Diario dal Consiglio del 25 maggio 2023
Cessazione dal mandato elettivo, un ricollocamento problematico
Fra le delibere affrontate nel Plenum del 17 maggio merita un cenno quella relativa al collocamento fuori ruolo del dott. Cosimo Maria Ferri, prima applicazione dell’art. 19 della legge n. 71/2022 che ha introdotto la disciplina sul “ricollocamento dei magistrati a seguito della cessazione di mandati elettivi”.
La norma prevede che “I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che hanno ricoperto la carica di parlamentare nazionale o europeo, di consigliere regionale o provinciale nelle province autonome di Trento e di Bolzano, di presidente delle giunte delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, di sindaco o di consigliere comunale, al termine del mandato, qualora non abbiano già maturato l’età per il pensionamento obbligatorio, sono collocati fuori ruolo, presso il Ministero di appartenenza….”; si aggiunge che “…le disposizioni del presente articolo si applicano alle cariche di cui al comma 1 assunte dopo la data di entrata in vigore della presente legge…”.
Con previsione drastica, dunque, questa disposizione non prevede il ricollocamento in ruolo del magistrato al termine del mandato elettivo, ma il suo collocamento fuori ruolo presso il Ministero di appartenenza.
Quanto al caso concreto, la Terza Commissione ha accertato che il dott. Ferri ha rassegnato le dimissioni da consigliere comunale nel Comune di Carrara (quindi ha comunque terminato il mandato) e ritenuto che l’art. 19 richiamato si applichi, fra gli altri, a tutti i magistrati eletti consiglieri comunali dopo l’entrata in vigore del medesimo art. 19, cioè dopo il 21.6.2022 e, quindi, anche al dott. Ferri, che era stato proclamato eletto il 28.6.2022. Di conseguenza la commissione stessa, prima, e il Plenum, dopo, hanno stabilito all’unanimità che la posizione del dott. Ferri sia assoggettata a questa nuova disciplina.
Perciò, da un lato, poiché la norma non prevede facoltà di ricollocamento in ruolo e di svolgimento di funzioni giurisdizionali, non è stata accolta la richiesta che in tal senso era stata invece avanzata dal magistrato; dall’altro, se ne è disposto il collocamento fuori ruolo presso il Ministero della Giustizia, non essendo prospettabile alcuna alternativa.
Nel corso della discussione in Plenum abbiano evidenziato alcuni aspetti problematici della nuova normativa che vanno al di là del caso singolo.
Tralasciando ogni questione in ordine ai possibili profili di incostituzionalità per violazione dell’art. 51 Cost., che assicura a chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive il diritto di conservare il suo posto di lavoro (e non pare esservi dubbio sul fatto che l’incarico fuori ruolo al ministero non abbia quelle caratteristiche sostanziali e strutturali tipiche dell’incarico nel ruolo giurisdizionale del magistrato), preme rilevare il ruolo riservato in generale al Consiglio Superiore della Magistratura.
Come noto, il Consiglio ha nel tempo elaborato un percorso autorizzativo per i fuori ruolo (adesso disciplinato nella circolare n. 13778 del 2014) che assicuri, dal punto di vista sia sostanziale che procedurale, il primario obiettivo di rendere sempre più chiaro e trasparente il percorso decisionale del Consiglio e di operare un rigoroso e costante vaglio della posizione di fuori ruolo ai fini dell’autorizzazione.
La rilevata perentorietà della nuova normativa sembra precludere, allo stato, ogni potestà di intervento e valutazione al Consiglio, che resta così spettatore passivo in tutti i casi di ricollocamento dei magistrati a seguito della cessazione di mandati elettivi disciplinati dall’art. 19.
Non solo: problemi interpretativi sorgono anche con riferimento alla riconducibilità di questa nuova categoria di fuori ruolo ai limiti quantitativi di cui alla normativa vigente.
In particolare, a seguito dell’interlocuzione avviata dalla commissione, il Ministero della Giustizia ha comunicato, con nota del 3.3.2023, di ritenere che l’art. 19 l. n. 71/2022, di immediata applicazione in virtù di quanto previsto dal suo secondo comma, si ponga in rapporto di specialità rispetto alle disposizioni generali sul collocamento fuori ruolo di cui alle leggi n. 181 del 2008 e 317 del 2001, poiché è volta a introdurre “una specifica regolamentazione di siffatto collocamento per quei magistrati che abbiano ricoperto determinati incarichi, dal cui svolgimento discende l’esplicito e definitivo divieto normativo di esercitare attività direttamente giurisdizionali”. Tale opzione interpretativa troverebbe conforto nel tenore letterale del citato art. 19 che circoscrive il divieto di posizioni soprannumerarie all’assunzione di diversi incarichi fuori ruolo “presso l'Avvocatura dello Stato o presso altre amministrazioni”, non prevedendo espressamente un limite analogo per l’Amministrazione di appartenenza.
Pertanto, i collocamenti fuori ruolo ex art. 19 l. n. 71/2022 potrebbero avvenire al di là del limite numerico della legge n. 181 del 2008 (duecento posti, salve eccezioni per funzioni presso organi costituzionali o di rilevanza costituzionale) e del limite della legge 317 del 2001 (volto a stabilire un numero massimo di magistrati collocabili fuori ruolo al Ministero della giustizia), sicché l’eventuale rispettivo superamento non sarebbe d’ostacolo all’applicazione della nuova disposizione.
Va premesso che nel caso in esame tali limiti non sono stati travalicati e che il problema giuridico non si è dunque posto in concreto. Restano però forti dubbi per il futuro in ordine alla presa di posizione del Ministero, sulla quale il Consiglio dovrà necessariamente pronunciarsi, non essendo affatto pacifico che la categoria dei magistrati cessati da cariche elettive sia tanto “speciale” da essere esonerata dal rispetto della soglia numerica complessiva: specie se si considera che, al momento, non è possibile fare previsioni sulla consistenza del novero di magistrati che saranno assoggettati alla disciplina dell’art. 19.
In particolare, se è vero, come autorevolmente sostenuto, che la norma in esame potrebbe rappresentare un forte disincentivo alla partecipazione alle competizioni elettorali, potrebbe valere anche il contrario e cioè che un numero consistente di magistrati, per le più svariate ragioni, possa farsi eleggere in piccole realtà comunali, magari come meri consiglieri, per dimettersi subito dopo e transitare al Ministero senza il vaglio del Csm e senza limite quantitativo.
Si tratta di temi che andranno necessariamente affrontati, tra gli altri, all’atto della revisione della circolare n. 13778 e che meriterebbero una riflessione ampia e condivisa all’interno della magistratura
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello