MARZO
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Diario dal Consiglio del 2 marzo 2024

d.d.l. Nordio, ecco ciò che allarma davvero

Il disegno di legge cd. “Nordio” contiene molteplici interventi innovativi in materia sostanziale, processuale e ordinamentale, tutti legati al settore penale. Il dibattito pubblico l’ha associato all’abrogazione del delitto di abuso d’ufficio, un unicum della storia del nostro ordinamento. Nel dibattito in Plenum che ha preceduto l’approvazione del parere sul d.d.l. gli interventi a commento di questa iniziativa hanno segnalato inevitabilmente l’arretramento della tutela dei cittadini contro l’arbitrio dei pubblici poteri e la corruttela di cui l’abuso d’ufficio, insieme col reato di traffico d’influenze a sua volta significativamente modificato, rappresenta un argine.

E su questo la componente laica di centro destra e I.V. ha difeso in gran parte le scelte governative rifacendosi soprattutto all’argomento statistico speso a profusione in seno alla politica.

Il parere del CSM ha comunque evidenziato come il varo della direttiva UE sulla lotta alla corruzione, che all’art. 11 impegna gli Stati membri a prendere le misure per la perseguibilità penale delle condotte di abuso d’ufficio, non potrà che fare ritornare il nostro Paese sui propri passi.

Il d.d.l. Nordio propone peraltro molte misure d’ordine procedimentale: dalla maggiore tutela dei terzi e del rapporto difensore-assistito nelle intercettazioni telefoniche alla istituzione del g.i.p. collegiale per l’applicazione della custodia in carcere; dall’interrogatorio preventivo dell’indagato verso cui sia richiesta l’adozione di una misura cautelare all’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento per tutti i delitti previsti dall’art. 550 c.p.p., sino all’obbligo di depositare uno specifico mandato a impugnare solo per l’imputato assente assistito da difensore d’ufficio.

Le criticità evidenziate al Ministro su questo testo sono molte e tutte legate all’esame degli effetti della sua approvazione sull’amministrazione della giustizia, in aderenza al dettato dell’art. 10, secondo comma, della legge istitutiva del CSM (195/1958). Non è possibile riassumere l’ampio parere licenziato dal Plenum (con la sola astensione di sei consiglieri laici espressivi delle forze indicate).

Le disfunzioni che produrrebbero alcune delle disposizioni contenute nel d.d.l. vanno segnalate comunque, tanto sono eclatanti: l’istituzione del g.i.p. collegiale è destinato a bloccare l’attività dei tribunali di piccole e medie dimensioni, richiedendo un impegno di risorse incompatibile coi loro organici, e impegnerà tutti gli uffici nella ricerca di soluzioni interpretative azzardate – vertendo le norme sulla libertà personale e comportando la loro violazione la nullità delle ordinanze di custodia in carcere – poiché il legislatore sembra volersi astenere dalla disciplina del procedimento regolativo del rapporto p.m.-g.i.p. monocratico-g.i.p. collegiale; come questo istituto, anche quello dell’interrogatorio preventivo è modellato sul provvedimento di richiesta di una sola misura per un solo indagato, quando è noto che nella realtà le richieste dei p.m. e i provvedimenti dei giudici in materia sono molto più articolati.

Quanto all’inappellabilità per il p.m. delle sentenze di proscioglimento, il d.d.l., se sarà così approvato, sembra correre incontro alle stesse censure formulate dalla Corte nel 2006 (sentenza n. 26) e 2007 (sent. 320), malgrado nella relazione illustrativa dichiari di averle tenute presenti.

Ancora una volta, dunque, assistiamo a interventi legislativi destinati a modificare radicalmente gli assetti degli uffici giudiziari, incuranti degli effetti che l’adeguamento degli operatori a ogni riforma comporta per ciò solo rallentamenti gravi all’ordinario esercizio della giurisdizione. Ma, ciò che è peggio, anche questa riforma si segnala per la totale astrattezza delle sue previsioni rispetto allo stato delle risorse e alla dinamica del rito penale.

Di questa amara e minacciosa realtà sembra essere consapevole la stessa componente laica che si è astenuta dal voto del parere, dato che non vi è stato un solo intervento nel dibattito che abbia provato a confutarla.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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