Intervento alla seconda sessione
I soggetti processuali alla prova del nuovo rito

Franca OLIVETTI MANOUKIAN
psico-sociologa, consulente presso ASL e Servizi Sociali

Ringrazio di essere stata invitata a questo convegno: porto qui la voce dei servizi sociali che sono uno dei soggetti processuali che saranno messi alla prova dal nuovo rito.

Per presentare me stessa evidenzio che non faccio parte del sistema della giustizia minorile né della pubblica amministrazione. Appartengo ad un istituto che ha sede a Milano, che ho fondato molti anni fa con altri colleghi e si chiama Studio APS, Studio di Analisi Psicosociologica: realizza tuttora attività di ricerca, formazione e consulenza organizzativa per vari tipi di organizzazioni private e pubbliche.

La psicosociologia è una disciplina interstiziale che si propone di studiare e di intervenire nelle vicende individuali collegandole a quelle collettive e di considerare i fenomeni collettivi anche nelle loro declinazioni soggettive e Intersoggettive. La mia preparazione professionale di base è avvenuta in particolare a Parigi dove ho sperimentato percorsi formativi notevolmente innovativi. Rientrata in Italia mi sono impegnata a introdurre nel nostro Paese delle iniziative analoghe.

Per alcuni anni ho lavorato sostanzialmente per le grandi aziende (IBM, Enel, Eni etc.). Dagli anni ‘80 ho cominciato a lavorare con i servizi, istituiti dopo la chiusura degli Istituti per l’infanzia abbandonata, per minorenni corrigendi, per disabili, fino alla chiusura dei manicomi e in concomitanza con la creazione del Servizio Sanitario Nazionale (legge 800/1978). I servizi socio-sanitari territoriali (consultori, servizi di salute mentale, servizi per le tossicodipendenze) sono organizzazioni che hanno finalità essenziali per la vita collettiva, per il benessere generale della popolazione e nello stesso tempo presentano complessità funzionali e operative notevolissime. Operano infatti per produrre contenuti immateriali (interventi psico-sociali, assistenziali, educativi) che hanno caratteristiche diverse da quelle dei beni o delle merci, cioè dei prodotti tangibili, rispetto ai quali l'organizzazione del lavoro e anche il funzionamento stesso dell’organizzazione è stato e è tuttora più definito, chiaro, razionalizzabile, verificabile in tempo utile.

Con il sistema della giustizia ho iniziato a lavorare alla fine degli anni novanta e all'inizio degli anni duemila quando sono stata interpellata per realizzare dei percorsi formativi sull'attuazione del DPR 448, che era stato emanato da poco e non trovava adeguate traduzioni operative. È stato un incontro per me molto significativo che mi ha dato la possibilità di entrare in contatto con una serie di questioni che non avevo mai toccato. Da lì ho avuto la possibilità di lavorare con gruppi di magistrati dei minori e della famiglia che operavano in varie sedi (Milano, Palermo, Torino, Roma, Venezia, Bari) e di realizzare seminari di formazione costruiti ad hoc, di cui esiste una documentazione nei Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura. Nell'ultimo periodo poi, in particolare durante tutta la vicenda del covid, sono stata interpellata per progettare e realizzare dei percorsi formativi per gli operatori sociali neo-assunti nel sistema della giustizia, inseriti negli UEPE e negli USSM.E’ a partire da quello che queste esperienze professionali mi hanno permesso di apprendere che oggi in questa sede prendo la parola richiamando l'attenzione sui rapporti esistenti tra servizi e magistratura, che secondo me vengono toccati da questa riforma e che nelle vicende processuali di minorenni e famiglie rivestono qualche importanza.  In linea di massima comunque viene sottovalutata la funzione che possono avere i servizi pubblici dell’area sociale. Per lo più, a mio avviso, in diversi ambiti territoriali dando seguito a quanto previsto dalle leggi istitutive ci si è preoccupati di verificare che i servizi avessero una sede, fossero dotati di personale e di strumentazioni minime. Si è investito meno da parte delle amministrazioni pubbliche e anche da parte di varie associazioni di cittadini, di gruppi rivolti a realizzare interventi per persone disabili, per vari disagi e disturbi: ci si propone di supplire a carenze che si sperimentano o anche a sostituirsi, preoccupandosi meno di fare in modo che i servizi pubblici funzionino con modalità più pertinenti e efficaci.

Nel decreto legislativo che si sta prendendo qui in considerazione mi sembra che i servizi siano nominati in modo generico, come servizio sociale, al massimo servizio sociale locale, o servizio dell’ente locale. Si separa anche servizio sociale e servizio sanitario come se i servizi della salute mentale e i servizi delle tossicodipendenze non fossero servizi socio-sanitari, che sono efficaci e hanno una possibilità di intervento positivo proprio in quanto sono socio. Il sociale rischia di essere aggiunto come un aggettivo generico, che non rimanda a un significato operativo.

 

I. Per entrare nel vivo del discorso richiamo brevemente perché i servizi esistono, perché sono chiamati a contribuire alle vicende processuali e come.  

