L’impatto della riforma sull’organizzazione degli uffici giudiziari
Luca VILLA
presidente Tribunale per i Minorenni di Genova
Risposta alla domande
I tempi e i costi della risposta di Giustizia a seguito della riforma del processo civile e ordinamentale
Un legislatore “normale”, non dico buono o ottimo, nell’affrontare una riforma da taluno descritta come “epocale”, avrebbe innanzi tutto effettuato una seria ricognizione dell’esistente ed una analisi di impatto della riforma.
Sappiamo - i Presidenti e i Procuratori minorili l’hanno toccato con mano nel corso dell’incontro con il Ministro Cartabia il 20.10.2021 - non solo che la legge delega è stata elaborata senza che della commissione facesse parte qualche giudice minorile, ma che la riforma non è stata preceduta da alcuna analisi statistica, anche solo a campione, sui procedimenti trattati dai Tribunali per i minorenni e dai Tribunali ordinari.
Come ormai abbiamo familiarizzato, nel nuovo Tribunale avremo 3 diversi organi giudiziari[1]:
- il giudice monocratico circondariale;
- il collegio circondariale composto da 3 giudici togati (sia per materie da trattare come giudice di primo grado, sia per i reclami averso i provvedimenti emessi dai giudici monocratici del circondario);
- il collegio circondariale composto da 2 giudici togati e 2 giudici onorari (per le materie dell’adozione, il penale e la sorveglianza e le materie specificatamente attribuite.
L’analisi statistica sarebbe stata pertanto essenziale per comprendere:
- quanti procedimenti che venivano trattati dal Tribunale per i Minorenni verranno trattati dal giudice monocratico circondariale?
- quanti procedimenti del Tribunale ordinario o del Tribunale per i minorenni verranno trattati dal giudice distrettuale in composizione togata?
- quanti procedimenti verranno trattati nel futuro Tribunale dal Giudice distrettuale in composizione mista?
- quanti procedimenti graveranno sulle sedi di capoluogo e quanti sulle sedi circondariali, si passi il termine e la semplificazione, “periferiche”?
- qual è il peso delle istruttorie effettuate dai Giudici Onorari presso i Tribunali per i Minorenni nell’attualità, quale potrà essere il peso delle istruttorie che a carico dei Giudici Togati a seguito della riforma del rito e quale a seguito della riforma ordinamentale?
Analisi non semplice, ma chiaramente in controtendenza rispetto ad un legislatore che mal sopporta ogni pensiero “complesso”, vissuto come un antico retaggio di ideologie ormai superate. L’importante è semplificare, buttare il cuore oltre l’ostacolo e poi si vedrà.
Ma l’importante è anche che la riforma sia a “costo zero”, senza alcun aumento del personale sia della magistratura che amministrativo, come espressamente previsto dall’art 24.a) della legge delega[2].
In realtà i primi effetti della riforma si sono già visti con la modifica dell’articolo 403 cc relativo agli allontanamenti disposti dalla Pubblica Autorità.
All’interno di una norma che è stata salutata con favore, perché ha finalmente posto una serie di garanzie ad un istituto che rimetteva nelle mani del giudice la garanzia del contraddittorio, si sono già introdotte, con efficacia dal 22 giugno 2022, alcune norme che anticipano il disfavore rispetto al ruolo dei Giudici Onorari, che già stanno impattando sull’operatività dei Tribunali per i Minorenni e che devono essere tenute presenti dai giudici e dai dirigenti nell’organizzazione del lavoro giudiziario.
Il nuovo articolo 403 c.c. prevede infatti che, effettuata monocraticamente la convalida del provvedimento di allontanamento, il giudice fissi davanti a sé entro 15 giorni sia la comparizione delle parti, sia l’ascolto del minore (ed assai spesso “dei minori”).
Gli allontanamenti ex art 403 c.c., che il legislatore ha chiarito riguardare anche l’allontanamento da un solo genitore e quindi, tipicamente, il collocamento di madre e minori in casa rifugio a seguito di episodi di maltrattamento[3], comportano necessariamente udienze separate. Ora lo prevede espressamente la disciplina sulla violenza domestica[4], ma per i TM era già buona prassi e venivano sentiti separatamente e singolarmente i due genitori ed il minore.
Chiunque abbia esperienza minorile e chiunque abbia intenzione di non disperdere le buone pratiche, sa che sono udienze che richiedono tempo. Con gli adulti un tempo per illustrare il contenuto degli atti, un tempo per raccogliere l’opinione del genitore e la sua versione dei fatti, un tempo per spiegare i possibili esiti della procedura e capire la disponibilità a seguire le indicazioni e le prescrizioni del Tribunale e dei servizi. Con i minori a tutto questo si aggiunge il tempo per mettere a suo agio il minore, ancora provato dall’allontanamento, per spiegare il proprio ruolo e, assai spesso, il ben più complesso ruolo del curatore[5], e per garantire il rispetto delle convenzioni in materia di ascolto del minore.
L’aver chiarito che gli allontanamenti ex art 403 cc coprono anche l’ipotesi di allontanamento da un solo genitore, ha aumentato notevolmente il numero di tali provvedimenti e nei c.d. “turni” possono capitare in una giornata anche più procedimenti che poi devono necessariamente essere trattati nei 15 giorni successivi.
Nell’organizzare il proprio lavoro ogni giudice minorile sa che dal giugno scorso deve tenere a disposizione almeno una giornata alla settimana per tali procedure la cui sopravvenienza non è programmabile. Per gli uffici ad elevata promiscuità, i 25/26 Tribunali medio piccoli, ove a tali urgenze si sommano anche i provvedimenti collegati alla funzione penale, si pensi alle convalide degli arresti di competenza dei GIP, possono crearsi cumuli di adempimenti urgenti che già ora sono difficili da dipanare.
Con la riforma del rito, in vigore dal 1° marzo 2023[6], le cose si complicheranno ulteriormente e, come si è anticipato, il legislatore non ha pensato a valutarne gli effetti.
Sono due gli aspetti principali da valutare: a) le tempistiche delle nuove procedure civili; b) i limiti alle attività dei giudici onorari.
Prima della riforma il rito camerale lasciava ampia, eccessiva, discrezionalità al Giudice Delegato non solo nella gestione dei tempi processuali, ma anche nella garanzia del contraddittorio e si registravano orientamenti e prassi molto diverse tra i vari Tribunali per i Minorenni.
Avendo scelto di optare per un rito “unico”, sia con riferimento alle cause di separazione/divorzio/affidamento del Tribunale Ordinario, all’interno dei quali le questioni di status e le questioni economiche hanno necessità proprie, sia con riferimento alle procedure di controllo della responsabilità genitoriale, era inevitabile che venissero introdotte delle scansioni temporali per l’introduzione della causa e per lo scambio degli atti tra le parti.
Esaminiamo per ora i ricorsi per vicende ordinarie e prive di particolare urgenza.
Il legislatore ha stabilito che la prima udienza deve essere fissata entro 90 giorni (art 473-bis.14 c.c.), ma per garantire il contraddittorio esige che al convenuto, nei procedimenti minorili i genitori, siano lasciati almeno “sessanta giorni liberi”. Al Presidente è imposto di emettere il decreto di fissazione entro 3 giorni. Questo vuol dire che anche ritenendo che il Pubblico Ministero sia molto efficiente, se si fissasse l’udienza al 70° giorno, ne rimangono solo 7 per la notifica ed è più prudente quanto meno convocare intorno ad 80 giorni per evitare continue richieste di concessione di nuovi termini perché la notifica non è andata a buon fine (e con le parti dei procedimenti minorili è circostanza assai frequente trattandosi spesso di soggetti marginali con domicili e lavori assai precari).
È possibile abbreviare fino a metà i termini, ma solo se sono allegati abusi famigliari o condotte di violenza domestica o di genere (art 473-bis.40 c.c.).
Normalmente presso i Tribunali per i Minorenni una volta ricevuto il ricorso per una situazione non urgente si avevano due soluzioni differenti:
- chiedere una prima indagine al Servizio Sociale e solo all’esito convocare i genitori;
- fissare comunque un’udienza, spesso ad uno o due mesi di distanza, magari dando contemporaneo mandato per un’indagine ai Servizi Sociali.
Pensiamo ad esempio ad un ricorso del Pubblico Ministero che ha ricevuto dalla scuola una segnalazione di abbandono scolastico perché un minore frequenta poco o per nulla le lezioni.
