Intervento alla seconda sessione
I soggetti processuali alla prova del nuovo rito

Cesare FOSSATI
avvocato, presidente dell’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia

Ringrazio gli organizzatori per questa opportunità e porto le riflessioni sulla riforma della mia associazione, l’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia.

La valutazione generale e di sintesi della riforma è in gran parte positiva.

Certo, anche a causa della corsa contro il tempo con cui è stata varata, ci sono aspetti che sono rimasti da correggere e coordinare.

Stamattina la Presidente Vidali ha parlato del ruolo fondamentale che rivestono sia il giudice sia l'avvocato, vogliamo ribadirlo anche noi: entrambe le figure devono rimanere protagoniste nell’ambito del rinnovato processo per le persone, i minorenni e le famiglie.

Il legislatore chiede ad entrambi, giudice e avvocato, uno sforzo straordinario.

Entrambi sono infatti chiamati a svolgere molte variegate funzioni tutte insieme: si chiede al giudice di fare presto, ma anche di fare il mediatore, di dirigere il processo e di sovraintendere alle dinamiche familiari in evoluzione, sino ad intervenire sul pregiudizio, la violenza, il rifiuto del minore; altrettanto si fa con l’avvocato, e questo in uno scenario che cambia profondamente, dove i soggetti chiamati ad intervenire si moltiplicano: si va dal nuovo curatore all’implementato curatore speciale, al nuovo coordinatore genitoriale, al mediatore familiare (finalmente riconosciuto), al rinnovato impulso al Pubblico Ministero, ai servizi socio-sanitari, al Consulente Tecnico; davvero tante figure, con il rischio che il ruolo costituzionalmente garantito della difesa resti sullo sfondo, schiacciato da esigenze di “cura” e di intervento sulla famiglia, soprattutto se disfunzionale.

All’avvocato, nell’ambito del processo, vengono richiesti, anzi imposti, tutta una serie di adempimenti ulteriori: dalla sintesi alla chiarezza, al rispetto di termini molto stretti, alla produzione entro termini altrettanto stretti e rigidi di documenti e mezzi di prova, all’inserimento di collegamenti ipertestuali; l’adempimento di questi impegni richiederà nell’avvocatura una nuova capacità di adeguamento alle nuove sfide, a fronte di un processo che è molto cambiato rispetto ai canoni del passato.

Se tutto questo, nelle intenzioni del legislatore, aveva come scopo la riduzione del contenzioso giudiziario, a favore dell’implementazione delle misure alternative al giudizio - personalmente sono un fautore e sostenitore della negoziazione assistita collaborativa e della mediazione – occorre però che gli attori istituzionali conoscano e riconoscano il ruolo ed il compito centrale dell’avvocatura, primo vero filtro della domanda di giustizia.

Da questo punto di vista posso testimoniare che quando esiste un confronto dialettico e una dinamica collaborativa si può arrivare a stipulare protocolli d'intesa molto efficaci nella direzione di sviluppo di positive sinergie: ne abbiamo un ottimo esempio proprio a Genova, dove sono stati siglati diversi protocolli, e altri sono in corso, fra la sezione famiglia del tribunale, il tribunale per i minorenni, la Procura di Genova, l’avvocatura genovese e le associazioni forensi più rappresentative. 

Dal punto di vista del processo, l’unificazione dei riti e in particolare il superamento del rito camerale, fortemente deficitario quanto a rispetto del canone del giusto processo, del rispetto del diritto alla prova, della precostituzione delle regole che devono sovraintendere al processo, è da salutare senza alcun dubbio come una conquista di civiltà giuridica.

Nel merito delle novità, lasciano perplessi alcune scelte peculiari.

In primo luogo, la scelta di implementare contemporaneamente i poteri d’intervento ufficiosi del giudice, quelli del Pubblico Ministero, quelli del curatore speciale.

L’aumento dei poteri ufficiosi e l’incremento degli spazi d’intervento dei tanti soggetti ausiliari potenziati o introdotti con la riforma, rischia di accentuare quel fenomeno, già da più parti stigmatizzato, che va sotto il nome di paternalismo giudiziario, tipico in particolare dell’approccio della giustizia minorile.

