Intervento alla seconda sessione
I soggetti processuali alla prova del nuovo rito

Cesare CASTELLANI
professore a contratto Università di Torino
già presidente Sezione Famiglia Tribunale di Torino

Ringrazio, anzitutto, AreaDG per l'invito a questo importante Convegno, in particolare il Presidente Luca Villa, il quale mi ha precisato che la mia partecipazione, dato che da oltre un anno sono “a riposo”, secondo il termine della normativa previdenziale, è collegata con qualche attività in diritto di famiglia svolta presso l'Università di Torino.
Naturalmente, per aver esercitato per oltre 25 anni le funzioni di giudice minorile e della famiglia, l’eredità di una così lunga esperienza è decisamente ingombrante e quindi non so in che misura riuscirò ad essere fedele alla missione che mi è stata attribuita.
Cercherò di evitare le ripetizioni, visto che la relazione del Presidente Rossetti mi ha sottratto, ovviamente senza colpa, una parte degli argomenti che intendevo sviluppare.

1. Il rito unificato

Partecipo alla Tavola rotonda portando qualche riflessione sul quesito insito nel titolo del Convegno, ovvero sulla compatibilità tra i contenuti della Riforma del processo civile (D. Lgs. 149/2022) e la tutela dei soggetti vulnerabili in ambito familiare, anzitutto i figli minori.
Dico subito che la risposta a tale quesito, in questo momento, non appare ancora possibile, in presenza di troppe sfaccettature, troppe norme da considerare, troppi aspetti, sostanziali e processuali, che dobbiamo ancora valutare come in concreto andranno a regime e funzioneranno nella prassi degli uffici giudiziari.
Mi limito quindi, visto anche il tempo concesso, ad una carrellata sulle novità principali, accompagnata da quale commento o indicazione, in vista di una prima sintesi.

La previsione di un rito unico va accolta senz’altro positivamente, posto che in passato ve n’erano diversi, con tutti i rischi per le parti di pronunce di inammissibilità o incompetenza e connessi ritardi per attivare il procedimento corretto.
Il rito unico dovrebbe portare con sé indubbi vantaggi e chi ha lavorato nel settore famiglia, come avvocato o come magistrato, ha sempre patito la presenza di una pluralità eccessiva di riti. Non so se ricordate quel famoso “Codice della Giustizia minorile” di Germanò e Scarcella, edito da Giuffrè negli anni ‘90, dove era inserita una tabella con l’elenco di tutte le varie competenze; andavamo spesso a consultarla e ne erano indicate più di una trentina.

La semplificazione procedimentale eviterà, come detto, tutte le problematiche dell’inammissibilità, dell'incompetenza e conflitti di competenza, con i connessi ritardi a carico delle parti per giungere a individuare il percorso processuale corretto.
Peraltro, l’unificazione è solo parziale, restandone fuori, con applicazione delle norme precedenti, i procedimenti in materia di abbandono e adozione e gli altri indicati dall’art. 473-bis c.p.c.
Il nuovo rito, con un compromesso tra estensione del contraddittorio e semplificazione in vista di una maggior celerità, si colloca, a grandi linee, ad un punto intermedio tra quello ordinario e quello camerale previsto dai procedimenti di modifica delle condizioni (art. 710 c.p.c.).

La Riforma si presenta altresì condivisibile laddove mira a realizzare il principio costituzionale di uguaglianza di tutti i figli, quale sia il modello di famiglia prescelto dai genitori (matrimonio o coppia di fatto); è noto come i rimedi processuali a disposizione delle parti finiscano per incidere sulla concreta realizzazione dei diritti sul piano sostanziale e quindi, in ultima analisi, sui diritti stessi.
Sono qui da segnalare un significativo rafforzamento del diritto di difesa e del contraddittorio.
Allo stesso tempo si registra, tuttavia, un ampliamento dei poteri ufficiosi del giudice, laddove vengono in discussione diritti indisponibili; è vero che analoghi principi erano già stati elaborati dalla giurisprudenza, ma l’aver introdotto norme esplicite sul punto – mi riferisco all’art. 473-bis.2 c.p.c. - contribuisce certamente a una maggiore chiarezza.

