Diario dal Consiglio del 10 giugno
Come rendere più leggibili gli atti del processo
Il parere proposto dalla Sesta commissione e approvato all’unanimità dal Consiglio il 7 giugno concerne il regolamento voluto dalla riforma Cartabia con la modifica dell’art. 46 disp. att. c.p.c.: questo detta criteri stilistici per i processi verbali e gli altri atti giudiziari, soffermandosi anche sulla forma che assumono come documenti informatici. In base al quarto comma, il Ministero della giustizia, sentiti CSM e CNF, con decreto
- definisce “gli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo”;
- stabilisce “i limiti degli atti processuali, tenuto conto della tipologia, del valore, della complessità della controversia, del numero delle parti e della natura degli interessi coinvolti”.
Il legislatore ha precisato che l’inosservanza delle specifiche tecniche su forma e schema informatico nonché dei criteri e dei limiti di redazione dell’atto “non comporta invalidità, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo”
L’ultimo comma dell’art. 46 è dedicato agli atti del giudice, da redigersi “nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo”.
Il dettaglio delle regole contenute nella norma codicistica rende i contenuti del regolamento in parte necessitati. L’art. 2 detta i criteri di redazione degli atti processuali di parte. Ne sono poi fissati i limiti dimensionali, ancorati al numero di caratteri e distinti per tipologia di atto (art. 3) e i contenuti esclusi dai limiti stessi (art. 4).
In caso di superamento dei limiti, il difensore “espone sinteticamente nell’atto le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento” e inserisce un “indice”, meglio se con collegamenti ipertestuali, nonché una “breve sintesi” del contenuto dell’atto (art. 5). Sembra dunque che si sia preferito non subordinare la difformità dimensionale dell’atto all’autorizzazione del giudice – diversamente da quanto è previsto per il processo amministrativo – rimettendo così al senso di responsabilità della parte l’efficacia delle regole di stesura dell’atto.
Il regolamento contiene poi norme sulla tecnica di redazione e sugli schemi informatici. L’art. 7 è dedicato ai criteri per i provvedimenti del giudice che – redatti “in modo chiaro e sintetico” – devono rispettare i criteri contenutistici (art. 2) e la tecnica di redazionale (art. 6) generale, “in quanto compatibili”. Nel secondo comma dell’art. 7 v’è la sola avvertenza che le dimensioni degli atti del giudice siano “correlate alla complessità della controversia, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti”.
Il parere coglie quattro aspetti problematici del testo regolamentare, la prima delle quali si pone in continuità coi giudizi espressi già dal Consiglio nel 2021, sul d.d.l. della riforma civile, e nel 2022, sul decreto delegato.
Il primo concerne la già citata assenza di un’autorizzazione giudiziale al superamento dei limiti dimensionali fissati in via generale per ogni tipo di atto di parte.
Si è poi segnalato come il rinvio dell’art. 7, circa i criteri per i provvedimenti del giudice, all’art. 2 risulti criptico, posto che quelli qui dettati sono concepiti per gli atti di parte e non sembrano adattabili a quelli giudiziali, con l’eccezione, forse, di quello relativo alle parole chiave che individuano l’oggetto del giudizio (art. 2, co. 2, lett. c).
Il regolamento istituisce anche un osservatorio permanente sulla funzionalità dei criteri redazionali e dei limiti dimensionali stabiliti, con la precisazione che ai suoi componenti non sono corrisposti “compensi o gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti”; questa previsione, coerente con l’idea delle riforme a costo zero, è stata criticata nel parere consiliare, poiché, escludendo persino il diritto a un rimborso spese, è un disincentivo alla partecipazione dell’osservazione che ne sminuisce di fatto il rilievo.
Si è infine rilevato che l’imminenza dell’entrata in vigore del regolamento (30 giugno) metterà inevitabilmente in difficoltà i professionisti chiamati ad adattare la propria attività alle nuove regole.
Nel complesso il testo licenziato dal Ministero s’ispira in larga misura al protocollo d’intesa sul processo civile in Cassazione rinnovato il 2 marzo 2023 con PG, Avvocatura dello Stato e CNF. I principi di chiarezza e sinteticità degli atti del giudice e delle parti sono immanenti nel processo civile, come risulta dalla giurisprudenza consolidata della Cassazione, anche a sezioni unite, che, a partire dal 2014, in più occasioni, ha avuto modo di osservare come essi, introdotti nell’ordinamento processuale con l’articolo 3, secondo comma, del codice del processo amministrativo, siano espressivi d’un canone più generale, in quanto diretti a garantire la ragionevole durata del processo, costituzionalizzata nell’articolo 111, e la leale collaborazione tra le parti processuali nonché tra queste e il giudice.
Il dibattito che la delibera ha sollecitato in Plenum è stato di significativo respiro. Gli interventi di Marcello, relatore, Antonello e Tullio – che possono ascoltarsi cliccando sui link in nota[1] – sono stati accomunati dall’attenzione per il rilievo di simili interventi normativi sul piano culturale, poiché segnano il progressivo spostamento dell’attività giurisdizionale su piani sempre più condizionati da logiche di efficace organizzazione.
Senza sottrarsi a responsabilità che derivano ormai dalla Costituzione e dagli impegni sovranazionali, il governo autonomo della magistratura è dunque chiamato a vigilare perché, da un lato, questo approccio ormai insopprimibile venga non subito negli uffici giudiziari, bensì vissuto per quanto possibile in modo condiviso e, dall’altro, perché le esigenze di efficienza e produttività non portino il legislatore o l’esecutivo, sia pure in modo inconsapevole, a minare l’autonomia della giurisdizione nelle scelte processuali e nelle decisioni.
Il rinnovo biennale del regolamento, previsto dall’art. 46, sarà uno dei momenti in cui monitorare l’attività del Ministro anche sotto questo delicato profilo.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello