

Diario dal Consiglio del 1º febbraio 2025
APP, cahiers des doléances ancora inascoltati
Il processo penale telematico dovrebbe rappresentare un passo significativo verso la modernizzazione della giustizia in Italia.
Tuttavia, come da oltre un anno i lavori della Settima commissione hanno messo in evidenza, esistono sin dalla sua realizzazione gravi criticità legate all’impiego dell’applicativo APP, strumento centrale per la gestione telematica dei procedimenti penali.
Il processo penale telematico è regolato da una serie di decreti ministeriali, tra cui il D.M. 29 dicembre 2023, n. 217, e il successivo D.M. 27 dicembre 2024, n. 206, che hanno stabilito obblighi di deposito telematico di atti e documenti, ma la loro attuazione ha rivelato lacune significative che, a seguito delle accelerazioni al progetto determinate con il provvedimento del dicembre scorso hanno indotto i dirigenti della maggior parte degli uffici a intervenire con provvedimenti sospensivi ai sensi dell’art. 175-bis, quarto comma, c.p.p. .
La Settima commissione sta monitorando l’attuazione e l’implementazione del processo penale telematico. Grazie anche alla collaborazione della sua struttura tecnica per l’organizzazione e dei referenti distrettuali per l’informatica, sono stati riscontrati problemi tecnici e strutturali nell’applicativo APP.
Tra le principali criticità sono riconducibili, in sintesi a:
- le inadeguatezze delle strutture tecnologiche, in quanto molti uffici giudiziari non dispongono degli strumenti necessari per il deposito telematico, rendendosi così difficile l’applicazione delle nuove norme.
- la diffusa incapacità di una gestione corretta dei flussi processuali, che è causa di lentezze, inefficienze e confusione tra gli operatori del diritto.
Tali problematiche si amplificano nei riti speciali, come il patteggiamento e il procedimento per decreto, dove l’applicativo non offre il supporto necessario per una gestione efficace.
Con delibera del 22 gennaio scorso il CSM ha licenziato una raccolta analitica delle deficienze riscontrate, confidando in un rinnovato dialogo col Ministero affinché vengano apportati i correttivi necessari. Occorre muovere, però, da un confronto sui flussi effettivi di lavoro e sulle procedure adottate quotidianamente dai magistrati requirenti e giudicanti in applicazione del codice di rito.
È quanto era stato invocato dal Consiglio, del resto, già nella delibera del 13 dicembre 2024, della quale avevamo dato conto.
È opinione ormai diffusa, alla prova dei fatti, che l’attuale versione di APP, per come configurata, possa compromettere gravemente l’efficacia e la tempestività del servizio relativo alla giustizia penale. In assenza di un intervento correttivo, alcune fasi del processo rischiano di essere paralizzate, con ovvie conseguenze dirette sui diritti dei cittadini e sulla credibilità del sistema giudiziario.
Le doglianze riscontrate sul territorio nazionale sono pervenute da tutti gli operatori del settore, magistrati, personale amministrativo e avvocati.
Il Consiglio Superiore della Magistratura aveva già prospettato a suo tempo al Ministero alcune soluzioni possibili. Quali esse siano, non potranno però essere adottate senza un preventivo collaudo. La giustizia penale non può essere concepita come un laboratorio nel quale si sperimenta la bontà o meno dell’applicativo informatico sulle indagini e sui procedimenti in corso, in danno della correttezza dell’azione giudiziaria, mettendo a repentaglio ogni giorno la responsabilità degli operatori del diritto e, di conseguenza, i diritti dei cittadini.
Alle considerazioni che attengono al rispetto delle regole processuali si aggiungono quelle relative ai tempi di lavoro. Le difficoltà che ogni giorno si incontrano nel funzionamento di APP determinano ritardi rilevanti nell’adempimento di compiti ordinari e, quindi, nella definizione dei procedimenti. Ciò, oltre a incidere sui diritti delle parti, non può non avere ripercussioni gravi sul percorso diretto al raggiungimento degli obiettivi del PNRR.
L’accelerazione impressa dal Ministero all’attuazione della digitalizzazione è dovuta all’esigenza di conseguire tali obiettivi. Sarebbe però paradossale e deleterio che proprio questa scelta, insensibile all’inadeguatezza dello strumento tecnologico rispetto alle regole e alle attività processuali, conducesse al risultato opposto.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello