MAGGIO
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Diario dal Consiglio del 10 maggio 2025

Per il PNRR possiamo demolire il processo civile?

Il Ministero della giustizia, al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNRR in ordine all’abbattimento delle pendenze civili, ha elaborato l’ipotesi di un piano straordinario di applicazione da remoto, su base volontaria, di magistrati da destinare (fino ad un massimo di cinquecento) agli uffici giudiziari che si trovano in difficoltà nel raggiungimento dei target di eliminazione dell’arretrato in scadenza a giugno 2026.

I magistrati disponibili all’applicazione – della durata di sei mesi, rinnovabile per una sola volta – verrebbero selezionati tramite interpello e assegnati agli uffici individuati dal CSM tra quelli proposti dal Ministero in base al livello di raggiungimento degli obiettivi PNRR al 31 dicembre 2024.

Il magistrato applicato – che resterebbe a tutti gli effetti in servizio presso l’ufficio di appartenenza e dovrebbe mantenere una produttività non inferiore a quella media di tale ufficio – si renderebbe disponibile a definire da remoto almeno trenta procedimenti civili, individuati dal presidente dell’ufficio destinatario dell’applicazione tra quelli maturi per la decisione appartenenti alle macro-materie rilevanti ai fini del PNRR.

Al magistrato applicato da remoto verrebbero riconosciuto un punteggio aggiuntivo nella sua prima domanda di trasferimento nonché un compenso pecuniario, da determinarsi in ragione del numero di procedimenti definiti tra quelli assegnatigli dal presidente dell’ufficio destinatario dell’applicazione.

Noi di AreaDG abbiamo immediatamente espresso la più radicale contrarietà a questa ipotesi, che ci pare travolga – forse nemmeno con piena consapevolezza da parte del Ministro – tutta l’elaborazione che nell’ultimo mezzo secolo si è sviluppata in Italia sul processo civile.

È con la legge n. 353/1990 – che intervenne sul codice di procedura civile del 1942, vivificandolo con il respiro della riforma del processo del lavoro del 1973 (legge n. 533 del 1973) – che i principi di immediatezza, oralità e concentrazione sono tornati al centro del processo civile italiano, dopo che ne erano stati allontanati con la novella del 1950 (legge n. 581 del 1950).

È con l’esperienza degli osservatori del processo civile – nati dal dialogo proficuo tra avvocati e magistrati – che si è capito che la sentenza non può essere concepita come il prodotto della riflessione solipsistica di un giudice che legge le carte processuali nel chiuso del proprio studio, ma deve costituire l’esito di un dialogo intrecciato tra giudice e parti fin dalla prima udienza.

È con l’ufficio del processo, ideato da magistrati e avvocati di buona volontà e, infine, recepito dal legislatore (articolo 16-octies del decreto-legge n. 179 del 2012), che il mestiere di giudice ha iniziato a perdere i tratti di un lavoro artigianale e solitario per trasformarsi in un lavoro collettivo, in cui egli porta a sintesi i contributi che pervengono da uno staff composto da professionalità diverse e sinergiche.

Tutto questo percorso culturale verrebbe posto nel nulla da una disposizione che delocalizza la decisione rispetto al processo di cui essa costituisce l’esito; che affida parti e difensori a un giudice che essi non conoscono e che non li conosce; che dematerializza, dopo il processo, anche la decisione, trasformandola in un dictum astratto proveniente da un decisore lontano ed invisibile.

Per non parlare del fatto che, in un momento come questo, caratterizzato da un alto tasso di scopertura degli organici che investe tutti gli uffici, l’idea che alcuni magistrati si possano sobbarcare senza sgravi un surplus di lavoro (trenta motivazioni di sentenze in sei mesi) sembra frutto della percezione per cui vi sarebbero contesti ove l’attività giudiziaria ordinaria sarebbe poco gravosa. Ma attualmente non è così.

A noi sembra che il CSM debba contrastare con la massima fermezza una idea del genere. Per raggiungere i target del PNRR non si può distruggere la giurisdizione civile. Si stabilizzino tutti gli UPP, si faccia funzionare il processo telematico, si colmino con urgenza le gravissime carenze di organico del personale amministrativo. Questo deve fare il Ministero, ai sensi dell’articolo 110 della Costituzione.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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