Intervento alla quarta sessione
L’impatto sulla tutela dei diritti

Claudio COTTATELLUCCI
giudice Tribunale di Roma, direttore rivista ‘Minori Giustizia’

Risposta alle domande

Io parto col vantaggio di aver ascoltato gli interventi di ieri e quindi in un certo senso di aver meglio compreso quali sono i punti di differenza di un confronto che mi sembra molto utile: perché mi vado convincendo che il lavoro della famiglia e il lavoro dei minori hanno sicuramente dei punti di contatto ma anche dei punti di divergenza con significativi elementi dal punto di vista del contenuto della tutela.

Ho bisogno di fare una premessa storica.

Io credo che ci fosse nell’origine della giustizia minorile una sorta di doppia anima: se la debbo collocare in termini storici la colloco storicamente tra la riforma dell’adozione, chiamata adozione speciale, nel 1967 e la nuova legge sull’adozione adesso in vigore. In quei sedici anni si è fatto un lavoro, si è costruita una prospettiva che andava nel senso dell’eguaglianza dal punto di vista dei diritti, e quindi dell’avveramento del precetto del primo comma dell’articolo 3 della Costituzione, e nel senso della promozione dei diritti: si usava l’espressione del giudice come promotore dei diritti, conoscendo le condizioni di svantaggio, di emarginazione sociale in cui molti dei minori si trovano, che sono le condizioni più frequenti e più tipiche in cui interviene il Tribunale per i minorenni.
Perché non è vero che c’è il conflitto come ragione dell’intervento, non sempre, anzi in maniera molto ridotta: ci sono condizioni di pregiudizio senza alcun conflitto, perché i genitori colludono oppure ci sono condizioni di pregiudizio senza che neppure ci siano due genitori. Tutti i nuclei monogenitoriali o monoparentali non per questo non affrontano situazioni difficili: anzi a maggior ragione quando sono accompagnate da condizioni di emarginazione.

È come se la costituzione del tribunale per i minorenni avesse avuto due anime dal 1967 al 1983: una ha percorso la strada del riconoscimento dell’eguaglianza dei diritti e l’altra della promozione dei diritti.
Uno è il primo comma, l’altro il secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione.
Anche questa seconda anima non poteva fare a meno del sistema di welfare, perché i diritti non sono solo i diritti dentro la famiglia ma sono diritti che si avverano nella scuola, e ieri giustamente è stato messo in evidenza il livello di abbandono scolastico di questo Paese, si avverano nell’ingresso al lavoro, si avverano nella formazione. C’è un reticolo di diritti che è intorno al diritto dei minori.
Facendo una semplificazione: io direi che, mentre sul primo la progressione è netta sul secondo è netto il declino. Questo il problema fondamentale di cui non si parla: del fatto che se pure andiamo a riconoscere l’eguaglianza formale, dell’eguaglianza sostanziale sembra che non ci preoccupiamo più.
Questo è il tema vero: e questo si legge tra le righe di una legge che tace completamente sul problema del welfare, o cita i servizi sociali solo per dire cose un po’ovvie (perché distinguere le opinioni dai fatti sappiamo farlo per il nostro lavoro) ma per il resto non tenta di promuovere nulla dal punto di vista dei diritti. È chiaro quindi che c’è uno squilibrio strutturale
Ecco perché io non mi trovo d’accordo sull’impostazione della legge: perché mi sembra che ci sia un silenzio
eloquente su questa questione. Tant’è vero che, anche dal punto di vista semantico, la parola sicurezza ormai non la usiamo più legata alla sicurezza sociale come sistema di benessere sociale. Ieri ho sentito le parole della professoressa Manoukian, che mi sono piaciute molto, che ha detto che i servizi producono immaterialità: il loro compito è allestire i contesti in cui i diritti sono assicurati. Ma questo è il nodo dell’assenza che si trova in questa riforma: c’era stato un tentativo del legislatore (questo a proposito del fatto che poteva essere materia che in qualche modo doveva entrare nella riforma) nella scrittura dei decreti legislativi di attuazione della legge del 2012 con la Commissione Bianca che ha lavorato su questo punto: il tentativo era di prevedere una norma che desse al giudice un potere d’impulso/controllo sull’intervento che andava qualificato. Perché c’è una questione alloggiativa, ci può essere una questione legata al disagio individuale, alla dipendenza dalle sostanze o ai disturbi mentali, cioè c’è una costellazione di questioni Perché le questioni che vengono affronta dal Tribunale per i minorenni hanno tutte ragioni plurifattoriali.
Non c’è solo un problema: c’è un combinato disposto di questioni che produce uno svantaggio cumulativo. E se non si lavora su quello si ratifica l’esistente. Che sarà anche la cosa più veloce E più comoda, ma non avvera il principio dell’articolo 3 comma secondo della Costituzione. Lì c’era uno spunto, che poi è caduto. che non è stato ripreso: oggi non c’è niente in questo testo che faccia immaginare un giudice che faccia immaginare un giudice capace di promuovere i diritti. Questo sarà un giudice che fotografa quello che c’è, cioè lo svantaggio cumulativo. Si dice: sì ma il nostro è un Paese a macchia di leopardo, siamo in una situazione in cui si c’è disinvestimento dal welfare da venti/trent’anni, e allora mettiamo in moto qualcos’altro. Ma possiamo pensare che le figure in immaginate la riforma siano figure che sostituiscono il welfare che non c’è? Hanno poteri di spesa, possono ordinare qualcosa a qualcuno? Se va bene lavorano volontariamente e non costano e non è neanche giusto peraltro, ma sicuramente non sono promotori di diritti, nel senso che non hanno poteri di spesa. Quindi mi sembra ci sia un’incongruenza di sistema perché l’archetipo di tutto il sistema, di tutto il progetto, è che vada neutralizzato il conflitto come fonte di pregiudizio, ma ripeto non è sempre vero che così sia.
Questo è il motivo del mio dissenso dall’impostazione ed è il motivo per cui la parola privatizzazione è molto appropriata. Sul tema della promozione dei diritti non c’è niente: si immagina una delega a una serie di soggetti che potranno solo riferire dell’impossibilità di agire.

