Csm e Ministero: quali interventi per attuare la riforma?
Antonello COSENTINO
magistrato, componente Consiglio Superiore della Magistratura
Desidero ringraziare AreaDG per questo convegno che mi sembra veramente di grande interesse anche a giudicare dall’ampiezza della presenza anche in remoto e che intercetta un tema che sta in questo momento coinvolgendo larghi settori della magistratura, dell'avvocatura e dell'opinione pubblica.
Questo convegno intercetta un tema che è sicuramente un tema centrale nella vita dei cittadini e quindi è sicuramente necessario un momento di riflessione libero, aperto, su un passaggio di riforma così nodale come questo.
Un passaggio di riforma legislativa che peraltro si iscrive in un contesto di riforme molto ampie, che sta attraversando l'intero sistema della giustizia e che impone una particolare attenzione nell'affrontare una riflessione complessiva sul ruolo che in questo momento svolge l'amministrazione della giustizia all'interno del sistema Paese, all'interno dei suoi equilibri sociali e all'interno delle crisi che in questo momento stiamo attraversando.
Indubbiamente il ruolo dell'autogoverno della magistratura è un ruolo cruciale perché si tratta di gestire in qualche misura la concreta attuazione di questo ciclo riformatore dall'alto.
Il mio ruolo in questo momento vuole essere solo quello di fare un'introduzione ai temi.
Vi dico subito che non c'è ancora stata una elaborazione consiliare definita su queste questioni e in particolare sul governo dei processi legati all'attuazione della riforma Cartabia in materia di famiglia: ciò in quanto il Consiglio si è insediato da poche settimane ed è ancora in una fase non tanto di rodaggio ma quanto di approfondimento e di esame dei singoli dossier che di volta in volta arrivano alla nostra attenzione secondo le urgenze, che come potete immaginare si accavallano.
Su questo tema ci sono state delle interlocuzioni tra i singoli consiglieri e tra le varie commissioni consiliari ma ancora non c'è un pensiero definito. Le cose che dirò, oltre a coordinare il dibattito, le dirò quindi a titolo personale.
Io credo che il tema che questa riforma pone all'autogoverno della magistratura si debba declinare in qualche misura su tre versanti distinti:
- un tema legato alla formazione dei magistrati,
- un tema legato alla elaborazione culturale all'interno e all'esterno della magistratura
- un tema legato ai meccanismi organizzativi degli uffici
A) Formazione dei magistrati
Da un lato c'è proprio la obiettiva necessità di diffondere la conoscenza delle nuove regole processuali. Ogni riforma comporta un costo in termini di tempo di studio e di riflessione. In altri contesti e in altri momenti si è spesso evocata l'idea di chiedere al legislatore di non toccare troppo le materie processuali perché in fondo i modelli processuali trovano sempre in qualche misura un loro aggiustamento e un loro assestamento: una eccessiva ed incessante opera di modifica delle regole finisce con il chiedere un costo molto alto di tempo e di risorse. Adesso questa riforma c’è, è una riforma di struttura, è una riforma molto importante: io credo che sarà necessario uno sforzo da parte del sistema dell’autogoverno e da parte della Scuola superiore della magistratura, che con il Consiglio dovrà in qualche misura coordinarsi e raccordarsi, per favorire la formazione dei colleghi.
Al contempo c'è la necessità di un'opera di supporto specificamente legata ad una delle innovazioni principali, forse dal punto di vista ordinamentale la principale innovazione di questa riforma, cioè la creazione sostanzialmente di una rete di magistrati che operano sul territorio in dimensioni circondariali e quindi da soli, senza l'ausilio, l'assistenza e il conforto del collegio in una onerosa dimensione monocratica, spesso in realtà piccole dove poi non è possibile nemmeno avere uno scambio di idee e il conforto dell'opinione del compagno di collegio, del compagno di stanza. E quindi rispetto a questo tipo di specifica esigenza, introdotta dalla creazione delle 140 sezioni circondariali del tribunale delle persone e delle famiglie (quando sarà istituito l'anno prossimo) fin da ora io penso si debba cominciare a immaginare una qualche forma di supporto, di rete, di creazione di meccanismi di messa in comune idee delle conoscenze, degli orientamenti giurisprudenziali, delle valutazioni, proprio per non lasciare soli quei colleghi che si dovranno misurare in realtà piccole con tematiche difficili. Io credo che questo sia uno dei possibili riflessi ordinamentali e quindi organizzativi della struttura che è stata data pensata per il nuovo tribunale articolato nella sezione distrettuale e in quelle circondariali.
Una interlocuzione forte con la Scuola quindi, in cui il Consiglio in qualche misura enunci abbastanza rapidamente e abbastanza chiaramente quali sono gli obiettivi da raggiungere. E’ un percorso da costruire, sentiremo la scuola che tipo di esperienze e di progetti può mettere in campo: potrebbero essere coinvolte anche agenzie formative diverse in un quadro di collaborazione.
