Intervento alla prima sessione
L’impatto della riforma sull’organizzazione degli uffici giudiziari

Riccardo ROSETTI
presidente Sezione Famiglia Tribunale di Civitavecchia

Mi permetto di prendere cinque minuti del mio intervento per una premessa sulla storia di questa riforma, ossia per inquadrare questa riforma perché potrebbe sembrare e credo sarebbe riduttivo pensare che questa riforma sia, come dire, una riforma adottata da un legislatore frettoloso che aveva la pistola alla tempia della Commissione europea al fine di attuare il PNRR e diciamo fatta anche con il contributo di magistrati ordinari che hanno un po’ in antipatia i tribunali per i minorenni: io credo che questa lettura sarebbe parziale.

Questa riforma, che vediamo oggi attuata nel 2023, è in realtà figlia di un movimento normativo che prende le mosse nel 2010 / 2011; prende le mosse come sempre in Italia, questo sì lo possiamo dire, probabilmente in ritardo in quanto è figlia di un cambiamento profondo della società italiana.

Negli anni Quaranta, all’epoca della adozione del Codice Civile avevamo i figli legittimi, quelli nati nel matrimonio, e i figli naturali, quelli nati fuori del matrimonio che erano discriminati, erano infatti chiamati figli naturali ed erano quantificabili nel 2/3% dei figli nati in Italia: questo fino agli anni ottanta. In questa tradizionale prospettiva si giustificava la storica e tradizionale distinzione del tribunale ordinario e i tribunali dei minorenni: il tribunale ordinario si occupava dei figli nati nel matrimonio secondo un rito formale, estremamente garantito, caratterizzato da due procedimenti (la separazione e il divorzio), da sette memorie per ciascun procedimento, da almeno quattro udienze, operava su base circondariale e quindi secondo una giustizia di prossimità. Il Tribunale per i minori si occupava con grande competenza, con grande expertise, io ho il massimo rispetto di quella storica esperienza, dei figli nati fuori del matrimonio ma non tanto per l’affido e il mantenimento (che erano profili secondari perché, ripeto, i numeri erano fino agli anni ottanta minimali) quanto per le situazioni di disagio: si occupava dei procedimenti De potestate, si preoccupava dell’adottabilità. Quindi nella sostanza il TM aveva i suoi strumenti, la sua caratura ordinamentale e la sua organizzazione anche basata molto sull’aiuto di una procura assolutamente specializzata, che ha dato luogo ad una esperienza che era un fiore all’occhiello dell’ordinamento italiano che va non solo rispettata ma anche richiamata come un’esperienza che ha tutelato i minori in Italia, ma i minori appunto in condizioni di disagio, i minori che rappresentavano una stretta minoranza, una fascia sociale di disagio e limitata.

Andando avanti con gli anni la società italiana è cambiata e abbiamo avuto un cambiamento epocale al volgere del secolo: cioè i figli nati fuori dal matrimonio sono diventati più di quelli nati nel matrimonio e non era più ammissibile ed accettabile chiamarli figli naturali e riservare loro un giudice diverso, quindi stabilito non su base circondariale ma su base distrettuale. Era maturata anche una diffusa insoddisfazione rispetto alla tutela del contraddittorio ma non per le questioni in cui si evidenziavano situazioni di maggiore sofferenza o disagio, bensì per le questioni di normale affidamento e mantenimento dei figli minori che venivano trattate senza un rito specifico innanzi al Tribunale per i minorenni. E soprattutto, oltre a questo problema, c’era appunto il problema della perdurante discriminazione, più volte sollevata in dottrina e progressivamente rilevata anche dalla Corte Costituzionale in molte pronunce in materia di azioni di Stato tra i figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio.

Finalmente il legislatore si decise a por mano a questa situazione: nel 2012 fu varata la legge-delega la legge 219 del 2012 che prevedeva che lo Stato di figlio è unico, esiste un solo figlio e non c’è differenza fra quelli nati fuori del matrimonio e quelli nati nel matrimonio. Quella disposizione era, come dire, dovuta ma era contenuta in un disegno di legge parziale. Per la definizione della legge delega era stata avviata una commissione portata avanti da tre governi diversi: un governo di centrosinistra, un governo di centrodestra e poi anche un governo tecnico, il Governo Monti; quella commissione aveva individuato la necessità di porre rimedio alla discriminazione sostanziale ma non arriva introdotto una modifica degli aspetti processuali. Rimaneva quindi il problema di un tribunale per i minorenni che con i suoi strumenti si trovava a far fronte ad un numero crescente di controversie che riguardavano poi anche aspetti economici o di affido congiunto e non riguardavano più il terreno di elezione del TM: ossia il TM non trattava più solo delle questioni davvero di grave disagio, dei procedimenti De potestate, ma si trovava a far fronte a questioni nuove con i suoi organici, con i suoi strumenti, con i suoi tempi che sono quelli che ci ha spiegato da par suo Luca Villa.

Era necessario quindi avviare una riforma anche ordinamentale e processuale. Di questo si fece carico nel 2012 una disposizione che fu introdotta dal Parlamento frettolosamente, disposizione scritta in maniera diciamo sommaria, ma che comunque affrontò questo problema: era la modifica dell’articolo 38 delle disposizioni attuative del Codice civile. In ragione di quella modifica i tribunali per i minori furono sollevati di una parte del contenzioso civile che pendeva innanzi a loro e l’affidamento e il mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio fu attribuito ai tribunali ordinari.

All’epoca si disse che sarebbe successo “un inferno”, che gli uffici non avrebbero funzionato, ed invece in questi anni nei tribunali ordinari abbiamo fatto fronte a questo forte afflusso di controversie e abbiamo cercato di trattarle con i nostri strumenti ma anche facendo tesoro, assolutamente, delle competenze, delle esperienze e dello strumentario che i tribunali dei minorenni mettevano a disposizione come memoria storica e che servivano eccome, laddove l’articolo 38 delle disposizioni attuative chiamava il tribunale ad adottare provenienti de Potestate.

Forse molti giudici dei tribunali ordinari non hanno messo piede nei tribunali per i minorenni ma a volte anche i colleghi del tribunale minorenni non hanno una conoscenza piena del tribunale ordinario in quanto mi chiedevano “ma ha mai dichiarato un provvedimento de potestate?”, “sì, mi è capitato e ho cercato di farlo con il dovuto approfondimento e tutelando i diritti di tutti: quindi si, ci è capitato e ci è capitato anche in ragione di iniziative della locale Procura di Civitavecchia che, lo devo dire, tratta gli affari civili della procura con grande attenzione, tempestività ed approfondimento. Quindi abbiamo anche noi fatto un tratto di strada dal 2012.

Rimaneva però una riforma monca in quanto c’era stato questo trasferimento di competenza al Tribunale ordinario ma avevamo i problemi di coordinamento nati dalla infelice formulazione dell’articolo 38 delle disposizioni attuative del Codice civile. A ciò ha posto rimedio in parte la Corte di cassazione con interpretazioni che hanno ortopedizzato la norma e dato maggiore tranquillità, ma rimaneva un problema generale, quello della mancanza di un rito unico perché avevamo per i figli nati nel matrimonio il rito della separazione e del divorzio, con tutte quelle garanzie di cui ho già parlato, avevamo per i figli nati fuori del matrimonio il rito camerale di cui al 737 c.p.c. e avevamo un rito ordinario per quello che riguarda le azioni di stato e avevamo il rito camerale per le modifiche delle separazioni e dei divorzi (art. 710 cpc e art. 9 della legge sul divorzio). Avevamo soprattutto un rito che prevedeva almeno davanti al tribunale ordinario una serie di tempi morti ormai mal sopportati, perché prima si svolgeva in udienza presidenziale una prima valutazione con adozione dei provvedimenti istruttori urgenti, poi si procedeva al rinvio davanti al giudice istruttore davanti al quale iniziava un procedimento ex art. 180 cpc. con le memorie ex art. 183/sesto comma per arrivare all’udienza di precisazione delle conclusioni e quindi, ripeto, si svolgevano per lo meno quattro udienze, si depositavano sette memorie e a quel punto si era raggiunta la separazione e dopo bisognava ripartire con il divorzio. Da questo punto di vista sarebbe stato meglio, come prevedono tanti altri ordinamenti, che anche in Italia la separazione e il divorzio non fossero due riti successivi ma sarebbero potuti diventare due riti alternativi: per chi crede alla indissolubilità del vincolo quale Sacramento la separazione poteva rimanere e per chi invece crede al vincolo civile e alla sua solubilità si poteva prevedere il divorzio come alternativo. Questo il legislatore non lo ha voluto fare nel 2012, non lo ha voluto fare nemmeno in questa occasione. Prendiamo atto di una sensibilità sociale in questo senso del Parlamento. Ma mi sembra comunque da valutare positivamente la norma che prevede la possibilità di proporre la separazione e il divorzio in un unico procedimento e che quindi consentirà ai giudici e agli avvocati, ma poi alla fine ai minori, di vivere un unico procedimento piuttosto che due procedimenti successivi perché naturalmente il processo con riguardo ai minori spesso è di per sè una pena e quindi, rinnovare e moltiplicare le occasioni in cui i genitori vengono davanti ai giudici, discutono di soldi, discutono della casa e comunque discutono può essere un problema e quindi in questo senso questa legge si fa carico di stabilire un rito unico e di stabilire una decisa riduzione di alcuni tempi morti del procedimento.

