

Diario dal Consiglio del 1º febbraio 2025
Un faro sulle R.E.M.S. in mezzo al buio
Nel Plenum del 22 gennaio scorso il CSM ha preso atto della relazione sulle REMS predisposta dalla Commissione mista per lo studio dei problemi della magistratura di sorveglianza e dell’esecuzione penale, istituita – in continuità con le esperienze delle precedenti consigliature – al fine di sviluppare una riflessione comune sulle problematiche connesse alla esecuzione della pena e composta da consiglieri del CSM (Mirenda, Paolini e Tullio), magistrati di sorveglianza, pubblici ministeri e magistrati del Ministero della Giustizia.
Undici anni dopo la legge n. 81 del 2014, che abolì gli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) istituendo le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.), sono ancora numerose le criticità e le disfunzioni attuative che la riforma ha portato con sé. Come denunciamo da tempo, a prescindere dall’indiscutibile condivisibilità dei principi ispiratori della novella, le inefficienze del sistema delle R.E.M.S. hanno gravi ricadute sui diritti fondamentali dei malati psichiatrici – i più deboli, tra i soggetti deboli – e si traducono in un inaccettabile aggravio di oneri e responsabilità per la magistratura di sorveglianza, per gli esperti giuridici coinvolti nelle valutazioni di capacità e pericolosità e per gli operatori sanitari e di polizia.
Il sistema delle residenze si caratterizza per la complessità della rete di attori istituzionali coinvolti nell’erogazione ed esecuzione delle misure di sicurezza, che include settori eterogenei quali sono le amministrazioni della giustizia e la sanità nonché diversi livelli di governo, nazionale (ministeri) e locale (Regioni e ASL). Le persone che si occupano di R.E.M.S. dunque, come ha detto Marcello nel suo intervento in Plenum, “parlano lingue diverse”.
Per questa ragione, la Commissione mista ha ritenuto imprescindibile un momento di confronto inter-istituzionale, procedendo in primo luogo all’audizione dei rappresentanti del DAP e del Ministero della Salute. Il documento conclusivo dei lavori della commissione espone le principali problematiche che affliggono il sistema e suggerisce concrete linee di intervento al legislatore e al governo.
Tali linee si muovano su due direttrici: la prima, di breve termine, tende ad una generale e ragionata revisione del numero dei posti all’interno delle residenze (peraltro inspiegabilmente assenti in Calabria e Umbria); la seconda, di medio-lungo termine, tende all’aumento dei centri di igiene mentale e delle strutture di accoglienza sul territorio. E’ altresì emersa, l’esigenza di prevedere una rivalutazione periodica della pericolosità sociale dei soggetti in lista di attesa per l’ingresso in struttura onde scongiurare il collocamento nelle R.E.M.S. di soggetti che potrebbero essere destinatari di una misura non detentiva da svolgersi sul territorio.
In Italia circa 6.000-9.000 detenuti (il 10-15% della popolazione carceraria) risultano affetti da disturbo mentale grave. Le sezioni carcerarie specialistiche dedicate ai disturbi mentali (c.d. ATSM) sono presenti in 33 istituti penitenziari, per un totale di 320 posti circa, che corrispondono orientativamente allo 0,5% della popolazione detenuta. Perciò i detenuti imputabili affetti da disturbo mentale (spesso anche in comorbilità con disturbo da uso di sostanze), i c.d. “rei folli”, che sono presenti in numero sempre maggiore, vengono sovente allocati nelle sezioni comuni degli istituti ove sono presenti tali reparti, in totale promiscuità con la restante popolazione. Quanto alla condizione dei soggetti non imputabili (c.d. “folli rei”), essi sono invece di fatto affidati alla sanità territoriale, spesso a detrimento delle funzioni di cura e anche con evidenti problematiche sotto il profilo prettamente custodiale.
Dalle audizioni è emersa innanzitutto l’inadeguatezza del numero dei posti-letto disponibili presso le R.E.M.S. rispetto al fabbisogno realistico, individuato in 1.200 posti. Le cifre fornite dal DAP restituiscono un quadro allarmante. Stante l’esiguo numero di posti, alla data del 7.5.2024 677 persone già destinatarie di misure di sicurezza versavano nello stato di “liberi in attesa di internamento”. Come sottolineato nell’intervento in Plenum di Tullio, questa situazione rappresenta un grave dramma sociale, perché ha per naturale conseguenza che soggetti anche altamente pericolosi vengano lasciati soli o di fatto affidati alla cura delle proprie famiglie, gravate di oneri e responsabilità insostenibili, oltre a comportare significativi rischi per l’incolumità dei cittadini.
Allo stato, le liste d’attesa sono gestite dal sistema sanitario, solo da poco in coordinamento con il DAP, al fine di assicurare la corretta proporzione tra posti-letto e personale sanitario. I rappresentanti del Ministero della salute hanno confermato la persistenza di problematiche già note, in particolare la carenza di personale presso le R.E.M.S., la generale diserzione dei relativi reclutamenti e le gravi criticità nelle garanzie di sicurezza per il personale (medico e non) ivi operante.
Inoltre, per le misure di sicurezza non detentive, che dovrebbero essere valorizzate quale percorso alternativo al ricovero nelle residenze per i soggetti non imputabili, il trattamento viene realizzato unicamente in circuiti ordinari della salute mentale (ambulatoriali, semi-residenziali, residenziali), con una sovrapposizione dei piani del controllo e della cura non sempre adeguatamente gestibile ed elementi “costrittivi” che spesso inibiscono la libera scelta del paziente e la capacità di cura dell’équipe terapeutica.
Anche per quanto è risultato dal confronto “indiretto” tra Ministero della salute e Ministero della giustizia in sede di audizioni, la Commissione ha individuato sette esigenze prioritarie, con l’intenzione di stimolare e supportare l’azione legislativa e governativa in materia, raccomandando:
- l’aumento di circa 700 unità dei posti disponibili presso le R.E.M.S., corrispondenti al fabbisogno stimato per ridurre le liste di attesa, dando così concreta attuazione ai diritti delle persone destinatarie di misure di sicurezza e alleviando il peso di fatto scaricato sulle loro famiglie;
- la costituzione di un osservatorio per il monitoraggio dei dati e l’istituzione di un albo di periti e consulenti del tribunale appositamente formati per la valutazione della capacità di intendere e di volere e della pericolosità, affinché l’autorità giudiziaria disponga di professionisti in grado di valutare la reale necessità del collocamento dei soggetti non imputabili in R.E.M.S., favorendo soluzioni intermedie più miti e scongiurando l’abuso del ricorso a tale strumento;
- l’instaurazione di un efficace canale di scambio interistituzionale tra magistratura e servizi sanitari, in modo da consentire all’autorità giudiziaria di intervenire celermente per rivalutare i profili di rilievo, eventualmente modificando la misura di sicurezza applicata;
- il potenziamento delle sezioni ATSM all’interno degli istituti penitenziari e la realizzazione di apposite sezioni specialistiche psichiatriche per soggetti tossicodipendenti con comorbilità, per garantire ai “rei folli” le misure speciali di sostegno appropriate alle loro esigenze;
- l’individuazione di un doppio circuito che distingua i pazienti ristabilizzati – che possano seguire un percorso di riabilitazione psichiatrica finalizzato a un prossimo reinserimento sociale – e i soggetti con un profilo di pericolosità bisognoso di contenimento, da gestire in strutture di alta sicurezza (in ipotesi tre centri: Nord, Centro, Sud), indispensabili per non scaricare sulla comunità degli internati in fase di recupero, e il relativo personale sanitario e amministrativo, gli oneri, le responsabilità e i rischi connessi al trattamento di soggetti altamente pericolosi;
- la ricognizione delle strutture psichiatriche sul territorio con setting assistenziali differenziati per pazienti ordinari e pazienti “autori di reato”;
- l’intervento del legislatore, in chiave di recupero della legalità costituzionale, per attribuire al Ministero della Giustizia le opportune competenze nella gestione delle R.E.M.S., in leale cooperazione con le altre figure istituzionali coinvolte, secondo le indicazioni della citata sentenza n. 22/2022 della Consulta.
Le R.E.M.S. rappresentano una realtà lontana dai riflettori del dibattito quotidiano, affidata a magistrati e professionisti che si fanno carico della tutela dei diritti fondamentali dei più deboli tra i deboli e che non possono essere lasciati soli di fronte a problemi che richiedono l’impegno sinergico delle istituzioni. D’altronde, lo stato di salute di una democrazia si misura anche – o soprattutto – dal modo in cui si prende cura dei soggetti più fragili.
Dopo il Plenum del 22 gennaio, le principali agenzie di stampa hanno rilanciato le conclusioni della Commissione Mista sulle R.E.M.S., con particolare enfasi sull’auspicato aumento dei posti disponibili presso tali strutture. Il Consiglio, dunque, è riuscito ad accendere un faro sulle R.E.M.S. e sulla difficile condizione degli autori di reato bisognosi di cure e di chi si impegna in prima linea nella tutela dei loro diritti, dalle famiglie agli operatori sanitari, con l’auspicio che nell’ombra della irrinunciabile conquista di civiltà rappresentata dal superamento degli OPG non si insinuino nuovi drammi sociali. Ma il lavoro del Consiglio non si ferma qui: è in corso l’organizzazione di un convegno sul “problema R.E.M.S.”, per tenere acceso il faro.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello