Diario dal Consiglio del 13 maggio 2023
Consigli giudiziari, quale vigilanza sugli uffici
Il 9 maggio la Sesta commissione del CSM ha riunito le rappresentanze di tutti i Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione per raccogliere opinioni e suggerimenti sulla nuova delibera relativa all’esercizio del potere di vigilanza, previsto dall’art. 15, primo comma, lett. d), d. lgs. 160/2006.
L’iniziativa ha fatto seguito ad alcune vicende che hanno visto il Consiglio Superiore interpellato a più riprese negli anni recenti in merito al raggio di operatività di questa disposizione, variamente regolata e attuata nei diversi distretti. Una prima linea guida era stata adottata a pochi anni di distanza dall’entrata in vigore della norma (risoluzione del 1° luglio 2010) per valorizzare il nuovo ruolo prefigurato dalla riforma del 2006 per i Consigli giudiziari e la rilevanza del potere di vigilanza sul piano della promozione del buona andamento degli uffici giudiziari.
In concreto esso è stato esercitato in modo molto difforme tra distretto e distretto, suscitando spesso incertezze applicative che hanno generato reazioni a livello locale e quesiti al CSM sull’ambito di competenza e la correttezza dell’azione dei Consigli giudiziari. Molta parte hanno giocato al riguardo le peculiarità delle realtà territoriali in cui l’attività è stata svolta. Rimangono però ancora marcate anche le differenze di regolamentazione della vigilanza nei regolamenti interni dei singoli CG, laddove essa sia prevista.
L’esperienza della gestione della pandemia nel mondo giudiziario ha rappresentato un momento significativo di riflessione anche su questo aspetto. I dirigenti degli uffici sono stati chiamati ad adottare misure emergenziali sia per la tutela della salute pubblica sia per garantire la prosecuzione dell’attività giurisdizionale in condizioni critiche. La vigilanza da parte di un unico organo a livello distrettuale ha permesso di verificare effettività e adeguatezza delle misure consequenziali e di assicurarne la loro circolarità. Al contempo è tornata di attualità la questione degli spazi riservati a questa specifica prerogativa.
Nel quadriennio precedente il Consiglio Superiore ha sollecitato ai singoli CG relazioni sulla disciplina e l’esercizio concreto di tali attività, raccogliendo tuttavia un numero assai ridotto di contributi. A poche settimane dal suo insediamento l’attuale Sesta commissione ha compiuto una ricognizione del materiale acquisito e promosso l’incontro del 9 maggio. Nel frattempo, ciascun organo ha trasmesso una relazione sintetica – era stato posto il limite delle tre pagine – descrittiva delle azioni condotte nel periodo di competenza. L’incontro ha potuto così essere dedicato al solo aspetto propositivo, con l’obiettivo di pervenire a una nuova risoluzione concepita sulla base di indicazioni e esigenze condivise.
Gli interventi hanno pungolato la commissione in molte direzioni, alcune tra loro contrapposte. La vivacità del confronto ha però confermato l’opportunità di un intervento per dipanare dubbi interpretative e difficoltà operative incontrate dai diversi Consigli.
Le molteplici sollecitazioni venute in tal senso sembrano contraddire l’eccesso di regolamentazione già presente nella normazione secondaria. La nuova risoluzione dovrà pertanto muoversi con questa consapevolezza, nel rispetto dell’autonomia dei Consigli giudiziari, limitando all’essenziale la spinta – pure presente in molte richieste – a una disciplina volta a tipizzare gli atti della vigilanza e a procedimentalizzare la sua azione.
Si avverte l’esigenza di mettere compiutamente a fuoco la distinzione tra la sorveglianza, affidata ai dirigenti sull’operato dei magistrati, e la vigilanza rivolta all’andamento degli uffici; v’è al contempo una richiesta diffusa di accreditamento dei Consigli giudiziari nell’esercizio di questa attività di fronte alle riserve avanzate da molti sulla loro legittimazione.
Sotto questo profilo la comprensibile esigenza di serenità del lavoro negli uffici va dunque bilanciata con quella di una gestione coordinata, diretta non a censurare, bensì a promuovere l’efficienza nel modo più uniforme possibile sui territori. A tale scopo un indirizzo che istituzionalizzi il confronto periodico tra Consiglio giudiziario e dirigenza locale non può che sdrammatizzare ogni iniziativa del primo, per ricondurla ad un’ottica di collaborazione comune.
L’art. 14 della legge 71/2022, modificando il d.l. 98/2011, ha affidato ai Consigli giudiziari l’indicazione di piani di smaltimento e d’interventi diversi da quelli individuati dai dirigenti per rimediare, rispettivamente ai “gravi e reiterati ritardi da parte di uno o più magistrati” o “al verificarsi di un aumento delle pendenze dell’ufficio o di una sezione in misura superiore al 10 per cento rispetto all’anno precedente”. Viene così riconosciuto ai CG un potere propositivo che presuppone una valutazione di concreta adeguatezza delle scelte dirigenziali in correlazione con obiettivi dati.
Si va dunque nell’inusitata direzione di un sindacato degli organi del governo autonomo sul merito delle soluzioni organizzative del singolo dirigente. L’intervento del Consiglio Superiore dovrà muoversi anche su questo delicato crinale, rispettando i ruoli di ciascuno dei protagonisti dell’attività giudiziaria
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello