MAGGIO
25

Diario dal Consiglio del 25 maggio 2024

Una scelta opinabile per dirigere una procura

Il Plenum del 22 maggio ha conferito al dott. Alberto Sgambati, avvocato generale presso la corte d’appello di L’Aquila, l’ufficio di procuratore della Repubblica dell’Aquila.  

La Quinta Commissione aveva formulato due proposte contrapposte, una per il dott.  Sgambati – votata dai consiglieri Mirenda, Mazzola, Bianchini – e una per il dott. Antonio Laronga, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Foggia, votata da Antonello con i consiglieri E. Carbone e D’Auria.

Il Plenum si è diviso: 13 voti a favore del dott. Laronga (oltre a noi di Area, i consiglieri di Unicost e i laici E. Carbone, Papa e Romboli) e 14 voti a favore del dott. Sgambati (i consiglieri di M.I. presenti, i laici espressi dalla maggioranza di centrodestra, la consigliera Miele e il cons. Mirenda); i consiglieri Fontana e Scaletta e i membri di diritto erano assenti, il vicepresidente non ha votato.

Noi abbiamo sostenuto il dott. Laronga perché convinti che l’esperienza da lui maturata nella procura della Repubblica di Foggia fin dal 2008, prima come sostituto e poi come procuratore aggiunto (e, da ultimo, come procuratore vicario) – peraltro arricchita da applicazioni lungamente protratte alla DDA di Bari – conformino il suo curriculum come innegabilmente più adatto alla direzione di un ufficio di procura di primo grado; il curriculum del dott. Sgambati, anch’esso di innegabile valore, è invece caratterizzato, oggettivamente, da un profilo più di coordinamento che operativo.

Questi, infatti, non ha mai svolto incarichi semidirettivi in uffici di procura della Repubblica presso i tribunali e dal 2010 non lavora più in primo grado, prestando servizio – prima come sostituto e poi come avvocato generale – nella procura generale dell’Aquila.

Gli argomenti spesi nel dibattito assembleare a sostegno della candidatura del dott. Sgambati – in particolare dalla consigliera Miele – si risolvono nei seguenti rilievi:

  • maggiore anzianità di servizio di sette anni (D.M. 1986 contro D.M. 1993);
  • più lunga esperienza nelle funzioni requirenti;
  • servizio in DDA (della procura della Repubblica del tribunale dell’Aquila);
  • svolgimento delle funzioni di procuratore generale di fatto (dell’Aquila), con conseguente maturazione anche di un'esperienza ordinamentale più ampia di quella, comune ad entrambi i candidati, di componente elettivo del consiglio giudiziario.

Ci sembrano argomenti davvero molto deboli.

Quanto all’anzianità, anche noi diamo grande rilievo all’accumulo di esperienze, e quindi di competenze, che discendono dal protratto esercizio delle funzioni giurisdizionali; ma ci pare difficile ascrivere a questo dato una portata effettivamente dirimente quando si comparino colleghi entrambi di settima valutazione; soprattutto, ci pare ancora più difficile (oltre che contrastante con l’attuale testo unico, alla cui stregua  “è esclusa la rilevanza dell’anzianità quale parametro di valutazione”: art. 24, primo comma) assumere l’anzianità quale valore astratto, prescindente dalla relazione tra le attività svolte negli anni e le attività da svolgere nell’incarico da ricoprire.

Quanto alla differenza – di tre anni – nelle funzioni requirenti, essa sarebbe rilevante se confrontassimo percorsi di 10/15 anni di esperienza giurisdizionale; ma tra 27 e 30 anni di non vediamo come sia possibile sostenere la sussistenza di alcuna qualificante differenza di maturazione professionale.

Quanto al servizio in DDA, è vero che il dott. Laronga non ha mai lavorato in una procura distrettuale, ma le sue protratte applicazioni alla DDA di Bari gli hanno evidentemente consentito di acquisire un bagaglio di competenze nel contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso certamente non inferiore a quello acquisibile nel servizio presso la DDA dell’Aquila.

Quanto, infine, alla direzione di fatto della procura generale dell’Aquila (articolatasi in due distinti periodi di 6/7 mesi ciascuno), con la connessa esperienza ordinamentale di partecipazione al Consiglio giudiziario, si è trattato di un periodo di poco più di un anno, che certo ha arricchito il bagaglio professionale del dott. Sgambati, ma a cui non può ascriversi una portata tale da sovvertire il quadro emergente dalla comparazione dei curricula.

In definitiva, noi non riteniamo che il conferimento di un incarico direttivo giudiziario possa essere concepito come l’attribuzione di un “premio alla carriera”; pensiamo, al contrario, che esso vada inteso come l’individuazione, nell’interesse pubblico, del “candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare …”: art. 25, primo comma, T.U. dir. giud.); e nessun artificio dialettico ci può convincere che, per la direzione di una procura di primo grado, il curriculum di chi dal 2008 lavora in una procura di primo grado in un territorio caratterizzato da fenomeni di criminalità organizzata di prima grandezza, con svolgimento dal 2017 delle funzioni di aggiunto (in un organico di venticinque sostituti) sia meno adatto del curriculum di chi dal 2008 lavora in una procura generale, svolgendovi dal 2017 le funzioni di avvocato generale (in ufficio con un organico di due sostituti e due magistrati PO flessibili requirenti).

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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