B) elaborazione culturale all'interno e all'esterno della magistratura
Per quanto invece riguarda il versante più strettamente culturale, cioè al di là della dimensione strettamente formativa credo che ci troviamo di fronte ad un passaggio che in qualche misura rimette in discussione un po' una serie di archetipi e di consolidati orientamenti culturali che hanno indirizzato l’attività dei magistrati minori e dei magistrati che si sono occupati di famiglia nei tribunali ordinari. In queste loro diverse funzioni, con il vissuto del proprio mestiere e del contenzioso tipico che veniva portato diciamo alla loro attenzione, hanno interpretato in maniera diversa il ruolo del giudice ruolo, da un lato un modello di protezione del minore e dall’altro un modello di integrazione tra gli adulti e i minori. Su questi diversi piani di approccio sarà necessaria un'opera culturale di tendenziale omogeneizzazione, di rimessa in discussione di questi sedimenti culturali: operazione che dovrà essere fatta, a mio avviso, non solo dalla magistratura ma anche da tutti coloro che si occupano di questi temi, in una interazione che io credo sia importante con l'avvocatura e con l'Accademia. Credo che quindi si possa in qualche modo utilizzare il momento di riflessione, che indubbiamente tutti andremo a fare su questa riforma, anche come un'occasione di rilancio e un volano per far ripartire la dinamica degli osservatori: luogo di costante e proficua condivisione di scelte metodologiche e di temi tra l'avvocatura e la magistratura. Questo è un tema che è già stato evocato nelle relazioni precedenti: penso che nessuno degli attori della giustizia possa pensare di gestire la riforma Cartabia in materia di famiglia da solo. Dobbiamo andare verso una forte integrazione dei modelli culturali tra avvocatura, magistratura e anche accademia. Una circolarità che poi alla fine rifluirà inevitabilmente nella formazione di orientamenti il più possibile condivisi o anche quando non condivisi criticamente accettati.
C) Organizzazione degli uffici
Il terzo versante dell'impegno Consiliare è sul versante organizzativo: da un lato abbiamo la necessità di aprire un confronto molto serrato con il ministero per quanto riguarda la dotazione degli organici di questi uffici che si andranno a creare con l’istituendo TPMF che prevede sezioni distrettuali e circondariali che dovranno essere dotate di personale. Bisognerà capire quanta parte di questo personale potrà essere attinto dagli uffici che già esistono, contando sulle minori sopravvenienze che i Tribunali ordinari avranno da questo passaggio e quanta parte invece dovrà essere acquisita attraverso un ampliamento degli organici: perché su questo noi non possiamo non considerare che una parte importante degli uffici italiani e dei tribunali italiani sono uffici piccole dimensioni, in cui non c'è una sezione famiglia e magari non c'è nemmeno un giudice che fa solo famiglia. Andare poi a stabilire di quanto possano essere alleggeriti gli organici dei tribunali ordinari per trasferire risorse umane alle sezioni distrettuali e alle sezioni circondariali del nuovo TPMF sarà oggetto di una valutazione molto complessa, che dovrà essere condotta dal ministero ma su cui il CSM dovrà essere un interlocutore attrezzato e consapevole, capace anche di incidere sulle scelte attraverso un esame approfondito dei dati e dei flussi e delle effettive criticità.
L’altro versante organizzativo è quello delle prassi: io non credo che il Consiglio possa partire, come è stato fatto in altre materie, con la enunciazione di linee-guida o di criteri organizzativi omogenei senza aver prima ha fatto una ricognizione attenta di quello che succede negli uffici. Però una ricognizione attenta a mio avviso va fatta: effettivamente sarebbe probabilmente opportuno iniziare un monitoraggio per vedere come gli uffici affrontano i temi e le criticità della riforma, di cui si sta parlando in questo convegno sotto i più vari aspetti, creare una sorta di banca dati di best practices o anche comunque semplicemente una ricognizione di prassi per vedere come gli uffici si stanno muovendo e come intendono muoversi. All'esito di questa analisi eventualmente si dovrà valutare la opportunità di indicare dei modelli più o meno preferenziali su temi che lo richiedano, cioè che abbiano una ricaduta organizzativa: penso alle modalità di ascolto del minore, alla gestione della consulenza tecnica, ad aspetti cioè che possono essere valutati come oggetto di intervento di carattere ordinamentale.
Io penso che se il Consiglio riuscirà a muoversi su questi tre versanti potrà dare un proprio contributo alla migliore gestione di questa riforma che comunque deve essere naturalmente sostenuta in maniera leale e operativa da parte di tutti gli operatori.
Conclusione della sessione
Conclusione della sessione
Volevo solo salutarvi ma volevo anche richiamare alcune questioni che ha sottolineato il presidente Micela e che mi hanno colpito. Ho trovato molto interessante il riferimento al problema della gestione dei ruoli, ruolo vecchio e ruolo nuovo: è un tema che richiama direttamente la responsabilità consiliare e richiama il problema della gestione dei ruoli e di cui si è occupata tutta una letteratura relativa all’organizzazione degli uffici giudiziari e alla gestione dei flussi.
È un tema su cui si dovrà esercitare il consiglio e in particolare la settima Commissione del Consiglio in sede di esame delle proposte e dei progetti tabellari degli uffici. È un tema che in realtà si pone dappertutto, negli uffici penali, in Cassazione: ossia la scelta tra il gestire più o meno tutto cercando di evitare l'eccessivo differimento della decisione dei processi più antichi e la necessità di trattare i nuovi. Il punto di equilibrio tra questi due sedimenti dell'attività giurisdizionale è una scelta molto delicata e molto difficile su cui mi sembra che già la sensibilità degli uffici si sia molto esercitata e su cui dovrà esercitarsi anche la sensibilità del Consiglio.
L’altro aspetto che volevo rimarcare è l'appassionata critica che il Presidente ha fatto della riforma sul versante giustizia minorile a fronte invece di una adesione alla riforma sul versante della giustizia di famiglia.
Mi sembra la dimostrazione plastica della necessità di attivare un circuito culturale che coinvolga magistrati, avvocati e studiosi della materia per arrivare al punto che la cultura della giustizia del diritto della famiglia e la cultura della giustizia del minore in qualche modo si fondano e riescano a ricostruire un tessuto in cui tutti ci si possa riconoscere.
Con questo credo che si possa chiudere la serata di oggi, vi saluto e purtroppo stasera devo rientrare ma resto con voi col cuore.