L’impressione, a una prima lettura, è che i profili garantistici in alcuni passaggi processuali siano persino eccessivi: mi sono venuti in mente i molti procedimenti di modifica delle condizioni, cause in cui le coppie non riescono a mettersi d'accordo su aspetti secondari (vedi l'introduzione del pernottamento del bambino ancora piccolo, oppure richieste del genitore non collocatario di estendere i giorni di visita nel weekend, per fare qualche esempio). Mi domando se fosse necessario per procedimenti così semplici tutto questo “apparato”, lo scambio articolato di atti difensivi, il ricorso alla sentenza per definire il giudizio.
A mio parere non lo era e nelle mailing list dei giudici della famiglia molti hanno già prospettato la possibilità di reintrodurre un rito semplificato (sul modello del “rito sommario”), da utilizzare eventualmente a richiesta di parte, attraverso una conversione del rito, qualora vi sia un’istanza motivata in tal senso.

Vediamo ora più in particolare le previsioni per i due uffici più importanti: Tribunale per i minorenni e Tribunale Ordinario, con una premessa che vale per entrambi.
Mi pare si debba tener conto che ogni modificazione che comporta un contenimento dei tempi processuali sia potenzialmente vantaggiosa anche dal punto di vista della tutela dei minori e degli altri soggetti vulnerabili.
Costituisce, infatti, una criticità “storica” della giustizia familiare quella dello “scarto” fra i tempi del processo e i “tempi del minore”; un deficit rappresentato dell’impossibilità, in molti casi, da parte del sistema giudiziario di garantire un allineamento (una sinergia) tra i legami affettivi attuali delle persone e il loro assetto giuridico o regole di gestione del minore compatibili con le sue esigenze di cura e assistenza in un determinato momento della vita.
Comprendo che a una tale considerazione si sottraggono le procedure con aspetti marcatamente “trattamentali”, ad esempio quelle in cui si dispone l’allontanamento del minore dalla famiglia, vengono emanate prescrizioni ai genitori, si prevedono affidamenti temporanei a terzi o comunità.
Ma, in generale, tutto ciò che opera in direzione di una riduzione dei tempi processuali a mio avviso deve avere una valutazione positiva.

2. Il rito unificato al Tribunale Ordinario

Rispetto alle cause di separazione e divorzio viene meno la fase presidenziale: sarà il giudice relatore, designato dal presidente di sezione, a gestire la prima udienza, a tentare la conciliazione tra le parti e ad assumere provvedimenti temporanei ed urgenti a tutela dei figli o di uno dei coniugi (artt. 473-bis.21 – 473-bis.22 c.p.c.).
Ci sono sicuramente dei pro e dei contro: da un lato si risparmierà parecchio in termini di tempo, soprattutto per un certo “vuoto” che si verificava tra l’ordinanza presidenziale e la prima udienza del giudice istruttore, un tempo variabile da ufficio a ufficio, che poteva andare da due/tre mesi sino anche, negli uffici più oberati, a dieci mesi o giù di lì. Il prezzo da pagare probabilmente sarà una minore uniformità delle decisioni, che non è una cosa da poco. Il punto più nevralgico le decisioni sugli aspetti economici: ci saranno degli orientamenti all'interno delle sezioni famiglia più variegati (pensiamo al tema molto complesso dalla quantificazione dell'assegno divorzile a seguito delle pronunce più recenti della Cassazione, che lo ha configurato in termini molto diversi dal passato).
Però su questo forse si può rimediare con riunioni d' ufficio per elaborare criteri decisionali comuni.

 La riforma dedica molto spazio – e questo è un dato che secondo me dobbiamo valutare con attenzione – ai provvedimenti urgenti; ne ho contati almeno sette (a parte le misure ex art. 403 c.c., i provvedimenti urgenti in materia di adottabilità e le misure amministrative in base alla legge istitutiva del Tribunale per i minorenni): In particolare:

  1. art. 473-bis.15 c.p.c., provvedimento che può essere emesso anche inaudita altera parte. Ci sono due filoni di pensiero sulla reclamabilità, a me convince di più l'orientamento in base al quale i provvedimenti non sarebbero reclamabili, ma verrebbero riassorbiti nel provvedimento di conferma, modifica o riforma che entro i quindici giorni dovrà essere pronunciato a seguito dell’udienza di comparizione delle parti.
  2. art. 473-bis.22 c.p.c., che ripropone gli attuali provvedimenti presidenziali (art. 708 c.p.c.).
  3. art. 473-bis.24 c.p.c., che riguarda i provvedimenti urgenti emessi in corso di causa: questi reclamabili qualora comportino delle modificazioni sostanziali rispetto alla situazione precedente.
  4. art. 473-bis.61 c.p.c. in materia di ordini di protezione; da notare che possono essere pronunciati inaudita altera parte.
  5. art. 473-bis.46 c.p.c., che attiene alle situazioni di violenza domestica o di genere; anche in questo caso c’è una chiara indicazione a intervenire in modo celere.
  6. art. 473-bis.6 c.p.c.: provvedimenti sulla bigenitorialità, finalizzati al superamento di atteggiamenti ostativi rispetto al principio di bigenitorialità. È vero che la norma parla solo della necessità di un ascolto del minore e di una rapida assunzione informazioni, ma ritengo che tali attività non possano che preludere all' emissione di un provvedimento che sarà pronunciato ai sensi degli artt. 473-bis.15 o 473-bis.24 c.p.c., a seconda del momento in cui la questione si pone, anche qui in via di urgenza.

 

Quale è il senso della Riforma, quali ideologie l’hanno ispirata?
Oggi abbiamo ascoltato, nelle relazioni precedenti, prese di posizione abbastanza distanti: una più legata a un'evoluzione sul piano tecnico-giuridico e dogmatico; l'altra invece ha delineato una deliberata riduzione delle possibilità di intervento pubblico sulle dinamiche familiari e, in particolare, sulle famiglie “a rischio”.

Quale che sia l’analisi più corretta, a mio avviso questa estensione dei provvedimenti a vario livello “urgenti” non può che significare che l’esigenza che da parte dei tribunali siano da subito affrontate le maggiori criticità o patologie nel funzionamento dei legami familiari, in particolare per la tutela dei soggetti più vulnerabili.

Un altro punto qualificante della Riforma è rappresentato dalla regola della generale reclamabilità contro i provvedimenti temporanei emessi alla prima udienza, nonché quelli adottati in corso di causa purché – vedi art. 474-bis.24 c.p.c. –, introducano “limitazioni” o “sostanziali modifiche” rispetto alla responsabilità genitoriale o all’affidamento o collocazione dei minori, espressioni poco tecniche, che porranno certamente problemi in fase applicativa.
Trattasi di una novità che si presta a qualche preoccupazione, in termini di possibile ostacolo a una rapida definizione dei procedimenti. Infatti, non di rado, la parte nel processo ha interesse a ritardare una decisione che prevede esserle sfavorevole e la stessa potrà fare ricorso a questi mezzi di impugnazione in modo strumentale o eccessivo.
L’unico rimedio che intravedo potrà consistere in un’attenta regolamentazione delle spese processuali in fase di appello, in funzione dissuasiva rispetto ai gravami pretestuosi. Certo che se a questa reclamabilità diffusa si giunge con uffici giudiziari, quali quelli minorili, che non dispongono ancora una piattaforma digitale dedicata per gestire i fascicoli civili, il tutto rischia di compromettere seriamente il corso della giustizia, criticità ben rappresentata dall’immagine dei carrelli pieni di fascicoli cartacei che attraversano i corridoi dei tribunali, salgono ai gradi superiori per poi ridiscendere qualche mese dopo.

Nelle situazioni che riguardano violenza di genere o domestica i passi avanti, che sono stati richiesti anche di recente dalla Corte EDU, sono molto rilevanti nel contrasto alla vittimizzazione secondaria.
Un’intera Sezione apposita del codice di rito, con previsione di una corsia privilegiata, detta disposizioni sulla migrazione degli atti dal procedimento penale per reati di violenza familiare al procedimento civile e contiene una forte raccomandazione ad adottare gli opportuni provvedimenti urgenti.
Infine, evidenzio la possibilità di ammettere prove anche al di fuori dai limiti del codice civile (artt. 473-bis.2 e 42 comma uno c.p.c.), fatti salvi diritto contraddittorio e prova contraria. Una disciplina piuttosto “sostanzialistica”, probabilmente mutuata dalla giurisprudenza della Cassazione in tema di “prove atipiche”, che non eravamo abituati a leggere all’interno di un codice di procedura civile.

Poi vi sono le modifiche in materia di ascolto del minore. Le condizioni che impongono l’ascolto o consentono di derogarvi e le regole specifiche cui attenersi si trovano agli artt. 473-bis.4 e 5 c.p.c. [1].

Il nuovo quadro normativo non contempla rilevanti modificazioni sostanziali, ma l’opera di riordino, effettuata considerando essenzialmente il portato della giurisprudenza degli ultimi anni, non è di poco conto e accentua alcuni degli aspetti per una più piena tutela della personalità in formazione del minore e, al contempo, del rispetto del contraddittorio processuale [2]. In tal senso depongono l'ascolto “informato”, che traduce un principio presente nella Carta dell'Unione Europea, la necessità di tener conto delle opinioni espresse dal minore ai fini della decisione, non solo di acquisirle, e il divieto di “forzare” il minore, qualora la sua volontà sia nel senso di non rendere dichiarazioni.

Da segnalare, quindi:

  • la necessità che l’ascolto sia preceduto da informazioni sulla natura e il senso dell’atto;
  • l’esigenza che delle opinioni espresse dal minore si tenga debito conto;
  • come il minore non possa essere forzato nei casi in cui manifesti un rifiuto all’ascolto;
  • la previsione di modalità pratiche atte a non intralciare gli impegni scolastici e a favorire la spontaneità delle dichiarazioni.

Nutro invece qualche perplessità sulla disciplina per cui l’audizione andrebbe in ogni caso videoregistrata, che, peraltro, per entrare in vigore richiede adeguata strumentazione e norme amministrative ad hoc (art. 152 quater e quinquies disp. att. c.p.c.).
Va poi evidenziato come la Riforma dedichi al tema dell’ascolto altre norme, nel settore della violenza domestica e di genere – art. 473-bis.45 c.p.c.– e in quello avente ad oggetto il rifiuto del minore di incontrare il genitore o l’allegazione di comportamenti ostativi all’esercizio della bigenitorialità – art. 473-bis.6 c.p.c.

È stato conferito rilievo all’ascolto anche nella procedura di negoziazione assistita da avvocati, dove era stata evidenziata una chiara lacuna legislativa. Raccogliendo le perplessità emerse in dottrina, un certo correttivo è quindi stato attuato: si dispone ora che ove, secondo il pubblico ministero, l’accordo non sia conforme agli interessi del bambino, ovvero ove lo stesso organo ritenga sia opportuno procedere all’audizione, gli atti vengano trasmessi al presidente del tribunale, per vagliare quale sia la soluzione migliore nell’interesse del minore (così il modificato art. 6 comma 2 legge 162/2014) [3].
Qui prende avvio una procedura di non facile definizione; una procedura sui generis, in merito alla quale non vi sono norme che aiutino a comprendere quale ne sia la natura; propendo per un procedimento di volontaria giurisdizione, un residuo della normativa ante Riforma, che si continuerà ad applicare in assenza di modificazioni. Ritengo altresì – un punto oggetto di discussione sulle mailing list dei giudici della famiglia - che il presidente possa e debba sentire a quel punto il minore, poiché altrimenti non si capisce a che cosa sarebbe servita la trasmissione del fascicolo, se non, appunto, per colmare questo deficit di tutela, riconoscendo al presidente il potere di compiere l’atto.

Altri aspetti importanti sono il potenziamento del ruolo del Curatore speciale e l’introduzione del Curatore extra-processuale del minore.
A proposito del primo, in base all’art. 473-bis.8 c.p.c.  aumentano i casi di nomina obbligatoria e vi è la previsione di un conferimento di poteri di rappresentanza di tipo sostanziale, oltre che l’indicazione chiara a procedere da parte sua all’ascolto del minore.
La percezione, quanto al curatore all’esito del giudizio, ausiliario del giudice (art. 68 c.p.c.), è che tale figura, da nominare con i provvedimenti che incidono sulla responsabilità genitoriale, possa essere di riferimento una volta conclusosi il giudizio, per seguire le situazioni nelle quali la conflittualità tra le parti rimane alta, sicché, in vista dell’esecuzione concreta del “dispositivo” che definisce il giudizio, in situazioni di alta conflittualità, possa meglio garantirne l’attuazione.
Si intravede, inoltre, una nuova soluzione per riempire quella che è una sorta di “terra di nessuno” che si apre alla fine del giudizio, onde prevenire reiterati ricorsi all'autorità giudiziaria per la modifica delle condizioni o ex articolo 709 ter c.p.c.  (ora 473-bis.39 c.p.c.).

Nel perseguimento del benessere del minore rappresentato e difeso spetterà proprio al Curatore speciale, sino a quando alla fine del 2024 diverrà operativa la Riforma ordinamentale (soprattutto degli Uffici di Procura della Repubblica, con la confluenza nei relativi uffici dei Pubblici ministeri minorili), coltivare ed insistere nelle domande a protezione del minore e operare in funzione di  collegamento tra i Servizi sociosanitari del territorio, in qualche misura penalizzati dalla Riforma, e l’Autorità Giudiziaria.
Una funzione particolarmente delicata  nel momento in cui il procedimento di separazione, divorzio o affidamento dei figli non matrimoniali fosse maturo per la decisione, persistendo tuttavia una situazione di pregiudizio; oppure sostenere le ragioni dei figli minori  quando il giudizio sulla crisi familiare dovesse per ipotesi estinguersi per inattività delle parti, o, infine, in presenza di accordi tra le medesime nonostante permanga una situazione di pregiudizio a causa delle carenze personali o educative di uno o di entrambi i genitori (è l’esperienza ad insegnare come a volte siano prospettate soluzioni concordate – separazione consensuale, divorzio a domanda congiunta – proprio per “bypassare” interventi limitativi della responsabilità genitoriale da parte del Tribunale per i minorenni) [4].

La Riforma investe molto sulle soluzioni Stragiudiziali di componimento del conflitto (le c.d. A.D.R., Alternative Dispute Resolution). Si vedano l’istituzionalizzazione della mediazione familiare e l’introduzione della coordinazione genitoriale.
Il decreto attuativo [5] potenzia parecchio gli strumenti di “giustizia compositiva” [6] e, tra essi, la mediazione familiare, pur mantenendola nella forma facoltativa e senza arrivare a costituire un ufficio di mediazione pubblico.
Salvo lo sbarramento previsto dall’art. 473-bis.43 c.p.c. con riguardo ai casi di violenza domestica e di genere, in attuazione della Convenzione di Istànbul del Consiglio d’Europa 11 maggio 2011 [7], posto che due parti che non sono in situazione di parità, essendo una sottoposta alle vessazioni dell’altra, non possono trattare con risultati che possano risultare effettivamente equi.

Quanto al coordinatore genitoriale (le nuove disposizioni non utilizzano mai tale espressione - si veda l’art. 473-bis.26 c.p.c.– anche se secondo la Relazione [8] e i primi commentatori di questa figura si parla), la Riforma offre un quadro normativo di riferimento, a partire dalle prassi giurisprudenziali di alcuni Tribunali [9].
Quanto ai presupposti, occorre un’istanza congiunta delle parti.
L’obiettivo è quello di “superare i conflitti tra le parti, fornire ausilio per i minori e agevolare la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra genitori e figli”. In sintesi il Co.Ge. opera in aiuto alla gestione della co-genitorialità.
Egli potrà inoltre supportare il tribunale nella definizione del “piano genitoriale”, nel rispetto dello stesso e nel “creare rete” fra tutte le risorse disponibili: professionisti, scuola, salute, territorio. 
L’esperienza dei tribunali italiani, sin dal 2017 (vedi sopra), evidenzia che proprio la determinazione di modalità e tempi di alternanza del minore è l’area più frequente di efficacia della coordinazione genitoriale [10].

In conclusione, sul punto, evidente appare l’intento deflattivo del contenzioso giudiziario, trasferendo la gestione del conflitto al fuori dal processo, attraverso una sorta di privatizzazione della gestione di esso (in sequenza: mediatore familiare – coordinatore genitoriale – curatore extra-processuale dotato di poteri sostanziali) per l’impossibilità o non adeguatezza del “sistema” a gestire tutti gli aspetti, rispettando anche tempi più contenuti.
Maggior attenzione viene data infine alla fase di attuazione dei provvedimenti, rispetto alla quale da tempo veniva segnalata la lacunosità della disciplina, in particolare con riferimento ai provvedimenti in materia di affidamento e sistemazione del minore.
Ora esiste una Sezione apposita – la Terza – in cui è prevista la possibilità di emettere anche provvedimenti – monocratici – anche inaudita altera parte se sussistono gravi ragioni di urgenza o che compromettono l’esecuzione, ricorrendo se del caso al ricorso alla forza pubblica (vedi art. 473-bis.38 c.p.c.).
Il Giudice dovrà comunque sentire le parti e determinare le modalità di attuazione.

