GENNAIO
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Diario dal Consiglio del 22 gennaio 2024

Prescrizione, altra riforma altri rischi organizzativi

Il Plenum del 17 gennaio ha approvato (con voto contrario del consigliere Aimi e astensione del cons. Ernesto Carbone) il parere avanzato dalla Sesta commissione consiliare sulla proposta di legge C. 893 (e abbinate), recante “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione”. Trattandosi di proposta su iniziativa parlamentare, il parere è stato espresso d’ufficio, per attribuzione riconosciuta al CSM dall’art. 10, secondo comma, legge n. 195/1958.

La prescrizione penale ha indubbie ricadute sull’organizzazione degli uffici giudiziari. Entro questi limiti il Consiglio esprime doverosamente un parere al legislatore per il tramite del Ministro della giustizia.

Compiuta una ricognizione dei regimi normativi succedutisi nel tempo in questa materia, è stata analizzata la riforma in discussione alle Camere. Le novità salienti sono costituite da:

  1. soppressione del c.d. “blocco della prescrizione”, determinato attualmente dalla sentenza di primo grado (art. 161-bis p.p.); solo la sentenza di condanna ha efficacia interruttiva del corso della prescrizione (modifica all’art. 160 c.p.p.);
  2. reintroduzione della prescrizione nei giudizi d’impugnazione, con abrogazione dell’istituto dell’improcedibilità (di cui all’art. 344-bis p.p.);
  3. sospensione del corso della prescrizione nella fase delle impugnazioni, di due anni, se il giudizio di primo grado si conclude con una sentenza di condanna, e di un anno, se quello di secondo grado si chiude con sentenza che conferma la condanna di primo grado (nuovo art. 159-bisp.);
  4. il fatto che la prescrizione riprenda il suo corso – e il periodo di sospensione è computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere – se:
    1. la pubblicazione della sentenza di appello o della sentenza della Cassazione interviene dopo la scadenza del rispettivo termine di sospensione;
    2. nel grado di giudizio in cui ha operato la sospensione o in quello successivo, l’imputato è prosciolto o la sentenza di condanna è annullata nella parte relativa all’accertamento della responsabilità;
    3. sono accertate le nullità indicate nell’articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, c.p.p., anche ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. b) e b-bis), c.p.p. .

Il parere ha ricordato in premessa la valutazione nettamente critica espressa dal precedente Consiglio sull’improcedibilità, sia per la radicalità dei suoi effetti sia per la contraddittorietà, sul piano teorico, di un istituto che intervenga per via del decorso del tempo su reati non ancora prescritti.

Ha, d’altro canto, individuato tre passaggi problematici del nuovo impianto normativo:  

  1. sul momento da cui decorre il periodo di sospensione, individuato nella scadenza dei termini di cui all’art. 544 c.p.p. per il deposito della motivazione (art. 159-bis, co. 2, p.). Ai sensi dell’art. 154, co. 4-bis, disp. att. c.p.p., infatti, il giudice, ove si assegni un termine per deposito delle motivazioni maggiore di quello ordinario (quindici giorni), può chiederne motivata proroga, per una sola volta e per un periodo massimo di novanta giorni, eventualmente autorizzata dal presidente del tribunale o della corte d’appello (nel caso di giudizio di secondo grado) con provvedimento comunicato al CSM; nel testo dell’art. 159-bis c.p., l’art. 154, comma 4-bis, disp. att. c.p.p. non è però richiamato, sicché sembra dubbio se, per il decorso del periodo di sospensione, debba tenersi conto anche dell’eventuale proroga del termine disposta ai sensi di quella disposizione;
  2. in ordine al riferimento alla pubblicazione della sentenza, quale momento ultimo rispetto al quale valutare il rispetto del termine di durata della sospensione. La sentenza è pubblicata in udienza, con la lettura del dispositivo e della motivazione ove questa sia contestuale. Nei casi in cui la motivazione sia redatta successivamente, la sentenza è depositata in cancelleria, e, nei casi, previsti, è notificata alle parti. (artt. 545, comma 1, c.p.p., nonché 598 c.p.p. per l’appello e 615 c.p.p. per il giudizio di legittimità). Il legislatore potrebbe precisare se occorra aver riguardo alla lettura del dispositivo o a quello in cui sono depositate le motivazioni.
  3. in merito all’applicazione delle nuove disposizioni ai giudizi di competenza del giudice di pace, nei quali l’appello è trattato dal tribunale in composizione monocratica, la cui decisione è ricorribile in Cassazione solo per i motivi di cui all’art. 606, co. 1, lett. a, c.p.p. (artt. 39 e 40, d.lgs. n. 274/00). Posto che il regime della prescrizione si applica, anche per la parte relativa alle cause di sospensione e di interruzione, ai reati di competenza del giudice di pace, deve, nondimeno, rilevarsi come all’art. 159-bis c.p., quale dies a quo di decorrenza del termine di sospensione, sia richiamato solo l’art. 544 c.p.p., che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, non è applicabile ai procedimenti di competenza del giudice di pace, nei quali il deposito della motivazione della sentenza è regolato esclusivamente dall’art. 32, co. 4, d.lgs. n. 274/00.

Più ancora per queste incertezze interpretative, però, il Consiglio ha espresso forte preoccupazione per le ricadute organizzative derivanti dalla novella. Essa renderebbe necessaria una completa riprogrammazione delle attività giurisdizionali negli uffici di secondo grado e di legittimità; i ruoli di udienza, predisposti oggi anche in attuazione di quanto previsto dall’art. 165-ter, disp. att. c.p.p., andrebbero tutti rivisti in modo da evitare, con riferimento ai reati commessi in epoca antecedente al primo gennaio 2020, la prescrizione e, con riferimento a quelli commessi in epoca successiva, la decorrenza dei termini massimi per la definizione dei giudizi di impugnazione. 

Tali operazioni sarebbero molto onerose, poiché per stabilire quali siano i procedimenti da trattare con priorità occorre ricostruire il regime di prescrizione (soggetto alla regola dell’art. 2, co. 4, c.p.) e/o improcedibilità (soggetta invece al principio tempus regit actum, quale istituto processuale) da applicarsi per ogni imputato e per ogni capo reato in contestazione.

Inutile dire che l’esito di una simile ricostruzione giuridica è resa più ardua dai cinque diversi regimi già succedutisi dal 2005 al 2022 a modifica dell’impianto codicistico originario. Il parere approvato dettaglia anche alcuni dei problemi concreti posti, nel quadro attuale, dall’applicazione delle regole dettate dalla giurisprudenza per la soluzione delle questioni giuridiche più complesse.

Il Consiglio superiore auspica dunque che il legislatore, in caso di approvazione di questa nuova riforma, voglia introdurre una disciplina transitoria, che spesso ha del resto accompagnato gli interventi normativi in tema di prescrizione. Senza di questa, i tempi occorrenti per riprogrammare il lavoro al fine d’individuare i giudizi da trattare con priorità rischiano inevitabilmente di rappresentare un ostacolo serio nella corsa al conseguimento degli obiettivi del PNRR, nella quale gli uffici giudiziari – e lo stesso CSM, entro i limiti delle proprie competenze – sono da tempo impegnati.

La rilevanza della questione – che era stata già sollevata dai ventisei presidenti di corte d’appello in un documento reso pubblico e poi ripresa dalla stampa – è stata confermata anche dal dibattito sviluppatosi nel corso della seduta dell’adunanza plenaria, ricco di spunti. Ci sembra significativo il fatto che le visioni emerse, in alcuni casi molti diverse, si siano comunque ritrovate, quasi unanimemente, nelle motivazioni della delibera.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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