E’ una riforma perfetta? No. Ci saranno problemi? Assolutamente sì.  Siamo qui per metterli in evidenza e tuttavia è una riforma che non nasce da una pensata estemporanea del legislatore ma nasce da questo lungo processo normativo e da questi mutamenti nella realtà sociale che volevo ricordare e che ci aiutano a inscrivere la Novella in un ambito più ampio.

Ora naturalmente diventa difficile poi rapportarsi in queste che sono bellissime occasioni di confronto tra chi giustamente viene da un’esperienza che riguarda situazioni particolari di disagio, ha quegli strumenti e li ha gestiti in un certo modo e chi invece viene dall’esperienza diversa, quella di chi deve discutere degli aspetti economici degli aspetti del mantenimento e dell’affido ma nell’ambito di nuclei familiari tutto sommato diciamo tra virgolette “sani”. In un caso abbiamo  la necessità che ci diceva Luca Villa di fare una diagnosi, poi una cura e di seguire il procedimento, di farlo durare e di valutare e di seguire con attenzione e cura il nucleo familiare; nell’altro caso abbiamo invece la necessità di decisioni abbastanza rapide che diano in quel contesto delle risposte, sciolgano alcuni nodi e diano la possibilità al nucleo familiare tutto sommato “sano” di ritrovare un nuovo equilibrio su un altro piano all’esito della soluzione di quei nodi giurisdizionali.

Ora è chiaro che un rito unico che cerchi di mettere insieme queste due esigenze quasi speculari non potrà mai essere perfetto né per l’una né per l’altra; e questo di questo è uno degli elementi che ci inducono ad avere queste perplessità e che giustificano questa situazione.

Inquadrata così la riforma, passiamo a trattare invece gli aspetti più direttamente organizzativi che stiamo vivendo in un tribunale ordinario di medio-piccole dimensioni come quello di Civitavecchia (riporto anche un po’ quello che accade nei tribunali del Lazio: io sono stato a lungo nella sezione prima del tribunale civile di Roma): quello che stiamo facendo è innanzitutto di cercare di valutare (quello che ha detto prima Domenico Pellegrini è molto interessante) l’impatto della riforma circa le sopravvenienze e i flussi. Ora sicuramente la modifica del 38 disp. att. cc. attuata con questa riforma avrà un primo impatto nel senso di aumentare i flussi sul Tribunale ordinario ma di aumentarli secondo me in una maniera non esagerata; in una seconda fase riteniamo invece che questi flussi possano rientrare nella normalità e anzi addirittura diminuire perché per come è disegnata la norma, la pendenza di procedimenti di separazione e divorzio e di modifica innanzi al Tribunale ordinario attrae i procedimenti de potestate, ma quando andremo a ridurre i procedimenti proprio perché faremo una separazione insieme al divorzio si potrebbe avere una curva discendente. Abbiamo valutato tuttavia che è una curva che scende ma sempre a bocce ferme: perché poi se entrerà in vigore il Tribunale circondariale ci troveremo di fronte a molti più problemi: problemi che in quel senso condivido con maggiore allarme. Cioè la parte relativa all’applicazione della riforma ordinamentale ci crea più preoccupazioni di quella di immediata applicazione processuale.

Ora da un punto di vista organizzativo ci siamo posti innanzitutto il problema della trattazione collegiale o della trattazione monocratica: la decisione, lo dice la legge, è collegiale mentre la trattazione può essere monocratica visto che solo per l’appello la legge stabilisce che la trattazione debba essere collegiale. La delega la può fare il presidente anzi la deve fare il presidente, e noi con i primi provvedimenti organizzativi abbiamo stabilito che deleghi anche l’adozione di provvedimenti indifferibili, lo svolgimento dell’udienza e i provvedimenti di cui all’articolo 473-bis.22. Questo non lo prevediamo come una delega irreversibile: finora abbiamo ancora questa collegialità e ce la teniamo stretta, perché ci immaginiamo comunque un giudice che parla, che discute con il collegio e che ove abbia bisogno possa riportare la questione al collegio in qualsiasi momento perché la delega non è irreversibile: cioè il giudice investito della trattazione se ha un momento in cui vuole essere confortato dal collegio nulla vieta di rimettere la questione al Collegio che può decidere anche su questioni non definitive.

I tempi. Uno degli elementi su cui ci stiamo organizzando è quello della fissazione dell’udienza.

Questa norma prevede novanta giorni per la fissazione e prevede che la notifica debba avvenire sessanta giorni prima dell’udienza: quindi è necessaria innanzitutto una comunicazione estremamente rapida del decreto di fissazione dell’udienza, una presa di coscienza degli avvocati rapidissima e un funzionamento anche degli uffici UNEP perché altrimenti salta questa notifica e salta tutto il resto. Ed è inutile imporre al giudice termini stringenti se poi saltano le udienze perché non si è notificato entro sessanta giorni. Il convenuto ha poi trenta giorni per costituirsi e quando si costituisce può entrare in ballo questo discorso delle memorie contrapposte nei trenta giorni: venti giorni prima dell’udienza la memoria dell’attore se imposta dalle difese del convenuto, dieci giorni prima altra memoria del convenuto, cinque giorni prima ultima memoria dell’attore. Su questo noi ci stiamo organizzando per garantire uno scarico immediato quotidiano delle memorie depositate perché senza di questo non si potrebbe assicurare agli avvocati la visibilità di queste memorie e l’esercizio dei diritti di difesa e poi al giudice un’udienza che sia effettiva, rapida e tempestiva come la legge richiede.

Naturalmente non ci è sfuggita la norma che impone il rispetto dei termini di fissazione (art. 473-bis. 14) e tanto più il rispetto dei termini abbreviati dimezzati per i procedimenti in cui sia fatta questione di violenza: tale norma punisce il mancato rispetto con una sanzione disciplinare a carico del magistrato che non rispetti il termine. Ora abbiamo visto altre norme disciplinari che hanno avuto alterne applicazioni, ma quello che però noi oggi dobbiamo fare, se abbiamo responsabilità organizzative nei tribunali ordinari, è non lasciare soli i colleghi e quindi stabilire dei carichi di lavoro che consentano di fissare queste udienze in questi termini e che consentano soprattutto di trattarle e monitorare la situazione in modo da evitare che si creino situazioni di sofferenza e situazioni di disapplicazione della norma che siano non collegate al singolo giudice ma derivino da un problema strutturale. Nella esperienza che aveva Civitavecchia quando sono arrivato (il tribunale aveva sofferto nel 2017/2018 di gravissime scoperture di organico le udienze presidenziali erano fissate in termini intollerabilmente lunghi, fino a 11/12 mesi) mi ero preso l’impegno con il presidente del tribunale, mio impegno e impegno dei colleghi, di ridurre i tempi delle fissazioni. Siamo riusciti a ridurre queste fissazioni e adesso siamo già in linea con i termini che stabilisce la legge: ma questa è una esperienza particolare, non è detto che sia non è detto che sia facile da riprodurre.

Cosa che riteniamo importantissima in questa fase, e su questo condivido la preoccupazione dei colleghi del Tribunale per i minorenni che non hanno questa possibilità, noi stiamo utilizzando tantissimo l’ufficio del processo, ossia i funzionari addetti del Pnrr. Abbiamo una prassi che consideriamo virtuosa: noi avevamo già costituito un ufficio del processo prima della Cartabia, lavoriamo con otto uffici del processo nella sezione civile e nella sezione famiglia abbiamo un ufficio del processo. Questo ufficio del processo serve a garantire al giudice togato poi delegato all’udienza (prima lo garantiva al presidente in sede presidenziale adesso lo garantirà al giudice delegato dal collegio) lo studio preventivo della controversia e la realizzazione di appunti specifici che poi si possono archiviare telematicamente e riprendere in ogni successivo snodo processuale. Adesso aggiungeremo la verifica delle richieste di provvedimenti indifferibili, andremo a definire il thema decidendum confrontando le domande delle parti (perché tutti sanno che nel diritto di famiglia ci sono sette/otto argomenti che possono far parte del contenuto tipico del procedimento di famiglia ma non tutti sono obbligatori perché molto spesso le parti concordano su certi aspetti e quindi è essenziale che il giudice arrivi all’udienza conoscendo quali sono gli elementi del contenzioso su cui si concentra il contrasto e quali invece può lasciare da parte). Chiaramente questo serve a evidenziare gli elementi di possibile consensualizzazione perché non ci dobbiamo dimenticare che un buon cinquanta per cento dei procedimenti che arrivavano all’udienza presidenziale venivano definiti in via consensuale davanti al presidente che aveva una unica missione: o consensualizzo o prendo dei provvedimenti urgenti che mettano tranquille le parti inattesa del procedimento. Ora questa funzione non va perduta ma deve essere come dire trasferita con tutto lo strumentario al giudice delegato perché altrimenti tradiremmo la speranza e lo spirito della riforma. Noi dobbiamo cercare di arrivare alla prima udienza e chiudere con la consensuailzzazione non dico più cause di quelle che venivano chiuse davanti al presidente ma almeno quelle che venivano chiuse davanti al presidente. Se perdessimo una quota di queste consensualizzazioni già ci avvieremo al fallimento della riforma. Quindi per far questo il giudice deve arrivare conoscendo bene gli atti di causa con degli appunti specifici e può essere assolutamente aiutato dagli addetti l’ufficio del processo perché non si tratta, come dire, di una causa di fallimentare o di un concordato preventivo in cui l’addetto all’ufficio del processo obiettivamente può aiutare poco il giudice: nelle cause di famiglia molte delle deduzioni riguardano i fatti, per cui se i fatti sono analizzati con la dovuta attenzione la griglia del thema decidendum e del tema probandum può essere offerta al giudice. Naturalmente questo sarà essenziale anche per ammettere le prove e per cercare fin dalla prima udienza di evitare istruttorie inutili.

Altro problema che ci stiamo ponendo riguarda i nuovi strumenti che la riforma ha offerto. Mentre mentre prima i soli strumenti disponibili erano essenzialmente o quello della CTU o quello del riferimento alle alla rete di servizi sociali, adesso la riforma ha offerto una serie di strumenti, anzi uno strumentario tra cui il curatore speciale, la mediazione, l’esperto per gli interventi sul nucleo familiare di cui all’articolo 473-bis.26.

Proprio per quanto riguarda il curatore, che rappresenta un momento importante tra la fase della decisione e la fase dell’esecuzione del provvedimenti, vorrei tornare a quello che diceva Luca Villa: per la famiglia in crisi noi avremo sempre i procedimenti che dovranno durare perché la riforma richiede che il primo approccio al giudice sia il più rapido possibile ma non impone, non dovrebbe imporre, non la dobbiamo interpretare nel senso che imponga, anche una decisione a tutti i costi rapida perché là dove c’è necessità di curare, di seguire il nucleo familiare lo faremo e lo faremo sempre sia al tribunale ordinario che al Tribunale per i minori. La riforma dà delle possibilità e vuole un approccio immediato e poi dà delle possibilità di uscire rapidamente dal contenzioso laddove si possa. Una delle possibilità di uscire rapidamente è individuare le limitazioni della responsabilità genitoriale senza rimettere alla futura buona volontà delle parti l’esecuzione delle decisioni giudiziali, ma con la nomina del curatore o del tutore dei minori aprire un percorso che poi è pur sempre sotto la verifica del giudice in quanto si apre una tutela nel registro delle tutele. Questa è una possibilità che dà a una persona la responsabilità eventualmente di richiamare il giudice solo quando necessario senza fargli aprire procedimenti continui per ogni modifica come spesso purtroppo succedeva. È una scommessa vedremo se sarà vinta.

La preoccupazione organizzativa in termini di ricaduta sui tribunali è di non lasciare questa serie di strumenti alla buona volontà del singolo avvocato o del singolo giudice ma cercare di costruire una cornice che dia il più possibile uniformità e tutela per i diritti delle parti e dei minori. Come si può fare a costruire questa cornice? Sarò rapido: innanzitutto abbiamo già delle esperienze da cui possiamo prendere spunto: per esempio il tribunale di Messina ha predisposto un protocollo al quale hanno partecipato anche il tribunale per i minori e il consiglio dell’ordine degli avvocati. Questo protocollo prevede dei requisiti di iscrizione degli avvocati ad un albo e questo albo viene gestito diciamo da un organismo misto tra il tribunale e il consiglio dell’ordine e prevede degli obblighi formativi degli avvocati (si può discutere se gli obblighi formativi siano preventivi all’iscrizione o se si possa consentire l’iscrizione e poi fare la formazione di seguito). Io credo che esperienze come questa siano e debbano essere replicate per cercare di trovare una cornice di attuazione delle norme che il legislatore ha lasciato per certi aspetti troppo icastiche e troppo sintetiche. Abbiamo anche delle linee guida che ha adottato il Consiglio nazionale forense per i curatori: in questo senso la figura degli avvocati è per me essenziale non solo come parti del processo ma anche proprio come collaboratori di questo processo di famiglia che si chiude con una sentenza ma che poi chiede una sentenza che cammini sulle gambe del curatore speciale, degli avvocati delle parti, dei servizi sociali se incaricati.

