GIUGNO
22

Diario dal Consiglio del 22 giugno 2024

Da un grave fatto di cronaca a un’indagine mal posta

Il Plenum del 12 giugno ha disposto a larga maggioranza l’archiviazione di una pratica di Prima commissione, avviata su segnalazione delle consigliere Claudia Eccher e Isabella Bertolini e relativa alle condotte tenute dai magistrati della procura di Bolzano in relazione all’omicidio di Celine Frei Matzhol.

La donna era stata uccisa il 13 agosto del 2023 da un uomo con il quale aveva avuto una relazione sentimentale e che la stessa aveva poi denunciato per un’aggressione subita nel mese di giugno. Sebbene nella comunicazione di notizia di reato del 22.6.2023 i militari operanti facessero riferimento al reato di maltrattamenti in famiglia, il pubblico ministero non aveva ravvisato tale ipotesi delittuosa, bensì quella di percosse e minaccia aggravata; il successivo 26 giugno aveva annotato di non aver proceduto all’escussione della persona offesa in quanto era stata già ascoltata dalla polizia giudiziaria e l’audizione appariva completa in tutti gli elementi necessari per consentirgli di determinarsi; perciò il 13 luglio aveva delegato alla p.g. la sola attività di elezione di domicilio dell’indagato, con un provvedimento in cui venivano formulate le contestazioni provvisorie a suo carico.

Si è trattato dell’ennesimo, terribile caso di femminicidio che ha sconvolto il nostro Paese. Si cerca di comprendere cosa non abbia funzionato, in che modo tutelare più efficacemente la vittima. Sono reazioni normali, anzi doverose.

La Prima commissione ha svolto un’amplissima istruttoria senza però centrare il tema. La derubricazione del reato di maltrattamenti in famiglia in reati meno gravi – tali da non consentire l’applicazione di una misura cautelare – è scelta di merito che nel caso in esame non si prestava neppure a censure. La vicenda è stata ampiamente ripresa dagli organi di stampa senza che però sia stato criticato l’operato dell’autorità giudiziaria, per cui non vi è stato strepitus fori in relazione ai magistrati che si sono occupati del caso.

L’istruttoria della Prima commissione si è incentrata sulla mancata audizione della persona offesa, sull’adozione e osservanza di eventuali protocolli per i reati da c.d. Codice rosso, sulla comparazione degli esiti delle indagini concernenti tali reati nell’ambito della medesima Regione. Sono stati a tale fine sentiti il pubblico ministero che si è occupato delle indagini, anche nel ruolo di facente funzioni del Procuratore, il Procuratore Generale, il Presidente del Tribunale, il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, l’Avvocato generale presso la sezione distaccata di corte d’appello di Bolzano. Sono stati acquisiti i protocolli adottati dall’ufficio e le statistiche. È emerso che “alcun elemento a suffragio di una ipotetica incompatibilità ambientale e/o funzionale in capo al dott. Bisignano risulta essere affiorata nel corso delle audizioni” e anche “una particolare attenzione dedicata dall’ufficio alla trattazione dei reati da Codice Rosso e di violenza di genere”.

A ogni buon conto, “l’intero carteggio” è stato rimesso al Vicepresidente per l’inoltro ai titolari dell’azione disciplinare.

Nel caso in esame le verifiche disposte sono state rassicuranti e hanno fatto emergere l’impegno dell’autorità giudiziaria in quel contesto territoriale, malgrado le gravi carenze di organico. Ma se si fossero palesate disfunzioni e omissioni? Con quali strumenti la commissione avrebbe potuto farvi fronte?

Riteniamo che la Prima commissione abbia un ruolo fondamentale in seno al Consiglio: passare al setaccio gli innumerevoli esposti, le denunce penali, le meno frequenti segnalazioni per verificare, caso per caso, se si sia venuta a determinare, per il magistrato, una condizione di effettiva impossibilità di svolgere adeguatamente le proprie funzioni con imparzialità e indipendenza o se sia stata irrimediabilmente compromessa la sua immagine nell’ufficio in cui esercita la propria attività. Si tratta di verifiche che è bene intervengano con celerità, prima che si producano eventuali danni cui non è facile porre rimedio ex post; che non sempre possono essere immediatamente effettuate, per ragioni di segretezza delle indagini nei confronti degli stessi magistrati o, per quanto riguarda gli esposti, per consentirne il vaglio effettivo tenuto conto dell’ingente mole di atti che perviene in Consiglio; verifiche che vanno sempre affrontate con rigore, ma anche, riteniamo, con l’attenzione agli aspetti rilevanti per la commissione che li esamina e non – come è sembrato in questo caso – estranei alla sua competenza, perché attinenti, eventualmente, alle sfere del disciplinare o della valutazione di professionalità o, ancora, dei profili organizzativi connessi all’adozione e condivisione di protocolli efficaci.

Per tali ragioni Francesca, pur condividendo l’esito della decisione finale proposta dalla Prima commissione, si è astenuta sulla motivazione, dopo avere ripetutamente evidenziato, nel corso dell’istruttoria, che gli accertamenti che si andavano via via disponendo non apparivano funzionali alle verifiche di competenza.

Nel Plenum anche Marcello si è associato a questa censura, manifestando preoccupazione per il fatto che, così operando, la Prima commissione finisca per assumere una funzione quasi ispettiva in ordine alla correttezza professionale dell’attività del magistrato anziché guardare all’esistenza di fattori incolpevoli di incompatibilità.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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