Anna Maria PANFILI
Osservatorio del Diritto di Famiglia
Intervento al dibattito della quarta sessione
Grazie ancora di questo convegno perché è stata una occasione preziosissima di apprendimento e di confronto ed ho imparato tantissime cose: le figure diverse che hanno parlato sono state tutte preziosissime per la nostra formazione.
Faccio proprio due riflessioni velocissime, una generale sulla riforma perché per mia indole cerco sempre di vedere le parti buone delle riforme, visto che come operatori del diritto comunque dobbiamo poi metterci in campo per utilizzarle. Io credo che di questa riforma mi ha molto colpito il commento sulla privatizzazione: e devo dire che ho fatto un una riflessione, perché in effetti anch’io penso che i bambini non siano di proprietà dei genitori e che la comunità abbia il compito di proteggere e di garantire i loro diritti. Però devo dire che a me sembra che sia stata un po’ dimenticata, nella riflessione su questa riforma, la necessità di dare attuazione al principio di sussidiarietà, un principio importante nel nostro ordinamento, nella Costituzione, nelle leggi sui servizi sociali, nell’articolo 31 che è stato anche nominato in questi due giorni, nella stessa legge sull’adozione dove si conferma molto la necessità di utilizzare tutti gli strumenti per il recupero delle funzioni genitoriali. E l’utilizzo di queste figure aggiuntive, come il curatore speciale, il mediatore familiare, il coordinatore a me sembra rientrino in una logica generale di restituzione anche un po’ alla famiglia, ai genitori del compito di svolgere quello che la sussidiarietà suggerisce: la cura della persona in relazione di prossimità. Chi è più vicino alla persona meglio può occuparsene, chi è più vicino al minore meglio può occuparsene. Tutti questi strumenti, se visti nella logica della sussidiarietà, quindi di uno stato che agevola l’adempimento dei compiti della famiglia, possono veramente dare dei grandi risultati. Certo si tratta di creare un lavoro di rete, di collaborazione: è stato molto importante quello che ha detto la collega Cesaro sul tema della formazione. Credo che noi avvocati, per primi, dobbiamo essere responsabili della delicatezza quando svolgiamo un compito da curatore. Molti di noi non hanno mai avuto la capacità e lo strumento giusto per ascoltare i minori dei quali sono nominati curatori. Magari hanno ascoltato i propri figli, o i figli degli amici e dei parenti, ma non è la stessa cosa. Quindi accettiamo questi compiti, ma abbiamo bisogno di relatori e qui c’è sempre un giudice. Anche su questo fatto della privatizzazione ci ho riflettuto, ma non mi sembra che sia una grave lacuna: perché c’è sempre un giudice al quale ci rivolgiamo in tutti i momenti. Persino la mediazione finisce comunque con un provvedimento che alla fine è controllato da un giudice o nel caso di negoziazione assistita dal Pubblico ministero.
Io capisco la diversità tra tribunali minori e tribunale ordinario: colgo le complessità di cui ha parlato la dott.ssa Maggia, però non dimentichiamo che il rito è parte della tutela dei diritti. Cioè il fatto che io finisca un’udienza e sappia che avrò un’udienza successiva, l’accesso al ricorso che ha introdotto il procedimento,
è difesa: e la difesa dei genitori è anche difesa dei minori. Ci deve essere la responsabilità e la formazione degli operatori di collegare le relazioni familiari, di non tenere a compartimenti stagni le figure che compongono la famiglia.
Io penso che anche il ruolo del curatore sia importante se è svolto bene. Certamente ci stanno dando dei compiti delicati, se un bambino non va a scuola io come responsabile sostanziale e sostituto del genitore, lo porto di peso? Potrei farlo con mio figlio ma certo non lo posso fare con un minore di cui sono curatore.
Quindi tutte queste tematiche vanno affrontate in una formazione interdisciplinare.
Non escluderei anche la possibilità, che forse nella prassi uscirà fuori, che il difensore tecnico del minore sia figura diversa dal curatore, che lo rappresenta in modo sostanziale perché a volte p un pedagogista o uno psicologo che rappresenta il minore. Potrebbe essere una figura che si affianca al difensore tecnico, mentre oggi facciamo coincidere le figure nominando un avvocato che faccia sia il rappresentante che il difensore tecnico. Chissà che questo non sia un aspetto per il futuro e cosa la prassi possa sviluppare.
Credo molto nella formazione e nei confronti come questo quindi se periodicamente ci saranno dei confronti interdisciplinari ve ne saremo grati perché avremmo veramente bisogno di questo.