3. Il rito unificato al Tribunale per i minorenni

Nel settore minorile i problemi applicativi più seri mi sembrano due.
Il primo è rappresentato dai drastici limiti all’impiego dei Giudici Onorari nelle istruttorie civili, in base all’art. 473-bis.1 c.p.c. [11]
Ciò comporta una pesante contrazione delle risorse per gestire il contenzioso, ne ho parlato più ampiamente nell’articolo sul numero di Minorigiustizia oggi in distribuzione al Convegno e per ragioni di tempo rinvio a quel testo.
Sul versante della definizione degli affari occorre considerare che nella prassi, con moderate differenze tra un T.M. e l’altro, sino ad ora i giudici onorari hanno notoriamente fornito un contributo rilevantissimo all’espletamento delle istruttorie (convocazione delle parti, ascolto dei minori, assunzione di informazioni dai servizi socioassistenziali) [12].
La maggior parte di queste attività non è più consentita e le relative incombenze vanno ad appesantire in modo assai rilevante il lavoro dei magistrati togati (non si dimentichino il settore delle adozioni/adottabilità e quello penale, rimasti invariati).

Era giustificato dettagliare meglio il loro apporto di fronte ad alcuni eccessi di delega verificatisi in passato da parte dei giudici togati presso alcuni Tribunali minorili italiani, ma la compressione delle funzioni degli onorari è stata troppo drastica, con il rischio di un sostanziale svuotamento del loro ruolo.

Ecco, allora, l’importanza di un’attività interpretativa delle norme che preservi delle concrete possibilità, ad esempio quella di una loro partecipazione all’ascolto, affiancando il giudice cui l’incombente è demandato in prima persona.
Si può affermare, in modo abbastanza sicuro, che ai giudici onorari vengano riservate ampie possibilità di delega nelle fasi “intermedie” di procedimenti complessi (e in tema di pregiudizio o affidamento familiare di certo non mancano), tra la celebrazione dell’udienza di comparizione delle parti e la conclusione dell’istruttoria: si pensi a ulteriori convocazioni delle parti o di operatori di servizi territoriali  per verificare l’esito e gli effetti dei provvedimenti provvisori; alla gestione dei rapporti con gli stessi servizi, il Curatore speciale del minore, il consulente tecnico, anche con riguardo a difficoltà insorte nella concreta esecuzione del provvedimento.
Quanto all’ascolto del minore, le disposizioni richiamate lo prevedono, come detto, con un possibile ruolo di affiancamento, per la sezione distrettuale. La locuzione non è riprodotta nel comma secondo dell’art. 15 D. Lgs. 151/2022, ma si può sostenere che ciò non sia equiparabile a un divieto, stante il tenore dell’art. 473-bis.1 c.p.c. che contempla ulteriori “specifici adempimenti” delegabili dal togato (per altro verso il divieto riguarda l’ascolto diretto del minore, cosa diversa dall’affiancamento al togato durante l’ascolto). Senza dire dell’ascolto ancora permesso dei MSNA.
Occorrerà, in ogni caso, attendere la formazione di nuove prassi e le prese di posizione della giurisprudenza.

Un secondo problema è costituito dalla mancanza di un rito semplificato o ancor meglio “dedicato”, posto che l’utilizzo del modello ordinario per le cause sulla crisi familiare è certamente disfunzionale rispetto alle caratteristiche del contenzioso minorile, in particolare al settore delle cause de potestate (le più numerose statisticamente), originate per lo più su ricorso del P.M. per l’attuazione di interessi pubblici.

Nonostante l’“egemonia” dell’approccio adultocentrico in seno alla riforma, il quadro complessivo non appare in definitiva omogeneo, proprio per quanto già detto a proposito delle ampie possibilità di provvedimenti indifferibili o urgenti a tutela dei minori in situazioni di pregiudizio. La riforma è figlia di ideologie diverse, anche, in parte, distanti tra loro.

