LUGLIO
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Diario dal Consiglio dell’8 luglio 2023

Procuratore di Firenze, il nuovo ruolo del vicepresidente

Nel Plenum del 5.7.23 è stato nominato il procuratore della Repubblica del tribunale di Firenze nella persona del dott. Filippo Spiezia.

La Quinta commissione aveva proposto tre diversi candidati per l’incarico: dott. Filippo Spiezia (votato dai cons. Bianchini, Mazzola ed E. Carbone), dott. Ettore Squillace Greco (votato dai cons. Cosentino e Mirenda) e dott.ssa Rosa Volpe (votata dal cons. D’Auria).

Attualmente il dott. Spiezia è collocato fuori ruolo presso Eurojust, di cui è membro dopo esserne stato il vicepresidente; il dott. Squillace Greco è il procuratore della Repubblica di Livorno; la dott.ssa Volpe è sostituta procuratrice, già procuratrice aggiunta, presso la procura della Repubblica di Napoli.

Il dibattito consiliare è stato vivace: dopo la presentazione delle proposte (effettuata, per i candidati rispettivamente prescelti, dai cons. Bianchini, Cosentino e D’Auria) sono intervenuti nella discussione i cons. Mazzola, Mirenda, Morello, Papa, Nicotra, Bisogni e Basilico, nonché i componenti di diritto Cassano e Salvato.

Nel ballottaggio seguito alla prima votazione il dott. Spiezia e il dott. Squillace Greco hanno ottenuto entrambi 15 voti: per Spiezia i togati di M.I. Cilenti, D’Ovidio, Marchianò, Mazzola, Nicotra e Paolini e i laici eletti su indicazione dei partiti di centro destra – Aimi, Bianchini, Eccher, Giuffrè, Natoli e Pinelli – e di Italia Viva, E. Carbone,  oltre al procuratore generale della Cassazione, Salvato; per  il dott. Squillace Greco noi di AreaDG,  i consiglieri di Unicost Bisogni, D'Auria, Forziati e Laganà, la consigliera di M.D. Miele e gli altri  togati Fontana e Mirenda, nonché i laici Papa e Romboli, eletti su indicazione, rispettivamente, del Partito democratico e del Movimento 5 Stelle; la prima presidente Cassano e il consigliere di M.I. Scaletta si sono astenuti.

A parità di voti è prevalsa la proposta in favore del dott. Spiezia perché sostenuta dal presidente della seduta, il vicepresidente del CSM Pinelli; il regolamento interno del CSM prevede, infatti, che, in caso di parità tra le proposte maggiormente votate, sia nominato il candidato che occupa la migliore collocazione in ruolo (in questo caso, il dott. Squillace Greco), a meno che il presidente della seduta non abbia espresso il proprio voto, il quale, in caso di parità di voti espressi, prevale.

A prescindere dall’indubbio valore di tutti i candidati, la cui la qualità professionale, indipendenza e capacità di resistere a qualunque tipo di condizionamento è attestata dalle rispettive storie professionali, indiscutibilmente di grande spessore, la vicenda si presta, tuttavia, ad alcune considerazioni.

In primo luogo, appare difficilmente riconducibile al paradigma fissato dagli artt. 18 e 29 del t.u. dirigenza la scelta di privilegiare, come criterio selettivo per l’attribuzione di un ufficio direttivo requirente di primo grado di grandi dimensioni la, pur brillantissima, esperienza internazionale del dott. Spiezia rispetto alla pregressa esperienza direttiva, sperimentata con riconosciuto successo, del dott. Squillace Greco

Ma non vogliamo soffermarci oggi sul tema, già tante volte trattato, dell’interpretazione dei criteri per il conferimento degli uffici direttivi e semidirettivi.

Anche se non può non colpire che chi ha oggi ritenuto il dott. Spiezia prevalente sul procuratore di Livorno solo poche settimane fa lo aveva ritenuto subvalente rispetto al procuratore di Aosta per un ufficio direttivo requirente di secondo grado (ossia per un ufficio per il quale l’art. 20 t.u. prevede espressamente l’indicatore attitudinale specifico della “attività di coordinamento nazionale”, non contemplato, invece, dall’art. 18 t.u. per gli uffici requirenti di primo grado di grandi dimensioni).

Ciò su cui vogliamo soffermarci è il fatto che negli ultimi anni la procura della Repubblica di Firenze sia stata oggetto, più di qualunque altro ufficio giudiziario italiano, di violente polemiche mediatiche, alimentate da una parte del mondo politico – segnatamente, ma non soltanto, dal sen. Matteo Renzi – in relazione alla conduzione di procedimenti pendenti presso quell’ufficio.

Questo dato di fatto, per ciò solo, caricava la nomina del nuovo procuratore di significati politici che andavano al di là dell’ambito della mera amministrazione degli uffici giudiziari; l’attenzione riservata dalla stampa a tale nomina, prima e dopo la sua deliberazione, lo dimostra abbondantemente. 

Il vicepresidente ha espresso il proprio voto, rompendo la prassi che egli stesso aveva instaurato fin dall’insediamento di questo CSM.

Tale scelta ha destato sorpresa.

Non è in discussione, si badi, il diritto del vicepresidente di votare né quello di decidere quando votare e quando non votare; anche se, va pur detto, non si ha memoria, almeno per gli ultimi vent’ anni, di votazioni sul conferimento di uffici direttivi in cui sia stato decisivo il vicepresidente.

Il punto è un altro: il vicepresidente ha rotto la prassi di astensione dal voto, da lui stesso costantemente seguita, proprio sulla delibera di nomina del dirigente di un ufficio investito dalle violente polemiche politico-mediatiche sopra ricordate. Ha dichiarato di farlo per l’importanza della nomina. Non ha specificato le ragioni sulla cui base ha ritenuto la nomina del procuratore di Firenze di particolare importanza; poiché egli non ha votato per la nomina del dirigente di altri uffici di grandi dimensioni, come il tribunale di Torino, o di altri uffici di rilevanza strategica nel  contrasto  alla criminalità organizzata, come la procura di Reggio Calabria o la procura di Santa Maria Capua Vetere, sembra di capire che la rilevanza della nomina del dirigente della procura di Firenze sia stata ravvisata proprio nelle  tensioni che si sono accumulate sul rapporto di tale ufficio con alcuni segmenti del modo politico.

Ma, se questa analisi è corretta, a noi pare che l’esistenza di tali tensioni sconsigliasse di interrompere proprio su questa nomina la prassi di astensione dal voto fin qui seguita dal vicepresidente. Tanto più che, in base alle dichiarazioni di voto espresse, appariva altamente probabile che l’esercizio dell’elettorato attivo del vicepresidente potesse risultare determinante – e, si badi, determinate non per l’addizione numerica di un voto, ma per la provenienza soggettiva di tale voto dal presidente della seduta – sull’esito della votazione.

La nomina di un ufficio politicamente esposto è stata quindi decisa, in ultima analisi, da una parte del Consiglio in cui era prevalente la componente laica (otto laici contro sette togati, compreso il procuratore generale della Cassazione), che ha ottenuto la maggioranza formale solo perché tra i laici che hanno votato era compreso anche il vicepresidente.

Tutto formalmente regolare, per carità. Ma questo ci pare che, per un verso, solleciti i consiglieri che si riconoscono in M.I. a una riflessione sui loro rapporti con la componente consiliare laica espressa dal centro destra e da Italia Viva e, specularmente, con gli altri consiglieri togati; per altro verso, marchi una discontinuità nel profilo istituzionale fin qui tenuto dal vicepresidente: l’arbitro che scende in campo diventa un giocatore.

Al dott. Spiezia, delle cui professionalità e della cui indipendenza siamo assolutamente convinti, vanno i nostri auguri di buon lavoro.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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