Diario dal Consiglio del 29 luglio
Autodisciplina dei Consigli giudiziari e limiti di legge
Il Consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Ancona ha rivolto al CSM un quesito in ordine alla possibilità di adottare le delibere di modifica del regolamento interno a maggioranza qualificata, superiore a quella prevista dalla legge.
L’art. 9-bis del d. lgs. 25/2006 stabilisce quanto segue: “1. Le sedute del Consiglio Giudiziario sono valide con la presenza della metà più uno dei componenti, in essi computati anche i membri di diritto.
- Le deliberazioni sono valide se adottate a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente”.
La disposizione del secondo comma prescrive dunque la maggioranza (semplice) dei presenti quale requisito di validità della decisione. Per le modifica da apportarsi al proprio regolamento interno il C.G. di Ancona ha previsto invece che occorra una maggioranza più ampia.
Nel rispondere al quesito che ne è scaturito il Consiglio superiore ha riassunto gli argomenti che militano a favore del riconoscimento, in capo ai Consigli giudiziari, di un potere di autodisciplina del proprio funzionamento e che l’hanno condotto a elaborare uno stabile orientamento in tal senso già prima della riforma dell’ordinamento giudiziario (cfr. la risoluzione sul decentramento dei Consigli giudiziari del 20.10.99 e la relazione al Parlamento sullo stato della giustizia del 2001), confermandolo anche dopo il 2006 grazie a ripetuti pareri del suo Ufficio studi e documentazione.
In definitiva, il potere di regolamentazione autonoma è da ritenersi, per i CG, “implicito” nelle loro attribuzioni, come “un corollario naturale ed uno sviluppo fisiologico delle loro competenze istituzionali”. Esso incontra il limite posto dalla normativa primaria, sicché i regolamenti interni possono disciplinare l’attività degli organi distrettuali del governo autonomo secundum legem o prarter legem, mai contra legem.
Fatte queste premesse il CSM, con delibera proposta dalla Sesta commissione e votata all’unanimità nell’adunanza plenaria del 26 luglio, ha ravvisato nel tenore letterale del secondo comma dell’art. 9-bis d. lgs. 26/2006 la prescrizione di un requisito minimo di validità delle delibere consiliari: il quorum funzionale della maggioranza semplice non preclude la possibilità di una maggioranza superiore; la maggioranza qualificata – in quanto pur essa maggioranza – non fa venire meno la validità della delibera.
Questo spazio di autonomia regolamentare non può essere dilatato sino a prevedere l’unanimità per alcune deliberazioni, poiché “unanimità” non è “maggioranza”.
Sul piano fattuale non sembra irragionevole che per apportare modifiche al proprio regolamento, cioè all’atto che, deputato a garantire il funzionamento del Consiglio giudiziario, più di altri deve godere di una propria stabilità nel tempo, venga prevista un quorum superiore alla mera maggioranza dei presenti. I regolamenti interni di alcuni C.G. già contengono una statuizione in tal senso.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello