

Diario dal Consiglio del 29 marzo 2025
Dai procedimenti sui migranti un forte aggravio per le Corti
È stata approvata nel Plenum del 19 marzo scorso la delibera avente ad oggetto la “analisi delle ricadute organizzative sulle Corti di Appello in seguito allo spostamento della competenza in materia di convalida dei provvedimenti di trattenimento dei richiedenti protezione internazionale”.
Ricorderete il nostro DIARIO del 14 dicembre scorso, successivo al Plenum nel quale il Consiglio aveva varato il parere sulla normativa d’urgenza in materia di immigrazione, di cui al d.l. n. 145 del 2024, convertito con modificazioni dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187. Nell’occasione avevamo sottolineato le evidenti criticità in merito alla scarsa chiarezza di alcune disposizioni, anche con riferimento all’opportunità di devolvere una parte del contenzioso in materia di trattenimenti alle Corti di Appello, sottraendolo alle sezioni specializzate in materia di immigrazione dei tribunali.
In particolare, avevamo sostenuto, e sosteniamo ancora, che le nuove regole sulla competenza delle Corti a giudicare sulla convalida del provvedimento di trattenimento (o proroga del trattenimento) contrasta con le esigenze di specializzazione affermate dallo stesso Parlamento in sede di istituzione delle sezioni per l’immigrazione, incrina un consolidato assetto giurisdizionale in tema di convalida dei trattenimenti e insinua un pericoloso precedente spingendosi sino ad individuare la sezione che debba occuparsi della materia, quasi sostituendosi ai dirigenti degli uffici, al sistema tabellare, allo stesso governo autonomo della magistratura.
Ben consapevoli delle ricadute di tali previsioni normative, dunque, ci è sembrato doveroso, anche in previsione delle variazioni tabellari a carico dei presidenti, e che, effettivamente, sono tutte in corso di esame da parte della Settima commissione, procedere a una immediata verifica dell’impatto della normativa, in termini statistici, sulle corti d’appello; su questo tema si è poi innestato quello, diverso, relativo alla problematica sulla competenza civile o penale dei procedimenti di convalida dei trattenimenti.
A chi, ancora in Plenum, ha definito superflua la delibera trattata il 19 marzo, abbiamo con fermezza ricordato l’ovvio e cioè che è specifica attribuzione del Consiglio la valutazione dell’impatto di ogni riforma sull’organizzazione degli uffici giudiziari, specie nei casi in cui, come quello in esame, la riforma non sia stata accompagnata da seria e meditata ponderazione.
La prima parte della delibera ha natura essenzialmente ricognitiva, partendo dagli elementi informativi raccolti: pur evidenziandosi le difficoltà nel rilevamento e nella lettura dei dati statistici (per es., per la mancata previsione di autonomi codici oggetto), sono state predisposte dei prospetti riepilogativi dei procedimenti sopravvenuti per ciascuna sede per ciascun anno, sulla base dei flussi degli ultimi tre anni per ciascun tribunale distrettuale, e si è dunque ipotizzata una stima delle sopravvenienze prudenziale, forse troppo, per ciascuna corte di appello, rimandando alla fine del primo semestre dell’anno in corso un vaglio più puntuale e l’analisi dei flussi.
Ci è sembrato che una prima verifica in tal senso fosse assolutamente doverosa in vista della più che verosimile esigenza, da rappresentare al Ministro della giustizia, di rafforzare gli organici delle corti di appello maggiormente coinvolte dai nuovi flussi di lavoro. Resta il dato che il nuovo, improvvido, carico di lavoro previsto per le Corti non potrà non incidere sul raggiungimento degli obiettivi PNRR).
Nella seconda parte della delibera, esaminate le misure organizzative adottate dai dirigenti, si è evidenziato come sia prevalsa l’opzione a favore di un’assegnazione al settore civile in via esclusiva e in particolare, dove istituita, alla sezione già incaricata della trattazione della materia della immigrazione e protezione internazionale, o, altrimenti, alla sezione competente in materia di stato delle persone, con distribuzione tra i consiglieri secondo gli ordinari criteri di assegnazione tabellare.
Solo in alcune Corti sono stati coinvolti anche i consiglieri del settore penale e vi è stata prevista l’applicazione di giudici provenienti dalle sezioni specializzate del tribunale.
È in tale seconda parte che ha assunto rilievo la problematica sulla competenza civile o penale dei procedimenti di convalida (o proroga) dei trattenimenti e delle misure alternative (del richiedente protezione internazionale ex artt. 6, 6-bis e 6-ter d.lgs. n. 142 del 2015 e delle persone straniere in condizioni di irregolarità ex art. 10-ter, comma 3, quarto periodo, t. u. imm.).
Sul punto, si è correttamente dato atto delle varie posizioni che sono state assunte sulla questione dal parere dell’ufficio studi del Consiglio e dalla sentenza n. 2967, depositata il 14.1.2025, della prima sezione penale della Corte di cassazione, entrambi nel senso di individuare la competenza sui procedimenti in esame in capo alle sezioni penali delle corti di appello.
Ma, al contempo, abbiamo ritenuto con fermezza che la delicatezza del tema, in uno col pochissimo tempo decorso dall’entrata in vigore delle nuove norme, imponesse al CSM di adottare decisioni caute e ragionevoli, capaci di venire incontro alle esigenze organizzative delle Corti.
In tale direzione ci siamo mossi, prima in commissione e poi in Plenum: le nuove norme lasciano spazio a interpretazioni diverse, poiché il riferimento alla competenza della corte di appello sul MAE può essere letto come insufficiente a fare ritenere che le controversie sul trattenimento siano state devolute dalla giurisdizione ordinaria civile a quella penale; in assenza di una diretta o indiretta inerenza della materia al settore penale, del tutto sganciata dalla commissione di reati, e in difetto di una norma di natura sostanziale che, a monte, in maniera specifica, le attribuisca connotati propriamente penalistici, potrebbe anche sostenersi che la stessa debba restare oggetto di attenzione da parte della magistratura ordinaria civile (del resto, il procedimento non è mutato, improntato a regole civilistiche e iscritto sul registro informatico SICID).
Altri problemi sistematici sono dati dalla singolarità di un rito monocratico, attualmente non esistente in appello in sede civile come in sede penale, dall’attribuzione al giudice penale, ove ritenuta, di una materia basata su norme che nulla hanno a che fare con le regole penalistiche, della natura incidentale delle decisioni in tema di trattenimento che vanno a inserirsi in una procedura di natura prettamente civilistica.
Si attende, peraltro, un intervento da parte della Corte Costituzionale, già investita di alcune delle tematiche sopra indicate (in Plenum la questione, introdotta dal procuratore generale, è stata dibattuta).
Siamo, fra l’altro, convinti, specie in un simile contesto, che la delibera adottata si ponga correttamente nella scia dei poteri propri del CSM in materia di organizzazione degli uffici giudiziari: detti poteri hanno natura amministrativa e hanno lo scopo, oltre che di garantire autonomia e indipendenza del magistrato, di assicurare il buon funzionamento dell’ufficio, l’efficienza e la continuità di indirizzo organizzativo.
Pertanto, in attesa dell’analisi dell’evoluzione del nuovo assetto, la delibera appena approvata intende agevolare i presidenti di corte nella gestione ragionevole di questa prima fase e consentire loro di indirizzare nel modo più opportuno le scelte organizzative nella nuova materia in una direzione di efficienza: riteniamo che nella valutazione delle proposte di variazione il Consiglio debba essere guidato non dalla qualificazione della competenza come civile o penale, ma solo da un criterio di conformità o meno alla vigente normativa tabellare
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello