Diario dal Consiglio del 14 dicembre 2024
Le applicazioni extradistrettuali al tempo della guerra tra poveri
La circolare in materia di supplenze, assegnazioni, applicazioni e magistrati distrettuali contiene una serie di disposizioni volte ad assicurare il regolare svolgimento della funzione giurisdizionale in presenza di difficoltà organizzative. Si tratta di norme di sistema importanti, che prevedono, fra l’altro, la possibilità di ricorrere alle applicazioni extradistrettuali (artt. 109 e ss. della circolare) e che consentono al Consiglio Superiore della magistratura di intervenire nei casi di accertate situazioni di criticità.
Nel giugno di quest’anno il CSM ha deliberato il piano straordinario di applicazioni extradistrettuali di magistrati per il raggiungimento degli obiettivi del PNRR, conformemente a quanto disposto per legge, ex art. 23-bis della l. n. 56/2024 (nell’occasione si è proceduto a redigere un elenco dei 34 uffici giudiziari in situazione di maggiore criticità, da privilegiare per la destinazione dell’applicazione straordinaria). In sede di approvazione di delibera abbiamo evidenziato le numerose perplessità che ha suscitato un simile intervento legislativo, risoltosi in una pesante interferenza con le attribuzioni riconosciute al Consiglio Superiore (art. 105 Cost.).
Certo è che sino alla definizione della procedura relativa a quel piano straordinario è stata accantonata, per evidenti motivi di opportunità, ogni decisione in ordine alle richieste ordinarie di applicazione extradistrettuali. Ripresa in commissione la valutazione di queste ultime richieste, nel Plenum dello scorso 4 dicembre ne sono state approvate alcune, presso i tribunali di Cuneo, Vibo Valentia e Prato, nonché presso le procure di Isernia e Siracusa. Una serie di ulteriori istanze, invece, non è stata accolta, pur in presenza di oggettive e riscontrate difficoltà (motivo per cui si è proceduto alla pubblicazione di ulteriore bando), per la mancanza di aspiranti o perché le esigenze degli uffici richiedenti risultate recessive rispetto a quelle delle sedi di provenienza dei magistrati aspiranti.
Tali strumenti, pensati in un quadro di fisiologiche scoperture e criticità, mostrano limiti evidenti quando debbano trovare applicazione nella situazione di allarmante carenza di organico, qual è, da tempo, quello attuale (e che si spera possa essere almeno alleviato nel corso del prossimo anno solare), vieppiù esaltata da una geografia giudiziaria del tutto inadeguata. Anche quest’ultimo è un tema che abbiamo di recente trattato in diversi ambiti.
Perciò il Consiglio si trova ad assumere (ma siamo qui per questo) una responsabilità rilevante nel rispondere a richieste quasi sempre ragionevoli di applicazioni extradistrettuali, nel porre spesso a confronto realtà comunque difficilmente gestibili, nel trattare quella che definiamo ormai come una “guerra fra poveri”, nella consapevolezza di quanto pesantemente possa incidere lo spostamento di ogni singolo magistrato nell’economia e nell’organizzazione di ogni ufficio. Riteniamo dunque opportuno e doveroso ribadire, anche ai fini di una migliore comprensione delle decisioni consiliari, che questa è la situazione nella quale ci si trova a dovere agire oggi.
Sappiamo tutti che un’applicazione extradistrettuale ordinaria può essere disposta, indipendentemente dall’integrale copertura dell’organico, quando le esigenze di servizio dell’ufficio di destinazione sono imprescindibili e prevalenti rispetto a quelle dell’ufficio di provenienza (sul presupposto della impossibilità di farvi fronte con altri strumenti come la supplenza, anche infradistrettuale, l’assegnazione interna, ecc.). Sappiamo anche che nell’individuazione del magistrato da destinare in applicazione il Consiglio deve seguire criteri determinati: e così i distretti con applicazione in uscita non possono chiedere applicazioni in entrata; i distretti con applicazioni in entrata non possono fornire applicazioni in uscita, ecc. (art. 121 circolare). Nel caso in cui dovessero essere manifestate più disponibilità, deve procedersi ad una valutazione comparativa delle esigenze dei rispettivi uffici di provenienza, tenendo conto delle scoperture di organico e dei flussi di lavoro.
In un siffatto assetto regolamentare, valorizzando anche il complicato quadro fattuale, la Settima commissione ha ritenuto opportuno, con l’avallo successivo del Plenum, ha ritenuto opportuno procedere ad ulteriori scelte di carattere generale, relativamente alle gravi scoperture di organico, onde rispondere al meglio alle crescenti richieste di applicazione extradistrettuale e di limitare al contempo le disfunzioni organizzative arrecate a determinate tipologie di uffici.
Pertanto, da un lato, a partire dalla delibera di commissione del 3 settembre quanto agli uffici giudicanti (con riferimento alla richiesta di applicazione di un magistrato al tribunale di Cuneo) e dalla delibera di commissione del 25 novembre 2024 quanto agli uffici requirenti (con riferimento alla richiesta di applicazione di un magistrato alla procura della Repubblica presso il tribunale di Vibo Valentia) si è deciso che non potranno essere prese in considerazione le disponibilità manifestate da magistrati che provengano da uffici:
- aventi un organico di giudici, compresi quelli del lavoro, pari o inferiore alle 15 unità per i giudicanti, pari o inferiore alle 5 unità per i requirenti;
- gravati da una scopertura giuridica dei posti di giudice o di sostituti superiore alla media nazionale;
- rientranti, quanto ai soli uffici giudicanti, nell’elenco anzidetto, allegato alla delibera del 12.6.204 relativa al piano straordinario delle applicazioni ex art. 23-bis della l. n. 56/2024.
Adottando criteri tanto generali, che di fatto anticipano alla fase ideativa la discrezionalità consiliare, si è cercato quindi di rendere le scelte più leggibili e uniformi a livello nazionale.
D’altro lato, si è fornita una interpretazione ampia dell’art. 129 della circolare che prevede la possibile “sospensione” dell’applicazione per un determinato periodo di tempo, in presenza di specifiche esigenze di servizio. Tale scelta è ricollegabile al caso, che spesso si verifica in concreto, del magistrato destinato in applicazione titolare, nell’ufficio di provenienza, anche come componente del collegio, di processi penali di una certa complessità e prossimi alla definizione. In tali evenienze abbiamo ritenuto che simili esigenze processuali vadano garantite sospendendo l’applicazione nei soli giorni in cui il magistrato debba tenere udienza presso l’ufficio a quo per definire i giudizi correnti. Si è, dunque, così interpretata il meccanismo della “sospensione”, di cui al richiamato art. 129, al fine di ridurne per quanto possibile l’impatto sulle pendenze più problematiche.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello