Diario dal Consiglio del 13 aprile 2024
Le molte ombre dietro un ritorno in commissione
Nel Plenum del 3 aprile si è discusso del conferimento dell’ufficio direttivo di presidente di sezione penale della corte d’appello di Catania.
La Quinta commissione (assente il cons. Mirenda) aveva formulato due proposte alternative: il dott. Sebastiano Mignemi, presidente di sezione presso il tribunale di Catania (votanti i cons. Cosentino, D’Auria ed E. Carbone) e la dott.ssa Tiziana Carrubba, presidente di sezione presso il tribunale di Siracusa (votanti le cons. Mazzola e Bianchini).
Nel corso dell’istruttoria il dott. Mignemi era stato audito in relazione a un articolo di stampa (tratto dalla edizione on line de “il Giornale” del 9 ottobre 2023) intitolato “Altra toga schierata in Sicilia; perseguita Musumeci sul web”. Il sottotitolo dell’articolo recitava “Mignemi, presidente della sezione penale, sui social attaccava l'attuale ministro (“fascista”) e Berlusconi” e nel testo si richiamavano alcuni commenti che il medesimo dott. Mignemi avrebbe postato sul proprio profilo facebook Nel corso dell’audizione il collega aveva sottolineato come quel profilo fosse privato e come egli vi avesse prevalentemente rilanciato post di altri utenti di facebook, inserendo pochissimi contenuti formati personalmente da lui.
Né la proposta a favore del dottor Mignemi (di cui era relatore Antonello), né quella a favore della dott.ssa Carrubba (di cui era relatrice la consigliera Mazzola) davano conto del menzionato articolo di giornale e dell’audizione resa al riguardo dal dott. Mignemi. Entrambi i relatori avevano infatti ritenuto sufficienti, a sostegno delle rispettive proposte, l’esame degli indicatori attitudinali previsti dal testo unico sulla dirigenza giudiziaria.
Nel dibattito di Plenum la consigliera Bianchini ha fatto invece puntuali riferimenti al contenuto dei messaggi postati sulla pagina facebook del dottor Mignemi, affermando che tali post sarebbero di evidente contenuto politico, ma privi di argomentazioni, risolvendosi in messaggi espressi in modo polemico e sarcastico, rivolti per lo più contro politici. La consigliera ha menzionato, come esempio, un post in cui si dava del “fascista” al ministro Musumeci e un altro in cui si paragonava l’attività del Governo a quella di un truffatore che in stazione fa il gioco delle tre carte.
Le affermazioni della consigliera Bianchini hanno acceso un vivace dibattito in assemblea.
Alcuni interventi si sono soffermati sui profili di carattere procedurale, relativi alla possibilità di discutere in Plenum di temi non risultanti dalla motivazione delle proposte o dalla possibilità di utilizzare nel dibattito assembleare il contenuto di documenti (la stampa dei post del dottor Mignemi ai quali ha fatto riferimento la consigliera Bianchini) non acquisiti agli atti della procedura; altri interventi hanno affrontato il tema della libertà di manifestazione del pensiero dei magistrati, anche alla luce della recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo; altri ancora hanno evidenziato la persistente carenza di un quadro regolativo degli obblighi di continenza nella manifestazione del proprio pensiero gravanti sui magistrati in ragione del loro dovere di essere ed apparire imparziali.
All’esito di un ampio dibattito il consigliere Aimi ha chiesto il ritorno in commissione della pratica. Il Vicepresidente ha ritenuto la richiesta ammissibile in quanto fondata su nuove circostanze o questioni (art. 80, comma 2, del Regolamento consiliare: “La richiesta di rinvio, la questione preclusiva e quella sospensiva sono ammissibili soltanto se proposte prima o subito dopo la relazione o le relazioni della Commissione o l’illustrazione della proposta principale da parte del proponente. Il Presidente della seduta può ammettere la proposizione di tali richieste e questioni anche in momenti successivi qualora le stesse siano collegate a nuove circostanze o questioni”).
Anche sul possibile ritorno in commissione il dibattito è stato molto ampio: alcuni hanno sostenuto che la questione dei post sulla piattaforma facebook del collega non poteva considerarsi nuova, dato che aveva formato oggetto dell’audizione disposta dalla commissione; altri che la novità della questione derivava proprio dal fatto che essa risultava ignota ai consiglieri estranei ai lavori della commissione.
Alla fine, il vicepresidente ha messo i voti la proposta di ritorno in commissione, sulla quale ci sono stati 10 voti favorevoli (tra cui quello del Vicepresidente), 10 voti contrari (tra cui i nostri) e 6 astenuti; poiché il voto del vicepresidente vale doppio, ha prevalso la soluzione del ritorno in commissione.
La vicenda sollecita tre distinte considerazioni.
In primo luogo, riemerge il tema, già affrontato nel nostro diario del 28 marzo scorso (In Plenum si dibatte, non si va solo a votare), dei rapporti tra la motivazione delle proposte e il perimetro del dibattito assembleare sulle proposte stesse. A nostro avviso non si può negare a un consigliere la possibilità di parlare a favore o contro una proposta anche spendendo argomenti diversi da quelli contenuti nella motivazione della proposta stessa; ciò che non si può fare, però, è evocare in Plenum atti – come i post che la consigliera Bianchini ha affermato provenire dalla pagina facebook del dottor Mignemi (privata e, quindi, non accessibile se non alle persone da lui autorizzate) – non acquisiti alla procedura e, conseguentemente, non sottoposti al contraddittorio dell'interessato: in istruttoria la Quinta commissione aveva acquisito solo un articolo di giornale e solo tale articolo era stato contestato al dottor Mignemi.
In secondo luogo, si palesa l’urgenza di fare chiarezza sui termini entro cui la forma e/o il contenuto delle manifestazioni del pensiero esternate da un magistrato nell’ambito della sua vita privata – e, in particolare, sui social – possano essere presi in considerazione, per il loro contenuto o per la loro forma, nelle procedure consiliari relative alle valutazioni di professionalità, al conferimento di incarichi semidirettivi o direttivi, alla conferma in tali incarichi.
In terzo luogo, per la prima volta il Vicepresidente ha espresso il proprio voto – anche in questo caso decisivo, per la regola che, a parità di voti, prevale la soluzione per cui abbia votato chi presiede l’assemblea – in relazione a una questione di carattere meramente procedimentale, quale il ritorno in commissione della pratica; questione la cui ammissione al voto era stata da lui stesso decisa monocraticamente, peraltro nel manifestato dissenso di alcuni consiglieri. Non è dubitabile che il Vicepresidente abbia il diritto di votare quando vuole e come vuole. Ma l’esercizio di questo diritto – non occasionale ed esornativo, ma sistematico e decisivo – costituisce una novità nella storia del CSM.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello