DICEMBRE
21

Diario dal Consiglio del 21 dicembre 2024

Verità e opinioni sui nomi per la DNAA

Il Plenum di mercoledì 18 dicembre ha nominato Eugenio Albamonte (proveniente dalla procura di Roma), Antonella Fratello (Napoli), Ida Teresi (Napoli), Paolo Sirleo (Catanzaro), Antonio De Bernardo (Catanzaro), Giovanni Musarò (Roma) e Federico Perrone Capano (Bari) quali nuovi sostituti procuratori della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

La delibera è stata approvata secondo il meccanismo dell’art. 38-bis del regolamento interno del Consiglio, che contempla quattro votazioni in successione quando la Terza commissione non abbia espresso una proposta unanime su ogni elemento. Le votazioni concernono, rispettivamente: 1) i criteri generali su cui si fonda la decisione; 2) le preferenze per i candidati che abbiano riportato gli stessi punteggi utili nei parametri di valutazione risultati condivisi; 3) i punteggi da attribuire ai candidati su cui vi è stata unanimità, limitatamente ai parametri per i quali altri aspiranti proposti abbiano avuto valutazioni diverse; 4) infine i punteggi da attribuire ai singoli candidati nei parametri su cui sono emerse divergenze nella commissione.

In concreto, dopo le prime votazioni che hanno riguardato le posizioni dei candidati Teresi, Sirleo, De Bernardo, Perrone Capano e Stefano Luciani (p.m. a Roma), indicati con gli stessi punteggi da entrambe le proposte che si confrontavano, si è proceduto in conclusione a votare distintamente, seguendo l’ordine alfabetico, sui punteggi – attribuiti in modo divergente nelle stesse due proposte – i candidati Albamonte, Fratello, Maurizio Giordano (p.m. a Napoli), Musarò e Lina Paola Trovato (p.m. a Catania). Quest’ultima non era stata inclusa in nessuna delle due proposte, ma il sostenitore in commissione della proposta di minoranza (il consigliere Laganà) aveva chiesto di aumentare di 0,5 punti la valutazione per il parametro denominato A1, relativo alle attitudini specifiche. Si tratta del medesimo parametro riguardo al quale le due proposte divergevano anche per gli altri quattro aspiranti destinatari della votazione finale.

Quest’ultima – con maggioranze diverse – ha riconosciuto il massimo dei punti (6) nel parametro A1 ad Albamonte, Fratello e Musarò. Essi hanno dunque raggiunto nella graduatoria conclusiva i primi cinque concorrenti con lo stesso punteggio complessivo (15,5). Si è giunti dunque ad avere otto candidati con pari punteggio per sette posti. Poiché, in base alla circolare del 16.12.2020, i candidati a pari punteggio sono ordinati nella graduatoria in ordine di anzianità (art. 76), è rimasto escluso Stefano Luciani, nominato con lo stesso DM 19.11.2002 dei colleghi Musarò e Perrone Capano, ma collocato meno favorevolmente.

Attraverso questo complesso percorso, concepito dalla precedente consiliatura per prevenire il rischio di nomine “a pacchetto”, il Consiglio è giunto dunque a selezionare i sette nuovi sostituti per la DNAA, da una rosa iniziale di trentasei, dopo avere esteso il numero iniziale dei posti a concorso, che inizialmente era stato previsto in cinque.

Lo sviluppo della procedura è stato largamente condiviso dai componenti della commissione. Le due proposte uscite da quei lavori erano in larga parte convergenti, nei criteri e nei nomi. La stessa deliberazione finale è avvenuta piuttosto celermente, se si considera la necessità di una votazione tanto articolata e si raffronta questa esperienza con quelle di precedenti consiliature.

Ciò nonostante, la decisione del Plenum è stata accompagnata da polemiche prima, durante e ancora dopo, esorbitanti le divergenze ordinarie su valutazioni spesso opinabili. Si sono riproposti anche cliché narrativi che hanno afflitto purtroppo già nel passato i lavori di questo Consiglio. Riteniamo di doverne dare conto e di prendere una ferma posizione al riguardo.    

Le regole

Come noto, le funzioni di impulso e di coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo interessano oggi i procedimenti per delitti collegati ad associazioni di stampo mafioso o aventi finalità di terrorismo, a delitti contro la personalità individuale che implicano la riduzione in schiavitù o la tratta di esseri umani nonché al traffico di sostanze stupefacenti. Il d.l. 105/23, conv. in l. 137/2023, vi ha aggiunto anche i procedimenti per delitti di accesso abusivo a – o danneggiamento di – sistemi telematici o informatici pubblici (artt. 615-ter, co. 3, 635-ter e quinquies c.p.).

È quindi la prima volta che il Consiglio si è trovato a trattare una procedura di trasferimento di magistrati alla DNAA dopo la riforma che ha ampliato la competenza di questo ufficio ai delitti di criminalità informatica.

Il bando, pubblicato dal CSM il 22.10.2023, ne dava atto già in premessa, richiamando, quanto ai criteri di valutazione, la disciplina di circolare (art. 70-76)[1].

Nel quadro normativo di riferimento, ai fini della selezione, le esperienze in direzioni distrettuali antimafia o in gruppi di lavoro specializzati nell’antiterrorismo sono valorizzate in uguale misura. La competenza in materia di criminalità informatica non è invece parificata, ma d’altro canto – quale nuova attribuzione ex lege del PNAA – neppure può essere pretermessa tra i criteri specifici di valutazione, sia perché le capacità maturate nell’ambito informatico sono riportate in via primaria (art. 72, co. 1, circ.) sia perché possono annoverarsi tra i fattori espressivi della generale capacità di analisi investigativa (art. 72, co. 1) e dai titoli professionali desunti dal concreto svolgimento delle funzioni giurisdizionali (art. 72, co. 3).

Il preambolo del bando, del resto, non può che essere letto in un’ottica di valorizzazione di questa specifica attitudine. Il contrasto alla criminalità organizzata operante mediante tecnologie informatiche è da tempo divenuta una funzione centrale per il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, in quanto depositario della prima notizia di attacco informatico pervenuta all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (art. 22, co. 1, l. 109/2021), e ha trovato riscontro più recente con l’inserimento di un rappresentante della DNAA nel Nucleo per la cybersicurezza costituito dall’art. 4, co. 1, l. 90/2024 (che ha introdotto un comma 4-bis nell’art. 8 d.l. 82/2021).

Il procedimento selettivo

L’audizione del PNAA, avvenuta il 19 marzo scorso, ha rappresentato l’unico atto istruttorio, seguito alla pubblicazione del bando. A domanda dall’allora presidente della Terza commissione, cons. Miele, Giovanni Melillo è stato sentito, in particolare, su “settori, ambiti, specificità esigenze peculiari” del suo ufficio.

Provando a sintetizzare un’ora circa di dichiarazione riportata in undici pagine di verbale, si può dire che egli ha rimarcato l’esigenza di sostituti versati nell’approccio condiviso, tanto internamente alla direzione nazionale quanto nei rapporti con i colleghi delle procure distrettuali; ha parlato in effetti di “cultura del coordinamento investigativo”. Ha posto in rilievo l’attualità massima delle competenze in materia economica e informatica, dedicando a quest’ultima quasi metà del proprio intervento, condensato in quattro pagine di verbalizzazione; ha espresso la visione di uno sviluppo della materia del terrorismo in via “di tendenziale esclusività da parte dei magistrati che se ne devono curare, sia in campo nazionale che in campo internazionale. E’ fin troppo chiaro che quando il pubblico ministero non ha analoghi livelli di conoscenza e di competenza specifica, gli equilibri si spostano dalla giurisdizione verso la polizia giudiziaria, verso la polizia di prevenzione”.           

Delle 36 domande pervenute, 3 sole sono state ritenute non valutabili. A ciascun profilo sono stati attribuiti i punteggi per merito e attitudini secondo circolare. Alla fine, la commissione ha concordato sull’esistenza di un nucleo di candidati prevalenti sugli altri.

Nel frattempo, si è condivisa l’opportunità di estendere la graduatoria dei selezionati da 5 a 7, arrivando così a coprire l’intera carenza dell’organico della DNAA. Ciò essenzialmente per tre convergenti ragioni: il fatto che i concorsi per sostituti di questo ufficio si tengano mediamente a una significativa distanza di tempo; la lunghezza della procedura, amplificata in questo caso dalla sopravvenuta rotazione dei componenti della commissione; il possibile trasferimento ad altro ufficio di alcuni attuali componenti.    

L’esito del lavoro di commissione ha visto la contrapposizione tra una proposta di maggioranza (a favore dei candidati Albamonte, Fratello, Teresi, Sirleo, De Bernardo, Perrone Capano e Luciani), votata da cinque su sei consiglieri, e una di minoranza, avanzata dal consigliere di Unicost Laganà, che ha preferito indicare i nomi di Giordano e Musarò rispetto a quelli di Albamonte e Fratello.

Gli antefatti del Plenum

La prima pubblicazione delle due proposte è stata accompagnata dalle prime note giornalistiche incentrate sulla presenza, tra i prescelti, di Eugenio Albamonte, in quanto noto per la propria storia associativa – è stato presidente dell’ANM e poi segretario di AreaDG – e in quanto privo di esperienza in DDA.

Le polemiche sono state riattizzate dall’accoglimento dell’istanza di differimento della trattazione della pratica, nella seduta di Plenum prefissata, avanzata dai consiglieri Miele e Mirenda, desiderosi di esaminare le osservazioni critiche pervenute da due candidati pretermessi dalle proposte.

Noi di AreaDG ci siamo opposti alla loro richiesta iniziale di ritorno della pratica in commissione, giacché non si può dire di ravvisare ragioni di ripensamento delle proposte in un atto nuovo se si riconosce di non conoscerlo. Non ci siamo opposti al rinvio, invece, per non impedire ai colleghi l’approfondimento invocato.

Difficile però negare il carattere strumentale di quell’iniziativa. Nonostante la sua evidente incongruenza logica, l’istanza di ritorno della pratica in commissione – poi respinta, come detto – è stata votata anche da buona parte dei consiglieri di Unicost e perfino dei consiglieri laici in quota centro destra, nonostante che la consigliera Bianchini, in commissione, avesse votato la proposta di maggioranza.

Nei giorni immediatamente successivi al differimento è ripreso il fuoco di fila giornalistico. Almeno tre testate sono tornate a fare propri i dubbi della proposta minoritaria circa la presenza di Albamonte tra i possibili nominati, contrapponendolo a quella del candidato Musarò in quanto dotato di titoli, a dire della stampa, incomparabilmente superiori rispetto al primo.

Addirittura, dopo che tutto il Plenum, per ragioni di cortesia abituali, non si era opposto al rinvio chiesto dai consiglieri Miele e Mirenda, si è scritto che la componente di AreaDG (Marcello, in particolare) avrebbe “colto la palla al balzo” per il differimento, adombrandosi così timori e incertezze, da parte sua, sulla bontà della scelta.

L’adunanza plenaria

Le premesse hanno trovato conferma nel dibattito della seduta successiva. I consiglieri favorevoli alla proposta minoritaria hanno dedicato la massima parte delle proprie argomentazioni alla contrapposizione Albamonte-Musarò (in una coerenza non sorprendente con le linee giornalistiche) e assai minore attenzione alla disamina degli altri profili controversi. 

È stata così riproposta quella stessa logica di polarizzazione estrema, già emersa nel recente confronto sul testo unico per gli incarichi direttivi, tra l’uso arbitrario, da parte di alcuni, dei criteri valutativi e la rispondenza geometrica dei punteggi al bando, che sarebbe stata applicata dagli altri. Si è capito così che sulla posizione di Albamonte si sarebbe formato uno schieramento analogo a quello registratosi a favore della proposta-punteggi per il testo unico: i consiglieri Fontana, Miele e Mirenda, Unicost e laici espressi dalla maggioranza governativa. L’operazione è stata resa possibile dal voto della consigliera Bianchini che, dopo avere attribuito 6 ad Albamonte in commissione, è passata al 5 in Plenum senza neppure ritenere di dovere motivare.

Non è mancato anche in questo caso l’intervento del consigliere Mirenda che, dopo avere stigmatizzato in modo generico la presenza di scelte improntate al correntismo in entrambe le proposte, ha aderito a quella minoritaria per non favorire un segretario di corrente la cui presenza tra i candidati avrebbe imposto l’astensione dei consiglieri di comune appartenenza. È un film già visto, purtroppo: basterebbe ricordare la campagna scatenata dallo stesso consigliere Mirenda contro tre magistrati che, per i loro trascorsi associativi, avrebbero avuto la strada spianata al comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura.       

Stavolta, però, ad Albamonte è stato riconosciuto il massimo punteggio per attitudini dalla maggioranza dei votanti: oltre a noi di AreaDG e a MI (con l’eccezione dei consiglieri Marchianò, astenuta, e Scaletta, contrario), hanno votato in tal senso anche la prima presidente Cassano e i laici Ernesto Carbone, Papa e Romboli.

Le nostre valutazioni

La graduatoria dei candidati alla DNAA si forma sulla base della somma dei punteggi attribuiti per diversi parametri. Contrariamente a quanto è stato sostenuto da altri, siamo di fronte a una procedura non comparativa, bensì selettiva sulla base dei punti conseguiti e – a parità – della maggiore anzianità di servizio.

Il confronto che è stato impostato dai fautori della proposta minoritaria (di fatto, Musarò contro Albamonte; Giordano contro Fratello) non è dunque tecnicamente corretto: in primo luogo perché una comparazione può giustificarsi solo per mettere in luce congruenze o incongruenze di valutazioni fondate su curricula similari; secondariamente perché introduce un criterio territoriale (le due coppie di colleghi provengono rispettivamente dalle procure di Roma e di Napoli) che non trova alcuna base nel bando o nella circolare richiamata.

In realtà, una volta ammessa l’equipollenza astratta delle esperienze nell’antimafia e nell’antiterrorismo, così come stabilita dalla circolare, è ciascuna di queste – quando sia esclusiva – a dovere essere vagliata per l’attribuzione di un punteggio attitudinale consono. Pretendere di valutare l’una in diretto raffronto con l’altra è sbagliato, perché i magistrati che abbiano lavorato nei due campi si avvalgono di strumenti investigativi e processuali differenti, praticando realtà giudiziaria diverse.

Pertanto, così come Marcello ha ricordato intervenendo in Plenum, di fronte a un candidato che abbia lavorato in un gruppo dedicato al contrasto al terrorismo, è fuorviante attribuire rilievo dirimente al fatto che abbia o meno gestito processi con una molteplicità di imputati, trattato collaboratori di giustizia, seguito l’applicazione a detenuti dell’art. 41-bis OP o gestito patrimoni sequestrati alle cosche. Si tratta infatti di un bagaglio che si forma operando nell’antimafia.

Per altro verso tra i candidati stabilmente dedicati all’antiterrorismo prevalgono le attività di cooperazione tra uffici giudiziari e con amministrazioni straniere, di cooperazione internazionale, di accertamento dei collegamenti tra realtà criminali differenti per estrazione territoriale e matrice ideologica, di investigazione su delitti che abbiano messo in pericolo le istituzioni o la collettività, eventualmente colpendo o minacciando di colpire innumerevoli vittime.

Non è un caso che, contrariamente a quanto è stato affermato, il bando per la DNAA non richiedesse la completezza del profilo dei candidati in tutti gli indici attitudinali, ma vi guardasse in termini numerici e qualitativi.