Valutiamo come positivo il riferimento alla mediazione familiare: avremmo tuttavia preferito un passaggio informativo obbligatorio prima dell’avvio di un giudizio.

Viceversa, aver inteso inserire un invito alla mediazione familiare in una fase del processo così significativamente condensata di adempimenti impegnativi, resa vieppiù stringente a causa di termini e scadenze assai stringenti nella fase intercorrente fra il deposito del ricorso introduttivo, il decreto di fissazione udienza e le ulteriori memorie difensive, rende piuttosto complicato, se non improbabile, che le parti abbiano il tempo e l’interesse ad affacciarsi al tavolo della mediazione.

Vorrei ricordare che nell’ambito del protocollo sulla negoziazione assistita appena siglato con la Procura ed il Tribunale di Genova (2.02.23) abbiamo proprio voluto inserire un forte invito ed impegno dell’avvocatura genovese ad accompagnare gli assistiti in mediazione familiare, con l’idea che sia appunto questa la sede propria più consona allo sviluppo della mediazione.

Con riferimento alle novità dell’Ordinamento giudiziario, il rinvio dell’entrata in funzione del nuovo tribunale crea forse più problemi di quelli che vorrebbe risolvere con una disciplina transitoria ben poco razionale.

Sul piano sostanziale, la mancata abrogazione dell’istituto dell’addebito, che pure la commissione Luiso aveva suggerito, mostra i limiti di un legislatore che non sembra avere veramente il polso della realtà giudiziaria alla quale ha inteso porre mano: che senso può avere oggi conservare la possibilità di domandare ancora l’addebito della separazione, quando l’eventuale domanda di divorzio, ora proponibile addirittura con lo stesso ricorso per separazione, finisce con renderla inutiliter data, visto che i suoi effetti cessano con il divorzio?

I pur limitatissimi effetti – riconducibili per lo più al fatto che il coniuge al quale sia addebitabile la separazione non ha diritto all’assegno di mantenimento – potrebbero peraltro venire neutralizzati dalla pronuncia che riconosca invece l’assegno di divorzio.

Siamo poi di fronte ad una sostanziale abrogazione della separazione: quale spazio può residuare al regime di separazione quando le parti proiettano già le loro domande al divorzio? Che spazio può residuare all’istruttoria sulle domande connesse alla domanda di separazione, se dopo un anno si inizia a discutere dei presupposti dell’assegno di divorzio?

Danno endofamiliare: la legge delega aveva espressamente previsto la possibilità del cumulo di domande, superando una giurisprudenza tendenzialmente contraria e piuttosto contraddittoria sul punto. Il D.Lgs.149/2022 parla solo di domande connesse: ancora una volta è molto probabile si creeranno orientamenti discordanti, con buona pace delle esigenze di certezza del diritto.

Contemporanea pendenza di domanda di assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. e assegno di divorzio ex art. 5 l. 898/70: la coesistenza delle due misure potrebbe essere minata da esigenze di economia processuale che potrebbero condurre ad una rapida definizione del giudizio di separazione a vantaggio di una più articolata istruttoria nella sola sede del divorzio. Occorre chiedersi allora che senso possa conservare la necessità di acquisire documentazione e assumere defatiganti testimonianze per stabilire il tenore di vita matrimoniale al fine di determinare l’assegno di mantenimento in sede di separazione, quando questa determinazione è destinata ad essere superata dal rilievo dei diversi parametri strumentali alla quantificazione dell’assegno di divorzio.

La collegialità sembra conservare i caratteri di una chimera. La riforma sul punto è contraddittoria e ci si chiede quando potrà effettivamente entrare in vigore con la necessaria copertura dei posti scoperti.

Il curatore speciale del minore: si è persa l’occasione di chiamare con il suo vero nome questa figura professionale. Dal nostro punto di vista si tratta a tutti gli effetti del difensore del minore e rifuggiamo dall’idea di volerne fare un ausiliario.

