MARZO
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Diario dal Consiglio del 16 marzo 2024

Rientro da sede disagiata e cambio di funzione

Sembra davvero surreale riprendere i lavori che hanno portato alla emanazione della legge n. 133/1998, relativa, fra l’altro, agli incentivi riservati ai magistrati trasferiti d’ufficio a sedi disagiate,  e leggere nei vari resoconti parlamentari: “…certo, se si riuscisse a coprire tutti i vuoti d’organico dei magistrati, il problema (della copertura dei posti nelle sedi disagiate) non si porrebbe, di talché la soluzione definitiva del problema è rappresentata dall’accelerazione dei concorsi per fare in modo che vi sia reale coincidenza  fra gli organici previsti e quelli effettivi…”.

Argomento assolutamente scontato – ma ancora tanto attuale, quando addirittura si parla di reclutamento straordinario – pur se non del tutto pertinente alla risposta al quesito oggetto del presente passo del Diario, nel quale affrontiamo un interessante caso posto all’attenzione del Consiglio da parte di un attento collega assegnato a una sede disagiata (in forza della sopra richiamata l. n. 133/88).

Per norma attualmente vigente, per sede disagiata è da intendersi l’ufficio giudiziario per il quale ricorrono congiuntamente il requisito della mancata copertura dei posti messi a concorso nell’ultima pubblicazione e la quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento dell’organico.

Il collega si è chiesto argutamente se la riassegnazione alla sede di provenienza (a seguito di permanenza in sede disagiata), che comporti il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa in epoca successiva all’entrata in vigore della l. n. 71/2022, debba essere valutata quale passaggio di funzioni ai sensi della citata legge oppure se continui a trovare applicazione la disciplina sinora prevista, secondo la quale “ai fini della legittimazione ai successivi trasferimenti ordinari, il trasferimento a sede disagiata e la riassegnazione al posto di provenienza non si computano ai fini del limite massimo di mutamenti di funzioni nell’arco della carriera”.

Il problema non è di poco momento, se si considera che la legge 71/2022 ha modificato l’art. 13 del d. lgs. 160/2006, innovando profondamente la disciplina del mutamento delle funzioni, che per regola generale viene ora consentito una sola volta nel corso del percorso professionale.

Sull’interpretazione dell’art. 13 novellato e sulla disciplina transitoria dettata dall’art. 12 legge 71/2022 il Consiglio è già intervenuto nel marzo del 2023, in occasione dell’approvazione delle delibere di tramutamento di primo grado, relative agli uffici requirenti e giudicanti, nel tentativo di contenere gli effetti di una disciplina incidente in modo rilevante sull’ordinamento giudiziario, tanto da limitare il principio di unitarietà della giurisdizione e introdurre una sostanziale separazione delle carriere.

In particolare, la norma transitoria dettata dal comma 2 dell’art. 12 l. 71/2022 (che ha inteso tutelare l’affidamento dei magistrati che abbiano effettuato uno o più cambi di funzione prima dell’entrata in vigore della riforma, in un momento in cui non era prevedibile alcuna delle limitazioni successivamente introdotte), si limita a prevedere soltanto che ai magistrati che prima dell’entrata in vigore della novella abbiano già effettuato almeno un passaggio di funzioni è consentito un solo ulteriore mutamento, del tutto libero e non soggetto ad alcuna preclusione funzionale; ma la disposizione nulla dice con riferimento ai magistrati legittimati che, alla data di entrata in vigore della riforma, non avevano mai effettuato alcun passaggio di funzioni!

Il Consiglio ha ritenuto di applicare anche a questi colleghi la stessa disciplina, per evitare una irragionevole discriminazione con le categorie menzionate espressamente dalla norma transitoria e che sono accomunate dal medesimo affidamento, la cui tutela costituisce la finalità della disciplina prevista dall’art. 12, comma 2 in questione. Pertanto, anche alla posizione dei magistrati che mai nella loro carriera hanno effettuato un passaggio di funzioni è stata riconosciuta la salvaguardia sancita dalla disposizione transitoria, ammettendo la possibilità di un passaggio di funzioni senza soggiacere alle limitazioni funzionali introdotte dal comma 3 dell’art. 13.

Ritornando al quesito in esame, abbiamo sostenuto in commissione, prima, e nel Plenum del 6 marzo, dopo, la necessità di dare rilievo al disposto del secondo comma dell’art. 5 della l. n. 133/1998, secondo cui “se la permanenza in effettivo servizio presso la sede disagiata supera i quattro anni, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato, a domanda, alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze”.

Tale previsione rappresenta uno dei tasselli della disciplina di favore prevista per i magistrati disposti a essere assegnati ad una delle sedi disagiate individuate dal Csm, su proposta del Ministro della Giustizia. Perciò, oltre a una specifica indennità mensile, a una previsione vantaggiosa nel calcolo della anzianità di servizio (in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede) e a punteggi aggiuntivi in vista di successivi trasferimenti a domanda (art. 49 circolare n. 13778), al magistrato trasferito a sede disagiata è riservato altresì il diritto a essere riassegnato nelle stesse sede e funzioni precedenti.

Abbiamo così ritenuto che tale disciplina dell’art. 5 appena richiamato, ugualmente di rango primario, proprio per la sua finalità, prevalga rispetto al disposto dell’art. 13 del d. lgs. 160/2006 per il carattere di specialità. Di conseguenza il trasferimento a sede disagiata e la “riassegnazione” al posto di provenienza non vanno computati ai fini del limite massimo di mutamenti di funzione nell’arco della carriera.

Peraltro, l’istituto della riassegnazione non coincide con quello del tramutamento, ponendosi in continuità con il periodo di attività già svolto nella sede di provenienza prima del tramutamento alla sede disagiata, non determinando il decorso di un nuovo termine per la legittimazione.

In sede di risposta al quesito il Consiglio ha poi ribadito che i punteggi maturati nelle sedi disagiate valgono solo in occasione del primo trasferimento successivo e solo in relazione a un posto di grado pari a quello occupato in precedenza, come previsto dal primo comma dell’art. 5 citato (“..ai soli fini del primo tramutamento per un posto di grado pari a quello occupato in precedenza…”); la regola è richiamata dall’art. 49 della circolare n. 13778 secondo cui: “i punteggi maturati nelle sedi disagiate…possono essere utilizzati solo per il trasferimento successivo”.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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