sono state disposte e quante liquidazioni di gratuito patrocinio vi sono state per capire che quelle risorse già potrebbero probabilmente bastare alla digitalizzazione o magari per assumere nuovi giudici.
Ruolo dell’avvocato.
Parte dell’avvocatura sostiene che questa riforma non valorizza l’avvocatura. Io invece ritengo che l’avvocatura sia fortemente valorizzata da questa riforma che da una centralità nuova al ruolo dell’avvocato se l’avvocato è in grado di utilizzare quelle possibilità che la riforma offre.
E’ chiaro che adesso tutti sono spaventati dei termini ma è una paura facilmente esorcizzabile.
L’avvocato innanzitutto ha degli strumenti in più per negoziare, perché la negoziazione assistita prevede adesso addirittura l’istruzione giudiziale anche se vedo difficile che venga utilizzata.
L’obbligo di disclosure preventivo o meglio l’obbligo di deposito dei documenti dovrebbe porre fine a quelle prassi terrificanti per cui la controparte non consegna le dichiarazioni dei redditi adducendo motivi di privacy. Adesso c’è l’obbligo di consegnare le dichiarazioni dei redditi, i conti correnti e anche gli estratti dei conti e titoli: in questo modo si può giocare a carte scoperte perché gli accordi fatti anche nelle stanze gli avvocati piuttosto che davanti al giudice, senza una reale conoscenza della realtà dei fatti, sono accordi che durano lo spazio di un mattino. Sono accordi che durano sei mesi, non arrivano a volte neppure al divorzio e poi vengono proposte le modifiche.
L’avvocato ha un ruolo importante che è quello del curatore speciale, è una funzione nuova con qualche preoccupazione che io evidenzio ai magistrati: così come non dovete adeguarvi a quello che mi dicono i consulenti tecnici o quello che vi dicono i servizi sociali, non dovete adeguarvi neppure a quello che dice il curatore speciale. I curatori speciali sono fatti di carne e di sangue e possono anche sbagliare o magari possono muoversi all’interno di un procedimento facendo degli errori sulla base anche di posizioni ideologiche. Perché se l’avvocato ha un ruolo nuovo credo che questa riforma possa funzionare se anche il giudice riacquista quella centralità di cui c’è bisogno. Le parti quando arrivano davanti al giudice hanno bisogno di giudice che decide, non hanno bisogno di altro, giusto o sbagliato che sia. Questo è un sentire comune di tutti gli avvocati: abbiamo bisogno di un giudice che, avendo letto gli atti, assume una decisione, magari anche sbagliata, piuttosto che dei provvedimenti presi a sentimento come succedeva prima, che creano dei disastri oltre che ovviamente una serie di frustrazioni.
L’avvocatura è chiamata anche a dare un contributo per farla funzionare questa riforma. A Milano abbiamo un’esperienza più che positiva che è quella di interlocuzione continua tra l’avvocatura e il tribunale per i minorenni, l’avvocatura e il tribunale ordinario, che ci porterà a stilare dei protocolli, delle linee guida, delle indicazioni operative perché sono tante le cose che devono funzionare e per farle funzionare c’è bisogno del confronto come in queste occasioni.
Io ho sentito parlare molto spesso di ideologia: l’unica ideologia di cui io vorrei parlare da oggi in poi è quella che ci permetterà di far funzionare la riforma Carbia: perché altrimenti indietro non si torna, avanti non si va, rimaniamo in mezzo al guado.