LUGLIO
22

Diario dal Consiglio del 22 luglio

Corsi per aspiranti dirigenti, verso una riforma della riforma?

La legge n. 71/2022, innovando il testo del d. lgs. 26/2006, istitutivo della Scuola Superiore della Magistratura, ha modificato profondamente anche il testo dell’art. 26-bis, che disciplina l’obbligo formativo per quanti aspirino a incarichi dirigenziali. Innanzi tutto, ha esteso l’obbligo anche ai magistrati che propongano domanda per funzioni semidirettive; inoltre ha aggiunto, alle materie già previste, quelle ordinamentali e le competenze relative alla capacità di analisi ed elaborazione dei dati statistici; ha stabilito una durata minima, di tre settimane, del corso; ha infine ampliato l’oggetto della valutazione finale, esteso a tutte le materie trattate, prevedendo una prova finale diretta ad accertare le capacità acquisite” dal magistrato partecipante.

La radicale novità di questo modello e il carattere perentorio dell’art. 26-bis, comma 5 (“Possono concorrere all'attribuzione degli incarichi ... soltanto i magistrati che abbiano partecipato al corso di formazione in data non risalente a più di cinque anni prima della scopertura dell'incarico oggetto della domanda.”) comportano l’estensione dell’obbligo formativo a tutti gli aspiranti alle funzioni direttive o semidirettive, indipendentemente dal fatto che già rivestano o meno una di tali funzioni e che abbiano già frequentato un corso precedente, se non organizzato secondo la nuova disciplina.

Questa conclusione determina un ampliamento spropositato del numero di partecipanti: al primo corso organizzato dalla SSM secondo il nuovo modello i partecipanti sono stati 211; a quello programmato per fine 2023, se ne annunciano più di 450. Per la loro dimensione corsi siffatti richiedono un impegno organizzativo smisurato per la Scuola e rischiano di risultare inadeguati sul piano formativo, tanto più se si considera che vi partecipano fianco a fianco dirigenti esperti e magistrati che per la prima volta aspirano a un incarico semidirettivo; senza contare i riflessi della sottrazione di tante risorse agli uffici giudiziari per il periodo di durata corso.

Dall’insediamento del nuovo Consiglio la Sesta commissione ha dedicato molte sedute del tavolo tecnico con la SSM a valutare appieno le ricadute applicative della nuova disciplina, predisponendo infine delle linee guida – richieste dalla Scuola stessa e condivise nelle loro scelte ermeneutiche – per indirizzare le soluzioni che essa intende adottare sul piano organizzativo.

La platea dei magistrati cui è esteso l’obbligo di frequenza non è l’unico elemento problematico della nuova disciplina. Basti pensare ai rischi d’interferenza con la valutazione attitudinale propria del Consiglio del giudizio sui risultati della prova finale affidato ora alla Scuola dall’art. 26-bis, comma 2.

Pertanto – in parallelo alla predisposizione di una proposta di delibera contenente le predette linee guida, resa urgente dall’imminente organizzazione del nuovo corso –  la Sesta commissione ha esteso il tavolo tecnico al Ministero della giustizia, al fine di sensibilizzarlo sugli aspetti critici della riforma. Nella seduta del 10 luglio il Ministero, cogliendo le questioni più preoccupanti, ha infine offerto aperture concrete all’ipotesi di un intervento di revisione normativa che riconduca a maggiore razionalità. Nel Plenum del giorno seguente si è chiesto di conseguenza il ritorno della delibera in commissione, in vista di una sua possibile revisione non appena venga resa esplicita la soluzione legislativa.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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