In questo senso viene valorizzato il ruolo degli avvocati e devo dire che non è un’assoluta novità: abbiamo già da anni avvocati che avevano questa vocazione, che erano iscritti come curatori speciali, che già svolgevano queste attività perché questa riforma per molti aspetti viene a tradurre in legge delle prassi positive che ancora che già erano state sperimentate.

Anche la norma sui piani genitoriali richiama delle prassi che abbiamo già adottato: l’ultimo comma dell’articolo 473-bis.12 stabilisce che nei ricorsi riguardanti minori venga depositato un piano genitoriale. A chiarimento preciso che ci riportiamo sempre all’ottica del ricorso in cui si discute dell’affido, del mantenimento di figli nati nel matrimonio o fuori del matrimonio, ma nell’ambito di una famiglia che discuta appunto dei soldi, dell’affido, della frequentazione non di una famiglia dove ci siano problemi gravissimi che danno origine a procedimenti De potestate.

Per questi piani genitoriali, in ragione di una prassi che era stata avviata presso la sezione civile del Tribunale di Civitavecchia prima che ne divenissi presidente, era stato costituito da una collega adesso al Tribunale di Roma lo sportello famiglia del tribunale di Civitavecchia: e questo sportello famiglia prevedeva una convenzione tra l’università la Sapienza di Roma (Dipartimento di Psicologia) e le ASL 3 e 4: questa convenzione ha operato già con tre rinnovi, quindi molto prima della Cartabia,  e prevedeva che degli operatori in tribunale accogliessero le parti e le aiutassero a redigere dei piani genitoriali per aiutarle nella fase precedente all’udienza presidenziale a capire già loro quali erano i punti su cui erano in contatto quali erano i punti i sui quali erano in disaccordo e per aiutare una definizione consensuale. Naturalmente questo non aveva successo in tutti i casi però poteva servire a segnalare al giudice dei casi particolarmente pericolosi. Abbiamo adesso aggiornato la convenzione per prendere atto della modifica legislativa e per continuare in una esperienza che aveva già dato esito positivo e che aveva consentito anche all’Università la Sapienza di Roma di effettuare degli approfondimenti nel loro campo e delle ricerche diciamo a valle di questo contenzioso.

Concludo con il tema del rapporto con la procura: io non vedo così plumbeo il panorama della disponibilità della procura ordinaria a farsi carico e a farsi interprete di questa riforma. Io penso che certamente se ripensiamo alla situazione di dieci anni fa, quando la procura ordinaria non aveva queste competenze legislative, non se ne doveva occupare perché erano molto più ridotti i casi anche di fronte al tribunale ordinario, è chiaro che le energie e le organizzazioni erano tarate sui bisogni di quel tempo. Ma io sono assolutamente convinto che le procure ordinarie, cui non mancano competenze e organici, sapranno organizzarsi ed avviare una pronta collaborazione, anche se vogliamo sulla base di protocolli, per svolgere quella tutela dell’interesse pubblico che hanno sempre svolto in tutti i procedimenti. Io credo che si potranno certamente organizzare anche con protocolli come stiamo per esempio già facendo nella materia della Codice delle crisi di impresa laddove stiamo elaborando dei protocolli che garantiscano il passaggio di informazioni.

E credo quindi che potremo sviluppare positivamente anche questo aspetto della riforma e con questo concludo vi ringrazio.

Gli altri interventi

Saluti

Prima sessione
L’impatto della riforma sull’organizzazione degli uffici giudiziari

Seconda sessione
I soggetti processuali alla prova del nuovo rito

Terza Sessione
Csm e Ministero: quali interventi per attuare la riforma?

Quarta sessione
L’impatto sulla tutela dei diritti

Interventi al dibattito

Conclusioni