Al difensore si richiede sintesi e chiarezza nell’esposizione, l’allegazione di un maggior numero di documenti, il rispetto di una serie di termini anticipati rispetto all’inizio del processo, con una progressione disarmante: 30 gg. prima dell’udienza per il convenuto, 20 gg. per l’attore, 10 per il convenuto, 5 per l’attore, ciò che presuppone peraltro sistemi informatici perfettamente funzionanti e operatori di cancelleria in grado di effettuare gli aggiornamenti dei fascicoli in tempo reale. Siamo davvero sicuri che siano questi i rimedi più efficaci, tenendo conto che il diritto di famiglia è soggetto a continue evoluzioni e necessità di revisione?

Le ricadute sull’attività difensiva di questi termini dipenderanno in larga misura dall’ampiezza che verrà riconosciuta al concetto di diritti disponibili ovvero indisponibili, distinzione che costituisce rilevante elemento di novità della riforma.

Finalmente è esplicitata la possibilità di emissione di provvedimenti cautelari, così come di provvedimenti temporanei e urgenti sulla falsariga delle precedenti ordinanze presidenziali, con una generalizzata possibilità di impugnazione. Certo il termine di 10 gg. dalla semplice comunicazione renderà anche questo passaggio assai complicato.

L’impressione è quella di un percorso ad ostacoli per dissuadere l’utente del servizio giustizia dall’intento di intraprendere un contenzioso in giudizio.

Bene le norme che uniformano il sistema di garanzie a tutela del credito, come anche il meccanismo di azione diretta stragiudiziale per il pagamento diretto del credito.

Certamente qualche disposizione della riforma potenzia le procedure di negoziazione assistita: mancano però ancora significativi incentivi fiscali; l’esclusione dell’effetto reale nei trasferimenti immobiliari costituisce un’occasione mancata di promozione; problematiche anche le norme che prevedono la possibilità di svolgere un’istruttoria stragiudiziale.

Posso portare come esperienza solo parzialmente positiva quella di una negoziazione assistita avviata con un collega che reputo per questo illuminato, in una situazione di coppia nella quale uno dei genitori presentava fragilità di tipo psichiatrico, che quasi certamente in altri contesti avrebbe condotto ad un contenzioso giudiziario: ebbene come difensori abbiamo ritenuto non solo praticabile ma altamente consigliabile la strada della negoziazione assistita, ma integrata con il suggerimento e l’inserimento di un consulente psichiatra.

Mentre stavamo avviando questa negoziazione assistita, con appunto il fondamentale intervento a supporto di uno specialista della salute mentale, si è verificato un incidente domestico che ha portato il bambino in ospedale, da lì è partita una segnalazione alla procura minorile ed un conseguente incarico ai servizi sociosanitari. Noi avvocati abbiamo responsabilmente interrotto la procedura di negoziazione assistita, abbiamo offerto ai servizi sociali e sanitari la nostra professionalità, a beneficio della gestione del caso: i servizi sociali del Comune hanno condiviso questo lavoro di rete, che è stato molto apprezzato da tutti i soggetti coinvolti e ha consentito di normalizzare i rapporti. Viceversa, non abbiamo trovato la stessa disponibilità al confronto ed al lavoro di rete nei servizi di salute mentale e nella procura minorile. Un vero peccato. Abbiamo provato a interloquire con la Procura minorile, abbiamo tentato di verificare se poteva esserci un confronto, tenendo conto che anche l’avvocatura svolge una funzione istituzionale-costituzionale, visto che gli accordi di negoziazione assistita hanno lo stesso valore di una sentenza. Non abbiamo avuto purtroppo alcuna apertura e disponibilità: mi auguro tuttavia che questo atteggiamento possa col tempo mutare e che il ruolo dell’avvocatura possa essere apprezzato anche nell’ottica della migliore gestione dei conflitti.

Credo quindi che sia importante avviare e proseguire tavoli di confronto e rinnovare occasioni di dialogo multidisciplinari, come quella odierna, per lavorare tutti insieme alla migliore applicazione della riforma.

Gli altri interventi

Saluti

Prima sessione
L’impatto della riforma sull’organizzazione degli uffici giudiziari

Seconda sessione
I soggetti processuali alla prova del nuovo rito

Terza Sessione
Csm e Ministero: quali interventi per attuare la riforma?

Quarta sessione
L’impatto sulla tutela dei diritti

Interventi al dibattito

Conclusioni