MARZO
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Diario dal Consiglio del 16 marzo 2024

Scuola della magistratura, il paradosso di un buon risultato

Il Plenum del 7 marzo ha approvato le proposte della Sesta commissione per le nomine dei sei magistrati e del professore universitario componenti del Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura.

Tra i colleghi sono stati nominati i dottori Gian Andrea Chiesi, Roberto Giovanni Conti, Fabio Di Vizio, Loredana Nazzicone, Roberto Peroni Ranchet e Vincenzo Sgubbi; la proposta nei loro confronti ha conseguito ventuno voti, da parte di tutti i consiglieri eletti in quota AreaDG, Unicost e MI, più i consiglieri laici Ernesto Carbone e Romboli, la prima presidente e il procuratore generale; contrari si sono dichiarati i consiglieri laici eletti col centro destra (Aimi, Bertolini, Bianchini, Eccher, Giuffré e Natoli) e Andrea Mirenda, mentre si sono astenuti Domenica Miele e Roberto Fontana.

La professoressa Silvana Sciarra ha ottenuto il voto di tutti i consiglieri con le sole astensioni di quattro laici (Aimi, Bianchini, Eccher e Giuffré).

Come abbiamo detto nel PostIT scritto nell’immediatezza e come Marcello ha dichiarato nella relazione introduttiva alle due proposte, il risultato raggiunto con queste nomine è molto soddisfacente.

In una stagione di crescente ostilità nei confronti di un modello di formazione dei magistrati aperto alla riflessione sul   rapporto   tra   giurisdizione   e   società  e vivificato dal confronto tra le diverse prospettive culturali  che animano la magistratura italiana, siamo egualmente riusciti a designare colleghi che tale modello incarnano nel modo più autorevole, sia per le indiscusse doti professionali dimostrate nei rispettivi percorsi all’interno degli uffici giudiziari, sia per le esperienze didattiche maturate essenzialmente nella stessa Scuola superiore e unanimemente apprezzate.

Mentre segmenti significativi dell’establishment accademico e politico tornano ad invocare la figura del giudice come bouche de la loi, siamo riusciti ad assicurare la presenza nel Comitato direttivo della Scuola di giuristi antesignani della tutela multilivello dei diritti fondamentali, attenti a una riflessione alta sulla funzione giurisdizionale e guida laboriosa per generazioni di giovani magistrati.

In un Consiglio in cui la militanza associativa, anche quando trasparente e disinteressata, viene comunque guardata con sospetto (soprattutto se orientata in senso sgradito) siamo riusciti a impedire che essa divenisse criterio di esclusione recondito e inespresso.

Questo è il risultato, ottenuto improntando la selezione allo studio dei curricula dei candidati (molti, tra gli 85, di elevatissimo profilo), confrontandoli e ricercando una composizione del Direttivo plurale e adeguata alle esigenze di una formazione moderna.

Il percorso per arrivarvi era iniziato con l’approvazione, unanime, di due bandi conformi alle recenti decisioni del giudice amministrativo che hanno censurato le nomine dei magistrati nel precedente Comitato direttivo. Si è quindi proceduto a un vaglio iniziale di alcuni candidati, condotto sulla sola base dei titoli e ritenuto compatibile con la valutazione tecnico-discrezionale “affidata a un organo di alta amministrazione e di rilievo costituzionale” qual è il CSM, e si è introdotta una  comparazione successiva tra i prescelti improntata ai medesimi criteri enunciati nell’interpello.

Per favorire una maggiore trasparenza e un migliore raffronto dei profili, il bando per i magistrati aveva inoltre per la prima volta distinto tre posizioni per il civile e tre per il penale, non essendo stata condivisa dalla maggioranza consiliare l’opzione di ulteriori diversificazioni – ad es. per un esperto dell’ambito internazionale – che noi di AreaDG avevamo suggerito.

Delle 85 domande iniziali di magistrati e delle 63 dei docenti si è dunque eseguita una preselezione, basata sui curricula e sui titoli allegati, che – causa anche l’inammissibilità e la revoca di alcune – ha condotto all’individuazione di 30 colleghi (14 civilisti e 16 penalisti) e di 28 accademici. I criteri adottati per questo spoglio preliminare sono stati quelli riprodotti negli interpelli: dunque, in via prioritaria, la storia professionale (valorizzando per i magistrati soprattutto il percorso nella giurisdizione e nell’attualità delle funzioni in uffici giudiziari) e il bagaglio didattico e scientifico complessivo.

