FEBBRAIO
17

Diario dal Consiglio del 17 febbraio 2024

La corsa di APP verso il fallimento

Una recente canzone presentata al Festival di Sanremo e destinataria di critiche numerose racconta dell’incredulità del protagonista per una storia d'amore finita nel momento in cui è iniziata. Questa stessa sensazione viene vissuta ormai da diversi mesi dai magistrati penali, che si trovano di fronte alla tanto auspicata implementazione di un nuovo applicativo da parte del Ministero per la digitalizzazione del processo penale con la sensazione che esso, in realtà, non potrà mai funzionare efficacemente.

La magistratura ha sempre sostenuto l’utilizzo dell’innovazione tecnologica come strumento dimostratosi prezioso in ogni ambito lavorativo, in grado di migliorare i servizi offerti agli utenti. Anche nel settore civile, la transizione verso il processo telematico aveva incontrato notevoli difficoltà che hanno richiesto anni di adattamento e che tuttora non sono del tutto superate. C’era da aspettarsi, dunque, che problemi analoghi non potessero essere evitati nella fase di avvio della, pur parziale, digitalizzazione del processo penale.

Fin dall’inizio della sperimentazione, lo scorso autunno, abbiamo potuto constatare come i criteri su cui si basava APP non fossero adeguati alle esigenze degli uffici di procura, che richiedono schemi flessibili e diversi da quelli, concepiti per strutture rigide e uniformi, dell’attuale gestione digitale. La totale inadeguatezza dell’applicativo ha portato alla saggia e, peraltro, inevitabile decisione di posticipare l’entrata in vigore della prima fase del processo penale telematico; lo si è adottato solo per i provvedimenti di archiviazione, la cui procedura coinvolge una minore quantità di figure professionali e di passaggi procedimentali.

Purtroppo, a oltre 45 giorni dall’inizio di questa fase, tutti gli uffici giudiziari requirenti e giudicanti penali hanno riscontrata l’impossibilità di trattare con una ragionevole tempestività le archiviazioni. L’attività dei pubblici ministeri e dei giudici per le indagini preliminari ne è risultata marcatamente rallentata; operazioni che prima si compivano in pochi secondi richiedono ora quindici-trenta minuti. E l’arretrato intanto cresce.

Nonostante gli sforzi della squadra dei tecnici ministeriali, affiancata da un gruppo di lavoro qualificato messo in campo dalla Settima commissione del CSM e composta dai colleghi della STO, dai RID e da alcuni pubblici ministeri, è evidente che i miglioramenti auspicati non sono stati raggiunti neppure minimamente. Allo stato attuale, in molte procure d’Italia le procedure digitali di archiviazione sono state sospese; in diversi uffici i dirigenti si sono risolti ad optare per il ripristino del deposito cartaceo, avvalendosi della norma dell’art. 175-bis, co. 4, c.p.p. .

L’unica soluzione realistica al momento sembra essere costituita dalla creazione di “finestre” normative di sospensione dell’adozione di APP, che consentano il ritorno alla procedura non digitale, mentre nel frattempo si spera che il Ministero abbia modo di ideare e realizzare un nuovo applicativo con progettualità di base totalmente differente, che tenga conto delle criticità emerse in quello attuale e sappia adattarsi alle attività degli uffici di procura, coi loro svariati progetti organizzativi.

Qualunque percorso sia adottato per attuare la transizione digitale, comunque, non potrà essere la giurisdizione a piegarsi alle esigenze dell’informatica.

Come consiglieri, continueremo ad ascoltare con interesse le sollecitazioni e i suggerimenti dei colleghi e degli uffici, con i quali abbiamo avuto e manterremo costanti tutte le necessarie interlocuzioni.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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