È dunque: è ancora possibile una adeguata tutela dei minori?  Provo ad affacciare alcune previsioni.
In primo luogo, non è difficile prevedere che gli obiettivi di riduzione dei tempi processuali alla base del P.N.R.R. difficilmente saranno realizzati: non potranno non pesare, infatti, il venir meno – immutati gli organici – del massiccio contributo da parte dei giudici onorari all’espletamento delle istruttorie al Tribunale per i minorenni [13].
Con riferimento specifico alla fase attuale, inoltre, la giustizia minorile non trarrà un grosso vantaggio dalla migrazione dei procedimenti sulla responsabilità genitoriale connessi a quelli sulla crisi familiare al tribunale ordinario, trattandosi di piccoli numeri rispetto al contenzioso globale, senza dire della possibilità di ricorsi strumentali volti a creare ostacolo.
Sotto questo profilo, non può certamente dirsi che la nuova formulazione dell’art. 38 disp. att. c.c. abbia l’effetto di scongiurare ogni conflitto positivo o negativo di competenza. La delimitazione delle competenze non è ancora del tutto chiara, vedi soprattutto con riferimento ai casi di estinzione del giudizio sulla crisi familiare avanti al T.O. e, nondimeno, la condizione di pregiudizio per la prole permanga [14].
Verosimilmente la Riforma costringerà i tribunali minorili, per forza di cose, ad emettere un gran numero di provvedimenti provvisori ed urgenti, concentrandosi sulla fase cautelare per garantire comunque una tutela ai minori in situazioni di pregiudizio o disagio familiare. Assai più complicato sarà chiudere i procedimenti pendenti.

Non so se gli organizzatori di questo Convegno avevano in mente anche una riflessione su possibili correttivi nel corso della piena attuazione della Riforma.
A mio modesto parere due dovrebbero essere i punti sui quali concentrare uno sforzo in questa direzione.
Il primo è certamente il mantenimento della collegialità dell’organo decidente, quantomeno con riguardo ai provvedimenti che definiscono i giudizi contenziosi (quindi modificando l’art. 50.4 della Riforma che riguarda l’istituzione del TribPMF modificando il R.D. n. 12/1941, che prevede: “La sezione circondariale del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglia giudica in composizione monocratica”).
La perdita della collegialità, stante delicatezza e complessità della materia, appare un danno troppo serio e incidente sulla qualità e uniformità delle decisioni. Un giudice che si trova da solo è un giudice tendenzialmente più “timoroso” e insicuro, che, come tale, potrebbe privilegiare interventi più burocratici, con un appiattimento dei livelli di tutela.
Di fatto penso che la collegialità all’interno delle Sezioni Circondariali comunque proseguirà, attraverso camere di consiglio “informali”, non solo su questioni interpretative delle norme, ma anche per i casi più complicati in linea di fatto.
Ma non si dimentichi, anzi si faccia valere, in tema, che l’approvazione di un ordine del giorno da parte del Parlamento, nelle fasi di conclusione della Riforma, contenente un impegno a preservare la collegialità dell’organo decisionale nella materia della limitazione o ablazione delle responsabilità genitoriali.

Il secondo è la previsione di un giudizio semplificato, scelto a cura di parte o dotato di un meccanismo di conversione all’ordinario a determinate condizioni, modellato soprattutto sulle necessità dei procedimenti in materia di responsabilità genitoriale.
Vado a concludere: nel corso di un recente convegno il Prof. Carratta ha ricordato che da molti anni si auspicava l’attuazione dei principi del “giusto processo” nell’ambito dei procedimenti minorili e di famiglia, che la mancanza di norme procedurali era ampiamente avvertita.
Ha poi invitato ad evitare, rispetto alle norme della Riforma, interpretazioni prospettate, “per il gusto di…”, nel senso – suppongo – di “eccentriche”, “individualistiche”, cercando, viceversa, di favorirne l’attuazione.
È un appello che colpisce in quanto contiene un invito al senso di responsabilità.
Ma è altrettanto vero che dovere dell’interprete è quello di applicare la riforma nel rispetto dei principi costituzionali, non pochi, che regolano una materia così importante per la società e le persone; come pure di quelli sovranazionali, essendo utile in tal senso un richiamo alla recente Risoluzione 5 aprile 2022 del Parlamento Europeo sulla “tutela dei diritti dei minori nei procedimenti civili” che, all’art. 9, raccomanda agli Stati membri un approccio alla giustizia nel settore di tipo “multidisciplinare” e – si badi - il sostegno al minore di professionisti qualificati “in tutte le fasi del procedimento”.

[1] Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario: Relazione sulle novità normative della riforma “Cartabia” (diritto e procedura civile), 2023, 237.

[2] R. Marzocca, L’ascolto del minore, in L’attuazione della riforma del processo delle famiglie, dei minorenni e delle persone, a cura di R. Marzocca, La Tribuna, 2022, p. 21 s.; G. Buffone, Le nuove norme processuali in materia di persone, minorenni e famiglia (d. lgs. 149/2022): prime letture sintetiche, in Giustizia Insieme, n. 2/2023, p. 380.

[3] Sul punto si veda anche C. Trapuzzano, Riforma processo civile: la negoziazione assistita, www.ilprocessocivile.it, 2021; S.A.R. Galluzzo, Il diritto del minore all'ascolto come realizzazione del suo superiore interesse, www.ilfamiliarista.it, 2021.

[4] Quali iniziative può assumere, ad esempio, in caso di accordo dei genitori per la cessazione del giudizio separativo ove il curatore non ritenga tutelato dagli accordi l’interesse del minore (opporsi a consensuale?).

[5] M. Fiorendi, L’identità professionale del mediatore familiare: le novità della riforma, in www.ilfamiliarista.it, dicembre 2022; C. Fossati, Le norme sulla mediazione familiare, www.osservatoriofamiglia.it, 2023.

[6] L. Garofalo, G. Trovato, Gli strumenti alternativi, integrativi e complementari di risoluzione delle controversie in materia familiare, in Minorigiustizia, n. 2/2022, p. 154.

[7] Ratificata dall’Italia con legge 27 giugno 2013 n. 77; si vedano in particolare gli artt. 31 e 45 della Convenzione in tema di custodia dei figli e privazione della patria potestà.

[8] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149, G.U. 19 ottobre 2022 n. 45, p. 63.

[9] Tribunale di Civitavecchia, 20 maggio 2015, in Foro Italiano; Tribunale di Milano, 29 luglio 2016, www.ilfamiliarista.it , 2017.

[10] L. Garofalo, G. Trovato, Gli strumenti alternativi, cit.

[11] Disciplina appena differita di qualche mese a seguito del c.d. Decreto Milleproroghe (legge 24 febbraio 2023 n. 14), secondo cui “In deroga alle disposizioni di cui all’art. 35 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, il divieto di delegare ai giudici onorari del tribunale per i minorenni l’ascolto del minore e l’assunzione delle testimonianze, previsto dall’art. 473-bis.1, secondo comma, del codice di procedura civile, si applica ai procedimenti introdotti successivamente al 30 giugno 2023. L’ascolto del minore avviene in ogni caso nel rispetto delle modalità previste dall’art. 374-bis.5 del codice. Nel determinare la composizione dei collegi giudicanti, il presidente del tribunale per i minorenni cura che il giudice onorario cui sia stato delegato l’ascolto del minore o lo svolgimento di attività istruttoria componga il collegio chiamato a decidere il procedimento o ad adottare provvedimenti temporanei”.

[12] Si rinvia agli ampi dati statistici forniti sul punto da V. Montaruli, L’istituzione del tribunale unico per le persone, le famiglie ed i minori, alla luce del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 di attuazione della legge-delega 26 novembre 2021, n. 206, in Minorigiustizia, 2/2022, p. 180.

[13] Cfr. J. Long, Uno sguardo problematico sulle novità della riforma del processo civile d’interesse del per il diritto familiare e minorile sostanziale, in Familia, 2022, n. 1

[14] Con la conseguente problematica dell’individuazione del tribunale cui spetterà l’assunzione dei relativi provvedimenti di ablazione o limitazione della responsabilità genitoriale.

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Gli altri interventi

Saluti

Prima sessione
L’impatto della riforma sull’organizzazione degli uffici giudiziari

Seconda sessione
I soggetti processuali alla prova del nuovo rito

Terza Sessione
Csm e Ministero: quali interventi per attuare la riforma?

Quarta sessione
L’impatto sulla tutela dei diritti

Interventi al dibattito

Conclusioni