Non lo si sarebbe considerato un ricorso urgente e non è allegata violenza. Normalmente si procedeva con un invio della segnalazione ai servizi e una convocazione con i tempi sopra descritti dei genitori e/o del minore.
Ma dal 1° marzo convocare dopo quasi tre mesi un minore che ha già perso un mese di scuola, vorrebbe dire garantirgli sì il contraddittorio, ma anche una probabile bocciatura[7].
I giudici e i Pubblici Ministeri avranno due alternative: interpretare in maniera particolarmente estensiva il concetto di “abuso” facendolo coincidere di fatto con tutte le situazioni pregiudizievoli sottese all’art 333 c.c.[8] e dettare i tempi della procedura dimezzando, con operazione non semplice, tutte le scansioni ordinarie (30 giorni liberi tra decreto e udienza, 15 giorni per la costituzione, 10, 5, e 3 per le memorie di comparse, replica e controdeduzioni varie).
Anche l’alternativa non è semplice da gestire per un giudice togato che non può delegare le attività “istruttorie”, ed in particolare la prima udienza, ai giudici onorari.
Potrebbe infatti ritenere, per le ragioni appena descritte, il ricorso urgente ma è necessaria una avvertenza. Ai sensi dell’art 473-bis.15 c.c. sono necessari 3 presupposti:
- vi deve essere un “pregiudizio imminente”;
- deve essere “irreparabile”;
- una previa convocazione potrebbe pregiudicare “l’attuazione” dei provvedimenti tanto che in via d’urgenza non si dispone tanto la convocazione, ma si adottano i “provvedimenti necessari nell’interesse die figli”.
Solo se sussistono questi 3 elementi (ed è arduo sostenere che la ripresa della scuola sarebbe pregiudicata da una convocazione) e si sono disposti i provvedimenti, si deve disporre la convocazione che, a questo punto, deve essere entro 15 giorni. E tutto ciò sempre che il Giudice Togato abbia uno spazio temporale nel proprio ruolo d’udienza, già compresso per le ragioni sopra accennate e per quelle che seguiranno, per fissare l’udienza.
Quel che si vuole sottolineare e che vi saranno tutta una serie di situazioni di bassa/media gravità nelle quali, se si applicheranno le norme senza effettuare torsioni interpretative, si passerà ad una gestione burocratica dei casi meno urgenti, con una dilatazione dei tempi processuali che demoliscono brutalmente uno dei pilastri declamati dalla riforma, ovvero la riduzione dei tempi processuali. Demolizione che incide su uno dei pregi delle prassi dei TM, che aveva peraltro il suo contraltare in uno dei più evidenti difetti. Frequente è infatti l’adozione nelle fasi iniziali di provvedimenti provvisori assai ravvicinati nei tempi, cui seguiva una lunga stasi spostando l’attenzione del giudice sulle nuove urgenze con uno scarso monitoraggio delle procedure pendenti nell’attesa, semmai, di segnalazioni e aggiornamenti dei servizi di istanze dei diretti interessati.
Ma i casi meno gravi, se non affrontati tempestivamente, sono spesso i prodromi delle più gravi patologie famigliari, se non un sintomo dietro il quale si nascondono situazioni di grave malessere e pregiudizio.
Si rinuncia di fatto ad uno dei ruoli promotivi del Tribunale “per” i minorenni, ovvero la prevenzione del grave pregiudizio.
La legge delega e la legge delegata vede con particolare sfavore il ruolo dei giudici onorari.
È nota e ampiamente esposta in altri contributi la perdita in termini di “qualità” dell’intervento a tutela dei minori. Qui ci si sofferma sul contributo “quantitativo” offerto dai giudici onorari. Si ribadisce, ancora una volta e lo si dovrà ripetere in ogni sede e occasione: il tempo dedicato alle istruttorie in materia di minori e famiglia e minori è un fattore di qualità del lavoro. Il giudice civile ordinario deve massimizzare la durata dell’udienza, tagliare i capitoli di prova inutili, i testi inutili, i rinvii di udienza inutili, le pretese inammissibili e così via. Il giudice minorile ha un’altra prospettiva: verificare con gli adulti e con i minori la comprensione del pregiudizio cui si è esposto il minore, la capacità e la disponibilità al cambiamento, la comprensione del significato delle prescrizioni e degli interventi proposti. Se il giudice delle controversie civili sostanzialmente si limita ad una diagnosi (la responsabilità del danno è tua ed il danno è da quantificare in tot euro), il giudice minorile procede con diagnosi e prognosi e deve individuare gli interventi più efficaci adattandoli al mutare delle situazioni e alle reazioni degli interessati, così come il medico adatta la terapia in base ai benefici o alle reazioni avverse del paziente. E come tutti i compiuti di cura, anche il lavoro del giudice minorile richiede tempo e capacità di ascolto.
