L’impatto sulla tutela dei diritti
Cristina MAGGIA
presidente Tribunale per i Minorenni di Brescia
Risposta alle domande
Questo excursus della mia vita professionale mi commuove e quello che cerco di trasmettere sempre, che non deve essere vissuto come un’aggressione o un’offesa, è la passione che noi minorenni abbiamo per questo mestiere proprio per quello che ha detto Claudio.
Mi scuso se, con le frasi che l’associazione ha espresso con i suoi documenti rispetto alla mancanza di pensiero che riteniamo non sostenga questa riforma, pensiero per i più fragili, ovviamente soltanto diretto ai più fragili, non certo alla tutela dei magistrati o di chi ha un lavoro.
Perdonate se il livello scende: cerco di essere concreta e molto pratica perché questa è la mia natura.
Non posso permettermi di spendere alcuna parola sulla riforma del processo di famiglia: non sono mai stata alla sezione famiglia, ho una formazione da giudice penale poi trasmigrata da trent’anni al minorile come giudice e come pubblico ministero.
E quindi penso che la riforma porti sicuramente moltissime modifiche importanti, significative e apprezzabili, come diceva ieri Franco Micela, nel mondo del giudizio di famiglia. Invece, come sapete tutti, questa riforma non piace ai giudici minorili. E che non piaccia è abbastanza evidente.
Nonostante ciò, siccome siamo magistrati, faremo tutto quello che è in nostro potere per poterla applicare e mettere in pratica: non c’è nessun nessuna fuga e nessuna ribellione. Semplicemente manifestiamo con grande amarezza che sarà estremamente difficile adempiere quei compiti che l’articolo 31 della Costituzione
ci assegna, e che finora con tutte le nostre carenze, i nostri errori e le nostre imperfezioni, abbiamo cercato di portare avanti.
E’ il come farla funzionare che ci preoccupa.
La storia ci dice che veniamo da ricorrenti tentativi di soppressione dei tribunali per i minorenni. Nel 2003 l’ingegner Castelli, allora ministro della Giustizia, evidentemente scontento di qualche attività di qualche tribunale minorenni che non aveva dato ragione a lui o qualche suo familiare. aveva immaginato di poter cancellare completamente il Tribunale per i minorenni. E cadde quel tentativo di soppressione grazie all’eccezione di incostituzionalità che fu presentata al Parlamento: e l’associazione in questo era stata estremamente attiva.
Poi ci fu un periodo tranquillo, in cui nel 2001 fu promulgata la legge sull’adozione, che ha costruito un rito contenzioso con garanzia del contraddittorio ma a misura di minore. E’ una legge che funziona ancora molto bene, anche se le situazioni della società si sono evolute e sono mutate: e quindi ogni tanto si parla di modificarla e a me tremano i polsi quando si pensa ad una ulteriore riforma fatta in fretta, velocemente, perché l’Europa ce lo chiede.
Alcuni anni dopo il ministro Orlando decise nuovamente di sopprimere i tribunali per i minorenni: fu durissima la battaglia portata avanti dall’associazione e fra i nostri nemici, come spesso succede, c’erano i nostri colleghi dell’ordinario, che pensavano di recuperare forza lavoro sopprimendo il Tribunale per i minorenni. Cade il governo e cade la riforma che peraltro non aveva considerato che i tribunali dei minorenni fanno anche un’attività penale e quindi non era stato previsto a chi poi destinare il processo penale minorile.
Questo per dire che a volte chi fa questo lavoro di riformatore ha delle informazioni non del tutto completa sulla materia alla quale si avvicina.
Adesso siamo arrivati all’approvazione della riforma: il 20 aprile 2021 la commissione Luiso convocò tutti i presidenti dei tribunali per i minorenni, 29 presidenti, per essere sentiti da remoto in mezz’ora di tempo. Il 23 aprile la commissione Luiso doveva depositare i suoi lavori.
Era una audizione assolutamente inutile, in primo luogo perché non sapevamo su cosa dovevamo parlare: parlò qualcuno di noi, i più rappresentativi, ma senza avere una traccia e senza avere un testo davanti. E poi ci fu detto che ci sarebbero state le norme immediatamente precettive, quelle che sono entrate in vigore il 22 giugno 2022, poi probabilmente l’unificazione del rito. Sul Tribunale unico ci fu detto che poi si sarebbe visto. L’allora capo dell’ufficio legislativo, la dottoressa Mangano, fu molto possibilista: come se fosse un sogno questo del tribunale unico, molto in là da venire.
Purtroppo, come ben sapete il 9 settembre di quello stesso anno, uscì questo emendamento chiaramente di natura politica, molto dettagliato e passò con la fiducia in modo rapido e in assenza di qualunque confronto con gli addetti ai lavori.
Dopodiché abbiamo cercato di sensibilizzare il ministro Cartabia, abbiamo scritto lettere persino al Presidente della Repubblica e finalmente il 20 di ottobre del 2022, fummo sentiti dal Ministro tutti e 58 i capi degli uffici minorili che ci disse “avete ragione sull’assenza della collegialità e della multidisciplinarietà”. Io sottolineo di più la multidisciplinarietà, perché è la multidisciplinarietà che ci arricchisce. Anni fa una collega, allora presidente di Tribunale per i minorenni, alla quale io giovane dicevo “ma insomma questi giudici onorari non sono sempre brillantissimi” mi rispose “ma non è la qualità dell’uno o dell’altro professionista che fa la differenza, è la loro presenza all’interno del collegio che ti fa cambiare prospettiva, mi fa vedere le cose da più punti di vista”. E questa è la forte differenza tra i magistrati ordinari e i magistrati minorili: non perché sono più bravi degli altri, ma perché sono stati costretti a guardare il mondo delle relazioni familiari a trecentosessanta gradi. Perché, come diceva giustamente Claudio, di fronte a un ragazzino che arriva al processo penale, con la sua relazione ai sensi dell’articolo 9 che descrive la sua vita familiare, il suo contesto, ti rendi conto che è stato un bambino non visto da nessuno, che è arrivato a sedici anni a commettere una rapina non perché cattivo nato male, ma perché nessun comparto del mondo delle istituzioni gli ha garantito i diritti che ha diritto di avere. Allora la possibilità per un Gup di prendere un provvedimento non solo punitivo ma anche a sua tutela è una ricchezza che non va buttata via.
Poi ci sono tutte le necessità dei correttivi: il rito camerale non era sufficientemente adeguato, sicuramente ci sono stati i luoghi d’Italia dove negli anni scorsi c’è stato un eccesso di delega ai giudici onorari, difficoltà organizzative. Non dimentichiamo che le piante organiche dei tribunali per i minorenni sono ridicole rispetto alla mole di lavoro. Io presiedo il tribunale minorenni di Brescia, che sembra piccolino perché copre quattro province: ma peccato che sono le quattro province più industrializzate d’Italia. E quindi c’è un fenomeno migratorio spaventoso, perché c’è lavoro: c’ una situazione decorosa di benessere economico ma i problemi culturali sono infiniti. Ci sono le famiglie pachistane che si uniscono a quelle ucraine e poi ci sono quelli dell’Africa subsahariana, ognuno con la sua cultura che è diversa. E tu giudice devi Intercettare queste mentalità, adeguarti a queste mentalità, con una necessità di specializzazione che non è data dal superamento della decennalità. Non è quella la specializzazione che serve anche se è utile anche tale superamento del limite della decennalità: ma non crei una specializzazione se sei solo a decidere, se gli ausiliari, come diceva perfettamente l’avvocato Cesaro, saranno neolaureati alla ricerca di un lavoro. Già tutte le circolari ministeriali che si sono susseguite, fino ad arrivare alla legge 107 del 2020 sulle innumerevoli incompatibilità del giudice onorario arrivano a stabilire anche precetti incostituzionali. Della serie il giudice onorario minorile non può fare nessuna attività inerente alle comunità dove si ospitano i minori, ma non solo: i suoi parenti entro il quarto grado nemmeno a titolo di volontariato possono occuparsi di tali comunità. Cioè se sua suocera vuole fare volontariato non lo può fare se lui vuole fare il giudice onorario. E queste leggi partono da un pregiudizio enorme: che il giudice onorario si possa vendere i bambini, cosa che non sta né in cielo né in terra perché il giudice onorario è parte di un collegio di quattro persone. O siamo tutti venditori di bambini o non capisco come fa lui da solo a mettere in piedi questi comportamenti, stigmatizzati nelle campagne mediatiche che purtroppo abbiamo vissuto sulla nostra pelle negli anni passati, e che erano chiaramente strumentali a logiche politiche che non hanno niente a che vedere con la tutela dei minori.
