Diario dal Consiglio del 22 luglio
IL COLPO DI SPUGNA SULLA RIGENERAZIONE ETICA
Nel Plenum del 19 luglio il CSM ha confermato nell’esercizio delle funzioni direttive il presidente del tribunale di Brescia.
La proposta di conferma ha ricevuto 17 voti a favore (tutti i consiglieri togati di Magistratura Indipendente e di Unicost e tutti Consiglieri laici indicati dai partiti di centro destra e da Italia Viva presenti); la proposta di non conferma ha ricevuto 10 voti (noi di AreaDG, i consiglieri togati Miele e Mirenda e i consiglieri laici indicati dal Movimento 5 Stelle, Papa, e dal partito democratico, Romboli); i due componenti di diritto e i consiglieri Giuffré, laico indicato dal centrodestra, e Fontana erano assenti.
In sede disciplinare il collega confermato aveva ricevuto la sanzione della censura per alcune conversazioni intrattenute con il dott. Palamara in ordine al conferimento di uffici direttivi o semidirettivi.
Il Consiglio giudiziario di Brescia, che in origine si era espresso all’unanimità in senso favorevole alla conferma, era stato richiesto dal CSM d’integrare il parere alla luce delle risultanze della sentenza disciplinare di censura; con l’integrazione il C.G. si era espresso, con un solo voto contrario, per la non conferma.
Nella precedente consiliatura la pratica di conferma si era trascinata per molti mesi, anche per i numerosi differimenti, chiesti dall’interessato, della sua audizione; cosicché, malgrado gli sforzi profusi dai consiglieri di AreaDG, la pratica non era mai approdata al Plenum.
Noi abbiamo convintamente votato a sostegno della proposta di non conferma, sostenuta in commissione solo da Antonello
In primo luogo, sul piano giuridico, riteniamo che l’articolo 37 del T.U. sulla dirigenza giudiziaria, alla cui stregua il fatto di aver riportato la sanzione disciplinare della censura per fatti commessi nell’ultimo decennio è di regola preclusivo al conferimento di un incarico direttivo o semidirettivo, operi anche in relazione alla conferma in tali funzioni. Non vediamo, infatti, come possa essere deliberata la conferma in un ufficio in presenza di una situazione che non consentirebbe il conferimento di quel medesimo ufficio.
Sulla scorta di tali premesse, abbiamo poi ritenuto che i fatti per i quali il collega è stato censurato siano tali da non consentire di derogare al principio per cui la censura è “di regola” ostativa al conferimento e, quindi, alla conferma di un incarico direttivo.
Nelle conversazioni intercorse tra il presidente del tribunale di Brescia e Luca Palamara il primo perorava insistentemente le nomine di candidati appartenenti al medesimo gruppo associativo (“nostri”) a cui aderivano entrambi gli interlocutori, denigrava aspiranti da lui disistimati, si compiaceva dell’aumento di influenza che il comune gruppo associativo avrebbe ricavato dalla gestione delle nomine operata da parte del dott. Palamara.
Chi è interessato al tenore di quelle conversazioni può trovarle trascritte in entrambe le proposte presentate al Plenum.
Qui è sufficiente ricordare una frase da lui pronunciata dopo il risultato soddisfacente per il suo gruppo: “andata, e Unicost si riprende il Nord”. In queste sei parole si condensa, con straordinaria icasticità, tutto il nucleo ideologico del correntismo deteriore: l’asservimento del potere amministrativo di autogoverno alle logiche di un’acquisizione di consenso alle correnti che si fonda non sulle loro diverse visioni culturali della magistratura e della società italiana, ma sul potere clientelare di cui esse dispongono.
Quando le chat di Palamara vennero rese pubbliche, tutti i partiti politici rappresentati in Parlamento e tutti i magistrati, di qualunque gruppo associativo, deprecarono lo scadimento morale che ne emergeva, si stracciarono le vesti contro il correntismo, chiesero a gran voce un rinnovamento, anzi addirittura una rigenerazione, morale; dissero che bisognava voltare pagina.
Oggi, nella prima occasione in cui il CSM insediatosi quest'anno è stato chiamato a misurarsi con un caso paradigmatico del “sistema Palamara”, i laici eletti su indicazione del centrodestra e di Italia Viva e i togati espressi da Magistratura Indipendente e da Unicost hanno affermato che il comportamento di un presidente di tribunale che sistematicamente interloquisce con un componente del CSM per orientare l’esito dei procedimenti amministrativi di conferimento di uffici direttivi e semidirettivi, al fine di rafforzare la capacità attrattiva di una corrente dell’associazionismo giudiziario, è irrilevante ai fini della sua valutazione per la conferma. Saremmo di fronte, secondo questa prospettiva, a colloqui privati tra amici, che, peraltro, avendo trovato la loro esaustiva sanzione in sede disciplinare, non avrebbero più alcun rilievo nel procedimento di conferma, giacché nulla direbbero sul profilo professionale del dirigente, nemmeno sui criteri in base ai quali egli valuterà i magistrati del proprio ufficio.
Lo sdegno si è dunque acquietato, l’invocazione della rigenerazione morale ha lasciato il passo ai distinguo, al plauso per i soddisfacenti indici di smaltimento, all’apprezzamento per le soluzioni organizzative innovative e per le buone prassi instaurate. Come se la dirigenza di un ufficio giudiziario richiedesse solo doti organizzative e non anche – secondo quanto pure prescrive il Testo Unico – autorevolezza culturale e indipendenza da impropri condizionamenti.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello