FEBBRAIO
17

Diario dal Consiglio del 17 febbraio 2024

Quando il superamento delle regole danneggia la credibilità del CSM

La scorsa settimana abbiamo segnalato, con un nostro Post it, due nomine decise dal CSM nel Plenum del 7 febbraio (per i posti di presidente del tribunale di sorveglianza di Roma e di procuratore della Repubblica di Messina) che, a nostro avviso, contrastano frontalmente con la disciplina del Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria.

Desideriamo tornare sull’argomento, anche dopo avere letto i comunicati di Magistratura Indipendente e di Unicost, non per il gusto della polemica (che non abbiamo), ma perché ci pare davvero necessario un momento di chiarezza sul tema degli incarichi direttivi e semidirettivi.

A Roma, per la funzione di presidente del tribunale di sorveglianza, la dott.ssa Marina Finiti, giudice del tribunale di Roma e già qui presidente di sezione, è stata preferita alla dott.ssa Vittoria Stefanelli, magistrato del tribunale di sorveglianza di Roma, già vicaria e, attualmente, presidente facente funzioni. La dott.ssa Stefanelli ha raccolto 11 voti (noi di AreaDG e i consiglieri Mirenda, Fontana, Miele, Papa e Romboli); la dott.ssa Finiti 19 (i consiglieri di Magistratura Indipendente e di Unicost, i laici di centrodestra e di Italia viva e la Prima Presidente); assente il Procuratore Generale.

Come abbiamo sottolineato nel dibattito in Plenum, il testo unico (art. 19) detta indicatori specifici per gli uffici specializzati minorili e della sorveglianza, ossia la durata dell’esperienza nel settore di almeno quattro anni negli ultimi quindici e le pregresse o attuali esperienze direttive nel medesimo settore. La dott.ssa Stefanelli possedeva entrambi tali indicatori specifici, mentre la dott.ssa Finiti nessuno.

Le motivazioni a sostegno della proposta per la dott.ssa Finiti valorizzano molto l’esperienza semidirettiva da quest’ultima maturata per un intero ottennio. La Prima Presidente, nel suo intervento a favore di tale proposta, si è detta contraria ai recinti specialistici eccessivamente ristretti, sottolineando come la stessa riforma Cartabia, attraendo nella fase di cognizione decisioni che tradizionalmente erano rimesse alla magistratura di sorveglianza, esprima una linea evolutiva che sul piano ordinamentale suggerisce la valorizzazione della pluralità delle esperienze professionali. Negli interventi di altri consiglieri si è richiamata la delibera adottata nella scorsa consiliatura con cui l’ufficio di presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli venne attribuito ad una collega che, al pari della dott.ssa Finiti, non possedeva l’indicatore specifico dell’esperienza nel settore specialistico.

Sono argomenti che non possiamo condividere.

Si è già detto che ai fini del conferimento degli incarichi direttivi negli uffici specializzati il testo unico valorizza come indicatori specifici – ai quali l’articolo 26, terzo comma, dello stesso Testo Unico attribuisce “speciale rilievo” – le esperienze (di lavoro come di direzione) in tali uffici; per contro, il pregresso esercizio di funzioni di direzione fuori dal settore specializzato costituisce un mero indicatore generale.

Non a caso l’originaria formulazione della proposta per la dott.ssa Finiti – che attribuiva alla pregressa presidenza di sezione del tribunale ordinario il valore di indicatore specifico (la si può leggere nell’o.d.g. del Plenum del 10 gennaio scorso) – è stata corretta dagli stessi proponenti, riqualificando tale esperienza come indicatore generale; salvo poi attribuire agli indicatori generali (e qui si annida, a nostro giudizio, la forzatura) una “straordinarietà tale da sovvertire la prevalenza della dott.ssa Stefanelli in punto di indicatori specifici”.

L’argomento relativo al positivo valore della circolazione delle esperienze ci pare che pecchi di astrattezza; a prescindere dalle opinioni che si possono avere sull’alternativa tra un modello di crescita professionale fondato sull’approfondimento di saperi specialistici e un modello di crescita professionale fondato sulla sperimentazione di esperienze eterogenee, ci sembra dirimente la considerazione che ad oggi, e  finché non lo si cambia, il testo unico richiede che il dirigente di un ufficio specializzato abbia maturato specifiche esperienze in quella specializzazione.

Quanto poi all’argomento fondato sulla delibera della precedente consiliatura relativa alla nomina del presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli, ci pare sufficiente replicare che una violazione della disciplina del testo unico non cessa di essere tale per il fatto di venir commessa una seconda volta (anche la prima volta, peraltro, i consiglieri di AreaDG votarono contro la delibera che tale violazione conteneva).

A Messina, per l’incarico di procuratore della Repubblica, il dott. Antonio D’Amato, procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, è stato preferito alla dott.ssa Rosa Raffa, procuratrice aggiunta presso la procura della Repubblica di Messina. La delibera è stata approvata con un solo voto di scarto (15 a 14) da una maggioranza che ha visto compatti i consiglieri di Magistratura Indipendente (gruppo per cui il dott. D’Amato è stato Consigliere superiore della magistratura nella scorsa consiliatura), i laici di centrodestra e di Italia viva e la Prima Presidente. Per la dott.ssa Raffa hanno votato, insieme a noi di AreaDG, i consiglieri di Unicost e i consiglieri Mirenda, Miele e Fontana, nonché il cons. Papa. Astenuto il Procuratore Generale e assente il cons. Romboli.

La scelta della maggioranza si fonda sostanzialmente su due argomenti.

Il primo valorizza gli importanti indicatori generali vantati dal dott. D’Amato; ma, come abbiamo visto, a norma di testo unico gli indicatori specifici hanno “speciale rilievo” e, dunque, di regola prevalgono sugli indicatori generali.

Il secondo si risolve nel rilievo che l’ufficio in cui dott. D’Amato esercita funzioni semidirettive (la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere) è un ufficio di grandi dimensioni, a differenza da quello (la procura della Repubblica di Patti) in cui la dottoressa Raffa ha esercitato funzioni direttive.

Siamo completamente d’accordo sull’affermazione che, a norma di testo unico, non può predicarsi alcun automatismo della prevalenza delle funzioni direttive rispetto a quelle semidirettive (è quanto sostenemmo, del resto, per la nomina del procuratore di Reggio Calabria e dei presidenti dei tribunali di Torino e Verona).

In questa procedura concorsuale, però, la dott.ssa Raffa, oltre ad avere esercitato funzioni direttive nella (piccola) procura di Patti, esercita, dal 2017, funzioni semidirettive in una procura (quella di Messina) di dimensioni del tutto analoghe a quelle della procura di Santa Maria Capua Vetere, non meno di questa impegnato nel contrasto alla criminalità organizzata. Anche la preferenza per il dott. D’Amato, dunque, al pari di quella per la dott.ssa Finiti, risulta basata esclusivamente sugli indicatori generali.

 A tacere del rilievo che la dott.ssa Raffa ha una trentennale esperienza di lavoro nel contesto criminale in cui si inserisce l’ufficio in concorso. È vero che tale rilievo non è contemplato dal testo unico, ma riteniamo che esso, coeteris paribus, possa essere ragionevolmente valorizzato – nella prospettiva di individuare “il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, ove esistenti, a particolari profili ambientali” (art. 25. T.U.) – nel percorso motivazionale che spiega le ragioni di merito che orientano la discrezionalità consiliare; come, del resto, abbiamo fatto nelle proposte, poi rimaste soccombenti, per il dott. Squillace per la procura di Firenze e per la dott.ssa Volpe per la procura di Napoli.

Nel Post it richiamavamo scherzosamente Pascal.

Ora, però, ci sembra che non sia più il caso di scherzare. È innegabile che in molti casi l’esercizio della discrezionalità consiliare in materia di nomine si presti a valutazioni ampiamente opinabili e, pur quando difformi, egualmente legittime. D’altra parte, le regole fissate sulla dirigenza giudiziaria sono troppe e troppo poco ordinate, così da formare un reticolo di prescrizioni che possono essere utilmente invocate per motivare decisioni anche profondamente difformi; donde l’urgenza di intervenire sul testo unico per incanalare la discrezionalità dell'organo di autogoverno nell'alveo di previsioni più semplici e più nette.

Quando però le previsioni semplici e nette ci sono – come, ci sentiamo di dire, nei due casi che commentiamo – la loro violazione danneggia, prima di tutto, la credibilità dell’autogoverno.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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