Ecco perché ci scaldiamo e forse le parole a volte diventano dure: perché siamo stanchi di essere da troppi anni sempre additati come i non specializzati, quelli che non sanno il diritto, gli amici degli assistenti sociali. Leggevo proprio in questi giorni un messaggio su Facebook di un avvocato che scrive “noi dovremo stipulare dei protocolli in cui dovremo rimboccare le coperte all’assistente sociale e darle il bacino della buona notte”. Questo mondo del minorile non è il mondo delle separazioni e divorzi: è tutta un’altra cosa. Le urgenze e le emergenze sono pluri-quotidiane e noi siamo pochissimi.
Quindi la ricchezza del giudice onorario dovrebbe servire alla integrazione dei saperi e sarebbe bello potersi avvalere dei giudici onorari solo come integrazione di saperi perché noi ce la facciamo ad affrontare le urgenze, le emergenze e magari anche la prevenzione: ma non è così, perché più si sale nella geografia italiana, più ci sono servizi numerosi e competenti e meno sono i giudici. E i servizi che funzionano segnalano, non stanno fermi, intercettano le situazioni di disagio e laddove non riescono a comporle le segnalano: quindi la mole di lavoro dei tribunali da Roma in su è enorme, sempre maggiore, e noi senza i giudici onorari non possiamo funzionare.
Quindi bellissimo il disegno la legge, il rito, ma nelle stanze ci siamo noi, sempre noi senza risorse e con questa ansia di non arrivare a completare la protezione di quel bambino, perché deve esserci lui al centro: le leggi servono all’utenza, non ai magistrati e agli avvocati. Qualsiasi riforma deve tendere a migliorare la vita della collettività: sono loro i nostri committenti, quelli che ci pagano lo stipendio. Non siamo qui per fare il dibattito tra giuristi: siamo qui perché dobbiamo attuare dei principi costituzionali che sono la nostra guida.
In questa riforma, come ha detto giustamente Claudio, non c’è un pensiero alla tutela fasce deboli, di quelle più fragili. E dico, in modo aggressivo e diretto perché è il mio stile, che è una riforma regressiva e di classe.
Regressiva perché eravamo l’unico Stato in Europa ad avere un tribunale specializzato multidisciplinare, con tutte le sue precarietà e difficoltà migliorabilità, imperfezioni chiaramente connesse all’uomo. Avevamo un giudice che, come ha raccontato Claudio, pensava alla tutela di diritti. Certo erano epoche diverse, questa è un’epoca veramente triste perché questi argomenti non interessano più a nessuno.
Quindi regressiva in senso che buttiamo via la specializzazione che c’era, regressiva perché sottolineiamo pure in modo un po’ saccente, le inefficienze degli altri servizi. Si pensa solo a disciplinare le modalità con cui i servizi sociali devono fare una relazione. Poi sappiamo che non c’è nessun investimento nel welfare e quindi i servizi non sono migliorati negli anni: ma noi dobbiamo avere rispetto. E la possibilità di un tribunale per i minorenni di dialogare con i servizi è una sua ricchezza, non è una contaminazione malata come viene visto da alcuni colleghi. Solo parlandoci noi possiamo capirci: se non ci parliamo nemmeno e parliamo con dei provvedimenti criptici, a volte poco motivati, ma cosa potrà capire un servizio. Dobbiamo dialogare con tutti.