Con la riforma si è deciso di concentrare su un numero ridotto di giudici togati tutte le istruttorie più delicate, i procedimenti ex art 330/333 c.c. limitando il ruolo dei Giudici Onorari (per ora, perché con la riforma ordinamentale non potranno svolgere neppure tali attività) ai procedimenti ex articolo 31 D. Lvo 286/98, piuttosto che ai procedimenti relativi ai Minori Stranieri Non accompagnati ed ai procedimenti amministrativi e alle Adozioni Internazionali. Paradossalmente sono delegabili ai Giudici Onorari le udienze relative ai procedimenti relativi alla dichiarazione di adottabilità, udienze che – tranne casi particolari – vengono svolte invece dai Giudici Togati che semmai si fanno affiancare dal Giudice Onorario.
Si obietta che nulla impedisce al Giudice Togato di farsi affiancare dal Giudice Onorario. È vero, ma il problema è quando il Giudice Togato dei Tribunali medio/grandi avrà il tempo per farsi affiancare.
Per capire qual è l’apporto dei giudici onorari in termini di tempo si possono utilizzare due metodi.
Un primo metodo, più semplice, ma facilmente comprensibile, è verificare le piante organiche dei Giudici Onorari e dei Giudici Togati dei Tribunali per i Minorenni. In tutta Italia vi sono 747 Giudici Onorari e 213 Giudici Togati. In sintesi 3,5 giudici Onorari per ogni Giudice Togato.
Chi lavora nei Tribunali sa bene che il modello della delega delle udienze ai Giudici Onorari si è reso necessario quando, soprattutto nelle sedi con carichi più elevati[9], si è constatato che l’utilizzo in affiancamento al Togato avrebbe comportato un accumulo insostenibile di arretrato ed il CSM negli anni ha autorizzato l’aumento delle piante organiche dei Giudici Onorari oltre ai 3 ordinariamente previsti perché i Presidenti ne evidenziavano la necessità per far fronte all’aumento della domanda di giustizia e soprattutto per il pregiudizio recato all’utenza minorile.
Al momento solo 7 Tribunali hanno un rapporto di 1 giudice togato per 3 onorari e, eccetto Napoli, si tratta di Tribunali di piccole dimensioni con un organico di Giudici Togati pari a 4 o 5 giudici, ovvero la dotazione minima stante le competenze collegiali e per evitare incompatibilità nei procedimenti penali. Si può facilmente predire che saranno questi i Tribunali che risentiranno di meno della riforma potendo ricorrere alla soluzione dell’affiancamento.
Tornando al calcolo del contributo degli onorari, le circolari prevedono che il Giudice Onorario debba garantire tra le 2 e le 3 presenze, intese come mezze giornate, settimanali e chi lavora nei Tribunali sa che l’impegno richiesto ai Giudici Onorari è praticamente pari alla disponibilità massima. E’ così facile comprendere che se 3,5 onorari (ovvero la quota corrispondente a 1 unità togata), si recano in Tribunale per 3 mezze giornate, vuol dire che per ogni giudice togato gli onorari lavorano in TM (e qui si sorvola sul lavoro che spesso si portano a casa) per 10,5 mezze giornate, ovvero una intera settimana lavorativa.
La conclusione è altrettanto elementare. Se i Giudici Onorari potranno solo affiancare il Giudice Togato sarebbe necessario ampliare le piante organiche di altri 213 giudici togati (o di 184 se non si considerano i Presidenti) corrispondenti alle attuali piante organiche.
Ma come si è già evidenziato la riforma esclude aumenti di organici.
Un secondo metodo è verificare quante istruttorie sono state svolte dai Giudici Onorari.
È un calcolo molto complesso perché l’assenza del Processo Civile Telematico non consente una raccolta precisa di tale informazione.
In occasione dei lavori della Commissione ministeriale alcuni Presidenti dei Tribunali (14 su 29) hanno provato comunque a fare tale stima, visto che il Ministero non riteneva importante tale informazione. Si sono utilizzati come dati di riferimento le istruttorie seguite (per chi aveva raccolto tale dato) o le giornate perle quali era stata riconosciuta la presenza in Tribunale. Così emerge che in una sede come Milano nel 2021 avevano svolto 9.395 (pari a 522 istruttorie per ogni giudice togato in pianta organica), piuttosto che 4.246 per Palermo o 4.076 per Genova. La domanda è molto semplice: chi svolgerà tali udienze?
Non solo, oltre agli incombenti non delegabili ai Giudici Onorari già menzionati - le nuove udienze introdotte dal nuovo articolo 403 cc; l’udienza di prima comparizione delle parti (art. 473-bis.14 c.p.c.) o l’udienza di prima comparizione se vengono emessi provvedimenti urgenti e indifferibili (art. 473-bis.15 c.p.c.); l’audizione separata delle parti se vengono allegati episodi di violenza domestica (art. 473-bis.42 comma 2 c.p.c.) – vi è il divieto assoluto di delegare l’ascolto del minore (art. 473-bis.45 c.p.c.) e la previsione dell’udienza di discussione prima di rimettere in decisione la causa (art. 473-bis.22 ultimo comma c.p.c.).
Considerando che la risorsa tempo/lavoro dei Giudici Togati non è una risorsa illimitata, si vedrà in questa prima fase della riforma quali saranno gli effetti e quali i possibili rimedi.
Una strada maestra sarà verificare sul campo l’irragionevole durata dei procedimenti e l’eventuale conflitto con il principio di cui all’art 111 della Costituzione. Non è infatti “ragionevole” una durata che si rivelerà in contrasto con i principi internazionali che regolano la materia ed in particolare l’articolo 4.50 delle “Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa su una giustizia a misura di minore” (adottate dal Comitato dei ministri il 17 novembre 2010 nella 1098^ riunione dei Delegati dei ministri) nel quale si prevede che “In tutti i procedimenti che vedono coinvolti minori, si dovrebbe applicare il principio dell’urgenza al fine di fornire una risposta rapida e proteggere l’interesse superiore del minore, rispettando al tempo stesso il principio della supremazia del diritto”.
Irrazionale e irragionevole pertanto un ordinamento che, senza alcuna apprezzabile ragione, anzi, rinunciando ad un ascolto condotto con professionalità e con la necessaria empatia da parte di un giudice che la stessa Corte Costituzionale ha definito come giudice pleno iure[10], rinuncerebbe ad avvalersi di un componente del collegio, preferendo differire di mesi l’udienza pur di farla svolgere al Giudice Togato.
Se poi si guarda la riforma nella parte ordinamentale che andrà a regime nel 2025, gli effetti deleteri non saranno minori su qualità e efficacia dell’azione giudiziaria in termini di tempi della risposta giudiziaria.
Chi ha scritto la legge delega non aveva evidentemente idea della quantità dei procedimenti ex art 333/330 c.c.
Si riportano i dati relativi a queste procedure e alle procedure di adottabilità, che invece rimangono al distretto di una delle tre sedi metropolitane, Milano, e di una sede media, Genova. Per entrambe si sono selezionati i dati utili degli ultimi quadrienni[11].
A Milano, a fronte di 1.870 sopravvenienze (si ribadisce, sono i dati medi annui) ex art 330/333 cc, vi sono 150 procedure di adottabilità: circa l’8%. A Genova a fronte di 606 procedimenti ex art 330/333 cc vi sono 75 procedure di adottabilità: circa il 12%.
Dati omogenei alla media nazionale come emerge dalla ricerca svolta nel 2010 dal Gruppo di lavoro istituito dal C.S.M. sugli standard di rendimento[12]. Esaminando la ripartizione quantitativa emergeva che erano stati iscritti 26.197 procedure ex art 330/333 c.c. a fronte di 3.608 procedimenti in materia id adozione (ma tale dato comprendeva anche le ricerche delle origini e le adozioni ex art 44 l. 184/83) con una proporzione dell’88%.
Si deve ragionevolmente stimare che il 90% delle procedure civili nell’area della tutela dei minori verrà trasferita ai giudici monocratici del circondario. Non solo, perchè con la riforma si trasferiscono anche altre procedure quantitativamente assai impattanti come i ricorsi ex art 31 D. Lvo 286/98.
Spostamento che avviene senza che i Giudici Togati monocratici possano avvalersi del supporto dei Giudici onorari, né, salvo casi marginali, della riassegnazione di giudici dalle sedi distrettuali da considerare in sovrannumero attraverso una redistribuzione degli organici. Con la riforma infatti alla sede distrettuali sono attribuiti i reclami avverso tutti i provvedimenti che riguardano i minori (art. 473-bis.24 c.p.c. e 50.1 R.D. n. 12/41) ora di competenza della Corte d’Appello.
Ed anche sotto questo profilo la riforma ordinamentale si espone alla critica. È infatti incomprensibile, se non per un rifiuto dogmatico e ottuso, al sapere multidisciplinare, che neppure in sede di reclamo venga recuperata la multidisciplinarietà. Infatti per tutti i reclami nella materia civile la competenza è senza distinzione di materia, del collegio composto da 3 giudici togati (art 50.4 e 50.5 R.D. n. 12/41 così come introdotti dalla riforma ordinamentale).
Senz’altro non vi sono ragioni di speditezza del procedimento o di prossimità, ovvero le ragioni sostenute per giustificare lo spostamento al giudice monocratico circondariale. Infatti invece di un collegio composto da due giudici togati, oltre ai 2 giudici onorari, il collegio del reclamo sarà composto da 3 giudici togati, forse a voler sottendere che il giudice togato monocratico deve essere esaminato da un collegio di “pari” senza interferenze di altri saperi.
L’effetto della riforma sarà pertanto spostare il 90% delle decisioni più rilevanti del settore civile, ovvero la tutela dei minori, alle sezioni circondariali per attribuirle sì ad un giudice monocratico, e quindi con un potenziale aumento dell’efficienza (ma con perdita sia della ponderazione del collegio, sia della multidisciplinarietà per decisioni assai gravi), ma che dovrà fare tutto da solo, non potendo delegare nulla ai componenti onorari e che dovrà gestire tale mole di lavoro aggiuntivo, ad organico invariato, rispetto alle ordinarie cause di famiglia e alle tutele. Di fatto si ripercorrerà la strada del “giudice di zona” e del “giudice amministratore”, che i Tribunali per i Minorenni avevano iniziato ad abbandonare dal 2001 dopo la c.d. riforma del giusto processo e dell’art 111 della costituzione.
Evidente poi la contraddittorietà di una riforma che al contempo prevede in prima battuta una riformulazione dell’articolo 403 c.c., nel quale si attribuisce al giudice monocratico unicamente la fase urgente della convalida, ma richiede il collegio multidisciplinare per l’adozione dei provvedimenti conseguenti all’audizione delle parti, ed una riforma ordinamentale per la quale, tra soli due anni, sia il primo, che il secondo provvedimenti saranno adottati dal medesimo giudice monocratico.
Si potrebbe obiettare che i giudici monocratici potranno avvalersi dell’apporto dell’Ufficio Per il Processo cui saranno inseriti anche i Giudici Onorari. Ma l’articolo 15 del D. L.vo 151/22, che è molto dettagliato nel descrivere i compiti degli addetti a tale ufficio, prevede, coerentemente al fatto che tali addetti non compongono un collegio, compiti di raccordo con i servizi sociali, piuttosto che di controllo e di monitoraggio dei fascicoli ed al più di “ausilio del giudice togato all'ascolto del minore”. È solo con rifermento alle funzioni collegiali e distrettuali che è prevista un’attività diretta e autonoma di ascolto delle parti: lo si prevede per i Minori Stranieri Non Accompagnati (dove è previsto esplicitamente l’ascolto del minore quasi che siano diversi e meno importanti degli altri e per i quali, quindi, si può soprassedere all’ascolto da parte del Giudice Togato così confermando l’impronta reazionaria della riforma), per le procedure di adozione internazionale, per l’ascolto del minore nel monitoraggio delle messe alla prova e per l’ascolto delle parti nei procedimenti amministrativi ex art. 25 RD 1404/34.
La norma peraltro contiene una novità importante e positiva, perché finalmente comporterà una rimodulazione del sistema di retribuzione dei Giudici Onorari, vergognosamente fermo da decenni. Si riconosce infatti un lavoro fondamentale svolto dai componenti privati (e che nella raccolta dei dati prima riportata non poteva essere conteggiato), ovvero quello di raccordo con i Servizi sociali rispetto alle procedure pendenti davanti a Tribunale per i Minorenni, che non era ricompreso nelle uniche due attività sinora riconosciute a livello retributivo dal Ministero, ovvero le udienze istruttorie e le Camere di Consiglio e che di fatto veniva fatto pro bono negli intervalli tra un’udienza e l’altra o sottraendolo alla tempo dedicato alla famiglia o alle proprie attività professionali.
Davanti a tale quadro non certo edificante una possibile soluzione sarà una fuga dalle strettoie del nuovo rito unificato con una modifica dei ricorsi del Pubblico Ministero attraverso un ampliamento dei ricorsi di adottabilità per i minori molto piccoli, ed uno spostamento delle procedure ex art 333 c.c. riguardanti gli adolescenti, attraverso il ricorso ai procedimenti amministrativi ex art 25 RD 1404/34.
La prima soluzione, ovvero aprire una procedura di adottabilità perché si finisce per avere una procedura più snella rispetto al nuovo rito unico, non è accettabile perché non si può strumentalizzare un istituto così delicato, e con un impatto emotivo così elevato per i diretti interessati, per mera convenienza processuale del giudice.
La seconda soluzione invece può avere una sua consistenza numerica ed una sua giustificazione.
Finora in tante situazioni, non essendovi differenze processuali sostanziali, nella maggioranza dei Tribunali per i minorenni le procedure amministrative avevano una numerosità marginale.
In presenza di condotte devianti (piccoli reati, fughe di casa, prostituzione) o autodistruttive (utilizzo di stupefacenti, abuso di alcool, dipendenza da internet, ludopatie, cutting) vengono presentati comunque ricorsi ex art 333 c.c.
Interessante anche qui quanto era emerso nella ricerca svolta nel 2010 dal Gruppo sugli standard medi di riferimento del CSM. Dai dati allora raccolti era emerso il dato anomalo di Milano ed in generale delle grandi sedi, rispetto anche a sedi di medie dimensioni. Infatti a fronte dei 546 procedimenti amministrativi di Milano, a Torino se ne erano registrati appena 10, a Genova 8, a Venezia 14.
Le ragioni di tale discrepanza era dettata in realtà dalla diversa natura del collegio giudicante. A Milano i procedimenti amministrativi erano, e lo sono tuttora, assegnati al settore penale (GIP/GUP) e quindi ad un gruppo di lavoro composto da Giudici Togati ed Onorari che si occupava in via pressochè esclusiva di devianza e quindi il Pubblico Ministero si è nel tempo orientato a modificare la domanda sapendo che aprendo un procedimento amministrativo per un minore con problematiche di devianza avrebbe trovato un giudice particolarmente preparato alla trattazione di tali condotte.
Esiste pertanto oggettivamente una quota di procedimenti civili e di vicende che possono rientrare in tale casistica e l’agilità della procedura, il fatto che il minore potrà essere sentito direttamente e rapidamente da un esperto di psicologia dell’età evolutiva, da un pedagogista o da un bravo assistente sociale esperto nel lavoro con gli adolescenti, verosimilmente porterà ad un incremento, questa volta non strumentale, di tali domande.
Diceva un politico che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina. La sensazione è che se non si individuano opzioni interpretative, suggerite anche in altri contributi, o non si fanno scardinare dalla corte Costituzionale vincoli privi di legittimità costituzionale, l’obiettivo della prima parte della riforma ovvero il rito unificato, sia quello di mostrare tra due anni, che i Tribunali per i Minorenni non sono in grado di funzionare perché avranno fallito l’obiettivo del PNNR, ovvero la riduzione della durata dei procedimenti, per poter così legittimarne l’abolizione di tale presidio della tutela dei minori attraverso l’attuazione della riforma ordinamentale.
Tutte valutazioni che ben poco hanno da spartire con le sempre declamate enunciazioni circa la centralità dell’interesse del minore e la tutela dell’infanzia.
[1] Vedi nuovi articoli 49 e 50 del R.D. 12/41 (Ordinamento Giudiziario).
[2] “(…) organizzare il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie nell’ambito delle attuali dotazioni organiche del personale di magistratura, del personale amministrativo, dirigenziale e non dirigenziale, e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
[3] Cfr altresì la relazione del massimario della Corte di Cassazione 15.12.2022 sugli effetti della riforma civile, pag 24.
[4] Cfr articolo 473-bis.42 e 45.
[5] Per un minore comprendere chi è il giudice è abbastanza semplice: è “quello che decide”. Molto più complesso è capire chi è il curatore speciale. Si consideri soltanto che per preparare i nuovi curatori si organizzano corsi calibrati su 4/5 sessioni e sono i curatori stessi che riportano che solo dopo un po’ di incontri con il minore lo stesso si apre ad un rapporto fiduciario non comprendendo all’inizio, rectius sospettando, se si tratta dell’avvocato del giudice o dei genitori o di chissà chi altro.
[6] Curiosa la giustificazione adotta: l’anticipo della riforma è dettato dalla necessità di rispettare gli obiettivi del PNRR. Peccato che quando si è trattato di distribuire gli addetti dell’ufficio per il Processo, i Tribunali per i Minorenni ne sono stati esclusi perché le loro procedure non erano coinvolte nel PNRR.
[7] Ai sensi dell’articolo 14, comma 7 del Decreto del Presidente della Repubblica del 22 giugno 2009 n. 122, le assenze non possono superare un quarto delle lezioni, pari a circa 50 lezioni sulle 200 previste.
[8] Nella relazione ministeriale di accompagnamento alla legge delegata, pag. 81, sembrerebbe chiaro che si fa riferimento a condotte che presuppongono una sopraffazione affermando che gli abusi “costituiscono una specifica categoria delle condotte di violenza”. Nello stesso senso dispone l’interpretazione sistematica dovendo tale norma raccordarsi con l’articolo Art. 473-bis.69 (Ordini di protezione contro gli abusi familiari) che descrive la condotta riportata in rubrica come quella che è “causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà”.
[9] Si deve precisare che nei Tribunali per i Minorenni, ma è un dato che si riscontra anche a livello generale, vi è una forte disparità tra sede e sede. Limitandosi agli estremi si può evidenziare quanto al rapporto tra minori censiti e giudice, che mentre a Campobasso vi è un giudice ogni 10.910 minori ed a Caltanissetta 1 ogni 18.280, a Venezia vi è un giudice ogni 98.264 minori e a Bologna 1 ogni 78.582. Anche esaminando i carichi di lavoro, seppur con un campione limitato a 15 sedi e nelle quali non vi sono né Bologna, né Venezia, si assiste a forti disparità. Senza considerare i fascicoli pendenti (che possono essere influenzati da buone o cattive organizzazioni del personale giudiziario o amministrativo, piuttosto che a diversi orientamenti sulla necessità di definire o tenere aperte le procedure per monitorare l’andamento degli interventi), se si esaminano i procedimenti civili sopravvenuti all’anno si passa dai 103 nuovi procedimenti civili per giudice (tutti considerati) di Trento, e 136 di Salerno ai 377 di Firenze ai 457 di Palermo (dato fortemente influenzato dai MSNA). Se si limita lo sguardo ai procedimenti ex artt. 330/33 c.c. si passa dai 35 di Reggio Calabria ai 129 di Firenze.
[10] Cfr Corte Costituzionale n. 139/20, Pres. Cartabia, est Petitti sulla composizione del GUP: “Questi non sono meri consulenti tecnici del componente togato, bensì componenti dell’organo giudicante a pari titolo, e come tali essi concorrono alla decisione non indirettamente, ma pleno iure, peraltro rappresentando la quota maggioritaria dell’organo stesso”.
[11] Per Milano i dati medi del quadriennio 2013-2017), e per Genova il quadriennio 2016-2019 (ho evitato il 2020 perché influenzato, come è avvenuto in tutte le sedi e come stiamo vedendo dall’aumento delle sopravvenienze attuale, dall’emergenza sanitaria)
[12] Relazione aprile 2010 pag. 10.