Muovendo da quest’ottica, abbiamo attribuito il massimo punteggio attitudinale a quanti, nello specifico settore di azione investigativa e processuale, abbiano dimostrato doti e esperienze particolarmente qualificanti nel più ampio di colleghi aventi tutti elevato spessore professionale.

L’antiterrorismo

Diversamente da quanto affermato da consiglieri che – forse non a caso – provengono da attività all’interno di direzioni distrettuali antimafia, abbiamo quindi ritenuto doveroso e necessario valorizzare anche i profili di chi abbia maturato solo esperienze nell’antiterrorismo: doveroso, nel rispetto del bando, della circolare, delle competenze attribuite dalla legge; necessario, per quanto dichiarato dal procuratore nazionale stesso.

Il fatto che nel passato il Consiglio avesse mancato di valorizzare quell’esperienza non è motivo per continuare a negarne il rilievo in presenza di titoli significativi. Lo scenario in cui operano le organizzazioni terroristiche è in corso di costante mutazione; l’acuirsi delle tensioni geopolitiche relative alle guerre in corso hanno visto l’ascesa di fenomeni di cyber terrorismo prima ignoti (cfr. la Relazione annuale al Parlamento dell’Agenzia nazionale per la cybersicurezza, par. Focus sulle attività connesse ai conflitti in corso).

Si tratta – per dirla con le parole spese dal PNAA nell’audizione in Consiglio – di una “dimensione investigativa assolutamente nuova, in gran parte inesplorata, dove il rischio di una marginalizzazione, non semplicemente del pubblico ministero, ma della giurisdizione, è straordinariamente evidente perché questi temi, proprio perché afferenti alla stabilità del sistema finanziario, alle sorti dei diritti delle persone, vengono trasferiti inevitabilmente su altri piani”.

Le ragioni di un punteggio

La scelta di attribuire la massima valutazione attitudinale ad almeno un candidato competente nell’antiterrorismo è stata condivisa dalla maggioranza del Consiglio. A ben vedere, neppure la proposta minoritaria ha negato le ragioni per cui di un tale giudizio è stato ritenuto meritevole Albamonte[2].

Essa gli ha attribuito, in effetti, il punteggio più elevato tra i candidati titolari di esperienze esclusive o prevalenti nell’antiterrorismo. Non si vede alcuna coerenza, quindi, con lo svilimento delle sue indagini e delle sue competenze compiuto da alcuni interventi in Plenum.

Ma c’è di più. Quella proposta non assegna rilievo alcuno alle competenze conseguite nella materia della criminalità informatica e che, per quanto si è visto, sono invece estremamente qualificanti, in sé e per previsione d’interpello, nel giudizio attitudinale. Nessuno tra i candidati vanta nel settore titoli minimamente comparabili in tale materia. Ne danno riscontro le attività scientifiche e didattiche, svolte da Albamonte ai massimi livelli. Dall’integrazione dei dati concernenti l’esperienza nell’antiterrorismo con quelli relativi all’ambito informatico deriva dunque quasi per via consequenziale il riconoscimento dei 6 punti che comportano l’inserimento in graduatoria tra i magistrati nominati.

Lo spazio a disposizione non permette una disamina degli altri profili su cui le due proposte divergevano. Va chiarito, però, che tra questi abbiamo infine ritenuto non meritevole del massimo punteggio il solo Giordano. Per quanto estremamente significativo, il suo profilo è risultato meno completo per la limitatezza, nel settore dell’antimafia, delle esperienze nella cooperazione internazionale (una sola, seppure insorta nell’importante procedimento denominato “Transilvanya”) e nella gestione di patrimoni illeciti. Contrariamente a quanto ha sostenuto chi nel Plenum ha sostenuto la tesi opposta, inoltre, la sua autorelazione non dà conto di alcuna esperienza in materia di criminalità informatica e di una sola partecipazione a indagini per reati di terrorismo.        