Probabilmente è il risultato di un disarmo culturale: ci siamo abituati al declino del welfare. Allora diciamolo che il sistema di protezione non funzionerà e che ci saranno più diseguaglianze: però c’è una resa culturale che va detta perché altrimenti qui ci raccontiamo delle cose che sono degli alibi. E mi colpisce che nella semantica la parola sicurezza oggi non è più sicurezza e benessere sociale ma sicurezza pubblica. Noi abbiamo logiche securitaria che stanno invadendo il sistema: basta vedere il trattamento che viene riservato ai minori stranieri non accompagnati quando vengono coinvolti in qualche fatto che comporta la violazione di norme penali.  Questa è l’aria che si respira e quest’aria ha un po’ inquinato anche questa riforma.

Ho svolto questa premessa sull’antefatto insomma capisco perché credo che dobbiamo pensare storicamente quello che sta accadendo, se no rischiamo di vedere la dimensione micro e di non vedere la dimensione macro che forma e deforma tutto.

Seconda questione: sono diversi i punti di critica.

Questo progetto esprime un modo di conoscenza diffuso: uso questa espressione prendendola a prestito dal filosofo francese Edgar Morel che sa dire con rara sintesi quello che ho pensato leggendo questo disegno di riforma. Parla di quello che lui definisce “la dissoluzione della complessità” e dice: “così isolando o frammentando i suoi oggetti, questo modo di conoscenza cancella non solo il loro contesto ma anche la loro singolarità, la loro località, la loro temporalità, il loro essere e la loro esistenza. Esso tende a spolpare il mondo”.

Ecco a me sembra che questa operazione di vivisezione delle tutele sia molto forte qui e la trovo nella costruzione di una serie di linee di frattura nel sistema di tutela che sono esattamente il contrario dell’impianto del tribunale per i minorenni. Voglio ricordare una cosa: Il Tribunale per i minorenni nasce come tribunale a funzioni unitarie penali e civili, nasce con me impegno di funzioni promiscue per i giudici togati e quindi questa è anche una regola di conoscenza e di approccio ai problemi. Nasce inoltre con delle norme molto particolari, una per tutte l’articolo 32 comma quarto del DPR 448 del 1988: non c’è giudice penale nel nostro sistema che possa emettere provvedimenti civili che io sappia o ricordi. L’unico che può farlo è il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale per i Minorenni. Ma se il giudice in udienza preliminare nel penale può emettere provvedimenti civili, che poi dovranno essere ripresi e perfezionati, vuol dire che c’è una concezione unitaria della tutela nel caso del minore che pure commette reati.

Qui invece c’è la frammentazione.
Questo progetto, questa riforma è il prodotto di linee di frammentazione che non si ricompongono nell’impugnazioni: questo poi é l’altro problema su cui credo non ci troviamo d’accordo. Perché l’impugnazione lavora su una base cognitiva prodotta, mentre il primo provvedimento produce conoscenza, o meglio è preceduto da una produzione di conoscenza, quello è questo che ci si auspica avvenga.  Ecco perché
secondo me pure la moltiplicazione delle impugnazioni non ricompone quello che è scomposto.
La linea di frattura più seria, più consistente, quella che metterei al primo posto in un elenco delle questioni che non vanno bene, è questa distinzione tra la responsabilità genitoriale e l’adottabilità. E’ una distinzione che devo dire nella prassi dei tribunali per i minorenni concettualmente non si coglie perché chi lavora bene lavora sul continuum in due direzioni: perché si va in una direzione quando i progetti di recupero non funzionano o quando si aggravano i fattori di rischio, ma si va anche nella direzione opposta quando si può chiudere con una dichiarazione di non luogo a provvedere sull’adottabilità e tuttavia permangono motivi di responsabilità genitoriale. Concettualmente non c’è distinzione, l’oggetto è lo stesso: allora pensare che se ne occupi un giudice monocratico, che sta al circondariale (poi dovremo vedere i dimensionamenti dei circondariali, perché non ho capito quante persone e quante risorse potranno essere esclusive sul circondariale) vi è poi il problema se il transito alla procedura di accertamento di stato di abbandono sia decisa dal giudice circondariale o sia promossa dal Pubblico ministero in un secondo momento. Ma soprattutto qui c’è una scomposizione di quello che invece era pensato proprio unitariamente: qui c’è una scomposizione della tutela dentro il civile addirittura, non tra il civile e il penale ma proprio dentro il civile, una scomposizione di due cose che non sono distinte. La questione è che si ragiona per oggetti, dove gli oggetti sono i procedimenti e non si ragiona per soggetti.
Questo è proprio il vizio di impianto della riforma.
Questo vizio di impianto poi produce a cascata tutti questi problemi. Dopodiché probabilmente ogni
procedimento potrà avere la sua regolarità formale nell’esecuzione dei tempi, ma questo non vuol dire che c’è un innalzamento della tutela: ecco perché io credo che questo è uno dei vulnus più forti, ed è un vulnus difficile da sanare se non modificando il testo.
Questo è un punto credo di dissenso decisivo: la frammentazione è il prodotto di un pensiero frammentato. Bisogna capire questo: si pensano frammentate le cose perché si rappresenta la realtà in maniera frammentata.
Vi dico anche una ulteriore cosa: le persone che vengono convocate davanti ai tribunali per i minorenni hanno una loro esperienza frammentata e dissociata rispetto a tante vicende. Molto spesso la funzione giudiziaria, anche per il portato rituale simbolico che ha con sé, quando funziona bene, è una funzione di ricomposizione dei frammenti. Noi invece daremo prova, una volta convocando in un luogo, una volta convocando in un altro luogo, una volta convocando davanti a un giudice, una volta convocando davanti ad altri giudici, che rispecchiano perfettamente la dissociazione di cui i soggetti sono spesso vittime. Mi sembra un gioco degli specchi che restituisce ai soggetti gli stessi elementi di debolezza di cui sono prigionieri.
Ecco perché il primo punto di dissenso sostanziale riguarda la frammentazione tra la responsabilità genitoriale e una procedura di accertamento di stato di abbandono.

Un cenno solo sui sistemi informatici.

Sarebbe interessante avere una rappresentazione di quello che accade non per oggetti ma per soggetti.
Cioè sarebbe interessante provare a riorganizzare la conoscenza a partire dallo stesso soggetto che in momenti diversi incontra la giurisdizione: perché probabilmente, mettendo un paio di occhiali diversi, vedremo cose diverse come succede sempre per quello che è il circuito epistemologico.

Risposta alle domande

Riprendo una domanda fatta prima: ossia che sarebbe inquinato il processo decisionale dell’organo collegiale con la presenza dei giudici onorari. È una tesi interessante, secondo me, perché la dice lunga su chi la propone, cioè su un riflesso di paura nel confrontarsi con competenze che non sono quelle di provenienza giuridica. Perché si ha tanta paura o perché si pensa di colmare il divario di specializzazione studiando e muovendosi da territori del tutto diversi, perché non credo che nessuno si riesca a improvvisare neuropsichiatra essendo laureato in giurisprudenza.
Concludo, però, invitando a rileggere Grande Camera Cedu, Paradiso Campanelli contro Italia. La vicenda la la conosciamo benissimo perché è stata molto travagliata: leggete il paragrafo 212, presidente Guido Raimondi, che dice: “per quanto riguarda l’idea che non sarebbe stato consultato alcun perito la Corte osserva che il TM ha preso in esame il rapporto redatto da una psicologa, prodotto dai ricorrenti, senza tuttavia aderire alle conclusioni di cui al rapporto in questione, secondo la quale la separazione dei ricorrenti avrebbe avuto conseguenze devastanti per il minore. A questo proposito la Corte attribuisce una certa importanza alla osservazione del Governo secondo la quale il Tribunale per i minorenni è composto da due magistrati togati e due onorari.

Gli altri interventi

Saluti

Prima sessione
L’impatto della riforma sull’organizzazione degli uffici giudiziari

Seconda sessione
I soggetti processuali alla prova del nuovo rito

Terza Sessione
Csm e Ministero: quali interventi per attuare la riforma?

Quarta sessione
L’impatto sulla tutela dei diritti

Interventi al dibattito

Conclusioni