I servizi in generale, servizi alla persona che prendono diverse denominazioni sono istituzioni relativamente recenti. Sono stati istituiti a partire dalla metà degli anni’70 per tutelare i diritti che, garantiti già dalla Costituzione del 1948, non trovavano attuazione nella vita quotidiana di tutti noi. Vari gruppi sociali si sono trovati isolati dalla partecipazione, emarginati entro istituzioni totali, esclusi dall'istruzione, dalla possibilità di usufruire di certe opportunità di cura della propria salute: disabili, malati di mente, orfani abbandonati, bambini con varie difficoltà di apprendimento, persone con problemi di tossicodipendenze, donne con situazioni familiari maltrattanti.

Movimenti sociali, impegnati su un piano politico-ideologico vivace, presente nella società italiana dopo il sessantotto, hanno dato vita a iniziative locali rivolte a chiusure delle scuole speciali, a trasformazioni delle IPAB, a varie de-istitutizzazioni e sono arrivati a sostenere l’emanazione di leggi istitutive dei servizi.

Genova è stata una delle città in cui, prima di altre del Nord Italia, si è avuta la presenza di servizi integrati tra aziende sanitarie locali e amministrazioni comunali: una sperimentazione straordinariamente partecipata e innovativa. I servizi pertanto hanno anzitutto la funzione di concorrere a rendere possibile l'esercizio dei diritti inviolabili - quelli dell'articolo 3 della Costituzione, quelli che i francesi chiamano droits de l’homme – a chi è in condizioni di particolari difficoltà. Perché possano essere esercitati i diritti non è sufficiente che siano scritti, dichiarati, proclamati. È ineludibile che esista un contesto sociale che li riconosce e che crea, struttura, mantiene le condizioni perché effettivamente l'esercizio dei diritti sia garantito.  Pensiamo a quanto accade tuttora   ad esempio nei confronti di persone disabili, o nella scuola, nella sanità, in una serie di vicende della vita pubblica assistiamo a troppe violazioni di questi diritti fondamentali.

E i servizi sociali sono  territoriali perché si immaginava che, essendo vicini alla vita quotidiana della gente, avessero più possibilità di essere visibili e quindi rendere modificabili le condizioni che impedivano a alcuni cittadini l'esercizio dei diritti fondamentali: servizi accessibili, servizi orientati a intervenire in modo partecipato, non autoritario,  sufficientemente simmetrico, sufficientemente processuale in modo da accompagnare  i travagli delle vicende individuali e familiari nel loro incontro con ostacoli e opportunità presenti nella realtà.

Il contesto sociale entro cui i diritti possono essere esercitati non esiste già automaticamente: esiste in parte, esiste perché si ha una condivisione generale che i diritti o sono di tutti o non sono, ma affinché possano essere effettivamente tutelati nelle situazioni specifiche occorre istituire dei contesti ad hoc.

 

II. La funzione dei servizi sociali territoriali, che non va semplificata o considerata in modo riduttivo, attribuendo ruoli del tutto accessori o subordinati, è significativa per il contributo che possono dare alla tutela dei diritti, mettendo in campo competenze e interventi in due direzioni:

– la prima è costituita dal raccogliere e elaborare dati e informazioni sulle situazioni che accedono al sistema della giustizia, per lo più situazioni familiari molto complesse, cariche di densità emotive, di contraddizioni, di detti e non detti, di elementi che non compaiono immediatamente e che le persone stesse hanno molte difficoltà a esprimere in quanto entrano in un ambito di intimità in cui ci sono vergogne, reticenze etc. In queste situazioni sono importanti gli sguardi plurimi, multiformi, che permettano di cogliere vari aspetti e incroci, arrivare a rappresentazioni sufficientemente attendibili. È cruciale secondo me che anche da parte della magistratura sia acquisito che in materia di relazioni non è possibile pretendere di raggiungere verità “oggettive”. Le scienze sociali lo richiamano almeno da cinquant'anni a questa parte ma anche in campo fisico è stato scoperto il cosiddetto “effetto Heisenberg”: chi osserva un fenomeno è parte del campo in cui il fenomeno è osservato e influenza il fenomeno stesso. Non possiamo pretendere oggettività perché non esiste una oggettività intatta, distante, sicura nelle relazioni tra singoli e gruppi sociali Come osservatori siamo collocati dentro il campo in cui inevitabilmente abbiamo un’influenza su ciò che osserviamo, soggetti e interazioni.  L’attendibilità sarà maggiore quanto più sarà possibile considerare (e rendere visibili, trasparenti) orientamenti e atteggiamenti conoscitivi di chi osserva.

Dobbiamo tendere a ottenere rappresentazioni attendibili sui problemi per intervenire in modo pertinente, adeguato.  I servizi nelle loro diverse articolazioni e collocazioni sono in grado  di rilevare informazioni attendibili perché entrano in contatto diretto con le situazioni attraverso degli incontri contestuali, in cui è possibile interagire e acquisire non solo dichiarazioni formali   ma anche cogliere dettagli, contraddizioni, incongruenze, scissioni tra dichiarato e agito, anche attraverso conoscenze indiziarie; hanno  opportunità di seguire vicende nel corso del tempo e di confrontare evoluzioni e verificarsi di nuovi eventi; possono osservare in équipe, tenendo cioè conto di quello che ogni professionista tende a privilegiare o a sottovalutare; soprattutto hanno l’opportunità di apprezzare la disponibilità effettiva delle persone che incontrano  a riconoscere le problematiche di cui sono portatori e a modificare i comportamenti a cui sono collegate . Spesso coloro che arrivano al processo portano la loro versione assolutizzandola e questo rende anche difficile riconoscere da parte loro quali sono i loro diritti e quali sono invece dei privilegi che vengono venduti come diritti.  

La prima direzione in cui possono intervenire proficuamente i servizi è pertanto costituita dai contributi che possono fornire alla magistratura nelle fasi istruttorie.

– la seconda direzione della attività dei servizi è costituita dal facilitare, dal rendere più mirata e personalizzata la individuazione e costruzione di contesti in cui i diritti possano essere goduti effettivamente.

La conoscenza capillare del territorio e delle risorse di varia natura che esistono o che sono mobilitabili, rende possibile allestire condizioni favorevoli perché bambini e adolescenti crescano, siano riconosciuti nelle loro difficoltà e nelle loro esigenze, possano disporre di interazioni in cui sperimentarsi, misurare inclinazioni e fragilità.  L'esecuzione delle sentenze può essere effettiva. I servizi hanno una funzione interessante, spesso sottovalutata, sotto questo punto di vista, ma è anche vero che i servizi non sempre la esercitano in modo positivo e costruttivo.

 

III. I servizi spesso nei contesti sociali si ritrovano delegittimati. A volte si parla dei servizi come se coincidessero soltanto con singole assistenti sociali. Nei servizi lavorano diversi professionisti: psicologi, a volte anche specializzati nel trattare specifici disturbi, educatori, neuropsichiatri, psichiatri, pediatri.  È ricorrente il rischio che vengano visti entro una rappresentazione tradizionale come dedicati a intervenire su famiglie povere, disagiate o disastrate per patologie che si tramandano di generazione in generazione, famiglie emarginate da cui si dovrebbero allontanare i figli… Oppure rischiano di essere considerati come impiegati con compiti di esecuzione di procedure amministrative al servizio del magistrato.

I servizi secondo me possono dare un contributo tanto più significativo quanto più riescono a essere autonomi: autonomi soprattutto nei loro riferimenti concettuali – teorici – che sono quelli delle scienze sociali e da cui chi giudica negli ambiti di famiglia e minori può trarre elementi positivi per formulare ipotesi, per disporre di indicazioni per poter decidere in modo adeguato. Va riconosciuto che in diversi contesti e in diverse circostanze spesso gli operatori dei servizi, sia i servizi della giustizia che i servizi territoriali, non si propongono nei confronti dei magistrati come interlocutori autorevoli e apprezzabili: non predispongono relazioni argomentate in cui sia ben distinta una parte in cui viene esposto quanto è stato rilevato e un’altra parte in cui si indicano ipotesi per elaborare e interpretare. Queste carenze non possono giustificare scelte di evitare di rivolgersi ai servizi e interpellare consulenze tecniche di ufficio. Si tratta piuttosto sul piano operativo di aprire confronti e scambi per arrivare a precisare richieste e valorizzare anche contributi parziali; da un punto di vista istituzionale va forse richiamato alle direzioni delle aziende sanitarie, alle amministrazioni comunali e allo stesso dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che è imprescindibile investire in accompagnamenti formativi specificamente progettati e realizzati per i professionisti dei servizi che interagiscono con la magistratura.

Concludo con qualche riferimento più diretto ai contenuti del d.lgs. 149/2022, riguardanti i servizi. Rischiano infatti di essere relegati in funzioni ancillari e confinati entro controlli e vincoli di tempo che limitano potenziali contributi o anche di vedersi attribuite funzioni che richiedono di essere specificate da parte di singoli magistrati, sostenendo pertanto dipendenze da quanto questi stessi magistrati, dal loro punto di vista, ritengono necessario rilevare o prevedono utile predisporre.

Nell’affidamento al servizio sociale si dispone che siano prescritti i compiti del servizio e la stessa durata, la periodicità non superiore a sei mesi per riferire all’autorità giudiziaria sui rapporti mantenuti dal minore con genitori, sull’attuazione del progetto predisposto dal tribunale come se fosse soltanto il giudice che interviene su interventi e percorsi educativi.

Nell’ambito della giustizia minorile, molti magistrati impegnati nell’area minori e famiglia da sempre collaborano in maniera molto positiva ed efficace con i servizi e questo è stato tanto più possibile quanto più c'è stato un impegno reciproco a migliorare la collaborazione e individuare progettualità efficaci. Spero che si possa andare il più possibile avanti in questa direzione.

Gli altri interventi

Saluti

Prima sessione
L’impatto della riforma sull’organizzazione degli uffici giudiziari

Seconda sessione
I soggetti processuali alla prova del nuovo rito

Terza Sessione
Csm e Ministero: quali interventi per attuare la riforma?

Quarta sessione
L’impatto sulla tutela dei diritti

Interventi al dibattito

Conclusioni