Le mistificazioni

Si impongono infine alcune smentite in ordine ad affermazioni o illazioni che abbiamo ascoltato nel dibattito in Plenum.

  1. Si è asserito che il bando, nella sua genericità, non consentirebbe di valorizzare appieno il suo profilo nella graduatoria. Non siamo d’accordo. Si è visto che le attività nell’antimafia e nell’antiterrorismo sono parificate in base al bando e abbiamo spiegato perché questa seconda sia non meno qualificante, tanto più quando sia corroborata da un’esperienza senza pari nella materia della criminalità informatica.
  2. Si è asserito che la complessità investigativa e processuale, propria del lavoro nell’antimafia, non sarebbe riferibile all’attività nell’antiterrorismo. Non siamo d’accordo. Va premesso che, se così fosse, la DNAA resterebbe sistematicamente priva di magistrati esperti nell’antiterrorismo. Ma così non è, se si declina la complessità non soltanto sul piano dei numeri di imputati o di capi d’imputazione, ma anche su quello della novità tecnologica e delle tecniche d’indagine che sono oggi imposte da organizzazioni che si muovono a livello mondiale, dotate di strumenti raffinatissimi e capaci di commettere reati di cui è difficile concepire gli autori, oltre agli elementi spaziali e temporali.
  3. Si è asserito che le competenze del PNAA in materia di criminalità informatica sarebbero di minore rilievo, rispetto a quelle nel contrasto a mafia e terrorismo, poiché la legge gli assegnerebbe solo compiti d’impulso e non anche di coordinamento. Non siamo d’accordo. Il nuovo comma 4-bis dell’art. 371-bis c.p.p., rinviando alle funzioni del procuratore elencate dal precedente comma 3, include anche quelle di “coordinamento investigativo”.
  4. Si è asserito che la proposta di minoranza avrebbe valorizzato la pluralità delle esperienze. Così non pare, dato che ha omesso di considerare le funzioni in tre diverse procure della Repubblica e l’attività di magistrato segretario al CSM di Eugenio Albamonte. A nostro avviso, le conoscenze ordinamentali che si traggono da quest’ultima esperienza sono tutt’altro che irrilevanti per un sostituito cui siano affidate le delicate funzioni in DNAA. 
  5. Si è asserito che anche altri tra i sostituti proposti vanterebbero esperienze significative nell’antiterrorismo, tali da rendere superflua l’individuazione di un candidato che possa vantarla in via esclusiva. Non siamo d’accordo. L’obiezione non è condivisibile sul piano logico, poiché ripropone la logica inammissibile della comparazione tra candidati, e sul piano fattuale, poiché l’attività giudiziaria nell’antiterrorismo di altri aspiranti, tra quelli proposti, è minimale rispetto alle esigenze proprie di un settore intero della DNAA.
  6. Si è anche insinuato, da parte di un consigliere, che Albamonte si gioverebbe delle preferenze di chi gli è vicino associativamente. Niente di più scorretto, ovviamente, Così come abbiamo detto per altre pratiche di questa consiliatura, la nostra azione si basa sulla lettura dei curricula dei candidati. La storia associativa di ciascuno ci è indifferente. Peraltro, l’autore di una simile illazione in questi due anni non ha avuto difficoltà a votare, per incarichi direttivi, altri ex presidenti o segretari di corrente. 

Riflessione finale

L’esito della delibera sulla DNAA consegna alcuni insegnamenti:

  • che i punteggi, salutati come soluzione salvifica per il testo unico dei dirigenti, non elidono le incertezze, se è vero che la designazione dell’uno o dell’altro aspirante in questo caso si è giocata su uno 0,5 in più o in meno;
  • che la campagna elettorale per il CDC influisce inopinatamente – per i toni, prima ancora che per i mezzi o i contenuti – sull’attività del Consiglio;
  • che dietro la pretesa tecnicità della decisione, si sono agitate spinte di ben diverso segno politico, come ha plasticamente dimostrato la virata dell’ultimo momento della consigliera Bianchini e dei suoi colleghi rappresentanti della maggioranza governativa in sfavore, guarda caso, di un magistrato notoriamente esposto per le proprie posizioni associative.

 

[1] In particolare, l’art. 72 vuole che le attitudini generiche siano valutate “alla luce dei compiti propri della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, valorizzando le capacità di coordinamento, di analisi e di impulso investigativo. Esse possono essere desunte, inoltre, dalla complessiva formazione professionale e dalla pluralità di esperienze”. Vanno, inoltre, vagliate “in modo apprezzabile le capacità e l’idoneità maturate nel campo dell’informatica, dell'utilizzo delle banche-dati giudiziarie e nello svolgimento di attività di indagine in generale” (co. 1).
Assumono “particolare rilievo l’esperienza specifica e le attitudini dimostrate nella trattazione di procedimenti per reati connessi a fenomeni di criminalità organizzata, di terrorismo e di accumulazione di patrimoni illeciti, nonché le esperienze nel campo della cooperazione internazionale”; sono anche definite come “particolarmente significative” le “esperienze maturate, per un congruo periodo di tempo, nell’ambito di funzioni requirenti e, specificamente, presso le Direzioni Distrettuali Antimafia o i gruppi di lavoro specializzati in materia di antiterrorismo istituiti presso gli uffici di Procura” (co. 2) e qualificati come “elementi attitudinali significativi” i “titoli professionali che si desumono dal concreto svolgimento delle funzioni giurisdizionali e dalla qualità del lavoro giudiziario, come risultante anche dai pareri espressi in sede di valutazione di professionalità, avuto riguardo, in particolare, ai provvedimenti giudiziari relativi alla specifica attività giudicante o requirente svolta, segnalati e prodotti dall’interessato, a quelli allegati al fascicolo personale, nonché a quelli pubblicati su riviste giuridiche di rilevanza nazionale e prodotti nella procedura concorsuale” (co. 3).
Ulteriori elementi attitudinali rilevanti sono: “la pubblicazione di monografie, di note o articoli su riviste giuridiche di rilevanza nazionale, la partecipazione all’attività di formazione della Scuola Superiore della Magistratura, nonché la partecipazione ad altre attività didattiche, in quanto abbiano comportato un arricchimento del lavoro giudiziario” (co. 4).
Le attività svolte fuori dal ruolo organico hanno rilievo nei casi in cui l’incarico riguardi attività assimilabili a quelle giudiziarie, giudicanti o requirenti, o siano pertinenti, per le loro caratteristiche, con quelle in esame (co. 5).   

[2] Inserito per dieci anni nel gruppo antiterrorismo della procura della Repubblica di Roma, egli ha condotto indagini nei confronti di organizzazioni criminali operanti a livello interno (dalle vecchie alla nuove BR) e internazionale, legate all’islamismo radicale. Lavorando in più procure ha consolidato un’esperienza significativa sulla criminalità terroristica, informatica, economica – suo il primo sequestro di bitcoin eseguito in Italia – e pedopornografica operante in rete. La proposta votata a maggioranza evidenzia la capacità dimostrata da Albamonte nelle attività di cooperazione giudiziaria con autorità anche extraeuropee e interlocuzioni investigative coi principali provider mondiali (Google, Twitter, Facebook, Whatsapp), nel seguire rogatorie coi Paesi più diversi, nel coordinamento investigativo a diversi livelli, fino alla creazione e alla guida di una struttura Europol per il contrasto alla pedopornografia; è una competenza attestata dal coinvolgimento costante nella formazione giudiziaria su frodi informatiche, indagini per reati informatici, accesso abusivo ai sistemi telematici, deep web e attacchi a servizi informativi, intercettazioni telefoniche, da pubblicazioni prestigiose in queste materie, da tre incarichi del Ministero della giustizia e uno nell’ambito di un progetto UE.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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