Già in questa prima fase sono stati esclusi alcuni candidati di alto profilo, penalizzati da un curriculum meno completo, in rapporto alle esigenze della Scuola, per la brevità delle loro esperienze giudiziarie o per avere essi svolto attività formative più remote o meno esaurienti.

Dei 30 magistrati è stata disposta l’audizione. Al termine di questo passaggio istruttorio il confronto si è prolungato per quasi due mesi, reso in qualche momento perfino aspro dalla diversità, talvolta radicale, di vedute sulle esigenze della Scuola e agitato dalle ripetute dichiarazioni giornalistiche del consigliere Andrea Mirenda che hanno messo nel mirino i colleghi Claudio Castelli, Mario Palazzi e Mariano Sciacca,  indicandoli come oggetto di manovre correntizie che, a suo dire, li volevano sicuri componenti del nuovo Comitato direttivo.

Non abbiamo replicato pubblicamente a queste, pure intollerabili, propalazioni false e gravi – così come al precedente documento in cui lo stesso Mirenda, assieme a Roberto Fontana e Mimma Miele, invocava il rispetto di principi di trasparenza e merito nella procedura – per il rispetto dovuto a una selezione ancora in corso e ai colleghi che vi partecipavano. Era del tutto evidente, peraltro, che solo la motivazione della delibera potesse rendere pubbliche l’applicazione dei criteri del bando e le valutazioni conseguenti, ciò che del resto taluni di quegli stessi consiglieri – partecipando a una seduta della commissione – avevano riconosciuto.

Per i docenti universitari l’audizione è risultata superflua. Malgrado la presenza di alcune candidature di massimo prestigio accademico, il curriculum della professoressa Silvana Sciarra è parso insuperabile, non solo per la sua esperienza quasi decennale in Consulta, da ultimo come vicepresidente e poi presidente, ma anche per i titoli accademici, le pubblicazioni e le onorificenze in Italia e in molteplici sedi internazionali.

La delibera votata quasi dall’intera adunanza plenaria del Consiglio dà conto di questi elementi e del filo conduttore che lega il Comitato direttivo e la presidenza della Corte costituzionale, per ragioni che investono anche il prestigio dell’incarico e il rilievo istituzionale della Scuola della magistratura.

Pur tuttavia, anche di fronte a una nomina di tale, indiscusso, valore quattro componenti laici rappresentanti del centro destra (altri erano assenti) hanno deciso di astenersi dal voto; la loro posizione è stata motivata da un’asserita esigenza di emancipazione della Scuola da figure di tale “schiacciante” (!) rilievo, ritenute lontane dai bisogni formativi dei magistrati, come se Silvana Sciarra – e stupisce davvero doverlo ricordare – non fosse, prima che una rappresentante delle istituzioni, una docente che ha formato generazioni di studenti.    

Con riferimento alla nomina dei magistrati, abbiamo constatato quanto le esigenze di schieramento politico possano far premio sull’interesse dell’istituzione.

Da un lato, le consigliere laiche del centro destra Eccher e Bartolini hanno lanciato accuse di correntismo del tutto apodittiche, che non si sono in alcun modo confrontate con la motivazione della proposta della Commissione.

D’altro lato, la dichiarata condivisione espressa sui nomi della quasi totalità dei colleghi designati, insieme alle posizioni strumentalmente denigratorie adottate dai consiglieri espressi dalla parte politica interessata a ridisegnare l’orizzonte culturale della formazione dei magistrati, rappresentavano ragioni formidabili per compattare i consiglieri togati sulla delibera di nomina dei magistrati. Crediamo che occorresse dimostrare una linea convergente nella difesa dei valori di pluralismo e di apertura culturale espressi dalla Scuola. Invece non solo Andrea Mirenda, dichiarandosi contrario, ma anche Mimma Miele e Roberto Fontana, astenendosi, hanno inteso smarcarsi dal voto favorevole, senza indicare soluzioni alternative e senza misurarsi con i vincoli giuridici della procedura. Anch’essi hanno dunque finito per ritrovarsi su una posizione risoltasi – come ha detto Antonello nel proprio intervento – in uno sterile sventolio di bandierine.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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