Poiché non siamo distruttivi questa è la riforma che ci è stata data e noi dobbiamo metterla in pratica e cercare di farla funzionare. Non prevedo tempi meravigliosi soprattutto per le nostre utenze, perché le urgenze sono pluri-giornaliere. Ieri ad esempio mi hanno telefonato dicendo che c’era un 403 c.c. urgentissimo in cui una mamma aveva incaricato i figli di uccidere la figlia: famiglia pachistana, ragazzina di quindici anni che ha un fidanzatino italiano, ma nella loro cultura questa cosa è impossibile al limite dell’incisione. D’altro canto il caso di Sanà lo conoscete tutti. Questa è la materia del tribunale minorenni: non la lite tra i genitori. Il 95% dei ricorsi provengono dal Pubblico ministero e riguardano situazioni di questo genere, nelle quali se non intervieni rapidamente, senza troppe pastoie, il bambino rischi di perderlo. Il fattore tempo è fondamentale. Assolutamente sacrosanto il rispetto del contraddittorio, ma c’erano altri modi. E l’associazione da anni propone un temperamento del rito camerale, che aveva una sua funzione, proprio in questa flessibilità, di arrivare presto: temperato come di fatto accade nelle procedure di adottabilità. Allora non capisco perché nella procedura finalizzata a valutare lo stato di abbandono posso delegare qualunque cosa mio giudice onorario, dall’ascolto del minore in su: non lo posso fare nelle procedure de potestate. Perché l’onorario può fare l’istruttore nelle procedure amministrative, dove addirittura non c’è il curatore, non c’è il difensore, e il giudice può collocare in comunità un ragazzo senza che nessuno spenda una parola per lui. Ma come mai ce lo siamo dimenticati? Quel minore non conta?
Se uno vuole mettere le mani in un settore che è un sistema composito, raffinato, complesso, lo deve conoscere completamente, non può farne un pezzo perché interessa gli adulti che ci lavorano o perché interessa agli avvocati.
Quindi quando ieri l’avvocato Simeone diceva “il giudice non deve essere appiattirsi sul CTU, come fa sempre, non deve appiattirsi sui servizi e assolutamente non si deve appiattire sul curatore mi viene da chiedere se il giudice ha un cervello autonomo o non ce l’ha. Nella mentalità di qualcuno sembra che i magistrati si appiattiscano su tutto.
Noi rivendichiamo il diritto di ragionare sulle cose e di ragionare in maniera complessa, perché nessuna relazione familiare è semplice da interpretare: non ci sono formule stereotipate, ogni storia è diversa, ogni storia richiede tempo, prudenza, umiltà, dedizione, competenza. Quando ci dicono che in tre anni dobbiamo chiudere le procedure non si tiene conto dei problemi del minore, del fatto che debba essere accompagnato, perché noi non diamo giudizi, non stabiliamo sanzioni e tanto meno punizioni alle famiglie fragili. Noi cerchiamo di accompagnarle a recuperare le loro decorose capacità genitoriali, affinchè il figlio resti con loro, perché questo è il diritto del minore, di rimanere nella sua famiglia, in una famiglia decorosa ma non in una famiglia maltrattante.
Questo percorso non è schematizzabile: perché c’è chi all’inizio è riluttante e poi aiutato, sostenuto con insistenza cambia, c’è quello che sembra cambiare e poi torna indietro. e i percorsi sono così al Tribunale per i minorenni. Sono bombe che ogni tanto esplodono, e una situazione che sembra risolta in all’improvviso peggiora: ad esempio la mamma scappa dalla comunità, fugge con un ennesimo un uomo marginale, rimane incinta nuovamente e quindi dobbiamo ricominciare daccapo. Queste sono le nostre storie.
Tutto questo senza risorse: ma quando un legislatore mette mano ad una rivoluzione copernicana non può non chiedersi se il sistema sarà in grado di reggere. Io sono figlia di imprenditori: ma se in un’azienda a un certo punto decido che devo cambiare il ciclo produttivo, non lo posso fare in due minuti lasciando gli operai senza formazione. Noi abbiamo cancellerie depauperate, persone antiche che anche di fronte alle questioni digitali si orientano malissimo, abituati a sistemi diversi: ma come diciamo ai nostri amministrativi che devono funzionare gestendo fascicoli penali, civili (c’è anche la riforma penale da applicare), civili vecchio rito, civili nuovo rito, senza digitale, con l’uso delle copie cartacee benché siano entrate in vigore le norme che dicono che tutto deve essere telematico?
La mancanza di praticità e concretezza non può non esistere in uno stato progredito.
Non vi tedio sull’edilizia giudiziaria, perché sappiamo tutti in che condizioni siamo.
Condivido quello che diceva la collega Ciardo, che bisognava fare entrare in vigore la riforma del rito nel momento in cui ci fosse stato il tribunale unico. In questo modo invece il tribunale per i minorenni è costretto a mettere un vestito di taglia 40 avendo la taglia 44.
La logica sarà quella di interpretare la legge nell’interesse del minore, di creare assurdamente alleanze con i nostri fori, perché con gli avvocati si deve lavorare, e un altro tema importantissimo è quello di creare ponti e non muri.
Quindi la formazione multidisciplinare deve essere di tutti, deve essere nostra, degli avvocati e dei servizi che al contrario devono imparare un po’di diritto che non conoscono. Bisognerebbe riuscire a creare dei sistemi di osmosi, in cui la gente si parli e si conosca, perché solo conoscendosi si ha fiducia gli uni negli altri, e non alzare dei muri in cui il sistema giuridico è l’unico deputato a dettare legge e gli altri devono remare.
Risposta alle domande
Vorrei concludere con un auspicio e una speranza rispetto al tentativo di recuperare le ricchezze che avevamo almeno in parte, continuando a garantire il contraddittorio con tutte le regole ormai adottate praticamente da quasi tutti i tribunali per i minorenni.
Su questo non ci sono ripensamenti: però io penso che sia fondamentale da qui a quando entrerà in vigore il tribunale unico modificare l’art. 473-bis.1 laddove si fa divieto di delegare le attività istruttorie ai giudici onorari. Diversamente la débâcle di tutti i tribunali per i minorenni da Roma in su sarà totale, con pregiudizio non tanto degli avvocati, dei curatori o dei giudici ma con pregiudizio dei bambini. Sono quelli che mi preoccupano di più.
Naturalmente questa possibilità di derogare potrà essere lasciata a una motivazione, del capo dell’ufficio, legata anche gli organici. Gli organici sulla carta hanno dei numeri ma poi di fatto sono molto minori. Parlavo ieri con una collega di Venezia, sette province popolosissime, attualmente cinque giudici togati: era in lacrime.
Probabilmente mettendo mano a un correttivo di questa norma, almeno finché non entrerà in vigore il tribunale unico, riusciremo a funzionare. Anche perché un conto è un giudice che risponde alla pari del togato, e i giudici onorari sono giudici a tutti gli effetti tant’è che si assicurano anche rispetto alle scelte che vengono fatte. Diverso è l’ausiliario, l’ufficio del processo, figure marginali dedicate ai ragazzi alla ricerca di un primo impiego.
Secondo punto: intervenire in modo massiccio sulle risorse e su questo il Ministero non può defilarsi. I soldi devono uscire: ci sono i soldi del PNRR, destinateli alla giustizia perché è una giustizia per i deboli.
Terzo punto: correggere il tribunale unico del futuro inserendo la ricchezza non della collegialità togata, di cui non ce ne facciamo niente, ma della multidisciplinarietà che deve entrare in quelle materie gravissime che comportano l’allontanamento di un bambino dalla sua famiglia che è una scelta grave quanto la condanna in un processo minorile.
Perché se la Corte costituzionale attribuisce fondamentale importanza alla presenza degli onorari nella valutazione della maturazione di un ragazzo (ultima sentenza 139 del 2020 presidente Cartabia) non vedo perché, quando dobbiamo decidere se allontanare un bambino da casa sua, non vedo perché possa bastare che sia un giurista a decidere.